Bernardin de Saint-Pierre Jacques-Henry

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Scrittore (Le Havre 1737 - Éragny, Seine-et-Oise, 1814). Ebbe vita molto avventurosa; a dodici anni intraprese un viaggio alla Martinica; poi studiò (1757) all'École des Ponts-et-Chaussées, chiusa l'anno dopo; quindi seguì la carriera militare nel genio (1760, campagna d'Assia), con la perdita del grado per insubordinazione. Tornato a Parigi, trascorse un periodo come oscuro insegnante di matematiche; si diede in seguito a viaggiare nei Paesi Bassi, Germania e Russia, ufficiale e, forse, amante di Caterina II; a Varsavia; a Dresda; a Berlino presso Federico il Grande; di nuovo in Francia; poi (1768) all'isola Maurizio, tornato dalla quale (1771) si stabilì a Parigi.

E qui, come scrittore, allacciò relazioni illustri (soprattutto Rousseau), ottenendo, dopo il Voyage à l'Île-de-France (1773), con le Études de la Nature (voll.1-3, 1784) fama, protezioni e denaro, specialmente con il 4º volume delle Études e cioè con il romanzo Paul et Virginie (1787).

Luigi XVI lo nominò intendente del Jardin des plantes, la Rivoluzione professore di morale all'École normale, quindi membro dell'Académie des sciences morales (1795); Napoleone, che lo ammirava moltissimo, lo pensionò.

Tra gli scritti, vanno ricordati ancora: La chaumière indienne (1790); Voeux d'un solitaire (1790); De la nature, de la morale (1798); il dramma La mort de Socrate (1808); Harmonies de la nature (1815); Vie et ouvrages de J.-J. Rousseau (1820). Di Rousseau egli fu, oltre che amico e compagno, affine anche per certi aspetti del carattere, l'interprete più fedele.

B. de St.-P. non vede nella scienza che l'arida manifestazione dell'intelletto, incapace per sé di scoprire la verità; questa si rivela invece al "cuore" mostrandogli un mondo che è tutto bellezza e armonia, opera di un Creatore provvidente il quale lo dispone per il benessere dell'uomo che vive "secondo natura", che fugge, o tende a fuggire, dalle città e dalla società. L'ignorante scopre più verità che il dotto, il "primitivo" e "ingenuo" è più buono che l'uomo di mondo.

Tutta questa "filosofia" è esposta con un'arte solo in apparenza negletta, ma studiatissima e raffinata; con un linguaggio a cui l'uso dei termini tecnici e scientifici aggiunge ricchezza e precisione e nelle cui vivide descrizioni si palesa un ricco senso del colore; mentre al sentimentalismo della "Natura" si accoppia il gusto delle rovine, dei sepolcri, del patetico.