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Poeta francese (Parigi 1821 - ivi 1867). Pur fra interpretazioni
diverse o opposte, è ritenuto l'iniziatore di un nuovo corso
poetico, e la sua opera viene collocata fra le più alte
espressioni della poesia di tutti i tempi e paesi. Autore di un
unico ma fondamentale libro di poesie, Fleurs du Mal (1857), la sua
grande originalità non fu interamente compresa dai suoi
contemporanei, nemmeno dai suoi amici più vicini (Gautier o
Sainte-Beuve), ma esercitò subito un'influenza notevolissima
sul Parnasse, e poi sulla scuola simbolista; e quindi grande
suggestione ebbe su Verlaine, su Mallarmé, su Rimbaud, e su
tutta la successiva poesia francese ed europea, fino al surrealismo.
Vita e opere
Rimase orfano di padre a sette anni, e le nuove nozze della madre
con l'ufficiale di carriera Jacques Aupick costrinsero il suo
temperamento nervoso e sensibilissimo a formarsi in una
solîtudine quasi completa. Per volere della famiglia
intraprese a vent'anni un viaggio verso l'India, che durò
dieci mesi e fu interrotto all'isola Maurizio: ne riportò
impressioni e ricordi che influirono sui suoi gusti e su taluni
spunti e motivi della sua poesia. Al ritorno, divenuto maggiorenne e
entrato in possesso dell'eredità paterna, fece vita a
sé: frequentò letterati, giornalisti, pittori, strinse
amicizia con Th. Gautier, Th. de Banville, Sainte-Beuve, si
legò a una mulatta, Jeanne Duval (la "Vénus noire")
con un amore che durò, fra alterne vicende, fino al 1861.
Esordì come critico d'arte (Salon de 1845; Salon de 1846) e
poi continuò a collaborare a riviste e giornali, ancora con
articoli di critica d'arte e letteraria, o con rari e brevi racconti
(La Faufarlo, 1847); ma presto sua cura costante fu di raccogliere
in volume le sue poesie, che intanto apparivano in riviste,
isolatamente o a gruppi, e venivano annunciate sotto titoli diversi
(Les Lesbiennes, 1845-46; Les Limbes, 1849; Les Fleurs du Mal,
1855). Finalmente la raccolta, di 101 poesie, fu pubblicata nel
1857, col titolo definitivo di Fleurs du Mal; la sua apparizione
provocò un processo giudiziario per immoralità, che
terminò con una condanna pecunaria per l'autore e l'editore,
e con la prescrizione di togliere sei liriche. Dopo tale successo
scandalistico, B. pensò subito a una seconda edizione, che
apparve nel 1861, con l'aggiunta di altre trentacinque liriche,
alcune fra le più belle, e con la ripartizione in sei sezioni
(Spleen et Idéal, Tableaux parisiens, Le Vin, Fleurs du Mal,
Révolte, La Mort).
Concependo la poesia come fenomeno irrazionale, individuale e
perciò unico e inimitabile, B. aderì all'esigenza di
attualità e di realtà della scuola romantica, e della
vita del suo tempo ritrasse e interpretò anche gli aspetti
più oscuri e scabrosi, trasfigurandoli in un linguaggio
stilisticamente elaborato, e con immagini, simboli e
"corrispondenze" di grande efficacia rappresentativa. Ma del
romanticismo rifiutò l'effiusione sentimentalistica,
né condivise la fiducia di alcuni settori nel progresso
continuo, materiale e morale, dell'umanità; l'espressione
indiretta, allusiva, del suo contenuto lirismo, tradusse piuttosto
l'esasperato pessimismo di molti poeti e letterati della sua
generazione, disse la tormentata molinconia d'una condizione di
caduta e di rinuncia, la noia che opprime e isola, gli slanci verso
ideali di bellezza assoluta, le rivolte, i rinnegamenti, le evasioni
verso i regni della voluttà, del vizio, dell'autoesaltazione,
del sogno e della morte, e sempre con un senso quasi cristiano di
colpa, con una lucida coscienza del peccato, con un miraggio di
elevazione e purificazione.
Questi principî e questi aspetti si ritrovano anche nello
Spleen de Paris (o Petits poèmes en prose, raccolti in volume
soltanto dopo la morte di B., nel 1869), e nei Paradis artinciels
(1860), in cui, sull'esempio delle Confessions of an English
Opium-Eater (1821) di Th. de Quincey, tratta da esperto e da poeta
degli effetti dell'oppio, dell'hasḥīsh, del vino, come mezzi di
ricerca di voluttà e di moltiplicazione
dell'individualità. Di grande acutezza sono i suoi saggi
critici su Delacroix, Constantin Guys, V. Hugo, Wagner, ecc.,
raccolti nei due volumi Curiosités esthétiques e L'art
romantique (1868), nella prima edizione di opere complete curata da
Th. de Banville e Ch. Asselineau, con prefazione di Th. Gautier
(1868-1870, 7 voll.). Ammirò moltissimo, per affinità
di gusti e di temperamento, E.A. Poe, e ne tradusse l'opera
narrativa e altri scritti (Histoires extraordinaires, 1854-1856;
Nouvelles histoires extraordinaires, 1857; Aventures d'Arthur Gordon
Pym, 1858; Euréka, 1864; Histoires grotesques et
sérieuses, 1865). Le traduzioni da Poe e due nuove brevi
raccolte di altre poesie (Les Épaves e Nouvelles Fleurs du
Mal, 1866) furono le sue ultime fatiche, cui attese durante il suo
forzato e ingrato soggiorno in Belgio (1864-1866), dove si era
rifugiato per sottrarsi ai creditori, e da cui non tornò a
Parigi se non per morirvi qualche tempo dopo.
wikipedia
Charles Pierre Baudelaire (Parigi, 9 aprile 1821 – Parigi, 31 agosto
1867) è stato un poeta, scrittore, critico letterario,
critico d'arte, giornalista, aforista, saggista e traduttore
francese. È considerato uno dei più celebri e
importanti poeti del XIX secolo, esponente chiave del Simbolismo,
affiliato del Parnassianesimo e grande innovatore del genere lirico,
nonché anticipatore del Decadentismo.
I fiori del male, la sua opera maggiore, è considerata uno
dei classici della letteratura francese e mondiale.
Il pensiero e la biografia di Baudelaire hanno influenzato molti
autori successivi a lui (ad es. i "poeti maledetti" di Verlaine,
Marcel Proust, Alfred de Vigny, Edmund Wilson ed in particolar modo
Paul Valéry), appartenenti anche a correnti letterarie e
vissuti in periodi storici differenti, e viene ancor oggi
considerato non solo come uno dei precursori del Decadentismo, ma
anche di quella poetica e di quella filosofia nei confronti della
società, dell'arte, dell'essenza dei rapporti tra esseri
umani, dell'emotività, dell'amore e della vita che lui stesso
aveva definito come "Modernismo".
Biografia
La giovinezza
Charles Baudelaire nacque a Parigi, in Francia, il 9 aprile 1821 in
una casa del quartiere latino, in rue Hautefeuille n°13, e venne
battezzato due mesi dopo nella chiesa cattolica di Saint-Sulpice.
Suo padre si chiamava Joseph-François Baudelaire; si trattava
di un ex-sacerdote e capo degli uffici amministrativi del Senato,
amante della pittura e dell'arte in genere, che come prima moglie
ebbe Jeanne Justine Rosalie Jasminla, dalla quale ebbe Claude
Alphonse Baudelaire, fratellastro del poeta. La madre di Charles era
la ventisettenne Caroline Archimorfano del padre, allora
sessantenne, sepolto nel cimitero di Montparnasse. Caroline, rimasta
vedova, espanse sul figlio tutta la sua ricchezza affettiva, ma
l'anno successivo decise di sposarsi con Jacques Aupick, un tenente
colonnello che, a causa della sua freddezza e rigidità
(nonché del perbenismo borghese di cui era intriso), si
guadagnò ben presto l'odio del giovane Charles.
Baudelaire non perdonò mai alla madre questo "tradimento" e
da allora il rapporto tra i due divenne sempre più
tormentoso, nutrito dagli impulsi di vendetta del figlio, che non
dissociava più l'amore per la madre dal bisogno di farla
soffrire e dai lamenti e rimproveri di lei, che al figlio erano
altrettanto necessari.
Nel 1833 Charles entrò nel Collegio reale di Lione,
città dove si trasferì la famiglia a causa del lavoro
del patrigno. Al gennaio 1836 risale il ritorno a Parigi, dove
Aupick ricevette una promozione a colonnello; all'età di 14
anni Baudelaire iniziò a frequentare il collegio Louis-le
Grand, con risultati altalenanti. Un suo compagno di classe lo
descrisse così:
« Era molto più raffinato e distinto degli altri
studenti del liceo [...] siamo legati l'uno con l'altro [...] da
condivisi gusti e simpatie, il preconscio amore per le fini opere di
letteratura. »
Baudelaire si rivelò incostante nello studio, a volte era
diligente, altre volte era più soggetto ad oziare. Fu espulso
dal liceo nel 1839, nonostante il suo buon profitto (nel 1837,
infatti, ottenne il secondo premio di composizione in versi latini),
per indisciplina: si era infatti rifiutato di consegnare al
professore un biglietto che un compagno gli aveva passato in classe.
Nonostante questo inconveniente, Baudelaire riesce pochi mesi dopo a
conseguire il diploma "baccalauréat", al liceo Saint-Louis.
Finito il liceo, il giovane si mostra indeciso sul proprio futuro ed
insofferente alle scelte che Aupick aveva in mente per lui; si
appassiona però alla carriera letteraria[3], che lo porta a
conoscere artisti e scrittori dediti ad uno stile di vita
bohémien, che lo spinse per altro ad accumulare debiti.
Durante questo periodo comincia inoltre a frequentare prostitute e
contrae presumibilmente la gonorrea e la sifilide. Nel 1840
intrattenne una relazione con una ragazza di nome Sarah, una
giovanissima prostituta ebrea. Nel 1841, a causa della
frequentazione di cattivi ambienti e del suo stile di vita
dissoluto, su decisione del consiglio di famiglia fu imbarcato su
una nave, la Paquebot des Mers du Sud, diretta verso Calcutta, in
India. Egli si ferma prima sull'isola di Bourbon, poi su quella di
Maurice. Nonostante ciò, il giovane Baudelaire decise di non
portare a termine il viaggio e quindi il 4 novembre si
imbarcò sulla nave Alcide, facendo ritorno in Francia. Da
questa esperienza tuttavia nacque la passione di Baudelaire per
l'esotismo, che si rifletterà in seguito nella sua opera di
maggior successo: I fiori del male.
Dieci mesi dopo la sua partenza per l'India, una volta rientrato a
Parigi, ormai maggiorenne, Baudelaire comincerà a svolgere
una vita da bohemien grazie all'eredità paterna, proseguendo
la sua vita all'insegna della carriera letteraria. È in
questo periodo che comincia a scrivere le prime composizioni de I
fiori del male, affermandosi inoltre come critico d'arte e
giornalista.
Nel 1842 si avvicinò alla figura di Gautier, prendendolo a
modello sia nell'ambito spirituale che in quello artistico, e nello
stesso periodo incontrò Jeanne Duval, "La Venere Nera" che
"lo torturava ogni giorno" (così diceva la madre di
Baudelaire), una danzatrice e attrice teatrale di origini haitiane,
africane e francesi, figlia illegittima di una prostituta di Nantes,
con la quale Baudelaire visse un'appassionata e turbolenta storia
d'amore, che diverrà per il poeta fonte di notevoli spunti
letterari. Secondo la madre di Baudelaire, Duval prosciugava suo
figlio di ogni avere ed opportunità. Jeanne Duval venne
abbandonata dalla sua famiglia.
Il lussuoso stile di vita portò Baudelaire nel frattempo a
prendere alloggio al centralissimo Hotel de Pimodan sull'isola di
Saint-Louis dove, nello studio, teneva il proprio ritratto, opera di
Pierre Dufay, frutto della sua repentina celebrità nei
circoli artistici come dandy e spendaccione; le tende oscuravano
solo la parte inferiore della finestra sulla Senna, così da
lasciar vedere esclusivamente il cielo.
La carriera
Nonostante non avesse pubblicato ancora nessuna opera, già
nel 1843 Baudelaire era conosciuto nei circoli letterari Parigini
come un dandy dedito a spese e lussi che spesso non poteva neppure
permettersi, circondandosi di opere d'arte e libri; i generosi
dispendi economici del suo tenore di vita intaccarono rapidamente la
metà del patrimonio paterno costringendo la madre, dietro
consiglio del patrigno, ad interdire il giovane ed affidare il suo
patrimonio ad un notaio.
In questo periodo entrò a far parte del Club des Hashischins,
un circolo di letterati e intellettuali dediti all'esplorazione
delle esperienze e delle allucinazioni prodotte dalle droghe (prima
fra tutte l'hashish), che si ritrovavano spesso all'Hôtel de
Lauzun; il gruppo comprendeva personalità rinomate, oltre a
Baudelaire, quali Jacques-Joseph Moreau, Théophile Gautier,
Gérard de Nerval, Eugène Delacroix ed Alexandre Dumas,
padre (Gautier dedicò un articolo di giornale al club
intitolato Le Club des Hachichin e pubblicato sul Revue des Deux
Mondes nel febbraio 1946).
Sempre in questi anni conobbe Balzac e continuò a produrre
alcuni dei componimenti de I fiori del male. Al 1845 risale la prima
pubblicazione, la recensione critica del Salon del 1845; il lavoro
di Baudelaire si guadagnò parecchie attenzioni in campo
artistico, per l'audacia delle idee esposte e per la competenza
dimostrata dall'autore.
A questo primo "successo" personale faceva contrasto però il
suo stile di vita: sempre più pressato da debiti, dubbioso
sul proprio futuro, solo e con una condizione psicologica precaria,
Baudelaire tentò per la prima volta il suicidio. Si
ferì soltanto lievemente e superò il trauma fisico con
una convalescenza relativamente breve; la madre, nonostante il
figlio stesse vivendo un periodo evidentemente disastroso, non lo
andò mai a visitare ignorando le sue richieste, probabilmente
per ordine di Aupick.
Nel 1846 Baudelaire si occupa nuovamente del Salon, collaborando con
riviste e giornali attraverso articoli, saggi e critiche d'arte. La
sua fama continua a crescere, soprattutto perché in
quest'opera si fa sostenitore del Romanticismo e di Delacroix[6].
Allo stesso anno risale anche l'importante esordio come poeta con
l'opera A una signora creola, mentre l'anno successivo
pubblicherà la sua unica novella, intitolata La Fanfarlo,
nella quale si intravedono anche alcuni abbozzamenti da opera
teatrale.
Nel 1848 prende parte ai moti rivoluzionari parigini e sale anche
lui sulle barricate insurrezionaliste, seppure la sua posizione
politica non fosse radicata e difesa con convinzione, quanto spinta
dalla foga del momento e dalla situazione storico-sociale parigina.
Tuttavia, Baudelaire vedrà sfumare la possibilità di
una vittoria e di una "liberazione" dalle sanguinarie giornate
successive alle proteste, dalla proclamazione della Seconda
Repubblica Francese e dalla conseguente instaurazione del regime
bonapartista di Napoleone III. Questa sconfitta lascerà una
ferita profondissima nell'animo di Baudelaire, tanto che
diventerà il vertice finale in cui confluirà tutta la
sua poesia.
La vita di Baudelaire nei primi anni della seconda metà del
'800 permaneva nelle medesime condizioni di precarietà
provate nei periodi passati, tra alloggi momentanei, debiti
pressanti, lavori altalenanti ed una salute cagionevole. Inizia ad
amare la musica di Richard Wagner (dopo aver ascoltato il preludio
del Lohengrin e del Tannhäuser) e lo scrittore Edgar Allan Poe,
a cui dedicherà diversi articoli e personali traduzioni in
francese; queste ultime raggiungeranno un discreto successo, venendo
pubblicate su Le Pays.
Poe ed il romanzo gotico rappresenteranno per Baudelaire una potente
influenza, che risulterà più evidente in svariati
componimenti de I fiori del male. Il suo impegno giornalistico si
determinò inoltre nelle varie critiche d'arte, pagine di
grande modernità ed originalità che si fondono
profondamente con l'estetica del tempo e con la poetica dei suoi
versi.
I fiori del male
Les Fleurs du Mal: il titolo di quest'opera riassume a pieno l'idea
di bellezza propria del poeta francese. Il male, come il bene, ha i
suoi fiori, le sue bellezze. Il male risulta però più
attraente e più accattivante. Quest'opera evoca il "viaggio"
immaginario, tipico della concezione di vita di Baudelaire. Si parte
infatti dall'angoscia di vivere (Spleen), al quale si contrappone da
una parte un ideale divino (Idéal), fatto di corrispondenze
naturali , d'amore e bellezza , al quale si può arrivare solo
tramite la bellezza ideale. Dall'altra parte abbiamo poi la morte,
altra fonte di salvezza. Ci arriviamo attraverso il male, la
ribellione contro tutto ciò che ci circonda, ma soprattutto
contro Dio, con l'utilizzo di droghe e alcol, che rappresentano il
tentativo del poeta di trovare rifugio, scoprendo però che
sono capaci di donare solo una breve illusione di libertà
(Enivrèz Vous - "Ubriacatevi").
I fiori del male esprimono dunque la vita secondo Baudelaire, divisa
nelle seguenti sezioni: Spleen et Idéal, Quadri Parigini, Il
Vino, Fleurs du Mal, Rivolta, La Morte. Il significato della scelta
del titolo è anche molto importante. ha un doppio valore
simbolico; infatti il FIORE, nascendo dalla terra, fa parte della
natura maligna e perciò viene detto DEL MALE.
Gli ultimi anni
Baudelaire venne processato nel 1857, per la pubblicazione de I
Fiori del Male, insieme al suo editore, Auguste Poulet-Malassis.
Baudelaire venne accusato di «offendere la morale pubblica e
il buon costume». Essendo già incastrato in una
situazione difficile a causa della sua partecipazione alla
rivoluzione del 1848, Baudelaire e il suo editore vennero processati
e lo scrittore dovette pagare una multa di 300 franchi ed eliminare
6 poesie considerate "oscene". Il 28 aprile dello stesso anno muore
il patrigno di Baudelaire, il generale Aupick. Tuttavia, Baudelaire
non si arrese al volere dell'imperatore Napoleone III e nel 1861
pubblicò una nuova edizione de I Fiori del Male, con
l'aggiunta di 35 nuove poesie inedite[9]. Nel 1866 pubblicò
la raccolta Les Épaves, in cui inserì le poesie che le
autorità gli avevano ordinato di eliminare dalla prima
edizione de I Fiori del Male.
Baudelaire in questi anni si dedicò alla traduzione di varie
opere, tra cui Le confessioni di un mangiatore d'oppio di Thomas de
Quincey[10], Storia di Arthur Gordon Pym di Poe e alcuni scritti di
Hoffmann. Si dedicò anche alla completazione di alcune opere
che vengono considerate (insieme a I Fiori del male) i suoi
capolavori, come ad esempio Lo spleen di Parigi (intitolato
all'inizio Piccoli Poemi in prosa) e si impegnò anche in una
serie di recensioni e di critiche artistiche intitolata Exposition
universelle e pubblicata su Le Pays; scrisse anche per conto di
alcuni giornali delle recensioni e critiche letterarie sulle opere
di alcuni suoi conoscenti ed amici, tra cui Flaubert (L'Artiste, 18
ottobre 1857) e Gautier (Revue contemporaine, settembre 1858,
periodo in cui tra l'atro il giornale pubblicò anche De
l'idéal artificiel e Le poème du haschisch); Charles
scrisse anche vari articoli e poemi che conferì poi ad Eugene
Crepet, tra cui Poètes francais, Les Paradis artificiels (nel
quale si percepisce una notevole influenza da parte di de Quincey ma
che non ottenne grande successo di pubblico) ed Opium et haschisch
(1860).
Dal 1859 in poi, lo stato di salute fisica di Baudelaire si
aggravò terribilmente (anche a causa della sua dipendenza da
laudano) e, a causa dello stress e delle precarie condizioni
economiche nel quale viveva, Charles cominciò ad invecchiare
notevolmente, anche nell'aspetto fisico. Alla fine la madre, cessato
il suo presunto risentimento nei confronti del figlio, decise di
riprenderlo a vivere con sè per qualche tempo nella sua
attuale casa, ad Honfleur. Charles in questo periodo divenne
incredibilmente pacifico e produttivo nella nuova casa e nella
cittadina di mare, ed il poema Le Voyage è forse il
più emblematico manifesto di questa sua riappacificazione
(con la madre, ma anche con sè stesso) e di questa momentanea
serenità, nonché dei suoi sforzi artistici nonostante
l'aggravarsi della malattia (probabilmente la sifilide).
Nel 1860 venne colto da una prima crisi cerebrale. Le sue
difficoltà finanziarie continuarono ad avvicinarsi sempre di
più verso il l'orlo del baratro e, poco dopo il suo editore
Auguste Poulet-Malassis, finì anche lui in bancarotta nel
1861, motivo che presumibilmente lo portò a tentare per la
seconda volta il suicidio nello stesso anno.
La sua lunga relazione con Jeanne Duval, caratterizzata da alti e
bassi e di tanto in tanto da riprese continue, perdurò;
Charles accompagnò Jeanne, nel frattempo diventata cieca e
sofferente per la sifilide, e la assistette fino alla fine della sua
vita. Jeanne Duval morì nel 1862, a Parigi. Nello stesso anno
muore anche il fratellastro del poeta, provocandogli così un
altro lutto. Le relazioni di Baudelaire con la cortigiana Apollonie
Sabatier e con l'attrice teatrale Marie Daubrun (a quest'ultima
aveva dedicato i versi della poesia Invito al viaggio), sebbene
fossero state entrambe muse e fonti di ispirazione per lui, non
produssero mai nessun soddisfacimento duraturo.
Nel 1864, dopo essere stato rifiutato all'Académie
française, decise di recarsi a Bruxelles con la speranza di
ricavare del denaro per mezzo di alcune conferenze, cercando anche
di vendere i diritti delle sue opere. Vi trascorse invece giorni di
assoluta miseria, tra indicibili sofferenze fisiche e morali. La
monotonia e la noia di questo periodo rivivono nei pessimistici
pensieri de Il mio cuore messo a nudo, nella ferocia del pamphlet
Amenità belgiche (il cui titolo all'inizio era Pauvre
Belgique! e che è conosciuto in Italia con il titolo La
Capitale delle Scimmie) e in Razzi (Cohetes), opere a cui lavora con
crescente disperazione e che rimarranno soltanto abbozzate. A queste
si aggiungono anche i Diari intimi, le ultime opere di Baudelaire,
anche queste scritte durante il momentaneo soggiorno a Bruxelles,
che verranno poi riunite in una sola raccolta. A Bruxelles la sua
dipendenza dalle droghe peggiorò ulteriormente, portandolo a
fumare oppio e all'abusare degli alcolici.
Nel 1866 a Namur, mentre stava visitando la chiesa di Saint-Loup,
venne colpito da ictus, emiplegia e afasia e rimase paralizzato nel
lato destro del corpo; riportato a Parigi, con la sifilide arrivata
ormai all'ultimo stadio, nella casa di cura del dottor Duval,
cercò sollievo nelle droghe e nell'alcol, ma nel 1867, dopo
una straziante agonia e aver ricevuto l'estrema unzione in una
chiesa cattolica[14], Charles Baudelaire morì tra le braccia
della madre, a soli 46 anni. Venne sepolto a Parigi nel cimitero di
Montparnasse nella tomba di famiglia, senza alcun particolare
epitaffio, insieme al padre adottivo, ed in seguito alla madre.
Il lavoro di Baudelaire rimase in gran parte disseminato in giornali
e riviste. Dopo la morte del poeta, vennero pubblicati l'
epistolario alla madre, nel 1872, e nel 1909 Il mio cuore messo a
nudo, Razzi e Diari intimi. Infine la casa editrice
Calmann-Lévy (che aveva già pubblicato alcune opere di
Baudelaire) acquistò i diritti su tutta la sua opera e
provvide a riordinarla in sette volumi, pubblicati poi nel 1939.
Nel 1949 la Corte di Cassazione francese decise di riabilitare opere
e memoria del poeta scomparso.
Il personaggio
Il personaggio "Charles Baudelaire" ha alimentato il mito del
bohemien, lo studente povero o presunto tale, ribelle ed amante dei
piaceri notturni, dell'assenzio e delle novità in fatto di
costumi e di arte. Generazioni di studenti e di poeti si sono
ispirati e ancora oggi si ispirano al poeta parigino. Figura in
parte contrapposta in parte collocata al fianco del dandy e
dell'esteta, Baudelaire incarna quella visione di gioventù
romantica dedita all'eccesso e alla poesia, un po' cupa e
rivoluzionaria.
Da sempre l'autore dei Fiori del male è stato assunto a
vessillo antiborghese della contrapposizione produttiva, di quel
mito romantico che vede nel giovane che si allontana dalla famiglia
e che si dedica a droghe, all'alcol e all'arte non un problema della
"societas" ma un portatore del nuovo ed un artista all'avanguardia.
Baudelaire infatti con i suoi scritti e la sua vita rappresenta
tuttora l'artista e il poeta maledetto, figura iconografica che
segna ancora profondamente la visione dell'intellettuale e del poeta
ai giorni nostri.
Baudelaire e le donne
Uno dei temi che fa da fulcro alla poesia di Baudelaire è
quello dell'amore, che significa anche gusto per la vita, fascino
per la bellezza, sogno di un altrove dove l'esistenza possa
trascorrere serena e carica di promesse.
Nel 1852, anno in cui pubblicò il suo studio sull'opera di
Poe, Baudelaire tentò di sedurre Madame Sabatier, musa di
vari artisti, che ispirò alcune delle poesie più belle
de Le Fleurs du mal e che rappresenta, nell'immaginario del poeta,
il polo dell'amore sublime e mistico, corrispondente alla ricerca
del Bello ideale. Jeanne Duval invece occupa il polo dell'amore
carnale, che può essere affascinante e diabolico, ma anche
nettamente sadico e mortifero, e in quanto tale corrisponde al
richiamo del baratro e dell'autodistruzione.
Tutto ciò che Baudelaire ha scritto sulla donna è
dominato da un desiderio di purezza impossibile e dalla
volontà di non sottrarsi alla denuncia anche brutale della
cruda verità. Una delle fantasie "ridicole" di cui si era
macchiata l’epoca in cui gli era toccato di vivere era stata quella
di abolire le tracce del peccato originale. Il peccato che l’uomo
vive non può essere abolito, è legato al piacere e al
rimorso. Il piacere, fratello del disgusto, invade la coscienza di
chi ha incontrato il male.
La donna, simbolo del peccato, diventa, per il demone della
contraddizione da cui egli è torturato, oggetto di culto e di
esecrazione. L’adorazione della donna si confonde con un’ossessiva
forma di misoginia. Questo atteggiamento di avversione o repulsione
per la donna ha una ragione ora tragica ora satirica. La donna
è vicina alla natura, cioè abominevole; è
sempre volgare e quindi l’opposto del dandy, meraviglioso simbolo di
lotta estetica alla natura. Fa orrore perché legata ai propri
bisogni; se ha sete beve, se ha fame mangia; Ella non sa separare
l’anima dal corpo. Baudelaire riconosce nell’eterna Venere (nella
sua convinzione di capriccio, d’isterismo, d’immaginazione) una
delle forme più seducenti del diavolo, della cui esistenza
è ben convinto. Egli si meravigliava che alle donne sia
permesso di entrare nelle chiese. "Di che cosa possono parlare - si
domandava - con Dio?".
Per ribadire la ferma opposizione dei due sessi, che si guardano
come nemici e che il caso, cioè l’amore, rende complici,
Baudelaire almanacca che "amare le donne intelligenti sia un piacere
da pederasti": dovremmo amare le donne quanto più esse le
sentiamo diverse da noi.
L’atto dell’amore somiglia a una tortura o a un'operazione
chirurgica. Anche quando due amanti sembrano fortemente presi l’uno
dall’altro e pieni di reciproco desiderio, l’uno dei due sarà
sempre più calmo o meno indemoniato dell’altro. Uno è
il "chirurgo", l’altro il "paziente". Nella proclamazione di un
silenzio, che è il sadismo, la voluttà unica e suprema
dell’amore consiste nella certezza di fare il male, e l’amore
è un delitto in cui non si può fare a meno del
complice. L’inferno, il diavolo, il peccato, fonte di piacere e di
dolore, l’amore che si allontana sempre di più dalla
semplicità e dal candore della natura, e nessuna
volontà di cancellare quelle macchie depositate dal male e
averne alcuna consolazione, a vivere nel proprio inferno fino
all’ultimo: questo fu il destino di Baudelaire.
Simbolismo e allegorismo
Il senso di disagio provocato dalla violenta trasformazione
socio-economica dell'Ottocento si è manifestato in due
diverse poetiche nell'opera di Baudelaire:
La prima, quella del simbolismo, è generata da un grande
desiderio di ritrovare quel forte legame tra la società
pre-industriale e la natura. Sono poste in risalto le analogie tra
uomo e natura e sono accostati i diversi messaggi sensoriali
provenienti dal mondo naturale, espressi attraverso la figura
retorica della sinestesia;
La seconda, l'allegorismo, deriva dal tentativo di sottolineare il
profondo distacco della vita rispetto alla nuova realtà
industriale, proponendo al lettore spunti di riflessione che
richiedono un'attività razionale per essere compresi.
Però il suo allegorismo rappresenta anche il rifiuto
dell'oggettivismo scientifico, che tarpa la fantasia per richiuderla
entro regole logiche, con ciò privando l'uomo del suo bene
più prezioso.
La poetica
L'opera di Baudelaire, che avvertì la crisi irreversibile
della società del suo tempo, è varia e complessa. La
sua poesia, incentrata sulla perfezione musicale dello stile (egli
stesso lo definì "matematico"), aprì la strada al
simbolismo e allo sperimentalismo, che avranno forti ripercussioni
nella poesia del Novecento. Particolare importanza ebbero anche i
suoi scritti di critico e di studioso di problemi estetici, che
confluirono e si consolidarono in un lavoro a latere. Baudelaire non
appartenne a nessuna scuola, fu indipendente, nonostante la sua
poesia derivi direttamente dal romanticismo. Sebbene i sentimenti
che lo ispirarono fossero puramente romantici, seppe esprimerli in
una forma nuova, attraverso dei simboli che riflettevano le
sensazioni del mondo inconscio.
La "psicologia" di Baudelaire si basa sul conflitto tra l'orrore e
l'estasi, che si realizzano nello Spleen et Ideàl, sull'amore
non solo fisico ma anche platonico, sul rifiuto dei valori del
realismo e del positivismo, primeggiando invece la
sensibilità, l'irrazionalità, la malinconia, la
verità umana al centro dell'universo; la preferenza e
l'esaltazione di un mondo ideale, immaginario, onirico, nel quale
fuggire, poiché il mondo reale è orribile, spaventoso,
fatto solo di delusioni e di dolore. Questa visione della vita, del
mondo, della società e della natura ha portato alla
diffusione del simbolismo, ma anche alla nascita del decadentismo,
che deriva proprio dalla corrente simbolista, e che si sviluppa
soprattutto in Francia e in Italia.
Albatro in volo
Fu il poeta della città "febbrile", pervertita, dei vizi e
delle miserie degli uomini; ma anche la ricerca ansiosa dell’ideale,
il desiderio e la paura della morte, la fuga dalla vita monotona e
normale, la complessità e le contraddizioni interiori
dell’uomo, furono temi ricorrenti della sua poesia. Nella poesia
L’Homme et la mer, Baudelaire compara il mare all’animo umano.
L’immensità della distesa marina, la mutevolezza delle sue
onde, diventano immagini simboliche che corrispondono ai diversi
aspetti e al mistero dell’animo umano. L'esasperazione della ricerca
romantica si razionalizza nella coscienza dell'avvenuta frattura
storica tra l'immagine dell'arte e la sostanza della vita, tra
idéal e spleen. La negazione della morale collettiva e la
rappresentazione del male, del demoniaco e del grottesco vengono
ideologicamente poste a fondamento della vita così come della
poesia.
Per Baudelaire il poeta è il sacerdote di un rito, il
veggente che sa scorgere nel mondo naturale misteriose analogie,
corrispondenze nascoste; ma è anche l'artista capace di usare
la parola poetica e il verso sapientemente costruito, limpido e
puro, per esprimere le sue intuizioni e i suoi sentimenti.
"Il poeta" - scrive Baudelaire - "è come l'albatro".
L'albatro domina col suo volo gli spazi ampi: le sue grandi ali lo
rendono regale nel cielo ma se gli capita di essere catturato dai
marinai si muove goffo e impacciato sul ponte della nave e diventa
oggetto di scherzi e di disprezzo; e sono proprio le grandi ali che
lo impacciano nel muoversi a terra.
Anche il poeta, trasgressivo e maledetto, è abituato alle
grandi solitudini e alle grandi profondità delle tempeste
interiori e in queste dimensioni domina sovrano; anche lui, come
l'albatro, può sembrare goffo e impacciato nella
realtà quotidiana, nella quale non si muove a suo agio. Il
poeta insomma ha il dominio della realtà fantastica, ma nella
realtà materiale è un incapace e riceve
l'incomprensione e il disprezzo degli uomini, esattamente come
accade all'albatro.
Il poeta, secondo Baudelaire, è venuto sulla terra per
interpretare la realtà alla luce del suo sogno, ribelle alle
convenzioni, inabile alla vita pratica, destinato a gettare il
discredito sulle comuni passioni, a sconvolgere i cuori, a
testimoniare per mezzo dell'Arte d'un mondo magicamente e idealmente
perfetto.
Il modernismo e la lirica baudelairiana
Charles Baudelaire è stato da molti definito il padre della
"modernità", parola utilizzata dallo stesso poeta per
esprimere la particolarità dell'artista moderno: la sua
capacità di vedere nella metropoli che lo circonda non solo
la decadenza dell'uomo ma anche di avvertire una misteriosa bellezza
fino ad allora mai scoperta. Il problema che si pone Baudelaire
è proprio questo: come sia possibile la poesia in una
società cosi commercializzata e tecnicizzata?
In molti hanno cercato una linea di continuità tra Baudelaire
e i Romantici (e Baudelaire ne conosceva:Lamartine, Hugo, Musset,
Vigny...) ma da questi ultimi si distanzia per quel processo di
"spersonalizzazione" portato poi agli estremi da Rimbaud.
I Fiori del male non sono una lirica di confessione, né tanto
meno la raccolta va intesa come un diario di situazioni private. Il
primo passo che porta alla spersonalizzazione della poesia è
la scelta, adottata dal poeta, di non datare nessuno dei suoi
componimenti (contrariamente a quanto fece Hugo, conoscente di
Baudelaire). Benché le poesie della raccolta seguano un
percorso, questo non è autobiografico, ma di tipo tematico. I
temi presenti nella raccolta non sono molti e si è voluto
vedere in questo della sterilità. In verità con la
concentrata tematica della sua poesia, Baudelaire soddisfa quel suo
principio di non abbandonarsi all'"ebbrezza del cuore".
L'atto che conduce alla poesia pura si chiama lavoro, è
metodica costruzione di un'architettura. Les Fleurs du Mal non
vogliono essere un semplice album, ma un'opera che ha "un
commencement et une fin" ("un inizio e una fine"). Dopo una poesia
introduttiva che anticipa il complesso dell'opera, il primo gruppo
di poesie (Spleen et Idéal) presenta il contrasto tra lo
slancio e la caduta. Il gruppo seguente (Tableaux Parisiens) mostra
il tentativo di un'evasione nel mondo esterno della metropoli,
tentativo che, non portando a nessun risultato, sfocia in
un'evasione nel paradiso dell'arte. È questo il tema del
terzo gruppo, Le Vin. Neppure questo però porta ad una
serenità. Ne consegue l'abbandonarsi alla fascinazione del
distruttivo (nel quarto gruppo che ha lo stesso titolo della
raccolta, Les Fleurs Du Mal). La conseguenza di tutto ciò
è la sarcastica ribellione contro Dio (Révolte). Come
ultimo tentativo non resta che cercare pace nella morte: cosi si
conclude l'opera nel sesto e ultimo gruppo di poesie, dal titolo,
appunto, La Mort.
Il termine modernità (modernité), coniato da Charles
Baudelaire, designava la sfuggevole ed effimera esperienza della
vita condotta nella metropoli e nella città, e anche la
responsabilità che l'arte ha di catturare quell'esperienza e
di esprimerla nelle forme più disparate, suggestive ed
originali.
Il modernismo e la trasformazione dei valori e delle sensazioni di
Baudelaire contribuirono, storiograficamente e terminologicamente
parlando, alla nascita della cosiddetta poesia moderna, evolutasi,
dopo la morte del poeta, grazie all'aiuto dei suoi seguitori e di
scrittori come Rimbaud e Mallarmé e che ha cominciato a
decadere intorno al XX secolo con la nascita e la diffusione di
nuovi movimenti artistici "d'avanguardia" (anche questo termine fu
coniato da Baudelaire), letterari ma anche sociali, come
l'Espressionismo, il Futurismo, il Cubismo e il Surrealismo, fino
all'ascesa del Postmodernismo e dell'inizio dell'età
contemporanea.