Antologia sull'Azione Cattolica.
Q 20 §1
L'Azione Cattolica, nata specificatamente dopo il 1848, era molto
diversa da quella attuale, riorganizzata da Pio XI. La posizione
originaria dell'Azione Cattolica dopo il 1848 (e in parte anche nel
periodo di incubazione che va dal 1789 al 1848, quando sorge e si
sviluppa il fatto e il concetto di nazione e di patria che diventa
l'elemento ordinatore – intellettualmente e moralmente – delle
grandi masse popolari in concorrenza vittoriosa con la Chiesa e la
religione cattolica) può essere caratterizzata estendendo
alla religione cattolica l'osservazione che uno storico francese
(verificare) ha fatto a proposito della monarchia
«legittimista» e di Luigi XVIII: pare che Luigi XVIII
non riuscisse a persuadersi che nella Francia dopo il 1815 la
monarchia dovesse avere un partito politico specifico per
sostenersi.
Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le
affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per
spiegare la nascita dell'Azione Cattolica e per riallacciare questa
nuova formazione a movimenti e attività «sempre
esistiti» da Cristo in poi, sono di una estrema fallacia. Dopo
il 1848 in tutta l'Europa (in Italia la crisi assume la forma
specifica e diretta dell'anticlericalismo e della lotta anche
militare contro la Chiesa) la crisi storico-politico-intellettuale
è superata con la netta vittoria del liberalismo (inteso come
concezione del mondo oltre che come particolare corrente politica)
sulla concezione cosmopolitica e «papalina» del
cattolicismo. Prima del 1848 si formavano partiti piú o meno
effimeri e insorgevano singole personalità contro il
cattolicismo; dopo il 1848 il cattolicismo e la Chiesa
«devono» avere un proprio partito per difendersi, e
arretrare il meno possibile, non possono piú parlare (altro
che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai
l'irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di
essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e
di operare. Molti oggi non riescono piú neanche a persuadersi
che cosí potesse essere una volta. Per dare un'idea di questo
fatto, si può offrire questo modello: oggi nessuno può
pensare sul serio a fondare un'associazione contro il suicidio
(è possibile che in qualche parte esista una qualche
società del genere, ma si tratta di altra cosa),
perché non esiste nessuna corrente d'opinione che cerchi
persuadere gli uomini (e riesca sia pure parzialmente) che occorre
suicidarsi in massa (sebbene siano esistiti singoli individui e
anche piccoli gruppi che hanno sostenuto tali forme di nichilismo
radicale, pare in Ispagna): la «vita» è la
premessa necessaria di ogni manifestazione di vita, evidentemente.
Il cattolicismo ha avuto una tale funzione e di ciò rimangono
tracce abbondanti nel linguaggio e nei modi di pensare specialmente
dei contadini: cristiano e uomo sono sinonimi, anzi sono sinonimi
cristiano e «uomo incivilito». («Non sono
cristiano!» – «E allora cosa sei, una bestia?») I
coatti dicono ancora: «cristiani e coatti» (ad Ustica
prime meraviglie quando all'arrivo del vaporetto si sentiva dire dai
coatti: «sono tutti cristiani, non ci sono che cristiani, non
c'è neanche un cristiano»). I carcerati invece dicono
piú comunemente: «borghesi e detenuti», o
scherzosamente: «soldati e borghesi», sebbene i
meridionali dicano anche «cristiani e detenuti». Sarebbe
cosí interessante studiare tutta la serie di passaggi
storico-semantici per cui nel francese da «cristiano» si
è ottenuto «crétin» (donde l'italiano
«cretino») e addirittura «grédin»; il
fenomeno deve essere simile a quello per cui «villano»
da «uomo di campagna» ha finito per significare
«screanzato» e addirittura «gaglioffo e
mascalzone», cioè il nome «cristiano»
impiegato dai contadini (pare dai contadini di alcune regioni
alpine) per indicare se stessi come «uomini», si
è, in alcuni casi di pronunzia locale, staccato dal
significato religioso ed ha avuto la stessa sorte di
«manant». Forse anche il russo «krestianin»
= contadino ha la stessa origine, mentre «cristiano» in
senso religioso, forma piú colta, ha mantenuto l'aspirazione
X greco (in senso spregiativo si diceva «mugik»). A
questa concezione è forse da legare anche il fatto che in
alcuni paesi, dove gli ebrei non sono conosciuti si crede o si
credeva che essi avessero la coda e le orecchie di porco o altro
attributo animalesco.
L'esame storico critico del movimento d'Azione Cattolica può
dar luogo, analiticamente, a diverse serie di ricerche e di studi.
I Congressi nazionali. Come sono preparati dalla stampa centrale e
locale. Il materiale ufficiale preparatorio: relazioni ufficiali e
d'opposizione.
L'Azione Cattolica è stata sempre un organismo complesso,
anche prima della costituzione della Confederazione bianca del
Lavoro e del Partito Popolare. La Confederazione del Lavoro era
considerata organicamente una parte costitutiva dell'Azione
Cattolica, il Partito Popolare invece no, ma lo era di fatto. Oltre
che alle altre ragioni, la costituzione del Partito Popolare fu
consigliata da ciò che si riteneva inevitabile nel dopo
guerra una avanzata democratica, alla quale occorreva dare un organo
e un freno, senza mettere in rischio la struttura autoritaria
dell'Azione Cattolica che ufficialmente è diretta
personalmente dal Papa e dai Vescovi: senza il Partito Popolare e le
innovazioni in senso democratico portate nella Confederazione
sindacale, la spinta popolaresca avrebbe sovvertito tutta la
struttura dell'Azione Cattolica, mettendo in quistione
l'autorità assoluta delle gerarchie ecclesiastiche. La stessa
complessità si verificava e si verifica ancora nel campo
internazionale; sebbene il Papa rappresenti un centro internazionale
per eccellenza, di fatto esistono alcuni uffici che funzionano per
coordinare e dirigere il movimento politico e sindacale cattolico in
tutti i paesi, come l'Ufficio di Malines che ha compilato il Codice
Sociale e l'Ufficio di Friburgo per l'azione sindacale (è da
verificare la funzionalità di questi uffici dopo i mutamenti
avvenuti nei paesi tedeschi oltre che in Italia nel campo
dell'organizzazione politica e sindacale cattolica).
Svolgimento dei Congressi. Argomenti messi all'ordine del giorno e
argomenti omessi per evitare conflitti radicali. L'ordine del giorno
dovrebbe risultare dai problemi concreti che si sono imposti
all'attenzione nello spazio tra un Congresso e l'altro e dalle
prospettive avvenire, oltre che dai punti dottrinari intorno ai
quali si formano le correnti generali d'opinione e si raggruppano le
frazioni.
Su quale base e con quali criteri vengono scelte o rinnovate le
direzioni? Sulla base di una tendenza dottrinaria generica, dando
alla nuova Direzione una fiducia generica, oppure dopo che il
Congresso ha fissato un indirizzo concreto e preciso di
attività? La democrazia interna di un movimento (cioè
il grado piú o meno grande di democrazia interna, cioè
di partecipazione degli elementi di base alla decisione e alla
fissazione della linea di attività) si può misurare e
giudicare anche e forse specialmente a questa stregua.
Altro elemento importante è la composizione sociale dei
Congressi, del gruppo degli oratori e della direzione eletta, in
rapporto alla composizione sociale del movimento nel suo complesso.
Rapporto tra le generazioni adulte e quelle giovanili. I Congressi
si occupano essi direttamente del movimento giovanile, che dovrebbe
essere la fonte maggiore per il reclutamento e la migliore scuola
per il movimento, o lascia ai giovani di pensare a se stessi?
Che influsso hanno (avevano) nei Congressi le organizzazioni
subordinate e sussidiarie (o che tali dovrebbero essere), il gruppo
parlamentare, gli organizzatori sindacali, ecc.? Ai deputati e ai
capi sindacali viene fatta nei Congressi una posizione speciale,
ufficialmente e organicamente o sia pure solo di fatto?
Oltre che nelle discussioni dei Congressi è necessario
fissare lo svolgimento che hanno avuto nel tempo e nello spazio i
problemi concreti piú importanti: la quistione sindacale, il
rapporto tra il centro politico e i sindacati, la quistione agraria,
le quistioni di organizzazione interna, in tutte le diverse
interferenze. Ogni quistione presenta due aspetti: come è
stata trattata teoricamente e tecnicamente e come è stata
affrontata praticamente.
Altra quistione è quella della stampa, nei suoi diversi
aspetti: quotidiana, periodica, opuscoli, libri, centralizzazione o
autonomia della stampa ecc.
La frazione parlamentare: trattando di ogni determinata
attività parlamentare, occorre tener presenti alcuni criteri
di ricerca e di giudizio. Quando il deputato di un movimento
popolaresco parla in Parlamento (e un senatore al Senato) ci possono
essere tre o piú versioni del suo discorso: 1) la versione
ufficiale degli Atti parlamentari, che di solito è riveduta e
corretta e spesso edulcorata post festum; 2) la versione dei
giornali ufficiali del movimento al quale il deputato appartiene
ufficialmente: essa è combinata dal deputato d'accordo col
corrispondente parlamentare, in modo da non urtare certe
suscettibilità o della maggioranza ufficiale del partito o
dei lettori locali e non creare ostacoli prematuri a determinate
combinazioni in corso o desiderate; 3) la versione dei giornali di
altri partiti o dei cosí detti organi della pubblica opinione
(giornali a grande diffusione) che è fatta dal deputato
d'accordo coi rispettivi corrispondenti parlamentari in modo da
favorire determinate combinazioni in corso: tali giornali possono
mutare da [un] periodo all'altro a seconda dei mutamenti avvenuti
nelle rispettive direzioni politiche o nei governi. Lo stesso
criterio può essere esteso al campo sindacale, a proposito
dell'interpretazione da dare a determinati eventi o anche
all'indirizzo generale della data organizzazione sindacale. Per
esempio: la «Stampa», il «Resto del
Carlino», il «Tempo» (di Naldi) hanno servito, in
certi anni, da casse di risonanza e da strumenti di combinazioni
politiche tanto ai cattolici come ai socialisti. Un discorso
parlamentare (o uno sciopero, o una dichiarazione di un capo
sindacale) socialista o popolare, era presentato sotto una certa
luce da questi giornali per il loro pubblico, mentre era presentato
sotto altra luce dagli organi cattolici o socialisti. I giornali
popolari e socialisti tacevano addirittura al loro pubblico certe
affermazioni di rispettivi deputati che tendevano a rendere
possibile una combinazione parlamentare-governativa delle due
tendenze, ecc. ecc. È indispensabile anche tener conto delle
interviste date dai deputati ad altri giornali e degli articoli
pubblicati in altri giornali. L'omogeneità dottrinale e
politica di un partito può anche essere saggiata con questo
criterio: quali indirizzi sono favoriti dai soci di questo partito
nella loro collaborazione ai giornali di altra tendenza o
cosí detti di opinione pubblica: talvolta i dissensi interni
si manifestano solo cosí, i dissidenti scrivono, in altri
giornali, articoli firmati o non firmati, danno interviste,
suggeriscono motivi polemici, si fanno provocare per essere
«costretti» a rispondere, non smentiscono certe opinioni
loro attribuite ecc.
Q 20 §2
L'Azione Cattolica e i terziari francescani. Può farsi un
paragone qualsiasi tra l'Azione Cattolica e le istituzioni come i
terziari francescani? Certo no, quantunque sia bene accennare
introduttivamente non solo ai terziari, ma anche al fenomeno
più generale dell'apparire nello sviluppo storico della
Chiesa degli ordini religiosi, per meglio definire i caratteri e i
limiti della stessa Azione Cattolica. La creazione dei terziari
è un fatto molto interessante di origine e tendenza
democratico-popolare, che illumina meglio il carattere del
francescanesimo come ritorno tendenziale ai modi di vita e di
credenza del cristianesimo primitivo, comunità di fedeli e
non del solo clero come esso era venuto sempre più
diventando. Sarebbe perciò utile studiare bene la fortuna di
questa iniziativa, che non è stata molto grande,
perché il francescanesimo non divenne tutta la religione,
come era nell'intenzione di Francesco, ma si ridusse a uno dei tanti
ordini religiosi esistenti. L'Azione Cattolica segna l'inizio di una
epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da
concezione totalitaria (nel duplice senso: che era una totale
concezione del mondo di una società nel suo totale), diventa
parziale (anche nel duplice senso) e deve avere un proprio partito.
I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della Chiesa
(comunità dei fedeli o comunità del clero), dall'alto
o dal basso, contro le disgregazioni parziali della concezione del
mondo (eresie, scismi ecc. e anche degenerazione delle gerarchie);
l'Azione Cattolica rappresenta la reazione contro l'apostasia di
intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa
della concezione religiosa del mondo. Non è più la
Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; essa invece deve
accettare il terreno impostole dagli avversari o dall'indifferenza e
servirsi di armi prese a prestito dall'arsenale dei suoi avversari
(l'organizzazione politica di massa). La Chiesa, cioè,
è sulla difensiva, ha perduto l'autonomia dei movimenti e
delle iniziative, non è più una forza ideologica
mondiale, ma solo una forza subalterna.
Q 20 §3
Sulla povertà, il cattolicismo e la gerarchia ecclesiastica.
In un libretto su Ouvriers et Patrons (memoria premiata nel 1906
dall'Accademia di Scienze morali e politiche di Parigi) è
riferita la risposta data da un operaio cattolico francese
all'autore dell'obbiezione mossagli che, secondo le parole di
Gesú riportate da un Evangelo, ci devono essere sempre ricchi
e poveri: «ebbene, lasceremo almeno due poveri perché
Gesú non abbia ad aver torto». La risposta è
epigrammatica, ma degna dell'obbiezione. Da quando la quistione ha
assunto un'importanza storica per la Chiesa, cioè da quando
la Chiesa ha dovuto porsi il problema di arginare la cosí
detta «apostasia» delle masse, creando un sindacalismo
cattolico (operaio, perché agli imprenditori non è
stato mai imposto di dare un carattere confessionale alle loro
organizzazioni sindacali), le opinioni più diffuse sulla
quistione della «povertà» che risultano dalle
encicliche e da altri documenti autorizzati, possono riassumersi in
questi punti: 1) La proprietà privata, specialmente quella
fondiaria, è un «diritto naturale» che non si
può violare neanche con forti imposte (da questo principio
sono derivati i programmi politici delle tendenze
democratico-cristiane per la distribuzione delle terre con
indennità, ai contadini poveri, e le loro dottrine
finanziarie); 2) I poveri devono contentarsi della loro sorte,
poiché le distinzioni di classe e la distribuzione della
ricchezza sono disposizioni di dio e sarebbe empio cercare di
eliminarle; 3) L'elemosina è un dovere cristiano e implica
l'esistenza della povertà; 4) La quistione sociale è
anzitutto morale e religiosa, non economica e dev'essere risolta con
la carità cristiana e con i dettami della moralità e
il giudizio della religione. (È da cfr. il Codice Sociale di
Malines, nelle successive elaborazioni).
Q 5 §133
I «Ritiri operai». Confrontare la «Civiltà
Cattolica» del 20 luglio 1929: «Come il popolo torna a
Dio». L'opera dei «Ritiri operai».
I «Ritiri» o «Esercizi Spirituali chiusi»
sono stati fondati da S. Ignazio di Loyola (la cui opera più
diffusa sono gli Esercizi spirituali, editi nel '29 da G. Papini);
ne sono una derivazione i «Ritiri Operai» iniziati nel
1882 nel Nord della Francia. L'Opera dei Ritiri Operai iniziò
la sua attività in Italia nel 1907, col primo ritiro per
operai tenuto a Chieri (cfr. «Civiltà Cattolica»,
1908, vol. IV, p. 61: I «Ritiri Operai» in Italia). Nel
1929 è uscito il volume: Come il popolo ritorna a Dio,
1909-1929. L'Opera dei Ritiri e le Leghe di Perseveranza in Roma in
20 anni di vita; vol. in 8°, con illustrazioni, 136 pp., L.
10,00. (Si vende a beneficio dell'Opera, alla «Direzione dei
Ritiri Operai»; Roma, Via degli Astalli, 16-17). Dal libro
appare che dal 1909 al '29 l'Opera ha raccolto nelle Leghe di
Perseveranza di Roma e del Lazio più di 20.000 operai, molti
dei quali erano convertiti di recente. Negli anni 1928-29 si ottenne
nel Lazio e nelle province vicine un esito superiore a quello dato
da Roma nei precedenti 18 anni.
Sono stati praticati finora 115 Ritiri chiusi con la partecipazione
di circa 2.200 operai, in Roma. «In ogni ritiro, scrive la
«Civiltà Cattolica», vi è sempre un nucleo
di buoni operai che serve di lievito e di esempio, gli altri sono
raccolti in vario modo tra gente del popolo o fredda o indifferente
e anche ostile, i quali si inducono, parte per curiosità,
parte per condiscendere all'invito di amici, e non di rado anche per
la comodità di tre giorni di riposo e di buon trattamento
gratuito».
Nell'articolo si dànno altri particolari su vari comuni del
Lazio: la Lega di Perseveranza di Roma ha 8.000 inscritti con 34
centri; nel Lazio sono 25 sezioni della Lega con 12.000 inscritti.
(Comunione mensile, mentre la Chiesa si accontenta di una comunione
all'anno). L'Opera è diretta dai Gesuiti. (Si potrebbe fare
un paragrafo della rubrica «Passato e Presente»).
Le Leghe di Perseveranza tendono a mantenere i risultati ottenuti
nei ritiri e ad ampliarli nella massa. Esse creano una
«opinione pubblica» attiva in favore della pratica
religiosa, capovolgendo la situazione precedente, in cui l'opinione
pubblica era negativa, o per lo meno passiva, o scettica e
indifferente.
Q 6 §183
Per la preistoria dell'Azione Cattolica cfr. nella
«Civiltà Cattolica» del 2 agosto 1930 l'articolo:
Cesare D'Azeglio e gli albori della stampa cattolica in Italia. Per
«stampa cattolica» si intende «stampa dei
cattolici militanti» fra il laicato, all'infuori della
«stampa» cattolica in senso stretto ossia espressione
dell'organizzazione ecclesiastica.
Nel «Corriere d'Italia» dell'8 luglio 1926 è
apparsa una lettera di Filippo Crispolti che dev'essere molto
interessante, nel senso che il Crispolti «faceva osservare che
chi volesse ricercare i primi impulsi di quel movimento donde
uscí anche in Italia la schiera dei "cattolici militanti"
cioè l'innovazione che nel campo nostro ne produsse ogni
altra, dovrebbe prendere le mosse da quelle singolari società
piemontesi, dette "Amicizie", che furono fondate o animate
dall'abate Pio Brunone Lanteri». Il Crispolti cioè
riconosce che l'Azione Cattolica è una innovazione e non
già, come sempre dicono le encicliche papali, una
attività sempre esistita dagli Apostoli in poi. Essa è
una attività strettamente legata, come reazione,
all'illuminismo francese, al liberalismo, ecc. e all'attività
degli Stati moderni per la separazione dalla Chiesa, cioè
alla riforma intellettuale e morale laicistica ben più
radicale (per le classi dirigenti) della Riforma protestante;
attività cattolica che si configura specialmente dopo il '48,
cioè con la fine della Restaurazione e della Santa Alleanza.
Il movimento per la stampa cattolica, di cui parla la
«Civiltà Cattolica», legato al nome di Cesare
D'Azeglio è interessante anche per l'atteggiamento del
Manzoni al riguardo: si può dire che il Manzoni comprese il
carattere reazionario dell'iniziativa del D'Azeglio e si
rifiutò elegantemente di collaborarvi, eludendo le
aspettazioni del D'Azeglio con l'invio della famosa lettera sul
Romanticismo, che, scrive la «Civiltà Cattolica»,
«dato il motivo che la provocò, può considerarsi
come una dichiarazione di principii. Evidentemente il vessillo
letterario non era che lo schermo di altre idee, di altri
sentimenti, che li divideva», e cioè il diverso
atteggiamento nel problema della difesa della religione.
L'articolo della «Civiltà Cattolica» è
essenziale per lo studio della preparazione dell'Azione Cattolica.
Q 6 §188
Sulle origini dell'Azione Cattolica cfr. l'articolo La fortuna del
La Mennais e le prime manifestazioni d'Azione Cattolica in
Italia(«Civiltà Cattolica» del 4 ottobre 1930:
è la prima parte dell'articolo; la continuazione appare molto
più tardi, come sarà notato), che si riallaccia al
precedente articolo su Cesare D'Azeglio ecc. La
«Civiltà Cattolica» parla di «quell'ampio
moto d'azione e di idee che si manifestò, in Italia come
negli altri paesi cattolici di Europa, durante il periodo corso tra
la prima e la seconda rivoluzione (1821-1831), quando furono
seminati alcuni di quei germi (se buoni o malvagi non diremo), che
dovevano poi dare i loro frutti in tempi più maturi».
Ciò significa che il primo moto di Azione Cattolica sorse per
l'impossibilità della Restaurazione di essere realmente tale,
cioè di ricondurre le cose nei quadri dell'Ancien
Régime. Come il legittimismo così anche il
cattolicismo, da posizioni integrali e totalitarie nel campo della
cultura e della politica, diventano partiti in contrapposto di altri
partiti e, di più, partiti in posizione di difesa e di
conservazione, quindi costretti a fare molte concessioni agli
avversari per meglio sostenersi. Del resto questo è il
significato di tutta la Restaurazione come fenomeno complessivo
europeo e in ciò consiste il suo carattere fondamentalmente
«liberale».
L'articolo della «Civiltà Cattolica» pone un
problema essenziale: se il Lamennais è all'origine
dell'Azione Cattolica, questa origine non contiene il germe del
posteriore cattolicismo liberale, il germe che, sviluppandosi in
seguito, darà il Lamennais seconda maniera?
È da notare che tutte le innovazioni nel seno della Chiesa
quando non sono dovute a iniziativa del centro, hanno in sé
qualcosa di ereticale e finiscono con assumere esplicitamente questo
carattere finché il centro reagisce energicamente,
scompigliando le forze innovatrici, riassorbendo i tentennanti ed
escludendo i refrattari. È notevole che la Chiesa non ha mai
avuto molto sviluppato il senso dell'autocritica come funzione
centrale; ciò nonostante la tanto vantata sua adesione alle
grandi masse dei fedeli. Perciò le innovazioni sono sempre
state imposte e non proposte e accolte solo obtorto collo. Lo
sviluppo storico della Chiesa è avvenuto per frazionamento
(le diverse compagnie religiose sono in realtà frazioni
assorbite e disciplinate come «ordini religiosi»).
Altro fatto della Restaurazione: i governi fanno concessioni alle
correnti liberali a spese della Chiesa e dei suoi privilegi e questo
è un elemento che crea la necessità di un partito
della Chiesa ossia dell'Azione Cattolica.
Lo studio delle origini dell'Azione Cattolica porta così a
uno studio del Lamennaisismo e della sua diversa fortuna e
diffusione.
Cfr. in altro quaderno l'annotazione di due studi pubblicati nella
«Civiltà Cattolica» dell'agosto 1930 su Cesare
D'Azeglio e gli albori della stampa cattolica in Italia e La
fortuna del La Mennais e le prime manifestazioni di Azione
Cattolica in Italia. Questi studi si riferiscono specialmente
alla fioritura di periodici cattolici in varie città italiane
durante la Restaurazione, che tendevano a combattere le idee
dell'Enciclopedia e della Rivoluzione Francese che tuttavia
perduravano, ecc. In questo movimento intellettuale-politico si
riassume l'inizio del neoguelfismo italiano, che non può
quindi staccarsi dalla Società dei Sanfedisti (pars magna di
queste riviste fu il principe di Canosa, che abitava a Modena, dove
era pubblicata una delle più importanti riviste del gruppo).
Nel cattolicismo italiano erano due tendenze principali: 1) quella
nettamente austriacante, che vedeva la salvezza del Papato e della
religione nel gendarme imperiale a guardia dello statu quo politico
italiano; 2) quella Sanfedista in senso stretto che sosteneva la
supremazia politico-religiosa del Papa prima di tutto in Italia e
quindi era avversaria subdola dell'egemonia austriaca in Italia e
favorevole a un certo movimento di indipendenza nazionale (se in
questo caso si può parlare di nazionale). È a questo
movimento che si riferisce la «Civiltà Cattolica»
quando polemizza coi liberali del Risorgimento e sostiene il
«patriottismo e unitarismo» dei cattolici d'allora: ma
quale fu l'atteggiamento dei gesuiti? Pare che essi fossero
piuttosto austriacanti che sanfedisti «indipendentisti».
Si può dire perciò che questo periodo preparatorio
dell'Azione Cattolica abbia avuto la sua massima espressione nel
neoguelfismo, cioè in un movimento di totalitario ritorno
alla posizione politica della Chiesa nel Medio Evo, alla supremazia
papale, ecc. La catastrofe del neoguelfismo nel '48 riduce l'Azione
Cattolica a quella che sarà ormai la sua funzione nel mondo
moderno: funzione difensiva essenzialmente, nonostante le profezie
apocalittiche dei cattolici sulla catastrofe del liberalismo e sul
ritorno trionfale del dominio della Chiesa sulle macerie dello Stato
liberale e del suo antagonista storico, il socialismo (quindi
astensionismo clericale e creazione dell'esercito di riserva
cattolico).
In questo periodo della restaurazione il cattolicismo militante si
atteggia diversamente secondo gli Stati: la posizione più
interessante è quella dei sanfedisti piemontesi (De Maistre,
ecc.) che sostengono l'egemonia piemontese e la funzione italiana
della monarchia e della dinastia dei Savoia.
Q 3 §25
La funzione dei cattolici in Italia (Azione Cattolica). Nella
«Nuova Antologia» del 1° novembre 1927, G. Suardi
pubblica una nota Quando e come i cattolici poterono partecipare
alle elezioni politiche, molto interessante e da ricordare
come documento dell'attività e della funzione dell'Azione
Cattolica in Italia.
Alla fine del settembre 1904, dopo lo sciopero generale, il Suardi
fu chiamato telegraficamente a Milano da Tommaso Tittoni, ministro
degli Esteri nel Ministero Giolitti (il Tittoni si trovava nella sua
villa di Desio al momento dello sciopero e pareva che egli, dato il
pericolo che Milano fosse per essere isolata dalla mancanza di
comunicazioni, dovesse assumere speciali e personali
responsabilità; questo accenno del Suardi mi pare significhi
che i reazionari locali avessero già pensato a qualche
iniziativa d'accordo con Tittoni). Il Tittoni gli comunicò
che il Consiglio dei Ministri aveva deciso di indire subito le
elezioni e che bisognava unire tutte le forze liberali e
conservatrici nello sforzo per contrastare il passo ai partiti
estremi.
Il Suardi, esponente liberale di Bergamo, era riuscito in
questa città ad accordarsi coi cattolici per le
amministrazioni locali: bisognerebbe ottenere lo stesso risultato
per le elezioni politiche, persuadendo i cattolici che il non
expedit nulla serve al loro partito, nuoce alla religione ed
è di grave danno alla patria, lasciando libero il passo al
socialismo. Il Suardi accettò l'incarico. A Bergamo ne
parlò con l'avvocato Paolo Bonomi e riuscí a
convincerlo di andare a Roma, presentarsi al Papa e aggiungere alle
insistenze del Bonomelli e di altri autorevoli personaggi
perché fosse tolto il non expedit anche quelle dei cattolici
bergamaschi.
Pio X prima rifiutò di togliere il non expedit, ma
terrorizzato dal Bonomi che gli fece un quadro catastrofico delle
conseguenze che avrebbe avuto a Bergamo la rottura tra cattolici e
gruppo Suardi «con lenta e grave parola, esclamò:
"Fate, fate quello che vi detta la vostra coscienza". (Bonomi):
"Abbiamo ben compreso, Santità? Possiamo interpretare che
è un sí?" (Papa): "Fate quello che vi detta la vostra
coscienza. Ripeto"». (Subito dopo) il Suardi ebbe un colloquio
col cardinale Agliardi (di tendenze liberali) che lo mise al
corrente di quanto era avvenuto in Vaticano dopo l'udienza data dal
Papa al Bonomi. (L'Agliardi [era] d'accordo col Bonomelli
perché fosse tolto il non expedit). Il giorno dopo questa
udienza un giornale ufficioso del Vaticano aveva pubblicato un
articolo che smentiva le voci diffuse intorno all'udienza e a
novità circa il non expedit decisamente affermando che in
tale argomento nulla era mutato.
L'Agliardi chiese subito udienza e alle sue domande il papa
ripeté la sua formula: «Ho detto (ai bergamaschi) che
facessero quello che dettava la loro coscienza». L'Agliardi
fece pubblicare un articolo in un giornale romano, dove si affermava
che del pensiero del papa per le prossime elezioni politiche erano
depositari l'avvocato Bonomi e il professor Rezzara e che a questi
dovevano rivolgersi le organizzazioni cattoliche. Cosí si
presentarono candidature cattoliche (Cornaggia a Milano, Cameroni a
Treviglio ecc.) e a Bergamo apparvero a sostegno di candidature
politiche manifesti di cittadini fino allora astensionisti.
Per il Suardi questo avvenimento segna la fine del non expedit e
rappresenta la raggiunta unità morale dell'Italia, ma egli
esagera alquanto, sebbene il fatto sia importante per sé.
Gianforte Suardi nella «Nuova Antologia» del 1°
maggio 1929 (Costantino Nigra e il XX settembre 1870)
aggiunge un particolare alla sua narrazione del 1° novembre 1927
sulla partecipazione dei cattolici alle elezioni del 1904 col
consenso di Pio X, particolare che aveva omesso per riserbo prima
della Conciliazione. Pio X, salutando i bergamaschi (Paolo Bonomi
ecc.), avrebbe aggiunto: «Ripetete a Rezzara – (che non aveva
preso parte all'udienza e che, come è noto, era uno dei
più autorevoli capi dell'organizzazione cattolica) – qual
è la risposta che vi ho dato e ditegli che il Papa
tacerà». Il sottolineato è appunto il
particolare prima omesso. Una bellissima cosa, come si vede, e di
altissima portata morale.
Q14 §55
Don Ernesto Vercesi ha iniziato la pubblicazione di un'opera,
I papi del secolo XIX di cui è uscito il primo volume
su Pio VII (pp. 340, Torino, Società Editrice Internazionale,
L. 12). Per uno studio dell'Azione Cattolica è necessario
studiare la storia generale del Papato e della sua influenza nella
vita politica e culturale nel secolo XIX (forse addirittura dal
tempo delle monarchie illuminate, del giuseppinismo, ecc. che
è la «prefazione» alla limitazione della Chiesa
nella società civile e politica). Il libro del Vercesi
è anche scritto contro il Croce e la sua Storia d'Europa.
Il succo del libro del Vercesi pare sia riassunto in queste parole:
«Il secolo XIX attaccò il cristianesimo nei suoi
aspetti più diversi, sul terreno politico, religioso,
sociale, culturale, storico, filosofico, ecc. Il risultato
definitivo fu che al tramonto del secolo XIX il cristianesimo in
genere, il cattolicismo romano in ispecie, era più forte,
più robusto che all'alba dello stesso secolo. È questo
un fatto che non può essere contestato dagli storici
imparziali».
Che possa essere «contestato» risulta anche solo da
questo fatto: che il cattolicismo è diventato un partito fra
gli altri, è passato dal godimento incontestato di certi
diritti, alla difesa di essi e alla rivendicazione di essi in quanto
perduti. Che sotto certi aspetti la Chiesa abbia rinforzato certe
sue organizzazioni è certo incontestabile, che sia più
concentrata, che abbia stretto le file, che abbia fissato meglio
certi principii e certe direttive, ma questo significa appunto un
suo minore influsso nella società e quindi la
necessità della lotta e di una più strenua milizia.
È anche vero che molti Stati non lottano più con la
Chiesa, ma perché vogliono servirsene e vogliono subordinarla
ai propri fini.
Si potrebbe fare un elenco di attività specifiche in cui la
Chiesa conta molto poco e si è rifugiata in posizioni
secondarie; per alcuni aspetti, cioè dal punto di vista della
credenza religiosa, è poi vero che il cattolicismo si
è ridotto in gran parte a una superstizione di contadini, di
ammalati, di vecchi e di donne. Nella filosofia cosa conta oggi la
chiesa? In quale Stato il tomismo è filosofia prevalente tra
gli intellettuali? E socialmente, dove la chiesa dirige e
padroneggia con la sua autorità le attività sociali?
Appunto l'impulso sempre maggiore dato all'Azione Cattolica dimostra
che la Chiesa perde terreno, sebbene avvenga che ritirandosi si
concentri e opponga maggiore resistenza e «sembri»
più forte (relativamente).
Q 5 §7
Sul «pensiero sociale» dei cattolici mi pare si possa
fare questa osservazione critica preliminare: che non si tratta di
un programma politico obbligatorio per tutti i cattolici, al cui
raggiungimento sono rivolte le forze organizzate che i cattolici
posseggono, ma si tratta puramente e semplicemente di un
«complesso di argomentazioni polemiche» positive e
negative senza concretezza politica. Ciò sia detto senza
entrare nelle quistioni di merito, cioè nell'esame del valore
intrinseco delle misure di carattere economico-sociale che i
cattolici pongono alla base di tali argomentazioni.
In realtà la Chiesa non vuole compromettersi nella vita
pratica economica e non si impegna a fondo, né per attuare i
principi sociali che afferma e che non sono attuati, né per
difendere, mantenere o restaurare quelle situazioni in cui una parte
di quei principi era già attuata e che sono state distrutte.
Per comprendere bene la posizione della Chiesa nella società
moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare
solo per difendere le sue particolari libertà corporative (di
Chiesa come Chiesa, organizzazione ecclesiastica), cioè i
privilegi che proclama legati alla propria essenza divina: per
questa difesa la Chiesa non esclude nessun mezzo, né
l'insurrezione armata, né l'attentato individuale, né
l'appello all'invasione straniera. Tutto il resto è
trascurabile relativamente, a meno che non sia legato alle
condizioni esistenziali proprie. Per «dispotismo» la
Chiesa intende l'intervento dell'autorità statale laica nel
limitare o sopprimere i suoi privilegi, non molto di più:
essa riconosce qualsiasi potestà di fatto, e purché
non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accresce i
privilegi, la esalta e la proclama provvidenziale.
Date queste premesse, il «pensiero sociale» cattolico ha
un puro valore accademico: occorre studiarlo e analizzarlo in quanto
elemento ideologico oppiaceo, tendente a mantenere determinati stati
d'animo di aspettazione passiva di tipo religioso, ma non come
elemento di vita politica e storica direttamente attivo. Esso
è certamente un elemento politico e storico, ma di un
carattere assolutamente particolare: è un elemento di
riserva, non di prima linea, e perciò può essere in
ogni momento «dimenticato» praticamente e
«taciuto», pur senza rinunziarvi completamente,
perché potrebbe ripresentarsi l'occasione in cui sarà
ripresentato. I cattolici sono molto furbi, ma mi pare che in questo
caso siano troppo furbi.
Sul «pensiero sociale» cattolico è da tener
presente il libro del padre gesuita Albert Muller, professore alla
scuola superiore commerciale di S. Ignazio in Anversa – Notes
d'économie politique, Première Série,
«Éditions Spes», Parigi, 1927, pp. 428, Fr. 8 –
di cui vedi la recensione nella «Civiltà
Cattolica» del 1° settembre 1928, Pensiero e
attività sociali (di A. Brucculeri); il Muller mi pare
esponga il punto di vista più radicale cui possono giungere i
gesuiti in questa materia (salario famigliare, compartecipazione,
controllo, cogestione, ecc.).
Q 5 §18
Un articolo da ricordare, per comprendere l'atteggiamento della
Chiesa dinanzi ai diversi regimi politico-statali, è Autorità
e «opportunismo politico» nella
«Civiltà Cattolica» del 1° dicembre 1928.
Potrebbe dare qualche spunto per la rubrica passato e presente.
Sarà da confrontare con i punti corrispondenti del Codice
Sociale.
La quistione si pose al tempo di Leone XIII e del ralliement di una
parte dei cattolici alla repubblica francese e fu risolta dal papa
con questi punti essenziali: 1) accettazione, ossia riconoscimento
del potere costituito; 2) rispetto ad esso prestato come a
rappresentanza di un'autorità venuta da Dio; 3) obbedienza a
tutte le leggi giuste da tale autorità promulgate, ma
resistenza alle leggi ingiuste con lo sforzo concorde di emendare la
legislazione e cristianeggiare la società.
Per la «Civiltà Cattolica» questo non sarebbe
«opportunismo», ma tale sarebbe solo l'atteggiamento
servile ed esaltatorio in blocco di autorità che sono tali di
fatto e non di diritto (l'espressione «diritto» ha un
valore particolare per i cattolici).
I cattolici devono distinguere tra «funzione
dell'autorità» che è diritto inalienabile della
società, che non può vivere senza un ordine, e
«persona» che esercita tale funzione e che può
essere un tiranno, un despota, un usurpatore, ecc. I cattolici si
sottomettono alla «funzione» non alla persona. Ma
Napoleone III fu chiamato uomo provvidenziale dopo il colpo di stato
del 2 dicembre, ciò che significa che il vocabolario politico
dei cattolici è diverso da quello comune.
Q 17 §26
Nell'autunno del 1892 fu tenuto a Genova un Congresso cattolico
italiano degli studiosi di scienze sociali; vi fu osservato che
«il bisogno del momento presente, non certo unico bisogno, ma
urgente quanto ogni altro, è la rivendicazione scientifica
dell'idea cristiana. La scienza non può dare la fede, ma
può imporre agli avversari il rispetto, e può condurre
le intelligenze a riconoscere della fede la necessità sociale
e l'individuale dovere (!)». Nel 1893, per impulso di tale
Congresso, patrocinato da Leone XIII (l'enciclica Rerum Novarum
è del 1891), fu fondata la «Rivista internazionale di
scienze sociali e discipline ausiliarie», che ancora si
pubblica. Nel fascicolo del gennaio 1903 della rivista si riassume
l'attività del decennio.
L'attività di questa rivista, che non è mai stata
molto «chiassosa», è tuttavia da studiare anche
in confronto a quella della «Critica Sociale» di cui
doveva essere il controaltare ecc.
Q 2 §131
Il conflitto di Lilla. Nella «Civiltà Cattolica»
del 7 settembre 1929 è pubblicato il testo integrale del
giudizio pronunziato dalla Sacra Congregazione del Concilio sul
conflitto tra industriali e operai cattolici della regione
Roubaix-Tourcoing. Il lodo è contenuto in una lettera in data
5 giugno 1929 del cardinale Sbarretti, Prefetto della Congregazione
del Concilio, a mons. Achille Liénart, vescovo di Lilla.
Il documento è importante, perché in parte integra il
Codice Sociale e in parte ne amplia il quadro, come per esempio
là dove riconosce agli operai e ai sindacati cattolici il
diritto di formare un fronte unico anche con gli operai e i
sindacati socialisti nelle quistioni economiche. Bisogna tener conto
che se il Codice Sociale è un testo cattolico, è
però privato o soltanto ufficioso, e in tutto o in parte
potrebbe essere sconfessato dal Vaticano. Questo documento invece
è ufficiale.
Questo documento è certamente legato al lavorio del Vaticano
in Francia per creare una democrazia politica cattolica e
l'ammissione del «fronte unico», anche se passibile di
interpretazioni cavillose e restrittive, è una
«sfida» all'Action française e un segno di
détente coi radicali socialisti e la C.G.T.
Nello stesso fascicolo della «Civiltà Cattolica»
è un diffuso e interessante articolo di commento al lodo
vaticano. Questo lodo è costituito di due parti organiche:
nella prima, composta di 7 brevi tesi accompagnate ognuna di ampie
citazioni tolte da documenti pontifici, specialmente di Leone XIII,
si dà un riassunto chiaro della dottrina sindacale cattolica;
nella seconda si tratta del conflitto specifico in esame,
cioè le tesi sono applicate e interpretate nei fatti reali.
Q 7 §78
A proposito dei provvedimenti presi nel 1931 contro l'Azione
Cattolica italiana è interessante l'articolo Una grave
questione di educazione cristiana: A proposito del Primo Congresso
Internazionale dell'Insegnamento medio libero di Bruxelles
(28-31 luglio 1930), pubblicato nella «Civiltà
Cattolica» del 20 settembre 1930.
Il Codice Sociale di Malines, come è noto, non esclude la
possibilità dell'insurrezione armata da parte dei cattolici:
naturalmente restringe i casi di questa possibilità, ma
lascia nel vago e nell'incerto le condizioni positive per la
possibilità stessa, che però si capisce riguardare
certi casi estremi di soppressione e limitazione dei privilegi
ecclesiastici e vaticani. In questo articolo della
«Civiltà Cattolica», proprio nella prima pagina e
senza altra osservazione, si riproduce un brano del libro: Ch.
Terlinden, Guillaume I, roi des Pays bas, et l'Église
Catholique en Belgique (1814-1830), Bruxelles, Dewit, 1906,
Tom. 2, p. 545: «Se Guglielmo I non avesse violate le
libertà e i diritti dei cattolici, questi, fedeli ad una
religione che comanda il rispetto all'autorità, non avrebbero
mai pensato a sollevarsi, né ad unirsi coi liberali loro
irreconciliabili nemici. Né i liberali, pochi allora e con
debole influenza sul popolo, avrebbero potuto da soli scuotere il
giogo straniero. Senza il concorso dei cattolici, la rivoluzione
belga sarebbe stata una sterile sommossa senza esito». Tutta
la citazione è impressionante, in tutti e tre i suoi
periodetti, come interessante è l'intero articolo in cui il
Belgio rappresenta un riferimento polemico d'attualità.
Q 5 §17
Movimento pancristiano. La XV settimana sociale di Milano (settembre
1928) trattò la quistione: «La vera unità
religiosa», e il volume degli atti è uscito con
questo titolo presso la Società editrice «Vita e
Pensiero» (Milano, 1928, L. 15). L'argomento è stato
trattato dal punto di vista del Vaticano, secondo le direttive date
dall'Enciclica Mortalium animos del gennaio 1928, e contro
il movimento pancristiano dei protestanti, che vorrebbero creare una
specie di federazione delle diverse sette cristiane, con eguaglianza
di diritti.
È questa un'offensiva protestante contro il cattolicismo che
presenta due momenti essenziali: 1) le Chiese protestanti tendono a
frenare il movimento disgregatore nelle loro file (che dà
luogo continuamente a nuove sette); 2) si alleano tra loro e
ottenendo un certo consenso da parte degli ortodossi, pongono
l'assedio al Cattolicismo per fargli rinunziare al suo primato e per
offrire nella lotta un fronte unico protestante imponente, invece
che una moltitudine di chiese, sette, tendenze di diversa importanza
e che una per una più difficilmente potrebbero resistere alla
tenace e unificata iniziativa missionaria cattolica. La quistione
dell'unità delle chiese cristiane è un formidabile
fenomeno del dopoguerra ed è degno della massima attenzione e
di studio accurato.
Q 5 §58
Una delle misure più importanti escogitate dalla Chiesa per
rafforzare la sua compagine nei tempi moderni è l'obbligo
fatto alle famiglie di far fare la prima comunione ai sette anni. Si
capisce l'effetto psicologico che deve fare sui bambini di sette
anni l'apparato cerimoniale della prima comunione, sia come
avvenimento familiare individuale, sia come avvenimento collettivo:
e quale fonte di terrori divenga e quindi di attaccamento alla
Chiesa. Si tratta di «compromettere» lo spirito
infantile appena incomincia a riflettere. Si capisce perciò
la resistenza che la misura ha trovato nelle famiglie, preoccupate
dagli effetti deleteri sullo spirito infantile di questo misticismo
precoce e la lotta della Chiesa per vincere questa opposizione
(Ricordare nel Piccolo Mondo Antico di Fogazzaro la lotta
tra Franco Maironi e la moglie quando si tratta di condurre la
bimbetta in barca, in una notte tempestosa, ad assistere alla messa
di Natale: Franco Maironi vuol creare nella bimba dei
«ricordi» incancellabili, delle
«impressioni» decisive; la moglie non vuole turbare lo
sviluppo normale dello spirito della figlia, ecc.). La misura
è stata decretata da Pio X nel 1910. Nel 1928 l'editore
Pustet di Roma ne ha ripubblicato il decreto con prefazione del
cardinal Gasparri e commento di monsignor Jorio, dando luogo a una
nuova campagna di stampa.
Q 15 §40
Importanza speciale dell'Azione Cattolica francese. È
evidente che in Francia l'Azione Cattolica dispone di un personale
molto più scelto e preparato che negli altri paesi. Le
Settimane sociali portano in discussione argomenti d'interesse
più vasto e attuale che negli altri paesi. Un confronto tra
le Settimane francesi e quelle italiane sarebbe interessante.
Inoltre i cattolici hanno un influsso intellettuale in Francia che
non hanno altrove, e questo influsso è meglio centralizzato e
organizzato (ciò per il settore cattolico, s'intende, che per
alcuni aspetti è in Francia ristretto dall'esistenza di una
forte centralizzazione della cultura laica). In Francia inoltre,
è stata costituita l'Union Catholique d'Etudes
Internationales, tra le cui iniziative è quella di una
speciale Settimana Cattolica Internazionale. Mentre è riunita
la Assemblea annuale della Società delle Nazioni,
personalità cattoliche di ogni paese si riuniscono in Francia
per una settimana e discutono i problemi internazionali,
contribuendo a creare una unità concreta di pensiero fra i
cattolici di tutto il mondo. Sotto il velo della cultura si tratta
evidentemente di una Internazionale laica cattolica, distinta dal
Vaticano e sulla linea dell'attività politica parlamentare
dei partiti popolari.
Nella «Civiltà Cattolica» del 6 maggio 1933 si
recensisce il volume che raccoglie le relazioni della terza di
queste Settimane internazionali (Les grandes activités de
la Société des Nations devant la pensée
chrétienne. Conférences de la troisième
semaine catholique internationale 14-20 septembre 1931,
Èditions Spes, Paris, 1932, in 16°, pp. 267, Fr. 15).
È da appuntare la risposta che il prof. Halecki
dell'Università di Varsavia dà nella sua conferenza
alla domanda: «come va che la Chiesa dopo duemila anni
dacché propaga la pace non ha ancora potuto darcela?»
La risposta è questa: «L'insegnamento di Cristo e della
sua Chiesa s'indirizza individualmente alla persona umana, a
ciascuna anima in particolare. È questa verità che ci
spiega perché il cristianesimo non può operare che
assai lentamente sulle istituzioni e sulle pratiche attività
collettive, dovendo conquistare un'anima dopo l'altra e ricominciare
questo sforzo ad ogni nuova generazione».
Per la «Civiltà Cattolica» questa è una
«buona risposta, che può rafforzarsi con la
considerazione semplicissima che l'azione pacificatrice della Chiesa
è contrastata ed elisa di continuo da quel residuo
irriducibile (sic) di paganesimo che sopravvive tuttora ed infiamma
le passioni della violenza. La Chiesa è un buon medico, ed
offre salutari farmachi alla società inferma, ma questa
ricusa in tutto o in parte le medicine». Risposta molto
sofistica e non di difficile confutazione: d'altronde essa è
in contraddizione con altre pretese clericali. Quando conviene i
clericali pretendono che un paese è cattolico al 99% per
dedurne una particolare posizione di diritto della Chiesa nei
confronti dello Stato ecc. Quando conviene, si fanno piccini piccini
ecc.
Se fosse vero quello che dice il prof. Halecki, l'attività
della Chiesa in duemila anni sarebbe stata un lavoro di Sisifo e
così dovrebbe continuare ad essere. Ma che valore dovrebbe
darsi a una istituzione che non costruisce mai nulla che si
prolunghi di generazione in generazione per forza propria, che non
modifica in nulla la cultura e la concezione del mondo di nessuna
generazione, tanto che occorre sempre riprendere tutto da capo? Il
sofisma è chiaro: quando conviene la Chiesa è
identificata con la società stessa (col 99% di essa almeno),
quando non conviene la Chiesa è solo l'organizzazione
ecclesiastica o addirittura la persona del Papa. Allora la Chiesa
è un «medico» che indica alla società i
farmachi ecc. Così è molto curioso, che i gesuiti
parlino di «residuo irriducibile» di paganesimo: se
è irriducibile non sparirà mai, la Chiesa non
trionferà mai ecc.
Q 5 §9
Lucien Romier e l'Azione Cattolica francese. Il Romier è
stato relatore alla Settimana sociale di Nancy del 1927: vi ha
parlato della «deproletarizzazione delle moltitudini»,
argomento che solo indirettamente toccava l'argomento trattato dalla
Settimana sociale, che era dedicata alla «Donna nella
Società». Così il padre Danset vi
parlò della Razionalizzazione sotto il rispetto sociale e
morale.
Ma il Romier è elemento attivo dell'Azione Cattolica
francese, o solo incidentalmente ha partecipato a questa riunione?
La Settimana sociale di Nancy del 1927 è molto importante per
la storia della dottrina politico-sociale dell'Azione Cattolica. Le
sue conclusioni, favorevoli alla più larga partecipazione
femminile alla vita politica, sono state approvate dal Card.
Gasparri a nome di Pio XI. Il resoconto ne è stato pubblicato
nel 1928 (Semaines sociales de France, La femme dans la
société, Parigi, Gabalda, pp. 564 in 8°).
È indispensabile per lo studio della vita politica francese.
Ricordare che nel 1925 il Romier aveva accettato di entrare a far
parte del gabinetto di concentrazione nazionale di Herriot: aveva
anche accettato di collaborare con Herriot il capo del gruppo
cattolico parlamentare francese formatosi poco prima. Il Romier non
era né deputato né senatore; era redattore politico
del «Figaro». Dopo questa sua accettazione di entrare in
un gabinetto Herriot, dovette lasciare il «Figaro». Il
Romier si era fatto un nome con le sue pubblicazioni di carattere
industriale-sociale. Credo che il Romier sia stato redattore
dell'organo tecnico degli industriali francesi «La
Journée industrielle».
Q 8 §129
La debolezza di ogni organizzazione nazionale di Azione Cattolica
consiste nel fatto che la sua azione è limitata e
continuamente turbata dalle necessità di politica
internazionale e interna, in ogni Stato, della Santa Sede. A misura
che ogni Azione Cattolica nazionale si estende e diventa organismo
di massa, essa tende a diventare un vero e proprio partito, le cui
direttive sono imposte dalle necessità interne
dell'organizzazione; ma questo processo non può diventare mai
organico appunto per l'intervento della Santa Sede. In questo fatto
è forse da ricercare la ragione per cui in Germania l'Azione
Cattolica non è stata mai molto bene accetta: il Centro si
era già tanto sviluppato come forza politico-parlamentare,
impegnata nelle lotte interne tedesche, che ogni formazione vasta di
Azione Cattolica controllata strettamente dall'Episcopato, ne
avrebbe compromesso la potenza attuale e le possibilità di
sviluppo. È da richiamare il conflitto avvenuto tra il Centro
e il Vaticano, quando il Vaticano volle che il Centro approvasse le
leggi militari di Bismarck, alle quali il Centro si era strenuamente
opposto.
Sviluppo simile in Austria, dove il clericalismo è sempre
stato forte politicamente come partito e non aveva bisogno di una
vasta organizzazione permanente come quella di Azione Cattolica ma
solo di greggi elettorali disorganiche sotto il tradizionale
controllo dei parroci.
Q 5 §59
I Cattolici tedeschi per iniziativa dell'Episcopato hanno,
già dal 1919, fondato una «Lega di Pace dei Cattolici
tedeschi». Su questa Lega, sulle iniziative successive per
svilupparla e sul suo programma confrontare la «Civiltà
Cattolica» del 19 gennaio 1929.
In questo stesso fascicolo vedi la lettera di Pio XI al cardinal
Bertram, arcivescovo di Breslavia, a proposito dell'Azione Cattolica
in Germania, e che deve considerarsi come un intervento personale
del Papa per dare un maggiore impulso al movimento dell'Azione
Cattolica che in Germania pare non trovi caldi organizzatori: la
lettera del Papa è un vero programma teorico-pratico ed
è interessante in generale, oltre che per la Germania. La
«Civiltà Cattolica» commenta a lungo la lettera e
si capisce che il commento serve anche per altri paesi.
Q 5 §57
L'Azione Cattolica negli Stati Uniti. Articolo della
«Civiltà Cattolica» del 5 gennaio 1929 su La
Campagna elettorale degli Stati Uniti e le sue lezioni. A proposito
della candidatura Smith alla presidenza della Repubblica.
La «Civiltà Cattolica» registra l'accanita
resistenza delle Chiese protestanti contro Smith e parla di
«guerra di religione». Non c'è accenno alla
posizione assunta dallo Smith verso il Papa nella sua famosa lettera
(cfr. libro del Fontaine sulla Santa Sede ecc.), che è un
elemento di americanismo cattolico. (Posizione dei cattolici contro
il proibizionismo e a favore dei farmers). Si vede che ogni azione
concentrata dei cattolici provoca una tale reazione che i risultati
sono inferiori alla forza che i cattolici dicono di possedere,
quindi pericoli di azione su scala nazionale concentrata: è
stato un errore per i cattolici fondarsi su un partito tradizionale
come quello democratico? mostrare la religione come legata a un
determinato partito? d'altronde potrebbero, nel sistema attuale
americano, fondare un proprio partito? L'America è un terreno
interessante per studiare la fase attuale del cattolicismo sia come
elemento culturale che come elemento politico.
Q 6 §187
È interessante la corrispondenza dagli Stati Uniti pubblicata
nella «Civiltà Cattolica» del 20 settembre 1930.
I cattolici ricorrono spesso all'esempio degli Stati Uniti per
ricordare la loro compattezza e il loro fervore religioso in
confronto dei protestanti divisi in tante sette e continuamente rosi
dalla tendenza a cadere nell'indifferentismo o
nell'areligiosità, onde l'imponente numero di cittadini che
nei censimenti dichiarano di essere senza religione. Pare
però, da questa corrispondenza, che, anche tra i cattolici,
l'indifferentismo non sia scarso.
Si riportano i dati pubblicati in una serie di articoli pubblicati
dalla «rinomata» «Ecclesiastical Review» di
Philadelphia pubblicati nei mesi precedenti: un parroco afferma che
il 44 % dei suoi fedeli rimase, per tutta una lunga serie di anni,
interamente sconosciuto, nonostante gli sforzi fatti ripetutamente e
da parte sua e dai suoi assistenti ecclesiastici, per arrivare ad un
esatto censimento. Con tutta sincerità ammette che circa una
metà del gregge restò del tutto estraneo alle sue
cure, né altro contatto si ebbe fuori di quello che
può dare una irregolare frequenza alla messa ed ai
sacramenti. Sono fatti, a detta degli stessi parroci, che si
avverano in pressoché tutte le parrocchie degli Stati Uniti.
I cattolici mantengono a loro spese 7.664 scuole parrocchiali
frequentate da 2.201.942 alunni sotto la guida di religiosi d'ambo i
sessi. Rimangono altri 2.750.000 alunni (cioè più del
50 %) che «o per infingardaggine dei genitori o per lontananza
di luogo sono costretti a frequentare le scuole governative,
areligiose, dove non si ode mai una parola su Dio, sui doveri verso
il Creatore e neppure sull'esistenza di un'anima immortale».
Un elemento di indifferentismo è dato dai matrimoni misti:
«il 20 % delle famiglie validamente congiunte in matrimonio
misto tralasciano la Messa, se il padre non appartiene alla fede
cattolica; ma qualora la madre non sia cattolica, la statistica
dà il 40 %. Di più, questi genitori trascurano
totalmente la educazione cristiana della prole». Si
cercò di restringere questi matrimoni misti e anche di
proibirli; ma le condizioni «peggiorarono» perché
i «recalcitranti» in questi casi abbandonarono la chiesa
(con la prole) contraendo unioni «invalide»; questi casi
sono il 67 % se il padre è «eretico», il 94 % se
«eretica» è la madre. Perciò si
largheggiò: rifiutando la dispensa di matrimonio misto a
donne cattoliche si ha una perdita del 58 %, se si dà la
dispensa la perdita è «solo» del 16 %.
Appare quindi che il numero dei cattolici negli Stati Uniti è
solo un numero statistico, da censimenti, cioè più
difficilmente uno di origine cattolica dichiara di essere senza
religione, a differenza di quelli d'origine protestante. più
ipocrisia, insomma. Da questo si può giudicare l'esattezza e
la sincerità delle statistiche nei paesi a maggioranza
cattolica.