Angeli, Diego
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    Scrittore (Firenze 1869 - Roma 1937). Redattore-capo del Convito di
    A. De Bosis e collaboratore di numerose riviste, autore di poesie e
    romanzi di gusto dannunziano (fra cui la trilogia: L'orda d'oro,
    Centocelle, Il crepuscolo degli dei, 1906-1915), di cronache e
    pagine di guerra, traduttore in versi di tutto il Teatro di
    Shakespeare (1911-34), e dal 1927 riordinatore e direttore del Museo
    Napoleonico di Roma; le sue opere migliori sono di carattere fra
    erudito e artistico, di argomento e ambiente romano: Le chiese di
    Roma (1900); Le cronache del Caffè Greco (1930); Roma
    romantica (1935); Storia romana di trent'anni 1770-1800 (1931); I
    Bonaparte a Roma (postuma, 1938).
    
    
    DBI
    
    di Danilo Veneruso
    
    Figlio di Maurizio (condirettore, assieme a Diego Martelli, della
    rivista fiorentina Il Gazzettino delle arti e del disegno,e uno dei
    primi estimatori del movimento pittorico dei macchiaioli), nacque a
    Firenze l'8 nov. 1869. A Roma, dove la famiglia si era trasferita
    fin dal 1880, si mise in luce giovanissimo per un giudizio
    favorevole del Carducci su una sua odicina al Tevere; tuttavia,
    assai più che l'influenza carducciana, contribuì alla
    formazione letteraria dell'A. quell'ambiente culturale romano della
    fine dell'Ottocento, che aveva come suo brillante corifeo Gabriele
    D'Annunzio e che egli poi ritrasse nelle "Cronache mondane" nel
    Giornale d'Italia.
    
    L'A., per la signorilità dei modi, per la profondità
    della cultura, per la piacevolezza del conversare, fu apprezzato da
    un'intera generazione letteraria italiana: fu amico di D'Annunzio,
    di E. Scarfoglio, di M. Serao, di F. Martini, di E. De Amicis, di A.
    De Bosis (con il quale collaborò attivamente nella rivista
    Convito), di A. Oriani, di A. Fogazzaro. Al gusto dell'epoca, che
    richiedeva l'associazione della vita con l'arte, l'A. si compiacque
    di conformare alcuni atteggiamenti esteriori, riempiendo le cronache
    romane delle sue gesta di cavaliere, spadaccino, sportivo (con C.
    Pascarella iniziò un giro d'Italia come podista).
    
    Tra la fine del secolo scorso e il primo trentennio dell'attuale,
    l'A. fu uno dei nomi più noti del giornalismo italiano:
    collaboratore di numerosi quotidiani, periodici e riviste
    (più assiduamente collaborò al Marzocco di Firenze, al
    Capitan Fracassa di Roma, al Giornale d'Italia, dal 1902 al 1926),
    divenne famoso per i "servizi" rapidi, tempestivi, e brillanti dal
    fronte francese tra il 1914 e il 1915, che contribuirono ad
    orientare una parte dell'opinione pubblica italiana a favore
    dell'intervento a fianco delle potenze dell'Intesa, secondo lo stile
    di quel nazionalismo che l'A. si vantava di avere sostenuto fin dal
    1896, quando reagì vigorosamente alla depressione dello
    spirito pubblico dopo Adua (anche l'A., nel 1903, collaborò
    con entusiasmo al Regno di Corradini). Ma dal suo acceso spirito
    patriottico rimase estraneo ogni elemento di provincialismo.
    
    Nella sua opera, al di là delle compiacenze esteriori, si
    avvertiva la presenza di una zona singolarmente vasta del sapere,
    associata con una rara e sorprendente preparazione. Superata una non
    felice esperienza poetica giovanile, l'A. seppe essere brillante
    romanziere (L'orda d'oro, Milano 1906), raggiungendo, nel pur
    evidente filone dannunziano, una propria validità espressiva
    nella "interpretazione dei paesaggi romani e dei monumenti
    dell'Urbe" (vedi anche Le Chiese di Roma, Roma 1900) e nella
    "rappresentazione degli ambienti aristocratici e decadenti della
    Capitale... condotte dall'A. con raffinatezza d'immagine, con gusto
    assai vago e carezzevole, e con quel sentimento di ambigua dolcezza
    che è al fondo di molta parte dei sacerdoti della Bellezza"
    (L. Russo, cit. in bibl.; vedi ad es.: Cronache del Caffè
    Greco,Milano 1930; Roma romantica,ibid. 1935). Con occhio di cultore
    d'arte, si soffermò sulle bellezze artistiche e naturali di
    Roma, di cui scoperse pure alcuni lati meno noti della sua storia,
    come l'ultimo trentennio del Settecento (Storia romana di trent'anni
    1770-1800, Milano 1931).
    
    In numerosi altri campi lasciò un'impronta vigorosa: del suo
    pieno possesso delle lingue e delle letterature straniere, e della
    sua squisita sensibilità diede prova in alcune traduzioni dal
    francese e dall'inglese, in saggi su autori e periodi della
    letteratura inglese e americana, e soprattutto nella traduzione
    integrale del teatro di Shakespeare (39 voll., Milano 1911-1934) del
    quale scrisse anche una biografia (La vita di Guglielmo
    Shakespeare,Milano 1934). Nella critica d'arte continuò la
    tradizione familiare, con la tesi di laurea su S. Botticelli (poi
    pubblicata), con l'apprezzatissima attività di critico nei
    quotidiani e nelle riviste cui collaborava, e infine con la
    pubblicazione di alcuni saggi, dei quali almeno uno, quello su Mino
    da Fiesole (Firenze 19o4), conserva ancora oggi una sua
    validità critica.
    
    Gli anni della maturità furono occupati dal vagheggiamento,
    di maniera certo dannunziana, della grande figura di Napoleone:
    tanto che nel 1927, quando il Primoli, morendo, lasciò
    preziosi cimeli napoleonici, l'A. fu indicato come il più
    idoneo a dirigere il Museo napoleonico romano, istituito appunto con
    il lascito Primoli (e l'A. tenne questo incarico per dieci anni,
    fino alla morte). Postumo vide la luce il saggio I Bonaparte a Roma
    (Roma 1938).
    
    Morì a Roma il 23 genn. 1937.