Giuseppe Cesare Abba

www.treccani.it

Scrittore e patriota italiano (Cairo Montenotte 1838 - Brescia 1910).

Partecipò all'impresa dei Mille, combattendo eroicamente a Calatafimi e Palermo e, poi, nella battaglia del Volturno. Ritiratosi a Pisa nel 1862, per dedicarsi agli studi, se ne allontanò nel 1866 e nella giornata di Bezzecca si comportò con grande eroismo. Successivamente fu professore e preside a Faenza e a Brescia.

Dopo un faticoso poemetto aleardiano in cinque canti (Arrigo. Da Quarto al Volturno, 1866) e un lungo racconto (Le rive della Bormida nel 1794, 1875), che passò quasi inosservato, pubblicò nel 1880 le Noterelle d'uno dei Mille edite dopo vent'anni, che nel 1882 furono ristampate col titolo Da Quarto al Faro. Noterelle d'uno dei Mille, e poi, nel 1891, col titolo definitivo: Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille. L'incisiva semplicità delle prime rapide note è ancora viva nell'edizione definitiva, sebbene sia ravvisabile una paziente elaborazione letteraria del "piccolo capolavoro", come lo definì il Carducci.

Scarso valore hanno le novelle (Cose vedute, 1887) e i versi (Romagna, 1887); di più ampio respiro Cose garibaldine (1907) e Pagine di storia, tre voll. post. (1912-13).

Scrisse anche: Storia dei Mille narrata ai giovinetti (1904) e Vita di Nino Bixio (1905).


Enciclopedia Europea Garzanti


Fu con i Mille e, sempre da volontario garibaldino, partecipò alla campagna del 1866; più tardi, per interessamento del Carducci che fu suo estimatore, ottenne una cattedra di italiano prima al liceo di Faenza, poi all'istituto tecnico di Brescia.

Scrisse un romanzo storico (Le rive della Bormida nel 1794, 1875), liriche (Romagna, 1887), novelle (Cose vedute, 1887) e volumi di argomento patriottico ed educativo (Storia dei Mille, narrata ai gio- vinetti, 1904; Vita di Nino Bixio, 1905; Cose garibaldine, 1907).

Ma il solo libro che lo ha reso celebre è Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille (in tre successive edizioni: 1880, 1882, 1891), rievocazione nostalgica e appassionata dell'indimenticabile avventura giovanile. Alla stesura definitiva del 1891 Abba pervenne attraverso un'assidua opera di rielaborazione sostanziale e formale, con riprese tematiche sia dal taccuino Maggio 1860 (pubblicato postumo nel 1933), sia dalle note al poemetto di gusto aleardiano Arrigo, da Quarto al Volturno (1886).

È questa lunga stratificazione nel tempo, accompagnata da un tormentoso perfezionamento stilistico, che distingue la scrittura di Abba da quella più immediata e impressionistica, ma anche più disuguale e rapsodica, degli altri memorialisti garibaldini.

Abba, filtrando fatti e figure attraverso il ricordo, colora il racconto di tonalità nostalgiche e avvolge l'epopea in un alone di elegia.

Wikipedia

«Nacque in Cairo Montenotte il 6 ottobre 1838, e visse, come tutti i ragazzi di quei tempi, fino agli otto o nove anni, con poco tormento di scuola (presso le scuole comunali "del Ghetto"). A dodici anni, preparato, come si soleva allora, alla testa, perché il corpo era già abbastanza saldo, entrò dagli Scolopi di Carcare, in quel Collegio dove gli entusiasmi del 1848 erano ancora vivissimi, specie nel padre Atanasio Canata, grande svegliatore di ingegni e di cuori, come erano stati tra gli Scolopi di Savona i padri Pizzorno e Faà di Bruno. Svegliavano all'amore delle lettere, dell'arte e della patria, cui molti degli alunni offrirono il braccio nel 1859».

Così lo stesso Abba, in una brevissima autobiografia, racconta in terza persona di quei suoi primi anni.

Nel 1854 fu "principe" dell'Accademia del collegio. Amava i classici e si applicò con particolare passione alla filosofia. Si entusiasmò per Foscolo, Giovanni Prati e Aleardo Aleardi. Si iscrisse all'Accademia di belle arti di Genova che lasciò nel 1859 per arruolarsi nel reparto dei cavalleggeri Aosta Cavalleria di stanza a Pinerolo, ma non terminò l'istruzione militare in tempo per partecipare ai fatti della seconda guerra di indipendenza.

Raggiunta Parma nel 1860, si unì ai volontari di Giuseppe Garibaldi per la spedizione nel Regno delle Due Sicilie: il 5 maggio, dallo scoglio di Quarto si imbarcò con i Mille per la Sicilia, dove ebbe il battesimo del fuoco combattendo nella battaglia di Calatafimi, si meritò i gradi di ufficiale nella presa di Palermo e partecipò anche alla battaglia del Volturno.

Nell'aprile del 1861 ritornò a Cairo Montenotte dove, con altri uomini d'avanguardia, fondò la Società Operaia di Mutuo Soccorso, una delle prime della Valle Bormida, che contribuì a emancipare socialmente il paese. Nel 1862 si trasferì a Pisa.

«Finita la guerra del 1860, G. C. Abba se ne andò a stare in Pisa per vaghezza di studi e per vivere coi giovani amici già compagni d'armi e tornati studenti in quell'Università, gioconda e pensosa; dove anch'egli ascoltò le lezioni dei grandi maestri, memori d'essere stati a Curtatone e a Montanara, lieti di insegnare ai giovani che avevano già provata la guerra e che studiando pensavano a quella o a quelle ancora da farsi. Erano anni di gran vita».

Fu allora che Abba scrisse della spedizione dei Mille nel suo poemetto romantico intitolato Arrigo: da Quarto al Volturno, che stampò solo nella primavera del 1866 «più per contentar gli amici che per lusinga di far leggere cose sue. Gli dicevano che dalla guerra imminente non era certo di tornare, e che non sarebbe stato inutile lasciare di sé quel lavoro.»

Nel 1866, infatti, lasciò Pisa per raggiungere a Bari i garibaldini che progettavano un attacco all'impero degli Asburgo attraverso la Dalmazia. Abbandonata quell'impresa, fu con Garibaldi in Trentino, incorporato come luogotenente (sottotenente) del 7º reggimento del Corpo Volontari Italiani, combattendo con onore anche a Bezzecca dove meritò la medaglia d'argento al valor militare «per aver con pochi animosi seguita la bandiera salvando inoltre due pezzi di artiglieria». Fu proposto per la croce al merito di Savoia per la sua encomiabile condotta, ma Abba la rifiutò in quanto superiore ai propri meriti.

Terminata la guerra, nel 1867 si ritirò a Cairo Montenotte dove, eletto sindaco, promosse e realizzò numerose opere di interesse generale, affrontando i problemi più immediati nel campo dell'istruzione, dell'igiene e dell'urbanistica. Sempre a Cairo, nel 1875 terminò di scrivere il romanzo storico Le rive della Bormida nel 1794 e nel 1880 pubblicò Noterelle d'uno dei Mille edite dopo vent'anni, poi rielaborate con il titolo Da Quarto al Volturno, forse il miglior libro dell'epoca sul Risorgimento italiano.

Fu in questo periodo che entrò in rapporto con Giosuè Carducci, che promosse i suoi scritti e lo spinse a pubblicare le Noterelle.

Per l'interessamento del Carducci, nel 1881 ricevette l'incarico di professore di italiano nel Liceo Torricelli di Faenza, dove rimase per tre anni fino al 1884.

Nel 1884 vinse la cattedra di professore presso l'Istituto tecnico Nicolò Tartaglià di Brescia, ove insegnò per ben 26 anni diventando preside stimatissimo dell'istituto e consigliere comunale.

Nel 1889 fu eletto socio effettivo dell'Ateneo di Brescia.

Nel 1903 partecipò alle commemorazioni di Garibaldi in Campidoglio a Roma.

Nel 1908 gli fu offerto l'ambito posto di preside presso un istituto di Milano, che accettò in un primo momento per poi declinare con modestia, ritenendosi non degno di tale promozione.

Il 5 giugno 1910 Abba fu nominato senatore.

Morì a Brescia il 6 novembre 1910 all'età di 72 anni.