Q 7 § 9

1 Gramsci aveva qui presente probabilmente un passo del volume Cultura e vita morale cit., pp. 24-25, citato dallo stesso Croce nella polemica col Barbagallo del 1928 (cfr Intorno alla storia etico-politica, in «Nuova Rivista Storica», settembre-dicembre 1928 cit., p. 626): «Il punto è di cercare nel mondo effettivo dove sia davvero, in un determinato momento storico, il vero Stato-, dove sia davvero la forza etica. Giacché se lo Stato è l'eticità concreta, non è detto che questa s'incarni sempre nel governo, nel sovrano, nei ministri, nelle Camere o non piuttosto in coloro che non partecipano direttamente al governo, negli avversari e nemici di un particolare Stato, nei rivoluzionari. L'idea dello Stato, appunto perché idea, è sommamente irrequieta; e nello sforzo di rinchiuderla in questo o in quell'istituto o in un complesso di istituti, si rischia di mettere le mani sulla sua vuota parvenza o sulla sua effettiva negazione. Nell'approssimarsi al problema pratico, l'astratta o generica ricerca speculativa deve mutarsi in ricerca specifica e storica, e penetrare nel contingente. Non è raro che un uomo di pensiero, innanzi agli Stati empirici, sia tratto ad esclamare: L'État c'est moi; e può avere in ciò pienamente ragione. Cosi esclamava (se anche, in quel caso, non aveva piena ragione) Tommaso Campanella, allorché definiva i sovrani del suo tempo, di fronte a se stesso e alla nuova qualità di sovrani che egli sognava: "Principi fìnti, contro i veri, armati"».