Q 4 § 63

1 Si tratta della lettera del 25 dicembre 1914, apparsa su «La Critica» del 20 marzo 1929 (anno XXVII, fasc. II), pp. 115-16. Sorel non faceva il nome di Oberdan, ma vi alludeva chiaramente: «Les démonstrations que l'on fait en Italie en l'honneur d'un regicide, qui parait avoir été assez simple d'esprit, me plongent dans l'étonnement; est-ce que l'Italie va revenir aux légendes des bons bri- gands, des héroìques assassins et des personnages de romans? Un pareil dénouement à une longue période de relèvement intellec- tuel porte à désespérer de l'esprit humain...» Croce commentava in nota: «Il Sorel non si rendeva pieno conto di quello spirito di sacrificio che aveva indotto l'Oberdan al suo atto, non dettato da odio e ferocia ma dal bisogno di dare nella propria persona un martire alla causa irredentistica. La nuova Italia era stata assai severa coi regicidi; e a Napoli si resistette sempre alle proposte di porre un ricordo o di dare il nome di una strada ad Agesilao Milano, che pure era stato il più drammatico e, si potrebbe dire, il più cavalleresco dei regicidi, perché, in piena rivista militare, tra le migliaia di soldati schierati, usci dai ranghi e assali con la baionetta Ferdinando II circondato dai suoi ufficiali, votandosi a morte certa».
 
2 La polemica di Arturo Stanghellini contro la pubblicazione delle lettere di Sorel a Croce è ricordata nella rubrica 'Rassegna della stampa' (Pensieri male indorati), in «L'Italia letteraria», 23 giugno 1929 cit. In particolare è citato il seguente passo dello Stanghellini: «Che un francese parli con degnazione e ironia degli italiani e dell'Italia non è certo cosa nuova né rara ma che un italiano della statura del Croce si faccia scrivere delle lettere, e in quei momenti, e oggi le pubblichi senza un commento, una nota che dimostri la sua divergenza dalle opinioni del sociologo francese, dimostra una compiacenza servile e induce a credere che egli non solo si associ a quei giudizi, ma che li abbia perfino provocati. Male dunque aver ricevuto quelle lettere: peggio averle pubblicate».