Q3 §8
Cfr Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo, 2 voll., Ceschina,
Milano 1927 [G. Ghilarza, C. carc.] Figura nell'elenco dei
libri da consegnarsi a Tatiana il 13 marzo 1930, in Quaderno 1
(XVI), p. 95. Un giudizio favorevole su questo libro è
nella lettera di Gramsci a Tania del 7 aprile 1930 (cfr LC,
335-36).*
* 7 aprile 1930
Carissima Tania,
ho ricevuto ciò che mi hai fatto pervenire. Ho saputo che la
penna stilografica ti è stata rimandata; mi sembrava di
averti io stesso scritto che le penne stilografiche non si possono
avere in nessun caso, ma si vede che poi me ne sono dimenticato.
D'altronde tu potevi esserne persuasa per il fatto che ti avevo
mandato la mia, con l'orologio e la medaglietta, tutte cose
considerate oggetti di valore e che non si possono tenere neppure al
magazzino. Anche il famoso sacco credo che non mi potrà
servire proprio a nulla; a dire il vero non riesco neppure a
immaginare a cosa possa servire in generale; forse per andare a
caccia di porcospini? Chissà a cosa pensavi quando l'hai
fatto confezionare! Certo però pensavi a farmi qualcosa di
utile e di comodo e perciò ti ringrazio anche per questo
sacco, oltre che per tutto il resto che mi sarà utilissimo.
Ti sarei grato se mi manderai una lista completa dei libri che ti ho
spedito fuori: nel ricostruirla per conto mio ne ho dimenticato
qualcuno, perché il conto non mi torna. Vorrei averla
perché poi non mi capiti di cercarli inutilmente in mezzo
agli altri.
Il Diavolo a Pontelungo è abbastanza «storico»
nel senso che realmente accaduti sono l'esperimento della Baronata e
l'episodio di Bologna del 1874. Come in tutti i romanzi storici di
questo mondo, la cornice generale è storica, non i singoli
personaggi e i singoli avvenimenti, uno per uno. Ciò che
rende interessante questo romanzo, a parte le notevoli
qualità artistiche, è la quasi assenza di acredine
settaria dell'autore. Nella letteratura italiana, a parte il romanzo
storico del Manzoni, c'è una tradizione essenzialmente
settaria in questa specie di produzione, che risale al periodo tra
il '48 e il '60; da una parte sta il capostipite Guerrazzi,
dall'altra il gesuita padre Bresciani. Per il Bresciani tutti i
patriotti erano canaglie, vigliacchi, assassini, ecc., mentre i
difensori del trono e dell'altare, come allora si diceva, erano
tutti angeletti scesi in terra a miracol mostrare. Per il Guerrazzi,
si capisce, le parti si invertivano; i papalini erano tutti sacchi
di nerissimo carbone, mentre i sostenitori dell'unità e
indipendenza nazionali erano tutti purissimi eroi da leggenda. La
tradizione si è conservata fino a pochissimo tempo fa, nelle
due schiere tradizionali, per la letteratura d'appendice pubblicata
a dispense; nella letteratura così detta artistica e colta,
la parte gesuitica ha avuto il monopolio. Il Bacchelli nel Diavolo a
Pontelungo si dimostra indipendente o quasi; il suo umorismo
raramente diventa di partito preso, è nelle cose stesse,
più che in un partito preso estraartistico dello scrittore...