Max Weber

 

www.treccani.it

Sociologo e storico (Erfurt 1864 - Monaco di Baviera 1920). La sua sociologia, concepita come scienza pura, è immune da concetti naturalistici e da costruzioni speculative: polemico al tempo stesso contro positivismo e storicismo, W. si proponeva di studiare le azioni tipiche, le probabilità calcolabili nel comportamento degli uomini, non i valori soggettivi determinanti nella realtà le azioni; onde la legittimità di una ricerca dei nessi mezzi-fine, non in vista di un giudizio di valore sui fini stessi, ma in vista dell'adeguatezza dei mezzi per conseguirli (Wertfreiheit "libertà dai valori"). Enorme la sua influenza, in particolar modo sulla sociologia statunitense (T. Parsons, Ch. Wright Mills).

Vita e opere

Laureatosi a Berlino alla scuola di L. Goldschmidt passò poi, sotto l'influenza di Th. Mommsen, alla storia agraria romana. Chiamato nel 1894 alla cattedra di economia politica di Friburgo in Br., poi nel 1897 alla stessa cattedra di Heidelberg, si trovò a dover prendere posizione tra scuola storica di Berlino (che faceva capo a G. Schmoller) e scuola teoretica di Vienna (di cui era principale esponente C. Menger). Nel 1903 assunse con E. Jaffé la direzione dell'Archiv für Sozialwissenschaft und Politik, nel quale comparvero i due celebri saggi Über die Objektivität sozialwissenschaftlicher und sozialpolitischer Erkenntnisse e Über die protestantische Ethik und den Geist des Kapitalismus, che inaugurarono la sua attività più originale e feconda. Questi studi lo condussero a formulare una nuova metodologia della ricerca scientifica nelle scienze sociali (storia, economia e, soprattutto, sociologia), che pose in atto nel volume Wirtschaft und Gesellschaft (post., 1922).

Nel 1918 accettò la cattedra di sociologia a Vienna, ma la catastrofe lo fece tornare in patria. Compilò con H. Delbrück e altri la risposta del governo tedesco all'accusa di responsabilità per la guerra, collaborò alla redazione della costituzione di Weimar e fu tra i fondatori del Partito democratico tedesco. Nel 1919 fu chiamato alla cattedra di sociologia di Monaco. Postume apparvero le raccolte dei suoi saggi di Religionssoziologie (1920-21), di Wissenschaftslehre (1922), di Soziologie und Sozialpolitik (1924) e di Sozial- und Wirtschaftsgeschichte (1924). I contributi principali di W. in campo sociologico sono rappresentati dall'indagine sui rapporti tra forme religiose e forme economiche, a partire dalla citata ricerca Über die protestantische Ethik und den Geist des Kapitalismus per finire allo studio comparato delle religioni orientali (taoismo, confucianesimo, induismo, buddismo, giudaismo), nell'intento di mostrare, contro le interpretazioni correnti di derivazione marxista (R. Stammler, W. Sombart), l'irriducibilità del comportamento sociale a cause puramente economiche. Celebre la discussissima tesi che fa risalire la formazione dello "spirito" capitalistico (imprenditorialità razionale) all'influenza delle posizioni etiche calvinistiche che concepivano il lavoro come vocazione, ascesi intramondana.

Particolarmente importante l'impostazione data alla ricerca sociologica in Wirtschaft und Gesellschaft, dove al centro dell'analisi sono l'azione individuale provvista di senso (Sinn; onde la necessità di una Verstehende Soziologie o sociologia della comprensione), la definizione dell'azione nella sua dimensione individuale e sociale, le indagini sui processi di formazione dei gruppi sociali sulla base di interessi materiali (ricomprendendo in quest'ambito anche le classi sociali) e di affinità di credenze e valori, lo studio delle relazioni sociali basate sull'autorità (tipologia dell'autorità e delle forme di potere: carismatica, tradizionale, legale). Nel campo metodologico W. ha formulato il concetto di "tipo ideale" (Idealtypus) come strumento della conoscenza storica: concetto-limite che deve servire a ordinare i dati empirici. In generale, sotto l'influenza di H. Rickert, W. ha mirato a dare rigore di metodo e precisione di concetti alla scienza. Notevoli anche le sue Gesammelte politische Schriften (post., 1921), testimonianza della sua appassionata partecipazione alle vicende politiche della Germania tra conflitto mondiale e repubblica di Weimar.

 

www.sapere.it

sociologo tedesco (Erfurt 1864-Monaco di Baviera 1920). Professore di diritto commerciale nell'Università di Berlino (1893), di economia politica in quella di Friburgo in Brisgovia (1894) e in quella di Heidelberg (nel 1897), fu direttore dell'Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik.

Partecipò anche attivamente alla vita politica contribuendo, tra l'altro, all'elaborazione della Costituzione di Weimar. I suoi classici contributi in materia di metodologia delle scienze sociali costituiscono una radicale alternativa rispetto a tutti gli approcci precedenti (evoluzionismo sociale, utilitarismo ecc.) che concepivano la società, nella sua storia passata e futura, come un'entità globale dal significato univoco, pretendendo di poter dedurre dalla lettura di questo significato le leggi del divenire sociale.

Secondo Weber la sociologia non può imperniarsi, in quanto scienza autonoma, su ragionamenti deduttivi a partire da presunte verità assolute, ma, come scienza “comprendente”, è chiamata a interpretare criticamente la realtà sociale in termini di ipotesi suscettibili di controllo e di verifica concreta. Il suo oggetto non sono la società e la storia intese come un tutto, ma l'agire sociale dotato di senso, vale a dire quei comportamenti individuali, influenzati dai comportamenti altrui, ai quali coloro che li pongono in essere attribuiscono uno specifico significato soggettivo. Le scienze sociali devono attenersi al principio della “libertà dai valori” (religiosi, filosofici, ideologici) non potendo stabilire quali di essi siano giusti in assoluto, ma solo quali conseguenze derivino per l'individuo e per la società da azioni coerenti con determinate credenze. In questa chiave il più noto tra gli studi weberiani di sociologia religiosa individua nell'ascetismo, nell'individualismo e nell'attivismo mondano predicati dalla morale protestante (in specie calvinista) la mentalità che ha favorito in modo determinante l'avvento del capitalismo.

Altrettanto fondamentali i contributi di Weber in campo di sociologia economica. Egli teorizza la coesistenza, in ogni società, di tre forme di stratificazione distinte anche se interagenti (le classi, i partiti politici e i ceti) fondate rispettivamente sulle differenze nella distribuzione della proprietà, del potere e del prestigio. Nella burocrazia, di cui analizza rigorosamente le caratteristiche peculiari, Weber intravvede la forma di organizzazione razionale per eccellenza, vale a dire la sola rispondente ai fini delle società industriali.

Celebre la sua tipologia del potere, che può assumere tre forme (autorità razionale-legale, tradizionale e carismatica) secondo che il suo configurarsi come legittimo, cioè accettato socialmente, poggi sulla fede nel diritto, o nella consuetudine, o nelle eccezionali virtù attribuite a un individuo.

Opere principali: Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (1904-05; L'etica protestante e lo spirito del capitalismo), Die Wirtschaftsethik der Weltreligionen (1916; L'etica economica delle religioni mondiali), Politik als Beruf, Wissenschaft als Beruf (1919; La politica e la scienza come professioni), Wirtschaft und Gesellschaft (1922, postuma; Economia e società).