Teocrazia
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Forma di governo in cui la sovranità è teoricamente esercitata dalla
divinità.
1. La t. nella storia dei popoli
Si possono distinguere due forme tipiche di teocrazia. In certi casi
la t. ha un carattere umano: sono uomini particolari (profeti,
sacerdoti, re-sacerdoti) che, nella pretesa di conoscere meglio di
altri (per es., per diretta ispirazione) la volontà del dio o degli
dei, governano il popolo. Ciò avveniva, per es., nell’ebraismo
antico, in cui il pensiero teocratico rimase in vigore dal tempo dei
Giudici fino all’epoca romana; analoga era la t. islamica sotto
Maometto e, dopo la scissione, con gli Sciiti che nell’imā’m
riconoscevano la suprema autorità religiosa e politica. In altri
casi, invece, la t. è fondata sul carattere divino attribuito al re
o capo. La forma più diretta e coerente di questo tipo di t. è
rappresentata dalla t. tibetana: alle funzioni di sovrano
(Dalai-lama) viene eletta la persona in cui, mediante metodi
tradizionali, si riconosce l’incarnazione del bodhisattva di
amitabha.
2. La dottrina teocratica
Nella storia delle dottrine politiche s’intende per quella che
riporta a Dio l’origine e il fondamento del potere politico. A mano
a mano che il papato si è reso indipendente e superiore al potere
laico, tale dottrina ha riservato al primo l’origine divina,
trasformando in un privilegio quello che era il comune fondamento di
ogni potestà. Da Gregorio Magno a Gregorio VII, da Innocenzo III a
Bonifacio VIII l’apologia del papato si è mossa su questa via. Con
s. Tommaso si delinea un atteggiamento nuovo nello svolgimento della
dottrina teocratica: infatti, se il movente pratico del pensiero del
santo è il rafforzamento dell’autorità papale, il principio teorico
da cui esso muove è l’affermazione che il potere politico è di
diritto umano. Da Dio viene la ‘forma’ del potere; nelle posizioni
concrete, storiche del potere non è Dio a investire il principe, ma
la collettività, sempre che essa non creda di esercitarlo
direttamente.
Il Rinascimento segna una lunga interruzione nello sviluppo della
dottrina teocratica, che riprende vita nel Seicento, proprio mentre
più fortemente si affermava il diritto naturale. Ma la posizione dei
nuovi teorici della t. può definirsi come un eclettismo
demo-teocratico. Per F. Suárez, riportata la legge in ogni sua forma
al volere di Dio, anche la legge umana e civile trae il suo valore
obbligativo dal fatto che il sovrano ha il suo potere da Dio e lo
esercita come suo rappresentante. E fin qui si tratta di una
riaffermazione della tesi teocratica. Ma Suárez ricade in quella
democratica affermando poi che la potestà di dominare sugli altri
uomini non fu data a nessun uomo singolo immediatamente da Dio. È la
stessa conclusione di s. Tommaso, qui delineata con maggior
precisione. La potestà politica, per diritto naturale, risiede nella
comunità e il concretarsi della sovranità del popolo nelle mani di
un principe o di un collegio avviene per la via del contratto.
Attraverso queste costruzioni eclettiche la tesi teocratica ha ormai
perduto il suo valore di sostegno della potestà pontificia. Ma,
mentre si contesta al pontefice una superiorità temporale sugli
altri principi, il fondamento divino del potere politico è
riaffermato, contro le dottrine democratiche, dai re e dai loro
apologisti. Così la dottrina teocratica dà origine alla dottrina del
diritto divino dei re. R. Filmer, C. Salmasio, J.-B. Bossuet sono i
rappresentanti del pensiero teocratico nel 17° secolo. Bossuet da
una parte porta l’attacco più forte alle pretese pontificie di
ingerenza negli affari temporali, dall’altra riafferma che il potere
politico è creazione diretta di Dio.
Con il 18° sec. trionfa la dottrina del diritto naturale e il
diritto divino dei re cede progressivamente terreno alla sovranità
degli individui e alle dottrine democratiche. La dottrina teocratica
viene rinnovata con la Restaurazione dai dottrinari del
legittimismo. J. de Maistre ne aveva riaffermato la validità nella
polemica contro J.-J. Rousseau, sulla sua linea si pongono L.-G.-A.
de Bonald, K.L. Haller, F.-J. Stahl, L. Taparelli d’Azeglio. Una
propaggine democratica di questa corrente è rappresentata da F.-R.
de La Mennais, per la sua avversione all’assolutismo regio e per
l’affermazione della Chiesa come tutrice dei diritti del popolo e
della libertà di fronte al potere civile. A La Mennais si richiamò
poi il cattolicesimo democratico che avrebbe dato vita tra l’altro
all’ideologia democratico-cristiana, trovando così fine la dottrina
teocratica nel senso tradizionale e proprio del termine.