Repubblica

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Forma di Stato in cui il potere politico è esercitato da organi rappresentativi del popolo o di una parte di esso. In generale, la r. viene contrapposta alla monarchia, in base alla considerazione che la prima sarebbe caratterizzata dall’elettività e dalla temporaneità della carica di capo dello Stato, laddove la seconda si caratterizzerebbe per l’ereditarietà e la durata vitalizia della carica (salvo, ovviamente, abdicazione). Tuttavia, questo criterio non è esaustivo, dal momento che, nell’ambito della storia dei regimi politici, non è raro il caso di monarchie elettive (come il Regno di Polonia, o il Sacro Romano Impero dopo la riforma operata da Carlo IV di Boemia, o lo stesso papato), o di r. a carattere ereditario (Siria o Corea del Nord).

Nell’ambito del pensiero giuspolitico moderno, la nozione di r. è stata utilizzata in alcuni casi come sinonimo di democrazia – per es., da N. Machiavelli, che sostituisce alla classica tripartizione delle forme di governo la bipartizione tra r. e principati –, mentre in altri è stata utilizzata in contrapposizione a democrazia (così J. Madison, nei suoi Federalist Papers). Un momento fondamentale nell’ambito del pensiero giuspolitico repubblicano è rappresentato dalla Rivoluzione americana e dalla Rivoluzione francese, che segnarono il definitivo superamento delle tesi (per es., di Montesquieu o di J.-J. Rousseau) che ritenevano le r. confacenti solo a Stati di piccole dimensioni territoriali. Non c’è dubbio, però, che, da un punto di vista giuridico-costituzionale, l’esperienza più fortemente caratterizzata dalla nozione di r. sia stata quella francese. È bene ricordare, infatti, che i preamboli delle Costituzioni francesi del 1946 e del 1958 si richiamano esplicitamente al 1789 e ai «principes fondamentaux reconnus par les lois de la République», e che i documenti costituzionali del 1789-1791 erano già espressione di una ideologia giuridica repubblicana, nel momento in cui dichiarano unica depositaria della sovranità la nazione, degradando la figura del monarca a quella di primo funzionario dello Stato

Nell’ambito della esperienza costituzionale italiana, la nozione di r. viene richiamata più volte nel testo costituzionale vigente, anche se con significati diversi. Il carattere repubblicano del nostro regime politico si lega intrinsecamente alla forma di Stato democratica nel primo comma dell’art. 1 Cost. («L’Italia è una R. democratica»), e la forma repubblicana (art. 139 Cost.) costituisce un limite invalicabile alla revisione costituzionale. D’altra parte, la nozione di r. viene richiamata anche per quanto riguarda i rapporti tra Stato e autonomie locali: secondo l’art. 5 Cost., la R., una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali e favorisce il decentramento e l’autonomia; secondo il nuovo art. 114 Cost., la R. è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato. Più in particolare, la dottrina ritiene che la l. cost. 3/2001 abbia disegnato una R. delle autonomie, articolata su più livelli di governo, dei quali lo Stato è sicuramente il più importante, ma non l’esclusivo. In ogni caso, nel testo costituzionale, il termine r. viene anche utilizzato come sinonimo di Stato (art. 10, co. 3, art. 16, co. 2).

Dizionario di Storia (2011)

 Stato non monarchico. Il termine, usato originariamente per indicare il regime che fu in vigore a Roma dalla cacciata dei re (509 a.C.) fino alla battaglia di Azio (31 a.C.), fu ripreso poi per indicare forme analoghe di Stato.

Nell’uso moderno, posteriore alla Rivoluzione francese, forma di governo in cui il potere politico è esercitato da organi rappresentativi del popolo o di una parte di esso e il capo dello Stato, con poteri più o meno estesi, è organo elettivo e temporaneo (in contrapposizione alla monarchia in cui il titolo di capo dello Stato è ereditario e vitalizio).

Nell’antichità e nel Medioevo non si può parlare propriamente di r.: costitutive della società e dello Stato erano infatti molte forme di privilegi (caste nobiliari, sacerdotali ecc.), per cui il potere non apparteneva de iure a tutti i cittadini; e dove i privilegi in seno alla cittadinanza mancavano (per es. in certi momenti della democrazia greca), la distinzione tra liberi e schiavi escludeva comunque dalla partecipazione alla cosa pubblica gran parte della popolazione effettiva e stabile. Tuttavia, come contrapposto a monarchia, è legittima la definizione di r. che si dà comunemente delle poleis aristocratiche e democratiche greche, o dello Stato romano, in quanto in questi Stati i poteri temporanei e controllati erano attribuiti dall’assemblea popolare, e le supreme cariche avevano quasi sempre carattere collegiale (erano cioè prive di quel carattere di privilegio personale che è proprio della monarchia).

Per Roma, il termine r., usato in senso proprio, vale per definire lo Stato, in tutte le epoche della sua storia (dopo la fine della monarchia), in quanto i fondamenti ideali del diritto pubblico repubblicano (omnis potestas in populo, omnis auctoritas in senatu) non furono mai disconosciuti, neppure quando negli ultimi secoli si affermò l’assolutismo monarchico imperiale. In partic. però, in quanto ci si riferisce all’effettivo esercizio popolare del potere, si parla di r. romana riferendosi al periodo che va dalla fine della monarchia (fine del sec. 6° a.C.) all’affermarsi definitivo dell’egemonia personale di Augusto, consolidatasi poi nell’istituto del principato (fine del sec. 1° a.C.).

Improprio è in generale l’uso del termine r. per indicare il regime politico dei comuni italiani (e delle città francesi e tedesche); solo tardi infatti il comune giunse a completa autonomia, anche formale, rispetto al supremo signore, l’imperatore o il pontefice. Tuttavia, nel loro massimo fiorire, i regimi comunali possono essere chiamati repubblicani e il termine r. era effettivamente adoperato dai contemporanei. R. marinare si dissero Genova, Pisa, Amalfi, Venezia; in generale, il termine si usò poi per indicare le città non rette a regime signorile (per es. Genova o Venezia), come poi, in Età moderna, tutti quei regimi che non erano fondati sulla monarchia di diritto divino, assoluta ed ereditaria (così la R. elvetica e quella batava, o la breve r. dittatoriale di O. Cromwell in Inghilterra).

Nel Settecento si ha la nascita della r. americana; ma solo con la Rivoluzione francese l’idea moderna di r. (con tutti i connessi concetti giuridici) si afferma in Europa come idea politica di valore universale, la cui attualità non è legata a particolari circostanze (tradizioni, religione ecc.), ma che anzi può e intende attuarsi come vera testimonianza del progresso morale e intellettuale dell’umanità. Trascorso il periodo rivoluzionario, il sec. 19° vide in Europa ancora forte il principio monarchico, con il sorgere delle nuove monarchie costituzionali legate al moto liberale e alle rivoluzioni nazionali; nelle Americhe invece il crollo degli imperi coloniali spagnolo e portoghese portò alla nascita di repubbliche.

Dopo la Prima guerra mondiale, rafforzatesi le correnti democratiche e quelle socialiste e comuniste, ebbe inizio un periodo di diffusione della forma repubblicana di Stato (dalla liberale democratica alla socialista e comunista), accentuatasi poi dopo la Seconda guerra mondiale.