Problematicismo

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Nella filosofia contemporanea, orientamento che, negando la possibilità di un sapere certo e definitivo, sottolinea la problematicità di ogni concezione metafisica. Per il p., il compito della filosofia non consiste nella soluzione dei problemi, ma nella impostazione critica di essi e nel riconoscimento delle esigenze da cui traggono origine. Più in particolare, esso assume da una parte che ogni posizione teoretica può essere contraddetta (antinomismo), dall’altra che ogni determinazione del sapere e della vita spirituale può e deve essere colta e individuata nel suo libero sviluppo, rinunciando alla pretesa d’inquadrarla in un sistema di categorie soprastoriche. Di qui il suo peculiare carattere antimetafisico. Piuttosto clima culturale che dottrina definita e organica, il p. ha permeato di sé una parte notevole della filosofia italiana, ottenendo un’efficace enucleazione particolarmente nell’opera di U. Spirito e in quella di A. Banfi.


Enciclopedia Italiana - Appendice II (1949)

di Gu. Bon.

È una delle correnti principali e tipiche della filosofia contemporanea, di cui anzi può essere considerato come una caratteristica generale. Riguardato sotto questo aspetto il problematicismo, mentre da un lato appare come lo sbocco del criticismo o del gnoseologismo moderno, dall'altro ci immette in un clima mentale radicalmente nuovo, quello appunto della filosofia contemporanea. E se si tien conto della difficoltà che si incontra ogni volta che si vuole definire in una formula un indirizzo di tale filosofia, a causa della forte storicizzazione cui tali indirizzi si trovano ad essere sottoposti (la loro definizione non potrebbe essere altro che la ripetizione della loro genesi storico-dialettica), si vede che, mentre definisce il contemporaneo, il problematicismo può essere anche da esso definito. Più che un principio o un teorema, lo caratterizza appunto la coscienza della peculiare situazione del pensiero contemporaneo come sbocco della crisi del pensiero moderno; è un clima mentale, uno stile e insieme una situazione, più che una dottrina definita ed organica. Di fatto, il concetto della problematicità, pur essendo riguardato come centro di gravitazione del sapere, non è ancora stato adeguatamente tematizzato. La problematicità significa, in generale, da una parte che ogni posizione teoretica può essere contraddetta (antinomismo), dall'altra che ogni determinazione del sapere (e della vita) deve essere colta e individuata nel suo libero sviluppo e nella sua autodefinizione, rinunciando alla pretesa di inquadrarla in un sistema di categorie soprastoriche. Appare, allora, che la definizione più plausibile che si può proporre del problematicismo è quella di antimetafisica, intendendo per metafisica una rappresentazione sistematica della realtà in sé (quando l'esistenzialismo, che pure presuppone il motivo problematicistico, e può perciò considerarsi come uno dei suoi grandi esiti, parla di metafisica, intende non una dottrina dell'essere, ma dell'esistente: dottrina che si dice ontologica o metafisica, solo in quanto è portata fuori dalla prospettiva gnoseologistica).

Nel problematicismo, considerato come corrente specifica, si possono distinguere diverse tendenze o particolarizzazioni. La principale distinzione che è dato ravvisare è, forse, quella tra un problematicismo trascendentale, il quale fonda ancora su una teoria della ragione il carattere problematico del sapere ed uno puramente situazionale, il quale si limita a constatare la carenza della metafisica. La prima forma accentua il carattere positivo della crisi (il nuovo concetto del sapere e dell'uomo), la seconda invece quello negativo (la perdita di ogni valore). In Italia, dove il problematicismo (i cui prodromi più vicini possono scorgersi nella Kulturphilosophie tedesca e nell'epistemologismo francese) ha trovato forse la sua più chiara enucleazione, essendo rappresentate la prima forma specialmente da A. Banfi, la seconda da U. Spirito.