Empedocle

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Dizionario di filosofia (2009)

 Filosofo greco di Agrigento (5° sec. a.C.).

Profeta, taumaturgo, medico (gli si attribuisce la scoperta del labirinto dell’orecchio interno), poeta, oratore, fu forse il maestro di Gorgia. Caduto in disgrazia presso i suoi concittadini, dovette abbandonare la patria, e morì nel Peloponneso. Secondo una leggenda si gettò nel cratere dell’Etna per far credere, con la sua sparizione, di essere stato assunto tra gli dei; ma il cratere, rigettando uno dei suoi sandali bronzei, palesò la verità.

Due scritti gli vengono attribuiti con certezza: Περὶ φύσεως (trad. it. Sulla natura) e Kαϑαρμοί (trad. it. Purificazioni o Carme lustrale). In questi scritti egli formulò per primo la teoria dei quattro elementi o «radici» (ῥιζώματα) di tutte le cose: terra, acqua, aria, fuoco. Alla terra sono ricondotti i solidi, all’acqua i liquidi, all’aria e al fuoco gli aeriformi. Tali radici sono anche collegate a figure della mitologia: a Zeus il fuoco, a Era l’aria, a Nesti l’acqua e a Edoneo la terra.

Secondo l’esigenza della ragione fatta valere dagli eleati, gli elementi sono originari, eterni, immutabili, sia essi sia le due forze antitetiche cui sono sottoposti, l’Amicizia (Φιλία), che unisce, e il Dissidio (Nεῖκος), che separa; mutevoli, secondo l’esigenza eraclitea, sono le cose sensibili che risultano dalla varia combinazione degli elementi sotto l’azione contrastante di quelle due forze. In tal modo E. tenta una via media che possa rendere ragione sia del persistere dell’essere (in base al principio eleatico che nulla nasce e nulla perisce) cui soddisfano gli elementi, sia il divenire dei fenomeni, cui soddisfa la vicenda ciclica animata dalla composizione di Φιλία e Nεῖκος; essi originano mescolanze e dissoluzioni di elementi eterni che gli uomini chiamano nascite e morti: «Un’altra cosa dirò. Non v’è nascita d’alcuna delle cose / mortali, né termine di morte funesta; / ma solo mescersi e dissolversi di sostanze commiste / v’è e fra gli uomini ha nome di nascita» (Diels-Kranz, framm. 31 B 8).

Quando opera solo Φιλία, i quattro elementi sono perfettamente unificati nello Sfero o Uno, e non esiste il mondo («Ma d’ogni parte uguale e per tutto infinito, / Sfero rotondo che di sua avvolgente solitudine gode», framm. 31 B 28), che, d’altra parte, non esiste neppure quando opera solo il Dissidio, ché allora i quattro elementi sono assolutamente separati.

L’esserci delle cose è determinato dalla contemporanea azione antitetica dei due principi, e si realizza in periodi cosmici delimitati da momenti di assoluto dominio dell’uno e dell’altro: «A vicenda predominano in ricorrente ciclo / e fra loro si struggono e si accrescono nella vicenda del destino. / Son dunque questi [gli elementi] che sono, e passando gli uni attraverso gli altri / divengono uomini e stirpi ferine / talora per l’amicizia convenendo in unità d’armonia / talaltra invece separatamente ognuno portati dall’inimicizia della Contesa, / finché dopo essersi accresciuti nell’unità del tutto, ancora s’inabissano» (framm. 31 B 26).

Sulla base di questa dottrina, infine, E. enunciò la sua gnoseologia, secondo cui il simile si conosce con il simile (la terra con la terra che è in noi, il fuoco con il fuoco, ecc.). Dalle cose emanano gli effluvi che passano attraverso i pori degli elementi; il processo conoscitivo così originato termina nel pensiero, anch’esso spiegato in quanto corporeo, mediante il sangue; il cuore «nei flutti del pulsante sangue si nutre, / dove massimamente è ciò che pensiero è detto dai mortali / perché il sangue che rifluisce nei precordi è per gli uomini il pensiero» (framm. 31 B 105).

Come poi questa filosofia naturalistica si accordasse con le concezioni profondamente religiose (influenzate dall’orfismo e dal pitagorismo) espresse nelle Purificazioni, questione in merito alla quale si parla di aporie di E., è problema lungamente dibattuto dagli interpreti.

Tuttavia la frizione fra naturalismo da un lato e tendenze orfico-pitagoriche dall’altro può essere resa meno stridente ricalibrando la concezione stessa di naturalismo presocratico come non escludente un approccio ‘religioso’ – si è accennato all’identificazione empedoclea fra dèi ed elementi – che si risolve appunto in una concezione naturalistica del divino.

Vicina al ritmo ciclico della vicenda cosmologica appare, in tale prospettiva, anche la dottrina della metempsicosi esposta nelle Purificazioni, ove il purificarsi mediante reincarnazioni successive consente di disciogliersi nella purezza degli dèi (ossia degli elementi) al di fuori dei cicli di nascite e morti (framm. 31 B 146-147).