Bacone, Francesco
    Dizionario di filosofia (2009)
    
     Forma italianizzata del nome del filosofo inglese Francis
    Bacon (Londra 1561- ivi 1626).
    
    La vita pubblica. B. trovò già nell’ambiente familiare importanti
    modelli culturali e politici (il padre, sir Nicola, era lord
    guardasigilli; lo zio, lord Burghley, il maggiore statista
    dell’epoca). Dopo gli studi a Cambridge, acquistò fama di scrittore
    nel 1597, pubblicando con grande successo gli Essays (Saggi). La sua
    vita pubblica, sotto i regni di Elisabetta e di Giacomo I, fu
    intensissima: nel 1584 entrò nella Camera dei comuni;
    successivamente, protetto da Giacomo I e dal duca di Buckingham,
    conseguì gli onori più elevati (Solicitor general, 1607; Attorney
    general, 1613; membro del Consiglio privato della corona, 1616; lord
    guardasigilli, 1617; lord cancelliere, 1618); fu quindi ammesso tra
    i pari come barone di Verulamio (1618) ed ebbe il titolo di visconte
    di Sant’Albano (1621). Nel 1621 fu processato per peculato e
    imprigionato; liberato dopo pochi giorni, per un atto di clemenza,
    si ritirò a vita privata. Dopo la condanna poté realizzare il suo
    sogno giovanile e dedicarsi interamente agli studi filosofici e
    scientifici, con particolare riferimento alle ricerche
    naturalistiche.
    
    La riforma del sapere. 
    
    B. partecipò vivamente alla critica, tipica dell’Inghilterra
    elisabettiana, della cultura tradizionale di impianto
    aristotelico-scolastico: a un sapere astratto e sterile veniva
    contrapposto l’ideale di una scienza che fosse utile all’uomo, così
    come all’ammirazione per gli antichi si veniva sostituendo quella
    per i grandi contemporanei che in quegli anni fondavano la potenza
    marinara e commerciale dell’Inghilterra moderna. Tra i temi che
    s’intrecciano nell’opera di B. torna, infatti, con insistenza il
    richiamo alla finalità pratica e operativa del sapere, affinché le
    ricerche di filosofia naturale siano volte non a una disinteressata
    speculazione di realtà immobili, ma a un diretto e utile dominio
    sulla natura (un tema, questo, che ha connessioni con la tradizione
    astrologico-magica rinascimentale). Il pensiero di B. trova infatti
    i suoi antecedenti nella filosofia del Rinascimento, di cui
    costituisce in parte la continuazione, in parte la negazione. Del
    pensiero del Rinascimento B. coglie i caratteri della ribellione al
    dominio della tradizione, e del naturalismo, che spinge i sapientes
    a conoscere a fondo la natura, in contrapposizione al Medioevo, che
    invece l’aveva disprezzata o troppo poco apprezzata. Su questa base
    B. prende posizione contro la tradizione peripatetico-scolastica e
    il suo caposcuola, Aristotele, che aveva elaborato un complesso di
    «ragnatele» presentate «come cause mentre sono prive di consistenza
    e di valore». 
    
    A tale impostazione B. contrappone l’esigenza di una conoscenza
    certa della realtà naturale e il grandioso progetto di una riforma
    delle scienze, da esporre in un’opera monumentale, una nuova
    enciclopedia di tutto il sapere (Instauratio magna) che avrebbe
    dovuto articolarsi, secondo il suo piano, in sei parti: (1)
    Partitiones scientiarum (suddivisione e descrizione di tutte le
    scienze e arti, indicando le lacune ancora esistenti nel sapere);
    (2) Novum Organum sive indicia de interpretatione naturae (la logica
    della scienza, o la teoria del nuovo metodo); (3) Phaenomena
    Universi sive historia naturalis et experimentalis ad condendam
    philosophiam (la storia sperimentale e naturale, considerata il
    fondamento necessario della filosofia della natura); (4) Scala
    intellectus sive filum labyrinthi (scala che insegna a salire dai
    fatti particolari a proposizioni universali e poi a ridiscendere a
    nuove applicazioni, cioè il «filo» che guida lo studioso, inoltrato
    nella selva intricata, o «labirinto», dei fenomeni naturali, a
    trovare la strada sicura; si tratta dunque del metodo induttivo e
    deduttivo); (5) Prodromi sive anticipationes philosophiae secundae
    (anticipazioni e scoperte acquisite con l’antico metodo e perciò
    accettate soltanto provvisoriamente); (6) Philosophia secunda sive
    scientia activa (sintesi di proposizioni generali riguardanti gruppi
    di fatti, destinata a dirigere l’attività pratica con l’applicazione
    dei principi scoperti col nuovo metodo scientifico). 
    
    Questo ambizioso disegno fu attuato in misura assai ristretta,
    perché veramente completa è solo la prima parte, rappresentata dal De
      dignitate et augmentis scientiarum (1623), in nove libri,
    traduzione latina ampliata di un precedente scritto inglese in due
    libri (Of proficience and advancement of learning, 1603-05;
    trad. it. Sul progresso del sapere umano e divino). 
    
    La seconda parte è costituita dal Novum Organum* (1620, in
    cui è rifusa l’opera Cogitata et visa, 1607, edita post. nel
    1653); il materiale di osservazioni scientifiche che doveva servire
    per la terza parte è compreso nella Sylva sylvarum (una
    miscellanea di inediti raccolta dal segretario e pubblicata post.
    nel 1627 insieme all’opera utopica New Atlantis in appendice); delle
    altre tre parti non rimane che il disegno generale. Il movente della
    ricerca di B. è sempre costituito dall’esigenza dell’applicazione
    pratica della scienza: questa non deve essere passiva
    contemplazione, ma guida dell’azione, e deve servire alla vita
    concreta. L’uomo, secondo B., può tanto quanto sa: il regnum hominis
    consiste nella scienza, perché, dal momento che non si può
    infrangere la catena delle cause naturali, si può comandare alla
    natura soltanto se le si obbedisce.
    
    Il metodo induttivo. 
    
    Strettamente connesso a questo concetto di scienza è il problema del
    metodo: la crisi del sistema peripatetico della natura aveva messo
    in evidenza la fallacia della concezione aristotelica di una scienza
    fondata su procedimenti sillogistico-deduttivi. All’inutilità di
    questo metodo, che sostituisce parole a cose, processi verbali a
    processi reali, e non fa progredire il sapere, B. contrappone un
    metodo che sappia ritrovare il significato dell’esperienza, e assuma
    quest’ultima come fondamento di un nuovo sapere. Tale metodo è
    quello induttivo, che viene distinto da una conoscenza meramente
    descrittiva della natura quale risulterebbe da un’indagine che si
    fermasse agli immediati dati empirici (per simplicem enumerationem).
    Il Novum Organum costituisce la nuova logica della scienza della
    natura. A differenza della logica «volgare» o dialettica, quella
    nuova deve insegnare a trovare non ragionamenti probabili, ma res et
    opera (cioè invenzioni, applicazioni pratiche), perciò non adopera
    il sillogismo, che serve soltanto nelle discussioni per ottenere il
    consenso, ma l’induzione. 
    
    La parte positiva del Novum Organum (pars construens), cioè la vera
    e propria teoria metodologica, è preceduta da quella negativa o
    polemica (pars destruens), la critica degli «idoli» (ossia delle
    cause di errore), sia innati sia provenienti dall’esterno, da cui
    bisogna purificare la mente. Sono innati gli idola tribus («idoli
    della tribù», i pregiudizi della specie umana), fondati sulla natura
    stessa dell’uomo, che nascono dal fatto che l’uomo pretende di porsi
    come misura di tutte le cose, mentre nelle sue percezioni, sensibili
    o intellettuali, ha delle cose rappresentazioni non oggettive, ma
    soggettive. Poi vengono gli idola specus («idoli della spelonca»,
    con riferimento al mito platonico della caverna, ossia quelli propri
    dell’individuo singolo), dei quali fa parte l’eccessivo ossequio per
    l’antichità; per B. veritas temporis filia dicitur e i veri antichi
    sono i moderni perché posseggono maggiore ricchezza di esperienza e
    più matura riflessione: «La scienza si deve derivare dalla luce
    della natura, non dall’oscurità dell’antichità». Vi sono poi gli
    errori che vengono dall’esterno: gli idola fori («idoli del
    mercato»), provenienti dalle relazioni sociali, e gli idola theatri
    («idoli del teatro»), prodotti dalle dottrine filosofiche e dai
    processi dimostrativi difettosi; le filosofie finora elaborate sono
    tante rappresentazioni teatrali che hanno creato mondi fantastici. 
    
    Alla parte polemica del nuovo metodo segue quella positiva, l’arte
    d’interpretare la natura, divisa in due sezioni: la contemplativa o
    teorica, che insegna a salire dall’esperienza a proposizioni
    generali (o assiomi), e l’operativa o pratica, che insegna a
    discendere da esse a nuove applicazioni. La prima comprende la
    trattazione degli aiuti (ministrationes) che si debbono dare al
    senso, alla memoria e all’intelletto. Punto di partenza è
    l’osservazione della natura, che deve essere accurata e circospetta
    («non di ali ha bisogno il nostro spirito, ma di suole di piombo»);
    vengono poi gli ausili della memoria, che risiedono nella scrittura,
    ma soprattutto nelle tavole di scoperta in cui il materiale empirico
    deve essere organizzato, e cioè la tabula presentiae (in cui sono
    raccolti i casi in cui il fenomeno studiato si presenta), la tabula
    absentiae (che include i casi in cui, pur in presenza di condizioni
    simili, è assente) e la tabula graduum (che registra l’aumento o
    diminuzione di intensità del fenomeno). Si procede quindi alla
    vendemmia: raccolti i dati, si formula un’ipotesi interpretativa.
    Per giungere a conclusioni necessarie il procedimento induttivo non
    può limitarsi a considerare solo i casi positivi (come si fa di
    solito), ma deve avvalersi anche dei negativi per scartare le
    possibili soluzioni errate. Spesso, a questo proposito, B. insiste
    sulla necessità di fare uso di un procedimento sperimentale attivo
    con cui lo scienziato, per verificare un’ipotesi, modifica il corso
    abituale della realtà: i sensi si limitano a constatare i fatti,
    mentre l’esperimento predeterminato dall’intelletto, ossia
    l’intelletto stesso che lo ha concepito per raggiungere i suoi fini
    scientifici, dà un giudizio sulla natura e sulle cause dei fatti
    stessi.
    
    Il progresso delle scienze e la Nuova Atlantide. 
    
    Nella piena consapevolezza di vivere in un’epoca di svolta e di
    riforma del sapere, B. non solo attacca la cultura antica (la
    filosofia di Aristotele è sofistica e quella di Platone è mista a
    teologia e poesia), ma soprattutto si richiama alle arti meccaniche:
    i grandi cambiamenti in questo campo dimostrano che il sapere è
    suscettibile di crescita. Per B. il progresso del sapere ha come
    immediata conseguenza l’aumento del potere dell’uomo sulla natura al
    fine di realizzare migliori condizioni di vita. Egli è quindi
    portatore di una visione ottimistica della crescita delle conoscenze
    positive e dell’avvento di un nuovo mondo, caratterizzato dallo
    studio della natura e dalla collaborazione tra gli scienziati.
    Questi temi trovano una loro esposizione programmatica nella New
      Atlantis (composta forse nel 1621, edita post. nel 1627; trad.
    it. Nuova Atlantide), utopia pansofica in cui la descrizione
    dell’ideale «Casa di Salomone» si presenta come raffigurazione di
    quella nuova organizzazione dei saperi e del mondo della cultura che
    B. andava proponendo ai suoi contemporanei.
    
    
    Storia della Scienza (2012)
    
    di Marta Fattori
    
    Capitolo XVI
    
    FRANCIS BACON
    
    Francis Bacon nacque a Londra il 22 gennaio 1561 da Sir Nicholas e
    Lady Ann Cook, due alti rappresentanti, per rango e per cultura,
    della classe politica Tudor. Dal 1573 studiò al Trinity College di
    Cambridge e nel 1576 fu ammesso al Gray's Inn, uno dei cinque Inns
    of Court di Londra. Dal 1576 al 1579 seguì a Parigi Sir Amias
    Paulet, ambasciatore in Francia. Costretto a rientrare a Londra in
    seguito alla morte del padre, continuò gli studi giuridici e si
    avviò alla carriera politica. Nel 1581 fu eletto alla Camera dei
    Comuni, nel 1603 fu insignito del titolo di cavaliere da Giacomo I,
    cui seguirono le nomine di General Solicitor nel 1607, di
    procuratore generale nel 1613 e di consigliere privato della Corona
    nel 1616. Nel 1617 divenne guardasigilli, carica che l'anno seguente
    fu trasformata in quella di lord cancelliere. Accusato nel 1621 di
    corruzione, fu costretto ad abbandonare la vita politica. Negli
    ultimi cinque anni prima della morte (avvenuta il 9 aprile 1626)
    approfittò della involontaria libertà dagli incarichi politici e si
    dedicò interamente a una vasta produzione di opere filosofiche.
    
    La filosofia di Bacon fu totalmente originale, nella sua
    articolazione e nella coerenza degli intenti. Il grande progetto
    della Instauratio magna era il filo conduttore di una totale
    rifondazione delle scienze, della filosofia (intesa come filosofia
    naturale), del diritto, e quindi delle istituzioni in generale. Il
    suo imponente disegno era basato sulla conoscenza: la conoscenza,
    afferma Bacon fin dal 1597 in una famosa metafora, è potere ("nam et
    ipsa scientia potestas est") e abbraccia l'intero campo dello
    scibile umano: la storia, la filosofia, la politica, la
    giurisprudenza e la scienza. Lungi dall'essere un elemento
    accessorio, il metodo riveste subito un ruolo centrale per il
    filosofo inglese. Il nuovo metodo, quello dell''interpretazione
    della Natura', che si svolge a partire 'dalle cose stesse' e 'nei
    debiti modi', dovrà sostituire quello vecchio, prematuro e temerario
    (res temeraria et praematura), che portava ad 'anticipazioni della
    Natura'. Questo nuovo metodo, basato sulla critica di quelli
    precedenti (la pura empiria, la 'mano nuda', o viceversa
    l'astrazione e il dogmatismo, l'intelletto abbandonato a sé stesso)
    e sull'interpretatio naturae, con i dovuti aiuti e strumenti,
    permetterà all'uomo di farsi 'ministro' e 'interprete della Natura'.
    
    Bacon ha in comune con i più autorevoli rappresentanti della
    tradizione razionalistica l'esigenza dell'expurgatio di tutte le
    acquisizioni precedenti del sapere, come momento primo e necessario
    del processo della ricerca. Della Natura, sostiene, si sono occupati
    gli empirici (il meccanico, il matematico, il medico, l'alchimista,
    il mago) non i filosofi, e hanno ottenuto scarni risultati perché lo
    hanno fatto per scopi pratici e non in vista della conoscenza. Il
    senso è per sua natura aberrans, cioè da solo porta agli errori; le
    scienze non hanno prodotto opere e le scoperte che sono state fatte
    sono dovute al caso e all'empiria, ed è per questo che le scienze
    non sono altro che riordinamenti di cognizioni precedenti, non modi
    di ricercare e indicazioni di nuove opere. Senso e intelletto sono
    ugualmente impari davanti alle infinite sottigliezze (subtilitates)
    della Natura, ma la logica tradizionale è inutile per la ricerca
    scientifica. Inutile, anzi dannoso, è soprattutto il sillogismo. Nel
    Novum organum (1620), sottoponendo il caposaldo della logica
    aristotelica a una critica definitiva, Bacon afferma: "Il sillogismo
    non si applica ai principî della scienza e si applica inutilmente
    agli assiomi medi: è uno strumento incapace di penetrare nelle
    profondità della Natura. Esso costringe il nostro assenso, non la
    realtà" (Opere filosofiche, I, p. 51).
    
    La critica al sillogismo aristotelico ha il suo fondamento nella
    critica al consensus gentium: Bacon sviluppa in tutta l'opera
    l'argomento della critica all'Antichità, fino a giungere al
    ribaltamento del rapporto tra Antichi e Moderni (giovani e puerili i
    primi, maturi e più sapienti i secondi), dal momento che il solo
    grande autore di tutti gli autori è il tempo. Questa riflessione
    baconiana, assai nota, sarà spesso ripetuta nei secoli successivi,
    senza alcun riferimento all'autore, a cominciare da Descartes. Tale
    rapporto ribaltato tra Antichità e Modernità si ritrova anche nella
    New Atlantis, l'opera pubblicata nel 1626, pochi mesi dopo la morte
    dell'autore, insieme alla Sylva sylvarum, in cui, parlando
    dell'America, Bacon giustifica e spiega l'incultura del popolo
    americano ("popolo semplice e selvaggio"), con il fatto che esso
    sarebbe 'nuovo e recente'. Vittima prima della violenta e ironica
    distruzione dell'ipse dixit è, nella Redargutio philosophiarum,
    proprio Aristotele: "Anche se Aristotele fosse veramente quel
    grand'uomo che si crede, io non potrei certo consigliarvi di
    accogliere come oracoli i pensieri e le opinioni [cogitata et
    placita] di un sol uomo. Che cos'è mai, o figli, questa volontaria
    servitù? Siete di tanto inferiori ai seguaci di quel monaco pagano?
    Quelli cessarono di affermare ipse dixit dopo sette anni, e voi
    continuate a farlo dopo duemila anni?" (Scritti filosofici, p. 417).
    
    Come avverrà poi per Descartes, Bacon identifica quindi in una
    radicale expurgatio di tutto il sapere, individuale e collettivo, il
    momento prioritario, ineludibile e necessario per iniziare la
    ricerca della verità ab imis fundamentis. Non fu facile proporre una
    nuova riforma generale degli studi, delle scienze e della filosofia,
    senza alcun riguardo per la vetustà, per l'antichità e per
    l'autorità: nei Cogitata et visa, lo scritto redatto verso il 1607 e
    mai pubblicato in vita, la disperazione di Bacon appare totale
    sicché le colonne d'Ercole, che nel frontespizio dell'Instauratio
    magna sigillano la metafora del progresso delle scienze, sono
    sentite come fisse e quasi fatali, in contrapposizione al versetto
    biblico di quello stesso frontespizio "Multi pertransibunt et
    augebitur scientia" (Daniele, XII, 4). Il filosofo, nel porsi il
    fine di costruire un 'nuovo' organo, coglie quanto sia faticosa e
    solitaria la missione che si è assegnata. L'osservazione costante
    dei fenomeni della Natura e il fare l''autopsia' e l''anatomia'
    degli stessi ‒ per usare due termini che, risultato del grande
    progresso della medicina, indicano contemporaneamente gli aspetti
    centrali del nuovo metodo ‒ divengono un abito mentale che porta
    alla costruzione di un nuovo statuto epistemologico. Nel costituirsi
    della scienza moderna in Europa il ruolo svolto dalla medicina e
    dalle scienze chimiche è fondamentale e impropriamente subordinato
    alla rivoluzione astronomica e matematica, spesso assunta a unico
    parametro della Rivoluzione scientifica. La expurgatio del sapere
    precedente avviene attraverso la confutazione delle dottrine antiche
    e moderne, quella dei pregiudizi individuali attraverso la dottrina
    degli idoli. La confutazione delle dottrine e dei metodi si conclude
    con il famosissimo paragone delle api, delle formiche e dei ragni,
    che costituisce, nel proporre la ratio media delle api, la metafora
    della nuova logica baconiana.
    
    Tutta la filosofia è suddivisa da Bacon in tre grandi filoni, che
    costituiscono le radici stesse della causa dell'arresto delle
    scienze e della speculazione: filosofia sofistica, superstiziosa ed
    empirica. Esempio del primo tipo è Aristotele che ha corrotto con la
    sua dialettica la filosofia naturale, del secondo Platone, del terzo
    i filosofi empirici che hanno prodotto 'mostruose' dottrine ricavate
    in modo superficiale da una base angusta di dati e da pochi e oscuri
    esperimenti. Bacon non concede possibilità di appello a quegli
    empiristi che, nel Temporis partus masculus, operetta non finita
    degli anni 1602-1603 e pubblicata postuma, aveva definito 'corifei
    dell'esperienza', ancor più colpevoli per averla oltretutto
    distorta. L'esempio più insigne è rappresentato dagli alchimisti, in
    particolare da Paracelso e, fra i contemporanei, da William Gilbert
    che nel 1600 aveva pubblicato il De magnete. La confutazione delle
    filosofie antiche e moderne ‒ Patrizi, Telesio e Campanella sono
    accusati di aver fondato una filosofia 'pastorale' ‒ con lievi
    sfumature e accentuazioni di tono, appare costante in tutta l'opera
    baconiana e priva di significativi mutamenti, se non nella forma, a
    partire dal primo attacco presente in The praise of knowledge, uno
    dei cinque discorsi pronunciati nel 1592 in occasione delle
    celebrazioni per il compleanno della regina Elisabetta I, fino al
    Novum organum e al De dignitate et augmentis scientiarum.
    
    Nei primi anni del XVII sec., Bacon redasse alcuni scritti brevi e
    spesso incompleti di filosofia naturale, che prepararono la via per
    l'esposizione su larga scala delle idee più tardi esposte nella
    Instauratio magna, il colossale progetto mai finito (e impossibile
    da portare a termine) descritto nel prospetto premesso alla prima
    edizione del Novum organum che ne costituiva la seconda parte. Il
    progetto dell'Instauratio magna era ripartito in sei sezioni: la
    prima avrebbe dovuto offrire una descrizione universale del sapere,
    la seconda l'interpretazione della Natura, cioè la nuova logica o
    novum organum, la terza tutti i fenomeni dell'Universo, la quarta i
    precetti della seconda resi operativi, la quinta un provvisorio
    deposito di anticipazioni, risolte le quali si sarebbe potuto
    passare alla sesta parte e cioè alla vera filosofia della Natura.
    Impegnandosi in un lavoro così faticoso, Bacon riconosce che il
    tempo e le forze sono inadeguati e prevede che molte di quelle
    discipline e arti da lui considerate lacunose (desiderata) saranno
    oggetto di tre tipi di critiche: per alcuni tali discipline non
    sarebbero carenti, ma viceversa già giunte alla perfezione; ad altri
    sembreranno mere curiosità e promesse di esilissimi frutti; per
    altri, infine, esse appariranno 'impossibili' da realizzare rispetto
    alle possibilità umane. Il filosofo, nel Libro II del De dignitate
    et augmentis scientiarum, risponde soltanto a quest'ultima critica,
    con parole che diventeranno il simbolo del sistema baconiano,
    riprese e citate nei secoli successivi (fino al Prospectus
    dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert): "Per l'ultima [critica],
    quella dell'impossibilità, dico questo, che si devono ritenere
    possibili a compiersi quelle imprese che possono essere condotte a
    compimento da qualcuno, se non da ciascuno; da molti congiuntamente,
    se non da uno solo; nella successione dei secoli, se non in uno
    stesso periodo; e infine per pubblica cura e ufficio, se non per
    l'opera e l'attività dei privati" (Opere filosofiche, II, p. 86).
    
    La prima parte doveva consistere in una panoramica della conoscenza
    esistente (una Descriptio globi intellectualis, dal titolo di una
    sua opera postuma). Il fine di Bacon era quello di individuare le
    carenze di ogni parte della conoscenza, sia indicando le direzioni
    che altri avrebbero seguito, sia scrivendo egli stesso opere che
    dovevano colmare tali desiderata. Le finalità della prima parte
    furono indicate nel De dignitate et augmentis scientiarum (1623),
    versione latina rivista e ampliata della perorazione sulla dignità
    delle scienze presentata nell'Advancement of learning (1605). Bacon
    non voleva costruire una summa enciclopedica del sapere (progetto
    condiviso da molti eruditi del Rinascimento), viceversa intendeva
    fornire un'antienciclopedia dedicata all'idea che la conoscenza
    fosse un organismo in continua crescita. Per Bacon l'assunto che la
    conoscenza potesse e dovesse incrementarsi era assolutamente
    fondamentale. La classificazione del sapere che egli stabilisce dà
    un peso fino ad allora mai conferito alla storia in generale, alla
    storia naturale in particolare e, all'interno di questa, alla storia
    delle arti meccaniche. Centrale è l'idea che i dati derivati dalle
    arti meccaniche possano aiutare sia a garantire la solidità della
    scienza sia a costruire un'idea di progresso. Nessuno aveva espresso
    questa idea con maggior forza: non erano la guerra, l'influenza
    delle stelle, la nascita e la caduta dei regni e delle religioni a
    costruire la storia, ma i mutamenti tecnologici. La non
    contrapposizione fra arti liberali e arti meccaniche, e
    l'inserimento di queste ultime a pieno titolo nella classificazione
    proposta nascono dal superamento della tradizionale dottrina secondo
    la quale le cose artificiali e le cose naturali sono diverse per la
    loro essenza e, inoltre, dalla consapevolezza che l'esperienza, sia
    essa literata (arti liberali) o erratica (arti meccaniche), può
    assolvere al suo unico compito di essere la base per una nuova
    rinascita del sapere naturale e sperimentale soltanto se potrà
    essere classificata, schedata, ricondotta a tabulae che siano di
    aiuto ai sensi, all'intelletto e alla memoria. Il Libro II, presenta
    nel secondo capitolo, in forma ampliata, la tripartizione delle
    scienze basata sulla tripartizione dell'anima umana ‒ senso,
    fantasia, ragione ‒ già proposta nell'Advancement of learning, ma
    analizza anche la funzione delle tre facoltà. Il ricorso alla
    facoltà dell'intellectus come momento unificante della
    classificazione del sapere permette inoltre a Bacon di porre anche
    la teologia (che è storia divina) sullo stesso piano delle altre
    scienze, giacché l'intelletto umano è unico e identici sono i suoi
    circuiti. Per questo la poesia parabolica, una delle tre
    classificazioni in cui è suddivisa la poesia, è anche strumento
    della teologia rivelata (per es., attraverso le parabole) in quanto
    permette al divino di essere decodificato dall'uomo. Si amplia qui
    il discorso sulla poesia parabolica già sviluppato nel De sapientia
    veterum: mentre però nella fortunata opera del 1609 il filosofo
    aveva scelto le favole per rendere pubbliche (sotto il velum del
    genere mitografico) le sue concezioni di filosofia naturale, nel De
    dignitate et augmentis scientiarum, ampliando e sviluppando gli
    aspetti dottrinali e teorici, la poesia parabolica acquista un
    valore fortemente conoscitivo e dunque uno statuto definitivo nella
    classificazione delle scienze.
    
    I mezzi attraverso i quali è possibile realizzare queste ambiziose
    speranze costituiscono la seconda parte della Instauratio, cioè il
    Novum organum, opera incompleta, pubblicata in due libri nel 1620,
    che procede per aforismi. Il fine principale della logica, che si
    qualifica come nuova rispetto all'Organon aristotelico anche nel
    titolo, è allargare il dominio dell'uomo per fondare il regnum
    hominis, del quale l'uomo possa diventare 'ministro e interprete'
    (minister et interpres). Nel Libro I si trovano: una serrata critica
    alla logica tradizionale, alle cattive dimostrazioni e alle
    dottrine; l'elencazione dei segni o prove degli errori, delle loro
    cause e dell'arresto del sapere; le ragioni di speranza per ridare
    dignità e possibilità di progresso alle scienze e, soprattutto, la
    dottrina degli idola (illusioni, fallacies nelle opere inglesi) che
    esamina in quale modo operano e si acquisiscono i vizi della mente.
    Bacon ne descrive quattro: idoli della tribù (idola tribus), idoli
    della spelonca (idola specus), idoli del foro (idola fori), idoli
    del teatro (idola theatri). Gli idoli, innati o avventizi, sono
    fondati sulla natura stessa dell'uomo come genere e come individuo,
    oppure si insinuano dall'esterno.
    
    Tavola 1
    
    Del primo tipo sono gli idoli della tribù, tutte le illusioni
    generate dalla innata debolezza del senso e della mente. Con
    evidente riferimento al mito della caverna di Platone, gli idola
    della spelonca sono quelli propri dell'individuo singolo, che
    derivano dall'indole, dall'educazione e dalla vita sociale. Fra i
    pregiudizi acquisiti, quelli del teatro provengono dall'esterno
    (immigrarunt), dai dogmi dei filosofi e delle dottrine; sono più
    facili da emendare e Bacon si propone di estirparli radicalmente. I
    più tenaci e pericolosi (molestissima) sono quelli del foro,
    insinuatisi nell'intelletto attraverso un patto tra le parole e i
    nomi (ex foedere verborum et nominum); l'uomo presume di poterli
    dominare con l'intelletto, viceversa le parole ritorcono e
    riflettono sull'intelletto la loro forza, e vincono. L'attenzione al
    problema del linguaggio è costante nel filosofo inglese: la
    purificazione del linguaggio non appartiene alla retorica, ma trova
    il suo fondamento nella vera induzione ed è, contemporaneamente, il
    fondamento di questa. Per tale motivo anche parole equivoche ‒ come
    metafisica, forma, magia, alchimia ‒ quando il loro nome sarà stato
    purificato (perpurgato nomine) indicheranno con un termine antico
    realtà nuove (e vere). La liberazione dagli idoli, che diventa un
    procedimento prioritario per poter accedere al metodo, è ciò che
    distingue l'induzione 'fino allora in uso', che procede per
    'semplice enumerazione', una semplice raccolta di fenomeni, da
    quella legitima e vera proposta da Bacon. Gli ultimi aforismi della
    prima parte del Novum organum capovolgono tutte le critiche fino ad
    allora rigorosamente condotte: agli esperimenti meccanici, portatori
    di frutto (fructifera), cioè utili, ma di un'utilità rapsodica e
    incapace di costruire la vera scala degli assiomi, saranno
    contrapposti gli esperimenti lucifera, cioè apportatori di luce, che
    hanno la meravigliosa virtù di non ingannare e di non deludere mai,
    poiché, essendo stati eseguiti con metodo, possono essere ripetuti e
    tramandati.
    
    Il Libro II del Novum organum è un esempio della nuova via per
    generare le nuove scienze ‒ Bacon indica il metodo con il termine
    via o con il sintagma di origine ciceroniana via ac ratio ‒ e
    procede dall'applicazione del procedimento induttivo ai dati della
    storia naturale per raggiungere gradualmente e progressivamente gli
    assiomi più generali.
    
    Nel Libro I Bacon aveva delimitato il regnum hominis entro il quale
    l'uomo agisce e conosce, naturalmente se ottempera ai necessari
    graduali momenti del processo metodologico: liberazione dai
    pregiudizi, necessità di dare aiuti al senso e all'intelletto,
    realizzazione di un commercium tra il campo operativo e quello
    conoscitivo. Nel primo aforisma del Libro II è precisato che cosa
    l'uomo 'può' e che cosa 'sa': introdurre (superinducere) nature
    nuove sopra un dato corpo, operazione resa possibile dalla 'scoperta
    delle forme' (inventio formarum). La filosofia naturale procede
    dalla fisica alla metafisica, e queste due scienze si differenziano
    per le 'cause' delle quali si occupano. La fisica tratta la causa
    materiale e quella efficiente; la metafisica la causa formale e
    quella finale. Qui Bacon, ancora una volta, si appropria della
    terminologia aristotelica usandola in funzione antiaristotelica; in
    relazione alla metafisica, si occupa solo della causa formale,
    avendo bandito quella finale dalla filosofia della Natura.
    
    Nel Libro II Bacon presenta il metodo induttivo, la scansione dei
    momenti scalari dell'induzione 'vera e legittima' e un esempio del
    suo uso attraverso la discussione della forma del caldo. La dottrina
    della forma proposta occupa una posizione intermedia tra la
    tradizione aristotelica e la dottrina corpuscolare atomistica,
    rifiutate entrambe, la prima perché fondata sull'assioma di una
    materia inerte dalla quale 'scaturisce' una forma in modo, secondo
    Bacon, misterioso, la seconda perché la materia non è riducibile e
    scomponibile fino agli atomi, o ai minima, o alle particelle ultime.
    La teoria della forma presuppone la concezione baconiana della
    materia, con l'opposizione tra corpi tangibili e pneumatici e la
    teoria della plica materiae, che prevede un cambiamento continuo ‒
    di aumento, diminuzione, spostamento e contrazione ‒ degli
    'spiriti'. Per comprendere la dottrina della forma, e per coglierne
    la specificità ‒ rispetto sia alle precedenti concezioni
    aristotelico-scolastiche, sia a quelle atomistiche ‒ è necessario
    presupporre un pari statuto di dignità tra cose naturali e cose
    artificiali. Nel De dignitate et augmentis scientiarum Bacon
    afferma: "Gli uomini dovrebbero sempre tener presente questo, che le
    cose artificiali non differiscono da quelle naturali secondo la
    forma o l'essenza, ma solo secondo la causa efficiente; e poiché
    all'uomo non è dato alcun potere sulla Natura eccetto quello di
    valersi del movimento per avvicinare e allontanare i corpi naturali;
    quando si tratta di avvicinare e allontanare i corpi naturali,
    congiungendo le cose attive con quelle passive (come si dice),
    l'uomo può tutto; in caso contrario non può nulla. E non importa,
    quando le cose sono disposte a produrre qualche effetto se ciò
    avviene per opera dell'uomo o senza l'uomo" (Opere filosofiche, II,
    p. 90).
    
    La prima parte del Libro II si conclude con la celebre ricerca della
    forma del caldo, attraverso l'applicazione delle tre tavole della
    presenza, dell'assenza e dei gradi. Il testo restante è dedicato a
    una minuziosa analisi delle 'istanze prerogative', una discussione
    che mette in atto implicitamente una riserva di materiali di
    filosofia della Natura accumulati da Bacon ed esplicitamente procede
    a un'analisi di classificazione di dati che hanno valore nella
    ricerca di filosofia naturale. Questa analisi è importante da un
    punto di vista storico soprattutto per la sua originale trattazione
    della teoria dell'esperimento e, in particolare, della teoria
    dell'esperimento cruciale (experimentum crucis). Il metodo
    s'interrompe dopo la descrizione delle istanze prerogative.
    
    La terza parte dell'Instauratio è riservata alla storia naturale,
    non intesa secondo la tradizione rinascimentale di una storia
    naturale letteraria ed erudita. Secondo Bacon, la historia naturalis
    costituiva la base su cui costruire le nuove scienze e doveva essere
    pensata e realizzata in termini funzionali, cioè come una raccolta
    ragionata. Secondo la classificazione baconiana delle facoltà
    conoscitive dell'uomo, essa corrispondeva, all'interno del progetto
    dell'Instauratio, alla facoltà della memoria. In questa funzione
    prioritaria per la filosofia prima, Bacon individua tutto il
    distacco dalle storie naturali tramandate dall'Antichità, da
    Aristotele, Teofrasto, Dioscuride, Plinio, e a maggior ragione dai
    Moderni, che mai si sono posti nemmeno larvatamente il problema
    teorico di attribuire alla storia naturale questo fine primario.
    
    Convinto che l'idea della storia naturale sarebbe stata
    sottovalutata dai successori, Bacon decise di preparare sei
    rappresentazioni imperfette di un modello che sperava sarebbe stato
    raggiunto dalle generazioni future. Se il Novum organum si
    confrontava, rifondandolo, con l'Organon aristotelico, la Historia
    naturalis et experimentalis, nell'aggiungere nel titolo e nel
    progetto l'aggettivo experimentalis, voleva confrontarsi con la
    Naturalis historia di Plinio e rifondarla. Nel 1622 Bacon pubblicò
    un volume intitolato Historia naturalis et experimentalis ad
    condendam philosophiam sive phaenomena universi, preceduto
    dall'elenco dei titoli delle sei historiae.
    
    Tavola 2
    
    Egli infatti prevedeva la storia dei venti; la storia del denso e
    del raro, della contrazione e dell'espansione, della materia nello
    spazio; la storia del pesante e del leggero; la storia della
    simpatia e dell'antipatia delle cose; la storia dello zolfo, del
    mercurio e del sale; la storia della vita e della morte. La prima ad
    essere pubblicata fu la Historia ventorum, nel 1622; la seconda, la
    Historia vitae et mortis, nel 1623; la terza, l'incompiuta Historia
    densi et rari, fu pubblicata postuma dal suo segretario William
    Rawley nel 1658. Significativamente, il filosofo precisa che propone
    anche le 'opere' e le 'cose impossibili', o almeno non ancora
    scoperte, e che spesso sarà costretto a fermarsi alla sola
    indicazione degli esperimenti e delle storie, dato che "seguiamo
    questa via per la prima volta".
    
    La Sylva sylvarum (1626, talora per errore datata 1627), pubblicata
    postuma da William Rawley, non faceva parte del progetto delle
    storie naturali. Oltre a essere scritta in inglese, infatti, non è
    una storia individuale: in essa il filosofo aveva accumulato una
    miscellanea di mille esperimenti, tratti da libri o da esperienze
    personali, suddivisi talora in modo arbitrario in dieci centurie.
    Nell'opera il termine experiment ha significati polivalenti, secondo
    l'uso rinascimentale; la Sylva ebbe una fortuna incredibile ‒ dovuta
    forse anche all'uso del volgare ‒ perché insieme a essa fu
    pubblicata l'incompiuta New Atlantis, l'operetta considerata il
    modello della Royal Society.
    
    La quarta parte dell'Instauratio avrebbe dovuto presentare una
    varietà di esempi dei suoi precetti (exempla inquirendi et
    inveniendi), proposti con il metodo nuovo, e mostrare al lettore
    come si dovesse realizzare la ricerca condotta secondo le linee
    indicate nella seconda e terza parte. Ma Bacon, salvo alcuni schizzi
    preliminari, scrisse solo l'introduzione.
    
    La quinta parte, provvisoria, doveva essere costituita da quanto
    scoperto o verificato o aggiunto, anche al di fuori dei metodi e
    delle regole dell'interpretazione: le esecrate anticipazioni
    aristoteliche diventano qui le congetture probabili e verosimili, da
    sottoporre a verifica. La sesta e ultima parte dell'opera avrebbe
    dovuto contenere quella filosofia desunta da un metodo di ricerca
    puro e severo (inquisitio legitima et casta). Entrambe queste parti
    ebbero lo stesso destino: il filosofo infatti era consapevole che
    non sarebbe mai vissuto abbastanza per vederne la realizzazione.
    
    Tra le numerose opere di Bacon pubblicate postume sono da ricordare
    i Cogitata et visa de interpretatione naturae, sive de scientia
    operativa, un testo costituito da diciannove aforismi, espressi in
    terza persona, sulla filosofia naturale.
    
    La datazione dell'opera, pubblicata anch'essa postuma da Rawley nel
    1653, si può ricavare dalla risposta di Thomas Bodley (19 febbraio
    1607) alla lettera con cui Bacon aveva accompagnato il manoscritto
    inviato. Tale risposta è articolata e complessa e può spiegare anche
    la prudenza del filosofo inglese nel dare alle stampe i suoi
    progetti sulla filosofia naturale. Bodley si mostra ammirato, ma
    percepisce come pericoloso il violento e intemperante atteggiamento
    critico del filosofo, il rifiuto totale (e ironico) di tutto il
    sapere fino ad allora acquisito. La lettera si chiude con un
    giudizio che fu sentito da Bacon come una condanna. Forse la
    mancanza dell'appoggio accademico e istituzionale convinse il
    filosofo inglese a stringere i tempi per la pubblicazione del De
    sapientia veterum (1609), un'opera meno 'nuova' nella forma, ma
    altrettanto precisa nel contenuto.
    
    Volutamente, in una storia della scienza, sono stati omessi i
    riferimenti alla, pur importante qualitativamente e
    quantitativamente, produzione letteraria e giuridica, a cominciare
    dalle tre edizioni degli Essayes (1597, 1612, 1625) fino alle opere
    storiche. Eppure vi si troverebbero non pochi riferimenti alle
    teorie filosofiche e scientifiche. Il filo conduttore di tutta
    l'opera di Bacon, e anche la sua indubbia modernità, è l'attenzione
    agli aspetti psicologici del ricercatore. La conoscenza di sé
    stessi, l'esplorazione delle proprie passioni, l'individuazione
    degli errori insiti nella natura umana, la conoscenza dell'uomo,
    insomma, appaiono prioritarie per affrontare i confini posti dalle
    'colonne d'Ercole'. Per vincere la paura e affrontare l'ignoto è
    importante acquisire il senso dei propri limiti (terminus),
    conoscere le fondamenta sulle quali, e non oltre le quali (ultra has
    bases), appoggiare e costruire gli strumenti della conoscenza, per
    evitare infruttuosi scambi della realtà con le parole (res cum
    verbis), della ragione con la follia (rationem cum insania), infine
    del mondo (reale) con la favola (mundum cum fabula). In questa
    prospettiva i vari e vasti interessi baconiani appaiono tra loro
    intrecciati, intersecantisi, sovrapponibili, rispetto al fine
    intravisto di abbattere per ricostruire ogni falsa distinzione
    presente nelle cose umane e naturali, risultato dannoso e
    inquietante di un secolare e volgare scambio di piani attraverso la
    confusione nell'uso e nel significato delle parole.
    
    L'impatto del progetto baconiano sulla cultura europea del XVII sec.
    fu notevole. All'inizio la sua fortuna raggiunse livelli più alti in
    Europa che in Inghilterra: in Francia e nei Paesi Bassi, Bacon fu
    molto conosciuto fin dai primi anni Venti, e non solo per il Novum
    organum e il De dignitate et augmentis scientiarum, ma anche per le
    opere di filosofia naturale come la Historia ventorum e la Historia
    vitae et mortis: né è da sottovalutare la diffusione degli Essayes
    (quasi subito tradotti nelle differenti lingue vernacolari) e del De
    sapientia veterum. In Francia non solo Pierre Gassendi,
    Nicolas-Claude Fabri de Peiresc e Marin Mersenne, ma tutto
    l'ambiente libertino che convergeva intorno ai fratelli Dupuy aveva
    una conoscenza delle opere edite e perfino manoscritte di Bacon: gli
    ultimi studi permettono di sottolineare anche un'influenza del
    filosofo inglese su Descartes. In Olanda Constantijn Huygens e Isaac
    Beeckman sono stati fra i suoi primi lettori, come aveva già
    indicato nel 1984 Paul Dibon, aprendo la strada ad approfondimenti
    più recenti. Tuttavia intorno alla metà del XVII sec., in
    Inghilterra, il baconismo, legato al progetto della Instauratio
    magna, influenzò filosoficamente e scientificamente i singoli
    studiosi e divenne il filo conduttore dei nuovi progetti
    istituzionali e scientifici, tanto che l'istruzione, nel 1662, della
    più importante accademia scientifica non solo inglese, ma europea,
    la Royal Society, fu compiuta nel nome di Bacon. Fra i propagatori
    della fama di Bacon vanno annoverati Comenio (Jan Amos Komenský),
    John Dury e Samuel Hartlib.
    
    Negli ultimi decenni gli studi di Graham Rees ‒ che hanno portato
    alla pubblicazione dei primi volumi della nuova edizione critica di
    tutte le opere di Bacon a sostituzione della classica edizione
    vittoriana, attraverso un'impostazione storica e filologica ‒ hanno
    profondamente mutato sia le prospettive interpretative sul filosofo
    (quella che in inglese è chiamata la speculative philosophy) sia lo
    studio delle fonti, anche attraverso l'edizione di importanti opere
    inedite.