Enciclopedia delle Scienze Sociali (1997)
  
  di Roberto Scazzieri
  Reddito 
  
  sommario: 1. Introduzione. 2. Reddito e
    ricchezza. 3. Revenue e treasure nell'analisi dei mercantilisti. 4.
    Ricchezze artificiali, treasure e attività produttive. 5.
    Dalla contabilità della ricchezza alla contabilità del
    reddito: aritmetici politici e fisiocrati. 6. Il lavoro e la teoria
    classica del reddito. 7. Prodotto netto e formazione dei redditi:
    Storch e Ricardo. 8. La teoria classica del reddito: alcuni
    caratteri generali. 9. Critiche alla concezione classica e origini
    della teoria soggettiva dei redditi. 10. Reddito atteso e valore
    capitale: il contributo di Irving Fisher all'analisi del reddito
    individuale e sociale. 11. Reddito netto e capitale produttivo: alle
    origini della moderna contabilità nazionale e sociale. 12.
    Investimenti, consumi e struttura del reddito: contributi
    all'analisi macroeconomica di occupazione e capacità
    produttiva. 13. Reddito sostenibile, istituzioni e 'capitale
    naturale'. □ Bibliografia. 
    
    1. Introduzione
    
Il concetto di reddito richiama un insieme di relazioni e processi
    di rilievo fondamentale per l'analisi dei sistemi economici, sia sul
    piano statico (caratteristiche del sistema economico e delle sue
    componenti a un dato istante) sia sul piano dinamico
    (caratteristiche dei comportamenti seguiti dal sistema economico, o
    da sue componenti, lungo un determinato arco di tempo, e
    proprietà delle trasformazioni strutturali introdotte).
L'analisi economica del reddito fa riferimento in primo luogo alla
    dimensione del potere d'acquisto (su beni e servizi) di singoli
    individui, gruppi sociali e sistemi economici complessivi. La
    possibilità di disporre (in termini generali) di beni e
    servizi, senza che sia specificata la composizione merceologica del
    paniere di beni (e servizi) così disponibili, è una
    caratteristica essenziale del concetto di reddito e ne costituisce
    un aspetto distintivo rispetto al concetto di ricchezza, che
    può anche essere riferito a collezioni di oggetti specificati
    in termini fisici.Il reddito (potere d'acquisto) generato in un
    sistema economico può essere destinato dai singoli (o dalle
    famiglie) al consumo oppure al risparmio. Tuttavia non tutto il
    reddito sottratto al consumo degli individui (o delle famiglie)
    è trasferito a un periodo successivo: in molti casi decisioni
    individuali di risparmio hanno l'effetto di accrescere la domanda
    per beni di investimento e quindi di aumentare la capacità di
    generare reddito in un periodo successivo. Il risparmio individuale
    non coincide necessariamente con il risparmio sociale: infatti
    relazioni interindividuali di credito e debito sono possibili anche
    in un sistema economico in cui il reddito complessivo sia destinato
    per intero all'acquisto di beni di consumo. D'altra parte la spesa
    di reddito per l'acquisto di determinate categorie di beni (come i
    beni capitali) è compatibile con l'astensione individuale dal
    consumo (risparmio individuale).
Il concetto di reddito è strettamente connesso allo studio
    delle relazioni economiche fra individui (distribuzione personale
    del reddito), gruppi o classi sociali (distribuzione funzionale o
    per grandi aggregati sociali), categorie di spesa distinte (consumi
    e investimenti). In particolare, l'analisi del reddito è
    centrale nello studio delle dinamiche interne di un sistema
    economico, quali si esprimono attraverso cambiamenti nel peso
    relativo di settori produttivi e gruppi sociali, così come
    attraverso il passaggio da fasi di espansione a fasi di contrazione
    nei livelli di attività (o viceversa). 
    
    2. Reddito e ricchezza
    
L'evoluzione storica del concetto di reddito suggerisce la sua
    definizione in termini di potere d'acquisto (monetario oppure reale)
    attribuibile a un individuo o a una comunità di individui per
    effetto di entrate effettive oppure virtuali. Tra le entrate
    effettive generatrici di reddito possiamo ricordare i compensi di
    carattere salariale, i profitti e interessi sui fondi di capitale
    investiti, le rendite percepite in seguito a contratti di locazione
    o leasing. Come esempio di entrata virtuale si possono considerare i
    guadagni in conto capitale (capital gains) riferiti a investimenti
    che modificano nel tempo il proprio valore anche in assenza di una
    loro effettiva liquidazione. Il carattere di 'entrata' è
    costitutivo del concetto di reddito, e identifica un suo elemento
    distintivo fondamentale nei confronti del concetto di ricchezza.
    Quest'ultima, infatti, può essere definita come il fondo (o
    patrimonio) di beni (materiali o immateriali) a disposizione di un
    particolare individuo, o comunità di individui, in un
    particolare istante o intervallo temporale. Si potrebbe quindi
    ritenere che la distinzione fra reddito e ricchezza sia fondata, in
    termini generali, sulla distinzione tra flussi e fondi. I flussi
    consentono di accrescere (oppure fanno diminuire) il potere
    d'acquisto di un particolare individuo (o comunità di
    individui) nel corso di un certo intervallo temporale, mentre i
    fondi consentono di identificare il potere d'acquisto goduto a un
    certo momento.
La connessione tra persistenza e cambiamento suggerisce un criterio
    di lettura utile all'esame delle caratteristiche che distinguono il
    potere d'acquisto sotto forma di reddito dal potere d'acquisto sotto
    forma di patrimonio o fondo di ricchezza. A questo proposito vale la
    pena di ricordare che, secondo John Hicks, "lo scopo dei calcoli
    relativi al reddito nella vita pratica è fornire agli
    individui un'indicazione della quantità che essi possono
    consumare senza impoverirsi" (v. Hicks, 1939, p. 172). Questa
    quantità può essere misurata ex post facendola
    coincidere con "il valore del consumo individuale più
    l'incremento nel valore monetario delle aspettative di consumo", e
    quindi con "il consumo più l'accumulazione di capitale"
    (ibid., p. 178). Il carattere obiettivo di tale criterio suggerisce
    a Hicks la possibilità di estendere la precedente definizione
    di reddito all'ambito sociale, cosicché il reddito della
    comunità nel suo complesso risulterà ancora identico
    alla somma di consumo e accumulazione di capitale.In questa
    prospettiva è stato sottolineato che, mentre l'analisi dei
    redditi individuali tende spesso a rivolgere l'attenzione ai
    trasferimenti sostenuti da impegni finanziari, l'analisi del reddito
    sociale considera invece come centrali grandezze e relazioni reali
    (v. Soci, 1990, p. 128). Alcune analogie con la definizione
    hicksiana del reddito si possono trovare nella precedente analisi
    contabile del reddito d'impresa proposta da Gino Zappa, secondo il
    quale il reddito è "l'accrescimento che, in un determinato
    periodo di tempo, il capitale di un'impresa data subisce in
    conseguenza della gestione" (v. Zappa, 1920-1929, p. 225).
    Quest'ultima definizione, tuttavia, insiste sulla precisa natura
    contabile del reddito e sulla conseguenza che "il reddito conseguito
    in un dato periodo di tempo non può [...] rilevarsi che
    quando esso tempo è trascorso, e anche allora solo con quelle
    incertezze che derivano specialmente dalla coordinazione nel tempo
    dei costi e dei ricavi. Mentre un esercizio si svolge non può
    il reddito determinarsi che approssimativamente con conteggi
    extra-contabili, basati più assai che non le rilevazioni
    contabili, su mere previsioni" (ibid., p. 235).
Reddito e ricchezza si configurano così come dimensioni
    distinte di uno stesso processo, in cui il potere d'acquisto
    corrente (reddito) si determina attraverso la redditività (o
    produttività) del potere d'acquisto accumulato (ricchezza),
    mentre la ricchezza può a sua volta variare per effetto di un
    consumo maggiore o minore rispetto a quello compatibile con
    l'ipotesi di potere d'acquisto costante. Come ebbe a osservare
    Gustavo Del Vecchio, "il reddito è la somma di servizi
    disponibili durante un determinato periodo di tempo. Il capitale o
    patrimonio è la somma dei beni economici esistenti in un dato
    momento [...]. Quella ricchezza che noi chiamiamo reddito, quando la
    misuriamo come flusso, è la medesima ricchezza che chiamiamo
    capitale, quando la misuriamo come fondo" (v. Del Vecchio, 1961, pp.
    395-396). 
    
    3. Revenue e treasure nell'analisi dei
      mercantilisti
      
L'analisi economica ha sottolineato di volta in volta l'aspetto di
    flusso oppure di fondo del potere d'acquisto, anche sotto
    l'influenza di circostanze storiche e istituzionali in cui poteva
    emergere l'una o l'altra caratteristica del processo di acquisizione
    dei beni.
Già nel XVII secolo, nel saggio England's treasure by
    forraign trade (pubblicato nel 1664, ma scritto attorno al 1630),
    Thomas Mun aveva analizzato con chiarezza il nesso tra reddito
    (revenue) e ricchezza (treasure, ready money), mettendo in risalto
    l'analogia tra i processi che fanno variare lo stock (ricchezza
    accumulata) di un sistema economico e i processi da cui dipende la
    dinamica dei singoli patrimoni privati: "in questo caso accade allo
    stock di un regno ciò che caratterizza il patrimonio di un
    individuo privato. Si supponga che questo individuo abbia un reddito
    annuale di mille sterline e duemila sterline di moneta disponibile
    nella sua cassaforte. Nel caso che egli, per effetto di eccessi,
    spenda millecinquecento sterline all'anno, tutto il denaro
    disponibile sarà esaurito nel giro di quattro anni; e nello
    stesso periodo di tempo il denaro disponibile sarà
    raddoppiato se avrà invece deciso di comportarsi in modo
    frugale spendendo soltanto cinquecento sterline all'anno" (v. Mun,
    1664, ed. 1933, p. 5). La stessa relazione fra potere d'acquisto
    corrente e potere d'acquisto cumulato (essenzialmente una relazione
    tra flussi e stocks) è individuata da Mun nel caso di un
    sistema economico che scambia beni sui mercati internazionali:
    "Supponiamo che, una volta che questo regno sia fornito in
    abbondanza di tessuti, piombo, stagno, ferro, pesce e altre merci
    locali, noi esportiamo annualmente l'eccedenza a paesi stranieri per
    un valore di ventidue volte centomila sterline; in questo modo
    riusciamo ad acquistare oltremare e importare presso di noi per il
    nostro uso e consumo merci straniere per un valore di venti volte
    centomila sterline. Seguendo con scrupolo questo criterio nel
    condurre il nostro commercio, possiamo essere certi che la ricchezza
    del regno si accrescerà ogni anno di duecentomila sterline,
    che dovranno essere condotte a noi sotto forma di moneta
    disponibile, poiché quella parte del nostro stock che non ci
    viene restituita sotto forma di merci deve necessariamente ritornare
    sotto forma di ricchezza monetaria" (ibid.).
L'interesse di Mun per la contabilità della ricchezza spiega
    il ruolo particolare da lui attribuito alla moneta disponibile
    (treasure), benché non sia trascurata la considerazione dei
    processi reali (piuttosto che monetari) da cui dipende il reddito
    annuale (yearly revenue) e quindi la stessa possibilità di
    accrescere la ricchezza accumulata. In particolare, Mun sottolinea
    il ruolo svolto dalle attività manifatturiere nell'assicurare
    un elevato valore aggiunto per i beni scambiati sui mercati
    internazionali, e quindi nel consentire un consistente incremento
    del treasure: "Se confrontiamo la nostra lana di tosatura con i
    nostri tessuti, che richiedono tosatura, lavatura, cardatura,
    filatura, tessitura, follatura, tintura, guarnizione e altre
    operazioni di finitura, troveremo che queste arti sono più
    profittevoli della ricchezza naturale" (ibid., p. 71). L'attenzione
    per la contabilità della ricchezza (piuttosto che per la
    contabilità del reddito) indirizza l'interesse di Mun verso
    le attività economiche direttamente connesse
    all'accumulazione di treasure e ready money, piuttosto che
    semplicemente alla formazione di revenue. Per questa ragione egli
    attribuisce grande importanza alle eccedenze positive della balance
    of trade e a quelle attività economiche che contribuiscono in
    modo più rilevante alla formazione di valore aggiunto (per
    unità di prodotto), quali appunto le 'arti' o manifatture. 
    
    4. Ricchezze artificiali, treasure e
      attività produttive
      
L'attenzione di Mun per il nesso fra treasure e attività
    produttive (in particolare le manifatture) è condivisa da
    molti altri autori del XVII secolo, fra i quali possiamo ricordare
    almeno Antonio Serra (v., 1613) e sir Josiah Child (v., 1693). Serra
    mette in risalto il nesso fra quantità "d'oro e argento"
    disponibile all'interno di una comunità politica e
    "quantità d'artifici" (cioè di attività
    manifatturiere) che si esercitano in essa: "La quantità
    dell'artifici farà abbondare un regno o città di
    denari, quando in quelli si esercitano più e diversi artifici
    necessari o commodi o dilettevoli all'uso umano in quantità
    grande, che soprabondi al bisogno del paese". Fra le ragioni della
    particolare efficacia delle manifatture nell'accumulazione interna
    di oro e argento (il treasure di Mun), Serra indica la minore
    incertezza del risultato produttivo, i minori costi di transazione
    (soprattutto per effetto della minore deperibilità dei
    manufatti), i costi unitari decrescenti delle attività
    manifatturiere, e (anticipando Mun) la possibilità di
    esportare beni a elevato valore aggiunto per unità di
    prodotto: "Al più delle volte si cava più
    dall'arteficio che dalla robba, come si vede dall'arteficio della
    lana, particolarmente nei panni fini, nell'arteficio de lini, sete,
    armi, pitture, sculture, stampe e tutti altri artefici risguardanti
    drogherie, con altri infiniti" (cit. in Capodaglio, 1970, pp.
    65-67).
Sir Josiah Child condivide l'opinione di Serra sul maggiore
    contributo delle ricchezze artificiali (manufatti) rispetto alle
    ricchezze naturali (prodotti agricoli, materie prime) per
    l'accumulazione interna di treasure, e mette in evidenza la
    necessità di rendere efficace la disponibilità di
    ricchezze naturali attraverso un adeguato impiego di altri fattori
    produttivi. "Qualunque cosa aumenti il valore della terra nelle
    transazioni, accresca la rendita delle fattorie, renda più
    estesa la massa del commercio estero, moltiplichi gli addetti alle
    manifatture all'interno del paese, induca un paese alla
    frugalità, accresca il fondo di popolazione, è
    necessariamente un fattore che procura ricchezza" (v. Child, 1693,
    p. 46). 
    
    5. Dalla contabilità della ricchezza alla
      contabilità del reddito: aritmetici politici e fisiocrati
      
All'analisi del nesso fra revenue e treasure, che è alla base
    dello schema analitico degli autori interessati in primo luogo alla
    balance of trade (i cosiddetti mercantilisti), viene sostituita,
    già con gli aritmetici politici, la considerazione del
    revenue come flusso che può sostenere la spesa corrente di un
    sistema economico indipendentemente dalla ricchezza accumulata che
    ne può derivare. William Petty, in un'opera pubblicata nel
    1691, scrive: "Se il reddito annuo del patrimonio, o ricchezza della
    nazione, è di soli 15 milioni mentre le spese sono di 40,
    consegue che il lavoro della popolazione deve fornire i rimanenti 25
    milioni" (cit. in Capodaglio, 1970, p. 73).
La nuova teoria del reddito che si delinea con i contributi degli
    aritmetici politici (fra i quali William Petty) è
    caratterizzata da un significativo spostamento di attenzione dalla
    contabilità della ricchezza alla contabilità del
    reddito, e quindi dalla considerazione dell'interdipendenza tra
    flussi di beni prodotti e consumati (piuttosto che del nesso tra
    dinamica dei flussi e accumulazione o decumulazione di stocks).
    Questo punto di vista si precisa con le analisi degli economisti
    fisiocratici e classici. Il fisiocrate François Quesnay
    introduce il concetto di "ricchezza annuale" di un sistema
    economico, identificata con un flusso di beni prodotti e riprodotti.
    L'attenzione per il requisito della riproducibilità dei
    flussi di beni consente di precisare il concetto di "prodotto
    netto", che viene identificato con la differenza tra la ricchezza
    annuale prodotta e "le ricchezze necessarie per rimborsarsi delle
    [...] anticipazioni annue e per mantenere le [...] ricchezze di
    esercizio" (v. Quesnay, 1766; tr. it., p. 90).
Il passaggio dalla contabilità della ricchezza alla
    contabilità del reddito è anche il passaggio da una
    concezione che vede il processo di formazione del potere d'acquisto
    come processo che si realizza attraverso relazioni di scambio
    (generazione di potere d'acquisto attraverso il commercio) a una
    concezione che individua l'origine del potere d'acquisto su beni e
    servizi (reddito) nell'ambito della produzione. Nel primo caso si
    presenta il reddito (revenue) come entrata derivante da un cespite
    di cui è necessario assicurare il mantenimento, ma non si
    considera direttamente la struttura dei requisiti (tecnologici o
    istituzionali) che occorre assicurare come condizione perché
    il flusso di reddito possa mantenersi nel tempo (in questo contesto
    l'accumulazione netta di ricchezza è considerata un
    indicatore significativo del soddisfacimento di tali requisiti). Nel
    secondo caso il reddito è identificato con un particolare
    flusso di beni (le "ricchezze annuali") di cui è possibile
    assicurare la riproduzione a condizione che sia possibile
    reintegrare le "anticipazioni annue" e mantenere le "ricchezze di
    esercizio", secondo una precisa struttura di flussi che riflette
    (negli economisti fisiocratici e classici) le caratteristiche
    tecnologiche e istituzionali del sistema economico. Il criterio ex
    post di identificazione delle condizioni per il mantenimento di un
    cespite (accumulazione netta di ricchezza) fa posto a un criterio ex
    ante fondato sulle condizioni per la riproducibilità della
    "ricchezza annuale". 
    
    6. Il lavoro e la teoria classica del reddito
    
L'attenzione per la ricchezza annuale e per le condizioni della sua
    riproduzione richiama l'interesse degli economisti per le
    caratteristiche dell'attività produttiva, e in particolare
    per il ruolo del lavoro nella formazione del reddito. Questo punto
    di vista è anticipato da alcuni aritmetici politici (in
    particolare Petty) e trova compiuta espressione nella proposizione
    iniziale della Inquiry into the nature and causes of the wealth of
    nations di Adam Smith (v., 1776, ed. 1976, p. 10): "Il lavoro
    annuale di ogni nazione è il fondo che fornisce in origine
    tutti i beni utili e necessari alla vita che in essa sono consumati
    annualmente, e che consistono sempre o nel prodotto immediato di
    quel lavoro, o in ciò che con quel prodotto è
    acquistato da altre nazioni". In questo caso, è evidente
    l'identificazione del reddito complessivo del sistema economico con
    un flusso di beni e servizi, mentre l'attenzione rivolta al consumo
    effettivo suggerisce un interessante collegamento con l'analisi di
    William Petty. Tuttavia in Petty il lavoro annuo è soltanto
    all'origine delle spese che non possono essere attribuite al reddito
    del patrimonio nazionale, mentre in Smith il "lavoro annuale di ogni
    nazione" è all'origine di "tutti i beni utili e necessari
    alla vita". Il lavoro assume in Smith un ruolo del tutto generale e
    l'attenzione per il suo contributo alla formazione di un flusso
    annuale di potere d'acquisto si unisce alla considerazione del suo
    contributo nell'assicurare il mantenimento dello stock di capitale
    fisso e circolante nell'intero sistema economico (ibid., libro II,
    cap. 2).
La distinzione smithiana fra gross revenue e net revenue collega
    esplicitamente la formazione del prodotto alla determinazione del
    reddito sociale (lordo e netto), e quindi si allontana dalla
    concezione mercantilista delle relazioni fra revenue e treasure in
    termini di dinamica tra flussi e stocks. L'assegnazione di quote di
    prodotto al mantenimento del capitale sociale (fisso e circolante)
    riflette le caratteristiche tecnologiche e istituzionali dei
    processi produttivi e non può essere assimilata al processo
    di accumulazione di treasure considerato da Thomas Mun e altri
    autori mercantilisti. La ricchezza di un sistema economico, secondo
    Smith, è proporzionale al reddito netto e riflette da un lato
    "il prodotto annuale complessivo" di fattori originari quali terra e
    lavoro, e dall'altro lato ciò che è necessario
    accantonare per il mantenimento del capitale fisso e circolante. In
    questa prospettiva Smith riconosce che il reddito netto può
    essere identificato con la quantità di prodotto collocabile
    nello "stock riservato per il consumo immediato" (ibid., pp. 286287)
    senza alcuna riduzione del fondo di capitale (fisso e circolante).
    Quest'ultima precisazione suggerisce un interessante collegamento
    con l'identificazione proposta da Hicks tra il reddito ex post e "il
    consumo più l'accumulazione di capitale", dal momento che gli
    incrementi dello stock di capitale sono ottenuti dopo aver
    soddisfatto i requisiti per il mantenimento del capitale esistente.
    In questo modo una quantità di valore simile al treasure o
    ready mon~ey di Thomas Mun si trova a essere determinata in base
    alle condizioni oggettive della formazione del prodotto annuale
    complessivo, e la stessa contabilità della ricchezza è
    fondata sulle interdipendenze tra flussi annuali di produzione,
    reintegrazione delle anticipazioni e mantenimento dei fondi
    produttivi. 
    
    7. Prodotto netto e formazione dei redditi: Storch
      e Ricardo
      
La connessione fra determinazione del prodotto netto e analisi del
    reddito di un sistema economico, implicita in Quesnay e Smith, viene
    considerata in modo esplicito da Heinrich von Storch (v., 1815 e
    1824), che identifica il reddito totale del sistema nella differenza
    tra prodotto complessivo e mezzi di produzione utilizzati. Secondo
    Storch il valore di tale differenza coincide con la somma di salari,
    profitti e rendite, mentre il reddito netto si ottiene sottraendo a
    essa ciò che viene denominato reddito necessario, ossia
    quelle quote di remunerazione che sono indispensabili alla
    reintegrazione del sistema economico senza modificarne i livelli di
    attività (v. Storch, 1815, cap. 14).
David Ricardo condivide l'interesse di Quesnay e di Smith per
    ricchezza annuale e prodotto netto, ma respinge la riduzione del
    prodotto complessivo al contributo di un singolo fattore originario
    (la terra o il lavoro). In questo modo acquista rilievo centrale la
    teoria del valore, il cui obiettivo principale è la
    misurazione del prodotto sociale, considerata premessa logica per
    l'analisi della sua distribuzione fra salari, profitti e rendite (v.
    Ricardo, 1817, Prefazione e cap. 1; v. Lombardini e Quadrio Curzio,
    1972). Minore è invece l'attenzione di Ricardo per la
    categoria del reddito come potere d'acquisto assegnato a particolari
    classi sociali oppure al sistema economico nel suo complesso. La
    distribuzione del prodotto sociale fra rendita, profitto e salari
    è considerata da Ricardo il problema principale dell'economia
    politica, tuttavia le "leggi" da cui dipende la dinamica relativa
    delle quote distributive non comprendono l'analisi delle forme di
    reddito intese come fattori determinanti del livello e della
    composizione della domanda effettiva.
La comune derivazione smithiana consente di individuare alcuni
    interessanti caratteri distintivi delle teorie di Storch e di
    Ricardo. Entrambi condividono la considerazione di Smith per la
    ricchezza annuale di un sistema economico, tuttavia Storch concentra
    l'attenzione sul potere d'acquisto formato in questo modo e sulle
    caratteristiche dei redditi sociali fra i quali tale potere
    d'acquisto (il reddito totale) viene a distribuirsi, mentre Ricardo
    sottolinea il contenuto di lavoro (valore) del prodotto annuale
    complessivo e le modalità attraverso le quali sono connessi
    valore e distribuzione del prodotto sociale (come risultato
    dell'interdipendenza tra variazioni dei saggi di profitto e salario
    da un lato e cambiamenti del sistema dei prezzi relativi
    dall'altro).
Il punto di vista di Ricardo (v., 1817, cap. 20) suggerisce una
    distinzione tra valore (value) e ricchezze (riches), in cui
    l'attenzione smithiana per il potere d'acquisto su beni e servizi
    cede il posto alla considerazione della difficoltà o
    facilità della produzione. In questa prospettiva, il flusso
    di beni annualmente prodotti e riprodotti in un sistema economico
    può essere oggetto di due distinte modalità di
    misurazione, poiché tale flusso può alternativamente
    essere considerato come una quantità di valore (se si
    concentra l'attenzione sul contenuto di lavoro dei beni prodotti)
    oppure come un certo ammontare di ricchezze (se si concentra
    l'attenzione sulle necessità ed esigenze che i beni prodotti
    consentono di soddisfare). Il contributo ricardiano alla teoria del
    reddito si caratterizza quindi per il particolare rilievo assegnato
    alla distinzione fra aspetto del 'costo' e aspetto della 'domanda'
    nella valutazione complessiva dei beni prodotti (wealth), e insieme
    per la considerazione del capitale come "quella parte della
    ricchezza di un paese che è impiegata avendo come obiettivo
    una futura produzione" (v. Ricardo, 1817, ed. 1951, p. 279).
Con l'analisi di Ricardo trova quindi conferma il criterio,
    già esplicito nei fisiocrati, secondo cui il potere
    d'acquisto che si forma in un sistema economico ha origine
    nell'ambito della produzione attraverso un processo che richiede
    l'accantonamento di una certa quota di prodotto al fine di
    un'ulteriore produzione. Le modalità di svolgimento di tale
    processo presentano una certa analogia con il processo di
    mantenimento (o accrescimento) della ricchezza individuale e
    nazionale (treasure) considerato da Thomas Mun e da altri scrittori
    mercantilisti. Un importante elemento di differenziazione è
    tuttavia costituito dalla considerazione dei requisiti tecnici e
    istituzionali del processo produttivo (inteso come processo che
    consente di ottenere beni a fini sia di consumo sia di mantenimento
    dei fondi produttivi) piuttosto che della dinamica di stocks e
    flussi finanziari sulla quale si era spesso concentrata l'attenzione
    degli economisti preclassici.La teoria classica del reddito, come si
    forma attraverso gli scritti di economisti quali Quesnay, Smith e
    Ricardo (ma anche Malthus e Storch per quanto riguarda il nesso fra
    redditi sociali e domanda effettiva), presuppone una particolare
    tecnica di misurazione degli aggregati eterogenei di prodotti.
    Infatti, come osserva John Hicks, "non vi è alcun dubbio che
    il flusso di ricchezza sia produzione; delle cose sono prodotte, e
    il flusso di ricchezza consiste appunto in questi prodotti. Tuttavia
    i beni che sono prodotti sono eterogenei: non è ovvio come si
    possa considerarli tutti insieme e ridurli a una 'sostanza' comune.
    L'approccio classico presuppone che, per molti scopi importanti, sia
    possibile considerare in modo unitario i beni eterogenei prodotti.
    [Secondo gli economisti classici] possiamo rappresentare tali beni
    come un flusso di ricchezza, a tal punto omogenea che possiamo
    applicare a essa le operazioni di addizione e sottrazione. I
    classici chiamavano economia politica appunto lo studio di questo
    flusso di ricchezza" (v. Hicks, 1983, p. 7). 
    
    8. La teoria classica del reddito: alcuni caratteri
      generali
      
L'evoluzione storica del concetto di reddito dalle formulazioni
    preclassiche alla teoria classica mostra un graduale allontanamento
    dalla considerazione di flussi e stocks monetari (nei processi di
    accumulazione o decumulazione di treasure studiati dai
    mercantilisti) e, al contrario, un'attenzione crescente per le
    dinamiche di stocks e flussi reali. In particolare, acquistano
    centralità le dinamiche di formazione del reddito rispetto a
    quelle riguardanti le variazioni di treasure (ricchezza) per un
    individuo o una comunità di individui. La formazione di
    reddito è collegata in modo sistematico alla struttura
    produttiva e alle modalità con cui ha luogo la produzione di
    merci. Il passaggio dalla concezione preclassica a quella classica
    conduce a uno spostamento dell'attenzione verso la struttura
    tecnico-sociale dei processi di produzione e verso le
    caratteristiche sociali (anziché individuali) della
    formazione di reddito.
Vale la pena di osservare che la teoria classica del reddito,
    caratterizzata da una particolare attenzione per la misurazione
    aggregata del potere d'acquisto che si forma all'interno di ciascun
    sistema economico, risulta anche molto attenta all'identificazione
    di criteri utili alla disaggregazione del reddito totale in un certo
    numero di componenti che rappresentano i redditi a disposizione di
    particolari classi o gruppi sociali (v. Breglia, 1965). Tali criteri
    sono in genere collegati al ruolo di ciascuna classe o gruppo
    sociale all'interno del processo di produzione (Smith, Ricardo), ma
    possono anche riflettere i comportamenti di spesa (le abitudini di
    consumo) caratteristici dei diversi gruppi (si pensi soprattutto a
    Malthus e Storch). L'insieme dei contributi classici all'analisi del
    reddito delinea un quadro analitico i cui aspetti principali possono
    essere individuati nel modo seguente: a) il sistema economico
    è rappresentato come un insieme di processi interrelati di
    produzione e consumo (economia di tipo circolare); b) la formazione
    di reddito (potere d'acquisto) è un aspetto del processo
    complessivo di produzione di beni, ma il prodotto totale rimane
    spesso distinto dal reddito totale (soprattutto nel caso in cui i
    processi produttivi facciano uso di beni intermedi prodotti
    anch'essi nel sistema economico); c) il reddito disponibile (reddito
    netto) di un sistema economico coincide con il suo prodotto netto
    (Quesnay, Smith, Ricardo) oppure (Storch) con quella quota di
    prodotto netto che si ottiene sottraendo una "parte necessaria,
    indispensabile, senza la quale la produzione non avverrebbe" (v.
    Ferrara, 1934-1935; v. Storch, 1815), quota di prodotto determinata
    dalle esigenze o abitudini di consumo dei diversi gruppi sociali. Un
    risultato importante dell'analisi classica, filtrato nella moderna
    analisi economica, è che "il valore del prodotto sociale
    netto della comunità e la somma dei redditi dei suoi membri
    coincidono in modo esatto. Il prodotto sociale netto e il reddito
    sociale sono la stessa cosa" (v. Hicks, 1971⁴, p. 139). Si individua
    quindi la possibilità di misurare il reddito complessivo di
    un sistema economico attraverso l'impiego di due approcci distinti e
    complementari. Nel primo caso (metodo reale) si calcola "il valore
    dei prodotti dell'agricoltura, delle foreste, delle miniere, della
    caccia, della pesca, delle varie industrie, il valore dei servizi
    prestati da coloro che trasportano le merci, e così via" (v.
    Bresciani-Turroni, 1960, p. 436). Nel secondo caso (metodo
    personale) si parte dalla considerazione che il valore complessivo
    di ciascuna merce prodotta coincide con una somma di redditi
    individuali. Di conseguenza, "se noi conosciamo questi redditi
    individuali, sommandoli abbiamo il reddito della
    collettività" (ibid.)I moderni schemi concettuali della
    contabilità nazionale e sociale riflettono per diversi
    aspetti questi risultati dell'analisi economica classica. Tuttavia
    il passaggio dalla considerazione del reddito prodotto da
    particolari individui (o subsistemi di attività economiche)
    alla considerazione del reddito del sistema economico complessivo (e
    viceversa) presenta alcuni aspetti problematici, connessi
    soprattutto alla possibilità che alcuni beni appartengano
    simultaneamente a due o più "subsistemi di prodotto lordo"
    (v. Gossling, 1972, p. 10). Tali subsistemi sono ottenuti in modo
    che ciascuno di essi comprenda la produzione complessiva di un
    particolare bene e l'insieme delle attività che concorrono a
    tale produzione. Esistono abitualmente sovrapposizioni fra
    subsistemi di questo tipo: quantità di grano e
    quantità di ferro, ad esempio, possono essere richieste sia
    nel subsistema 'lordo' del grano sia in quello del ferro,
    cosicché è in genere da escludere l'additività
    dei subsistemi (ibid., capp. 12 e 13).
La considerazione di subsistemi additivi di attività
    produttive (tali cioè che la loro 'somma' coincida con il
    sistema economico complessivo senza duplicazioni) è utile
    all'analisi delle relazioni fra redditi individuali, redditi sociali
    (assegnati a particolari classi di soggetti) e reddito complessivo
    del sistema economico. Questi aspetti della teoria del reddito
    possono essere studiati partendo dalla particolare rappresentazione
    analitica di un sistema economico che si ottiene per mezzo
    dell'integrazione verticale dei processi produttivi (v. Pasinetti,
    1973 e 1981; v. Scazzieri, 1990; v. sotto, capp. 12 e 13). 
    
    9. Critiche alla concezione classica e origini
      della teoria soggettiva dei redditi
      
Durante la fase di ripensamento critico della tradizione economica
    classica, che si apre con il terzo decennio del XIX secolo, anche la
    teoria classica del reddito e delle sue componenti diviene oggetto
    di una profonda revisione, che in alcuni casi giunge a modificare in
    modo radicale le basi della concezione precedente.Mountifort
    Longfield (v., 1834) ritiene che lo scambio sia il fondamento del
    valore, anziché il valore il fondamento dello scambio (v.
    anche, in Quadrio Curzio e Scazzieri, 1982, pp. 214-236, la
    recensione anonima delle Lectures di Longfield apparsa sul "Dublin
    University magazine" nel giugno 1838). Questa concezione è
    condivisa da Nassau William Senior, per il quale obiettivo
    dell'economia politica è lo studio della natura, produzione e
    distribuzione della ricchezza, mentre la ricchezza (wealth) è
    definita come un insieme comprendente tutte quelle cose "che sono
    trasferibili, limitate nell'offerta, e capaci di produrre
    direttamente o indirettamente un piacere oppure di evitare una
    sensazione sgradevole; ovvero, per usare un'espressione equivalente,
    sono in grado di essere scambiate" (v. Senior, 1854, p. 6). Questa
    definizione richiama l'attenzione su aspetti della formazione di
    ricchezza (e di reddito) in cui, come in alcune formulazioni
    preclassiche, è centrale la connessione fra
    disponibilità di certi beni e godimento di particolari
    'soddisfazioni' o 'utilità'. Tale connessione è messa
    in evidenza da Senior quando osserva che delle tre condizioni prima
    ricordate (utilità, trasferibilità e limitazione
    dell'offerta) "l'ultima è di gran lunga la più
    importante" (ibid., p. 11). Infatti la limitazione dell'offerta
    è considerata condizione importante per la formazione di
    ricchezza, proprio a causa del nesso con "due tra i più
    influenti principî della natura umana, l'amore della
    varietà e il desiderio di distinzione". La ricerca di
    varietà e distinzione è il principale fondamento del
    ruolo della scarsità nella definizione della ricchezza, al di
    là dell'influenza esercitata dalla possibile limitatezza di
    beni (o risorse produttive) rispetto alla soddisfazione delle
    esigenze fondamentali degli esseri umani. Infatti, "i beni e servizi
    assolutamente necessari alla vita sono pochi e semplici [...]. Ma
    nessun essere umano è appagato da un insieme così
    limitato di soddisfazioni. Il suo primo obiettivo è variare
    il suo cibo [...]. Il desiderio che si manifesta successivamente
    è quello per la varietà dell'abbigliamento [...].
    Infine troviamo il desiderio di costruire, ornare e arredare"
    (ibid.).
La prospettiva indicata da Senior suggerisce implicazioni di
    notevole rilievo per quanto riguarda l'analisi del reddito
    individuale e sociale. Infatti appaiono modificate, rispetto alla
    teoria classica, le basi per individuare i flussi di beni e servizi
    disponibili (flussi di reddito), poiché tali flussi non sono
    più collegati necessariamente allo svolgimento di processi
    produttivi e sono invece espressione della capacità di
    consentire il raggiungimento di soddisfazioni. In questo modo torna
    a essere centrale il collegamento fra ricchezza e reddito (che
    appariva invece secondario nella teoria classica), benché le
    considerazioni preclassiche sulla dinamica stock-flussi che governa
    la relazione fra income e treasure (Mun) siano sostituite
    dall'analisi del flusso di benefici derivanti dalla
    disponibilità di certi fondi di ricchezza.Il cambiamento di
    prospettiva rispetto alla teoria classica del prodotto netto e del
    'flusso circolare' di produzione, reddito e consumo è
    espresso chiaramente da Francesco Ferrara (v., 1934-1935, p. 45):
    "L'idea del lordo e del netto è tutta relativa e individuale,
    e il trasportarla nella sfera della società e
    dell'umanità è una contraddizione, un assurdo". In
    questo modo l'attenzione classica per la struttura tecnico-sociale
    dei processi di produzione (e riproduzione) viene sostituita da
    indagini che considerano in primo luogo l'articolazione
    intertemporale dei flussi di reddito e il collegamento fra reddito,
    consumo e mantenimento dei fondi di ricchezza. Una chiarificazione
    di questo punto di vista è suggerita da Francis Ysidro
    Edgeworth, secondo il quale "il reddito può essere definito
    come la ricchezza, misurata in termini di moneta, che è a
    disposizione di un individuo, o di una comunità, in ciascun
    anno o altra unità di tempo". Tuttavia la ricchezza, secondo
    Edgeworth (che riprende su questo punto Alfred Marshall), deve
    essere considerata come un "aggregato di merci materiali e
    immateriali comprendente servizi di ogni genere (Marshall) e tali da
    avere le caratteristiche di elementi di ricchezza" (v. Edgeworth,
    1925, ed. 1963, p. 374). In questa prospettiva viene abbandonata la
    distinzione classica fra redditi 'originari' e redditi 'derivati'
    (che Edgeworth collega a una visione materiale della ricchezza),
    mentre emergono in primo piano caratteristiche soggettive della
    ricchezza (quali il nesso con le esigenze e soddisfazioni umane e la
    possibilità di essere oggetto di relazioni di scambio).
Nell'analisi di Edgeworth la considerazione soggettiva della
    ricchezza implica un'indagine dei flussi di reddito in cui la
    capacità di consentire agli individui (e alle comunità
    da essi formate) il godimento di 'soddisfazioni' passa in primo
    piano rispetto alle caratteristiche tecnico-sociali dei processi di
    riproduzione della ricchezza materiale. Tuttavia (a differenza di
    Ferrara) Edgeworth non respinge la distinzione fra 'lordo' e
    'netto', anche nella sua applicazione a grandezze aggregate. Tale
    distinzione è infatti essenziale per determinare nei casi
    specifici il significato dell'espressione 'a disposizione' usata
    nella definizione del reddito. In particolare, Edgeworth osserva che
    l'espressione 'ricchezza disponibile' esclude 'quella porzione delle
    entrate che è richiesta per mantenere il capitale, e altri
    tipi di spesa'. Questa prospettiva gli suggerisce di attribuire una
    posizione centrale non solo alle spese necessarie per la
    reintegrazione del capitale fisico, ma anche alla spesa "che
    è necessaria per [mantenere] l'efficienza del lavoratore"
    (ibid.). La concezione di Edgeworth riflette da un lato l'influenza
    della teoria soggettiva del valore per quanto riguarda
    l'individuazione degli elementi costitutivi del reddito, e
    dall'altro lato il persistente rilievo attribuito alla distinzione
    fra 'lordo' e 'netto', un aspetto caratteristico della teoria
    economica classica che viene in questo modo recepito nella moderna
    analisi del reddito.Importanti analogie con la trattazione di
    Edgeworth presenta l'analisi di Alfred Marshall (v., 1890, ed. 1961,
    soprattutto libro II, cap. 4), in cui il 'vero' reddito, o reddito
    netto, è individuato sulla base di una deduzione dal reddito
    lordo delle "spese motivate dalla produzione di esso". 
    
    10. Reddito atteso e valore capitale: il contributo
      di Irving Fisher all'analisi del reddito individuale e sociale
      
Le precedenti osservazioni hanno messo in risalto la
    simultanea presenza di due prospettive distinte nello studio del
    reddito (individuale e sociale), a seconda che si concentri
    l'attenzione sulla formazione (e distribuzione) di potere d'acquisto
    attraverso la dinamica ex post relativa a fondi di ricchezza e
    flussi di reddito (come accade, ad esempio, in Quesnay, Smith e
    Ricardo), oppure sulla dinamica ex ante delle entrate attese e del
    patrimonio o capitale come grandezza di valore ottenuta scontando al
    presente il reddito atteso (questo punto di vista caratterizza,
    talora solo in forma embrionale, alcune delle più antiche
    riflessioni sulla relazione fra reddito e ricchezza).
Per diversi aspetti i due punti di vista sono fra loro
    complementari: il metodo ex ante descrive comportamenti e criteri di
    valutazione fondati principalmente sulla considerazione di scelte
    (individuali o collettive) fra percorsi alternativi. Tuttavia i
    risultati concreti alla base di tali percorsi riflettono in genere
    proprio le relazioni tra flussi e fondi considerate secondo l'altra
    prospettiva di analisi. D'altra parte, il metodo ex post rivolge
    direttamente l'attenzione alla dinamica oggettiva di flussi e fondi
    attraverso cui si genera potere d'acquisto come fenomeno ricorrente
    (reddito) e si accumulano stocks di ricchezza. Tuttavia tali
    processi possono anche riflettere criteri individuali (o sociali) di
    valutazione rispetto a una pluralità di percorsi possibili.Il
    contributo analitico di Irving Fisher sulla natura del capitale e
    del reddito costituisce una delle prime e più compiute
    formulazioni della prospettiva ex ante nello studio del reddito e
    della ricchezza (laddove quest'ultima è considerata nel suo
    aspetto di 'capitale', e quindi di fondo di valore all'origine di un
    particolare flusso di reddito: v. anche Meacci, 1989). Punto di
    partenza dell'indagine di Fisher è la concezione secondo cui
    "il reddito è [...] un flusso durante un periodo di tempo, a
    differenza del capitale, considerato come un fondo in un dato
    momento di tempo" (v. Fisher, 1906; tr. it., p. 82). In particolare
    "il reddito consiste di servizi che possono essere definiti come
    eventi desiderabili o come la possibilità di evitare eventi
    non desiderabili. [...] Il valore di un reddito è il valore
    dei servizi di cui esso consiste" (v. Fisher, 1957, p. 622).
Sulla distinzione fra grandezze flusso e grandezze fondo si innesta
    il principio secondo cui "il valore del capitale in un qualsiasi
    momento è derivato dal valore del reddito futuro che è
    atteso da quel capitale" (v. Fisher, 1906; tr. it., p. 144). In
    questa prospettiva, "il valore di qualsiasi articolo di ricchezza o
    di proprietà dipende soltanto dal futuro, non dal passato"
    (ibid.) e "il saggio dell'interesse agisce come anello di
    collegamento fra il valore di reddito e il valore capitale". Grazie
    a tale connessione "è possibile ricavare da un dato valore di
    reddito il suo valor capitale; è possibile, cioè,
    'capitalizzare' il reddito" (ibid., p. 154).
Aspetto fondamentale della teoria di Fisher è il tentativo di
    superare la distinzione fra caratteristiche soggettive e oggettive
    del reddito e della ricchezza attraverso la considerazione di
    entrambi dal punto di vista di una teoria del valore derivata dalle
    preferenze dei singoli individui: "Il capitale [...] invece di
    essere composto di una massa svariata di ricchezza o di diritti
    patrimoniali diversi, è considerato nel senso di valor
    capitale; e il reddito, invece di consistere in una corrente
    svariata di servizi diversi, alcuni finali e altri intermediari,
    alcuni oggettivi e altri soggettivi, consisterà in un solo
    elemento, omogeneo, il valore-reddito". Il passaggio da una teoria
    ex post a una teoria ex ante dei prezzi suggerisce un'inversione
    della tradizionale relazione fra reddito e capitale. Infatti,
    "quando il capitale e il valore sono misurati come
    'quantità', si può dire che è il capitale che
    produce il reddito; ma quando essi vengono misurati in 'valore',
    occorre rovesciare questa proposizione e dire che è il
    reddito che produce il capitale" (ibid., p. 250).
Il saggio di sconto interviene nella determinazione del valore
    capitale di un particolare bene o collezione di beni in base al
    criterio che "il valor capitale [di quel bene o collezione di beni]
    è inferiore al reddito totale previsto; perché il
    valore scontato di una somma futura è necessariamente minore
    della somma stessa". La durata del periodo di capitalizzazione
    è fatta coincidere con la lunghezza dell'intervallo temporale
    in cui un dato bene (o patrimonio) è in grado di soddisfare
    determinate esigenze o desideri. Questo implica che la differenza
    tra il reddito collegato a un dato bene (o insieme di
    attività patrimoniali) e il corrispondente valore capitale
    sia tanto maggiore quanto più duraturi sono i beni in
    questione: per questa ragione "noi troviamo generalmente [...] fatta
    una certa distinzione fra il valore dell'uso di una casa [...] e il
    valore della casa stessa" (ibid., pp. 174-175).
La durata del periodo di capitalizzazione e la distribuzione
    temporale del reddito fra le diverse date all'interno di quel
    periodo determinano le modalità di variazione del valore
    capitale rispetto alle variazioni del saggio d'interesse: "La
    sensibilità del valor capitale al cambiamento del saggio
    dell'interesse è tanto maggiore quanto più il reddito
    è durevole. [...] Così pure, in generale, la
    sensibilità è maggiore quanto più remoti sono i
    periodi di tempo in cui il reddito è concentrato" (ibid., p.
    176). La concezione del reddito propria di Fisher, pur assegnando un
    ruolo centrale ai flussi di reddito rispetto ai fondi di ricchezza
    (o capitali), mantiene fermo un aspetto derivato dalla tradizione
    precedente e consistente nell'attenzione per il concetto di reddito
    come "somma di beni economici che un soggetto determinato può
    impiegare in un dato tempo al soddisfacimento dei suoi bisogni senza
    diminuzione del suo patrimonio" (ibid., p. 272).
Questa prospettiva è di notevole rilievo per quanto riguarda
    il passaggio dal reddito individuale al reddito sociale: "Il reddito
    della società come un tutto è il valore monetario
    complessivo di tutti i servizi ricevuti, per motivi diversi, dai
    membri della società. Il concetto di reddito sociale,
    tuttavia, non conduce, contrariamente a quello che si potrebbe
    ritenere a prima vista, a problemi di duplicazione contabile;
    infatti nel sommare gli elementi di qualsiasi categoria di reddito,
    si troverà che molti elementi sono negativi - debiti
    anziché crediti. Alcuni eventi, che possono essere chiamati
    interazioni, sono simultaneamente servizi e disservizi, a seconda
    del punto di vista" (v. Fisher, 1957, p. 623).
L'integrazione fra teoria soggettiva del valore e identificazione
    contabile del reddito suggerisce a Fisher una particolare attenzione
    per lo schema di connessioni fra attività e passività,
    sia dal punto di vista della contabilità individuale sia da
    quello della contabilità sociale. Come si è visto,
    questo approccio può condurre, in alcuni casi, alla scomparsa
    di certi trasferimenti dagli schemi contabili (v. sopra). In altri
    casi, il passaggio dalla contabilità individuale a quella
    sociale ripropone anche in Fisher il concetto di 'reddito netto', di
    cui abbiamo osservato la centralità nelle formulazioni
    classiche e di derivazione classica.
Il collegamento fra teoria ex ante del reddito e indagine sul
    reddito complessivo di una data comunità suggerisce a Fisher
    considerazioni di grande interesse per quanto riguarda il criterio
    di 'regolarità' o 'ricorrenza' delle entrate che
    costituiscono il reddito. Secondo Fisher, sia il mantenimento dei
    singoli patrimoni sia la regolarità o ricorrenza delle
    entrate individuali sono possibili a condizione che il contesto
    istituzionale e la congiuntura economica consentano opportuni
    trasferimenti di guadagni o perdite eccezionali da un individuo
    all'altro: "la persona che tenta di regolarizzare il proprio reddito
    lo fa col riversarne le irregolarità sopra un'altra persona,
    di solito un banchiere o un agente" (v. Fisher, 1906; tr. it., p.
    188). Tuttavia i criteri di regolarizzazione dei flussi individuali
    di reddito non sono in genere applicabili al reddito di una
    comunità nel suo complesso: "la società non può
    trovare nessun terzo estraneo su cui trasferire le fluttuazioni". In
    questo caso è indispensabile considerare la
    possibilità di rendere uniforme il reddito sociale attraverso
    procedure di compensazione tra i flussi reali di potere d'acquisto
    che riflettono sia la struttura temporale delle attività
    produttive sia i profili temporali di utilizzazione delle risorse
    non prodotte. A tale proposito è illuminante l'esempio
    considerato da Fisher: "Se una comunità possiede miniere di
    ferro, essa ha una forma di attività patrimoniale che,
    durante un certo tempo, rende probabilmente più del reddito
    tipico. Per la natura stessa del caso, ogni cofano di minerale
    riduce la quantità che la miniera può produrre nel
    futuro. La miniera è, nel fatto, una specie di
    annualità a termine. Dopo che sarà esaurita, non se ne
    trarrà più altro rendimento, e il suo valor capitale
    andrà perciò continuamente diminuendo" (ibid.). In
    questa situazione la compensazione tra flussi di reddito può
    essere conseguita, a livello aggregato, mediante attività
    caratterizzate da un profilo della redditività diverso e
    complementare rispetto al primo: "un terreno boschivo, coperto di
    giovani piante, non comincerà a dare un buon reddito se non
    fra molti anni. Il reddito di questo capitale è quindi
    temporaneamente al disotto del normale". La "composizione sociale"
    tra flussi di reddito agisce nel senso che "una comunità, che
    possegga insieme miniere e terreni boschivi, troverà [...]
    che l'aumento e la diminuzione si compenseranno fra loro, in modo
    che il suo reddito sarà molto più vicino al normale
    che se possedesse le une senza gli altri" (ibid.).
Le osservazioni precedenti suggeriscono un interessante collegamento
    fra la considerazione dei flussi attualizzati di reddito proposta da
    Fisher (concezione ex ante del reddito e del capitale) e l'analisi
    della struttura temporale delle attività produttive (v.
    Fanno, 1931; v. Scazzieri, 1992). In particolare, il passaggio dalla
    prospettiva del reddito individuale a quella del reddito sociale
    mette in evidenza la possibilità di estendere la teoria
    classica del reddito attraverso il collegamento fra il mantenimento
    della capacità produttiva di un sistema economico e la
    considerazione di criteri per il coordinamento intertemporale dei
    flussi di produzione e reddito in situazioni caratterizzate dalla
    varietà dei periodi di produzione e consumo (su questi ultimi
    aspetti v. anche Landesmann e Scazzieri, 1996, in particolare il
    cap. 9). 
    
    11. Reddito netto e capitale produttivo: alle
      origini della moderna contabilità nazionale e sociale
      
Importanti caratteristiche della moderna analisi del reddito
    sono collegate alla formulazione di Alfred Marshall, e per suo
    tramite alla teoria economica classica. Un aspetto distintivo della
    teoria marshalliana è la considerazione di aspetti non
    necessariamente materiali del reddito e della ricchezza (secondo le
    indicazioni della teoria soggettiva del valore), e insieme la
    persistenza di un collegamento importante con quella concezione per
    il rilievo centrale assegnato alla misurazione del 'capitale
    produttivo' come condizione per le indagini sul reddito. A tale
    proposito, Marshall osserva che "il lavoro e il capitale del paese,
    attraverso la loro azione sulle sue risorse naturali, producono
    annualmente un certo aggregato netto di merci, materiali e
    immateriali, comprendente servizi di ogni tipo. Il termine di
    qualificazione 'netto' è richiesto allo scopo di tener conto
    dell'utilizzazione di merci grezze e semilavorati, nonché del
    logoramento e deprezzamento delle attrezzature impiegate nella
    produzione: tutti questi consumi [di materiali e attrezzature]
    debbono naturalmente essere sottratti dal prodotto lordo prima che
    sia possibile identificare il reddito vero e proprio, o reddito
    netto" (v. Marshall, 1890, ed. 1961, p. 523). Le osservazioni di
    Arthur Cecil Pigou sul 'national dividend' richiamano esplicitamente
    l'analisi di Marshall, e la precisano attraverso il confronto tra il
    concetto di reddito complessivo appropriato nell'analisi di
    un'economia stazionaria e quello utile nel caso di un sistema
    economico in condizioni di espansione. In un'economia stazionaria
    "la creazione di nuove macchine e attrezzature in ciascuna industria
    coincide esattamente, e non le supera, con le perdite dovute al
    logoramento" (v. Pigou, 1929³, p. 35) e il 'national dividend'
    di Marshall coincide materialmente con la quantità di beni di
    consumo effettivamente disponibili. Al contrario, in un sistema
    economico caratterizzato da un saggio positivo di espansione, il
    'national dividend' (o reddito complessivo) del sistema coincide con
    la somma dei beni destinati al consumo finale e dei beni impiegati
    nell'accrescimento delle attrezzature produttive (ibid., parte I,
    cap. 3). Il collegamento della concezione di reddito proposta da
    Marshall e da Pigou con aspetti fondamentali della teoria economica
    classica è chiaramente individuato da John Maynard Keynes:
    "Il dividendo nazionale, come definito da Marshall e dal professor
    Pigou, misura la grandezza della produzione corrente, o reddito
    reale, e non il valore della produzione, o reddito monetario.
    Inoltre esso dipende, in qualche modo, dalla produzione netta - vale
    a dire, dall'incremento netto delle risorse della comunità
    che sono disponibili per il consumo o per la conservazione nello
    stock di capitale" (v. Keynes, 1936, pp. 37-38).
Si può ritenere che questo punto di vista sia alle origini
    del concetto di reddito utilizzato dallo stesso Keynes (ibid., cap.
    6) e recepito nei moderni schemi di contabilità nazionale.
    Una caratteristica importante di tale approccio è infatti
    l'attenzione per il reddito della singola impresa come "eccedenza
    del valore [...] del prodotto finito venduto durante il periodo
    preso in considerazione rispetto al suo costo primo", e cioè
    rispetto alla somma del costo dei fattori produttivi acquistati e
    del costo dell'utilizzazione dell'attrezzatura produttiva esistente
    (al netto del suo mantenimento). Una volta accolta questa
    definizione del reddito d'impresa, il reddito totale di una
    comunità è definito da Keynes come la differenza tra
    il valore del prodotto finito complessivamente scambiato (attraverso
    vendite ai consumatori oppure transazioni fra imprenditori) e il
    costo complessivo di utilizzazione delle attrezzature già
    esistenti (ibid., pp. 53-54).
Le sistemazioni concettuali della contabilità nazionale negli
    anni trenta e quaranta di questo secolo riflettono in parte la
    concezione keynesiana del reddito e delle sue componenti e per suo
    tramite, la persistenza di tematiche classiche nell'economia
    politica inglese (Edgeworth, Marshall). Questa influenza è
    particolarmente evidente nei contributi di Richard Stone e del
    Department of applied economics dell'Università di Cambridge.
    Tali contributi, che furono inizialmente stimolati dalle riflessioni
    di Keynes sui presupposti economici dello sforzo bellico durante il
    secondo conflitto mondiale (v. Keynes, 1940; v. Meade e Stone, 1941;
    v. Stone e altri, 1942), ebbero occasione di svilupparsi in
    direzione di un'integrazione con gli schemi per l'analisi empirica
    delle interdipendenze fra settori di un sistema economico elaborati
    in quello stesso periodo da Wassily Leontief (v., 1941).Alla base
    delle connessioni tra analisi del reddito, schemi di
    contabilità nazionale e modelli di interdipendenze settoriali
    si trovano elementi messi in luce nella contabilità
    keynesiana del reddito e derivanti dai requisiti logici di coerenza
    che è necessario soddisfare nel passaggio da grandezze
    individuali (o settoriali) a grandezze aggregate, o viceversa. Ad
    esempio, "la spesa non può essere definita indipendentemente
    dal risparmio e dal reddito perché spesa e risparmio si
    sommano nel reddito, e il consumo non può essere definito
    indipendentemente dalla produzione e dall'accumulazione
    perché, nel caso di ciascun bene, consumo e accumulazione si
    sommano nella produzione" (v. Stone, 1961, p. 25). L'attenzione per
    le caratteristiche del reddito al netto delle spese di produzione e
    dei costi di mantenimento suggerisce la considerazione dei flussi di
    prodotti finiti e semilavorati da un soggetto (o settore di
    attività economiche) all'altro, anche al fine di evitare che
    una data quantità di valore possa figurare più di una
    volta nello stesso schema contabile. Questa esigenza implica, fra
    l'altro, "il passaggio da una singola grandezza, la misura
    complessiva del reddito, a una struttura in cui tale grandezza
    è collegata ad altre simili" (v. Stone e Stone, 1977, p.
    161).
La struttura delle relazioni intersettoriali considerata negli
    schemi analitici proposti da Leontief può soddisfare
    l'obiettivo appena menzionato, nel senso di collegare "la domanda
    finale per i prodotti delle diverse industrie con i fattori
    produttivi primari impiegati in quelle industrie attraverso l'intera
    rete delle domande intermedie espresse da ciascuna industria per i
    prodotti delle altre" (v. Stone, 1961, p. 15). Questo metodo di
    analisi consente di "collegare la domanda ai requisiti di fattori
    produttivi in modo tale che le implicazioni [di un dato livello di
    domanda complessiva] per le diverse industrie sono individuate
    separatamente" (ibid.). È così possibile superare una
    limitazione delle analisi del reddito in termini globali, dal
    momento che 'difficoltà' e tensioni in genere si manifestano
    in parti specifiche del sistema produttivo, cosicché limiti
    di capacità, anticipi e ritardi, livelli di stock e
    sostituzione delle importazioni debbono essere esaminati industria
    per industria e sono spesso privi di significato se si considera la
    produzione nel suo complesso (ibid.).
La moderna analisi del reddito complessivo di un sistema economico
    (reddito nazionale) riflette in gran parte la struttura logica della
    concezione keynesiana e degli schemi di contabilità nazionale
    elaborati sotto la sua influenza. Questa caratteristica si manifesta
    soprattutto nell'importanza attribuita alla logica residuale
    nell'identificazione del reddito (sia di una singola impresa sia di
    un'intera comunità) e nella centralità della teoria
    del valore nella misurazione degli aggregati (una volta che si sia
    usciti dall'ambito dei confronti tra livelli di reddito
    corrispondenti a uno stesso stock di beni capitali). 
    
    12. Investimenti, consumi e struttura del reddito:
      contributi all'analisi macroeconomica di occupazione e
      capacità produttiva
      
Si è già richiamato nel capitolo precedente il
    nesso fra gli schemi concettuali della teoria economica classica e i
    contributi alla teoria macroeconomica e strutturale della formazione
    del reddito complessivo (John Maynard Keynes, Richard Stone). Tale
    nesso è evidente soprattutto nel rilievo che assume,
    all'interno di questa tradizione analitica, il concetto di 'prodotto
    netto' e quindi il collegamento tra formazione del potere d'acquisto
    (reddito) e misurazione della capacità produttiva (il fondo
    di mezzi di produzione prodotti e non prodotti all'origine della
    formazione di reddito). Questo quadro teorico costituisce la
    premessa di un'analisi delle grandi componenti aggregate del reddito
    complessivo, e delle loro relazioni lungo la dimensione temporale.In
    questa prospettiva la formazione di reddito coincide con la
    formazione di prodotto netto, e le relazioni fra consumi e
    investimenti aggregati possono essere considerate sulla base delle
    connessioni fra produzione e consumo in un'economia circolare. Il
    carattere sintetico del nesso fra consumi e investimenti aggregati
    può essere studiato facendo riferimento ad alcuni recenti
    sviluppi relativi alla rappresentazione analitica di un sistema
    economico per mezzo dell'integrazione verticale dei processi
    produttivi (v. Pasinetti, 1973 e 1988; v. Scazzieri, 1990). Il
    concetto di reddito può essere quindi direttamente formulato
    nei termini della condizione di mantenimento di una capacità
    produttiva costante, e si pongono le premesse per una trattazione
    unitaria delle relazioni fra componenti aggregate del reddito
    complessivo in termini di compatibilità con determinati
    requisiti di riproduzione, consumo finale e conservazione
    ambientale. Le caratteristiche essenziali di questo schema
    concettuale possono essere presentate partendo dalla considerazione
    dei 'subsistemi di prodotto netto', in cui si introduce (per
    ciascuna merce prodotta) una distinzione precisa tra la quota di
    prodotto totale necessaria alla reintegrazione della capacità
    produttiva utilizzata nel sistema economico e la quota che
    costituisce il prodotto netto del particolare subsistema preso in
    considerazione.
Un'interessante proprietà dei subsistemi ottenuti in questo
    modo è che nessuna merce può contemporaneamente
    costituire il prodotto netto di un subsistema e far parte della
    capacità produttiva di un altro subsistema. Questa
    proprietà si rivela utile nella derivazione di grandezze
    quale il reddito totale di un sistema economico (e i principali
    'redditi sociali' che lo compongono) a partire dai flussi di
    produzione e consumo all'interno di un sistema economico di tipo
    circolare. Infatti, come risultato del particolare criterio seguito
    nella costruzione dei subsistemi di prodotto netto, nessun elemento
    costitutivo del reddito può apparire simultaneamente dal lato
    del valore aggiunto e dal lato dei costi di produzione.
La costruzione del reddito totale e dei principali redditi sociali
    (salari, profitti, rendite) a partire dai subsistemi di prodotto
    netto può essere condotta nel modo seguente. Sia 
    
    Formula
    
la relazione tra i prodotti netti dei diversi subsistemi Yi e il
    prodotto netto complessivo Y. La seguente eguaglianza 
    
    Formula
    
esprime la relazione logica esistente fra il 'valore aggiunto' dei
    diversi subsistemi di prodotto netto (il valore della frazione di
    prodotto che costituisce i rispettivi prodotti netti) e il 'valore
    aggiunto' o reddito dell'intero sistema economico.
Il valore aggiunto di ciascun subsistema può essere scritto
    come somma dei redditi sociali (salari, profitti, rendite) che lo
    compongono: 
    
(ν iw + phi π + qi ρ) =
    pYi,
    
dove indichiamo con νi, phi e qi rispettivamente le quantità
    di lavoro, capacità produttiva prodotta e 'terra'
    direttamente e indirettamente richieste nell'intero sistema
    economico per ottenere un'unità del bene iesimo. Il valore
    aggiunto per l'intero sistema economico si ottiene naturalmente
    sommando le espressioni ottenute per i diversi subsistemi: 
    
    Formula
    
Abbiamo prima notato che è possibile sommare i diversi
    subsistemi di prodotto netto ottenendo il reddito totale del sistema
    economico. Questa proprietà (additività dei subsistemi
    di prodotto netto) implica la possibilità di sommare tra loro
    le distinte componenti del valore aggiunto di tali subsistemi,
    ottenendo espressioni per i salari (W), profitti (P) e rendite (R)
    che costituiscono il reddito totale del sistema. Lo stesso reddito
    totale può infine essere espresso nel modo seguente: 
    
pY = W + P + R.
Il semplice schema logico appena presentato mette in evidenza in che
    modo i salari, profitti e rendite che concorrono a determinare il
    valore dei prodotti netti nei diversi subsistemi si sommano a
    formare i salari, profitti e rendite corrisposti nell'intero sistema
    economico. Per questa stessa via si è anche dimostrato che il
    reddito totale del sistema può anche essere espresso come
    somma dei salari, profitti e rendite complessivi. In altri termini,
    il reddito totale di una comunità può essere
    considerato simultaneamente dai due punti di vista, distinti e
    complementari, della formazione di prodotto netto e della sua
    distribuzione fra grandi categorie di redditi sociali. La formazione
    di reddito attraverso la struttura circolare del sistema di
    produzione realizza una condizione di sostenibilità dei
    redditi percepiti, dal momento che la somma di salari, profitti e
    rendite non può eccedere (per via del procedimento logico
    seguito) il valore complessivo dei prodotti netti. In questo caso la
    formazione di reddito è compatibile con il mantenimento della
    capacità produttiva del sistema economico, considerata sotto
    il profilo dei flussi di beni intermedi di cui è necessario
    assicurare la produzione perché il sistema sia in grado di
    riprodursi inalterato nel tempo. D'altra parte i consumi personali
    compatibili con il mantenimento della capacità produttiva del
    sistema economico possono essere identificati attraverso la
    considerazione del livello di domanda effettiva 'finale' che il
    sistema può sostenere una volta soddisfatti i requisiti di
    mezzi di produzione (si tratterebbe quindi di un livello di domanda
    compatibile con la condizione hicksiana di capacità di
    consumo costante).
Se indichiamo con ci (i=1,...,m) il consumo pro capite (o consumo
    medio) del bene iesimo, con pi il corrispondente prezzo, e con N il
    numero complessivo di consumatori, la condizione hicksiana di
    reddito sostenibile può essere espressa nel modo seguente: 
    
    Formula
    
In altri termini, l'espressione pY denota simultaneamente il massimo
    consumo totale che è possibile realizzare nel sistema
    economico senza deteriorare la sua capacità produttiva, e il
    reddito totale compatibile con le condizioni di riproduzione fisica
    dei flussi di beni.
La riformulazione di un sistema circolare di relazioni di produzione
    e consumo in base a un modello per settori verticalmente integrati
    consente la definizione dell'investimento aggregato come vettore
    delle quantità fisiche di merci direttamente e indirettamente
    necessarie a un'espansione della capacità produttiva, e del
    consumo aggregato come vettore delle quantità fisiche di
    merci che non accrescono la capacità produttiva del sistema
    economico. Questo punto di vista è implicito nella
    generalizzazione dinamica del concetto di settore verticalmente
    integrato proposta da Luigi Pasinetti (v., 1988) con l'introduzione
    dei "subsistemi in condizioni di crescita" (growing subsystems), e
    ne costituisce una logica derivazione.La prospettiva appena
    delineata consente di mettere in risalto le caratteristiche di
    alcune relazioni macroeconomiche fondamentali quali quelle espresse
    attraverso i concetti di acceleratore e moltiplicatore. Nel primo
    caso (acceleratore) si mette in evidenza la connessione fra
    l'aspettativa di crescita del reddito complessivo a un certo tasso
    (poniamo g) e l'incremento effettivo della capacità
    produttiva a un tasso più elevato (poniamo g* > g) (v.
    Aftalion, 1908-1909 e 1927; v. Clark, 1917; v. Pasinetti, 1974, pp.
    48-50). Nel secondo caso (moltiplicatore) si considera il nesso tra
    nuovo investimento (espansione della capacità produttiva) e
    formazione di reddito (potere d'acquisto addizionale: v. Kahn, 1931;
    v. Pasinetti, 1974, pp. 36-41).
In entrambi i casi si mette in risalto una relazione asimmetrica tra
    variazione della capacità produttiva e variazione del
    reddito, che a sua volta può essere collegata a una sorta di
    'disequilibrio tecnologico' fra due diverse categorie di mezzi di
    produzione: i capitali fissi e i capitali circolanti. L'investimento
    di Aftalion e di Clark riguarda in primo luogo i capitali circolanti
    (gli stocks di materie prime e semilavorati) e soltanto in un
    secondo momento arriva a interessare le macchine e gli altri
    capitali fissi (v. anche Fanno, 1931). Invece l'investimento di Kahn
    e di Keynes riguarda inizialmente i capitali fissi ed esercita i
    propri effetti sul reddito complessivo attraverso l'esistenza di
    capitali circolanti disponibili e sottoutilizzati (v. Hicks, 1974,
    pp. 9-30).
Relazioni di causalità sequenziale (come è definita in
    Hicks, 1979; v. anche Amendola e Gaffard, 1988, pp. 35-52) sono alla
    base sia dell'acceleratore sia del moltiplicatore. Tuttavia il
    'percorso' della sequenza è diverso nei due casi. Un
    incremento del reddito complessivo attraverso il processo
    dell'acceleratore parte da un impulso relativo alla domanda
    aggregata, interessa in primo luogo i capitali circolanti e si
    propaga gradualmente alle fasi produttive più lontane
    rispetto al consumo finale (capitali fissi). Al contrario, un
    incremento di reddito complessivo attraverso il processo del
    moltiplicatore parte da un impulso relativo ai capitali fissi e si
    propaga passando per stadi di produzione sempre più vicini al
    consumo finale. Il carattere sequenziale della propagazione di
    impulsi attraverso acceleratore e moltiplicatore riflette in ultima
    analisi la struttura temporale dei processi produttivi, da cui
    dipende l'ordinamento gerarchico delle fasi di propagazione (che
    viene percorso in un verso oppure nell'altro a seconda delle
    caratteristiche dell'impulso iniziale).
La definizione di consumi e investimenti aggregati sulla base di uno
    schema analitico per settori verticalmente integrati costruito a
    partire dai flussi di un'economia circolare (v. sopra) mette in
    evidenza le relazioni strutturali di carattere dinamico fra
    componenti del reddito complessivo. Investimenti e consumi sono
    identificati in base alle caratteristiche della formazione di
    prodotto netto (reddito) piuttosto che attraverso la considerazione
    di processi individuali di scelta. In questo modo il contributo dei
    singoli beni alla formazione del reddito e alla sua dinamica viene a
    dipendere dalla tecnologia di produzione e dalle specifiche
    modalità di riproduzione dei flussi di quantità
    fisiche. Ciascun settore verticalmente integrato individua una
    particolare componente nel processo di formazione del prodotto netto
    (e del reddito complessivo). Ciascuna componente (subsistema di
    prodotto netto) comprende un insieme di quantità fisiche di
    beni direttamente oppure indirettamente richiesti nella produzione
    di una data quantità di bene finale (quantità che non
    concorre al mantenimento della capacità produttiva
    complessiva). In questo modo ciascun subsistema di prodotto netto
    può essere scomposto in un certo numero di fasi produttive
    connesse fra loro secondo un criterio di precedenza che vincola la
    sequenza effettiva di propagazione di un impulso.
Il processo di formazione del prodotto netto e del reddito viene
    così collegato al processo di propagazione degli impulsi
    macroeconomici (acceleratore e moltiplicatore), anche attraverso i
    collegamenti fra composizione del prodotto netto complessivo e
    distribuzione del valore aggiunto fra grandi categorie di reddito
    (salari, profitti e rendite). Come si è visto, a ciascuna
    particolare composizione del prodotto netto in termini fisici
    corrisponde una particolare distribuzione del reddito complessivo
    (nell'ipotesi che rimanga immutato il sistema dei prezzi e delle
    variabili distributive). In questo modo diviene possibile esaminare
    gli effetti di un impulso macroeconomico sulla struttura di
    produzione e distribuzione e sui livelli di occupazione secondo la
    sequenza del particolare processo di propagazione che viene
    considerato.Il quadro precedente suggerisce la possibilità di
    considerare, secondo un'ottica strutturale, gli effetti del
    cambiamento negli assetti produttivi (introduzione di nuovi processi
    produttivi e nuovi beni) per quanto riguarda la formazione di
    reddito e la determinazione del livello di occupazione. Infatti
    impulsi provenienti dal progresso tecnico possono operare sia a
    partire dagli investimenti in attrezzature produttive
    (moltiplicatore) sia a partire dalla domanda per beni di consumo
    (acceleratore). In entrambi i casi è possibile individuare la
    sequenza di stadi attraverso cui si realizza la propagazione
    dell'impulso iniziale nei diversi subsistemi di prodotto netto (v.
    Sylos Labini, 1990, per un'analisi delle innovazioni indotte e dei
    loro collegamenti con un'espansione della domanda oppure una
    riduzione dei costi di produzione). La combinazione di sequenze
    indotte da impulsi positivi sulla domanda e sequenze indotte da
    impulsi negativi (ad esempio per la sostituzione di macchine a
    lavoro) consente, in linea di principio, di individuare gli effetti
    complessivi su livello di occupazione e livello di reddito. 
    
    13. Reddito sostenibile, istituzioni e 'capitale
      naturale'
      
Lo schema analitico introdotto nel capitolo precedente
    consente di mettere in evidenza il collegamento fra reddito totale e
    stock di risorse richieste per lo svolgimento dei processi
    produttivi, così da chiarire in che senso sia possibile la
    persistenza nel tempo di un livello di reddito compatibile con il
    mantenimento della capacità produttiva nella sua dimensione
    di fondo anziché di flusso.
Il concetto di reddito sostenibile consente di individuare una
    connessione importante tra formazione di potere d'acquisto e
    mantenimento della capacità di spesa nel tempo, connessione
    che suggerisce alcune interessanti implicazioni sia a livello
    individuale sia a livello sociale. Infatti, lo studio dei flussi di
    reddito (individuale e sociale) presuppone la considerazione di uno
    standard sulla cui base possa essere identificato un potere
    d'acquisto di carattere non meramente accidentale. Questo requisito
    è comune a diverse formulazioni della teoria del reddito,
    benché la sua concreta applicazione possa variare in modo
    anche rilevante da uno schema analitico all'altro.
Ad esempio, nella teoria economica classica il reddito sociale
    è generalmente identificato sulla base di una misura delle
    spese complessive per la reintegrazione dei mezzi di produzione
    necessari per ottenerlo (v. Smith, 1776; v. Storch, 1815; v.
    Ricardo, 1817; v. Malthus, 1820). Nella tradizione postclassica
    (soprattutto inglese) rimane centrale la considerazione del reddito
    come grandezza netta, e quindi il riferimento a una misura dei
    consumi produttivi diretti o indiretti (v. Marshall, 1890; v.
    Edgeworth, 1925; v. Keynes, 1936). Infine, il reddito atteso come
    risultato del possesso di determinate attività patrimoniali
    ha come termine di riferimento le attività alle quali
    è imputabile la percezione del reddito, benché il
    valore capitale di queste ultime sia continuamente soggetto a
    variare (v. Fisher, 1906). La definizione hicksiana di reddito
    può essere considerata come il risultato di un'integrazione
    fra la concezione classica e quella fisheriana, poiché
    l'attenzione per il flusso dei redditi attesi è combinata con
    l'introduzione di un requisito di reddito costante (v. Hicks, 1939,
    p. 172; v. sopra, cap. 3).
Un elemento comune alle teorie del reddito appena menzionate
    è la considerazione del reddito come flusso di potere
    d'acquisto sostenibile in un intervallo temporale sufficientemente
    lungo (il requisito della sostenibilità suggerisce una
    prospettiva di medio e lungo periodo, e richiama per questo motivo
    le connessioni tra flussi e stocks di ricchezza, come sottolineato
    da Baranzini: v., 1991, p. 12). Alcuni schemi analitici sottolineano
    il collegamento tra sostenibilità dei flussi di reddito e
    condizioni tecnico-sociali di riproduzione dei sistemi economici
    (economisti classici). Altri schemi considerano direttamente il
    nesso fra sostenibilità del reddito e disponibilità di
    risorse non prodotte (v. Pigou, 1929³ e 1935). Infine, il punto
    di vista introdotto da Hicks richiama l'attenzione sulle condizioni
    che permettono di avere un'aspettativa di reddito costante: "Se una
    persona non si attende alcun cambiamento nelle condizioni
    economiche, e si aspetta di ricevere un flusso costante di entrate,
    in ogni settimana futura lo stesso ammontare di questa settimana,
    è ragionevole affermare che quell'ammontare è il suo
    reddito. Ma supponiamo che quella persona si attenda di ricevere
    nelle settimane future un ammontare minore di quello percepito
    questa settimana [...] allora non potremmo più considerare
    l'ammontare complessivo delle sue entrate come [il suo] reddito; una
    parte di quelle entrate dovrebbe essere assegnata al conto capitale"
    (v. Hicks, 1939, p. 172).
Il concetto di reddito sostenibile suggerisce all'analisi del
    reddito un quadro concettuale unitario e insieme consente l'indagine
    sistematica di questioni talora non esaminate in modo approfondito
    nella teoria economica. In particolare, i fondi (non prodotti) di
    capacità produttiva possono essere collegati a una
    definizione di reddito sostenibile sia sul piano delle relazioni
    fisiche sia su quello delle relazioni in termini di valore. Nel
    primo caso il vincolo risulta direttamente dalla considerazione dei
    requisiti di capacità produttiva per unità di prodotto
    e dalle dotazioni complessive di ciascun fondo produttivo (come la
    terra). Sia r il vettore dei requisiti di capacità produttiva
    (non prodotta) per unità di merce e Λ la corrispondente
    dotazione complessiva (nell'ipotesi semplificata che vi sia una sola
    categoria di fondi non prodotti). È evidente che il livello
    di reddito (pY) compatibile con il fondo esistente di
    capacità produttiva dovrà soddisfare la seguente
    condizione: 
    
    Formula
    
dove le variabili χi denotano i livelli complessivi di produzione
    delle diverse merci che concorrono alla formazione del prodotto
    netto.
Nel secondo caso il vincolo risulta indirettamente dalla
    considerazione dei vincoli distributivi collegati a un dato livello
    di reddito totale e a una particolare configurazione istituzionale.
    Sia ϱ il saggio di rendita corrisposto come remunerazione degli
    impieghi di capacità produttiva non prodotta (ad esempio come
    remunerazione dell'impiego di terra coltivabile nel caso che siano
    messi a coltura soltanto due tipi di terra e che soltanto un tipo di
    terra dia luogo alla formazione di rendita differenziale di tipo
    ricardiano). Il vincolo di reddito sostenibile introduce un limite
    superiore alla rendita che si avrà in corrispondenza
    dell'impiego di capacità non prodotta, se consideriamo fissi
    i requisiti fisici ri di risorsa per unità di prodotto e il
    saggio di rendita: la massima rendita sostenibile coincide
    evidentemente con la remunerazione complessiva di una
    capacità non prodotta uguale a Λ. Le considerazioni
    precedenti mettono in risalto il carattere essenzialmente unitario
    delle diverse concezioni di reddito sostenibile discusse nella
    teoria economica, benché ciascuna definizione metta a fuoco
    un particolare insieme di contesti e problemi. La definizione
    classica sottolinea il collegamento fra sostenibilità e
    'stato reintegrativo' nel caso di sistemi economici perfettamente
    circolari (assenza di risorse non prodotte). La definizione
    hicksiana mette in evidenza la connessione fra reddito e
    sostenibilità intertemporale di un dato livello di consumi.
    La definizione di reddito sostenibile nel caso di economie che
    richiedano l'utilizzazione di fondi non prodotti (come la terra)
    rinvia alla considerazione di vincoli fisici che potrebbero far
    emergere un limite superiore per il livello di reddito totale
    compatibile con la tecnologia del sistema.Le conclusioni precedenti
    non considerano in modo esplicito la possibilità di crescita
    di un sistema. Lo studio della dinamica economica suggerisce alcune
    integrazioni alle definizioni prima considerate, soprattutto per
    quanto riguarda il collegamento fra crescita del reddito e
    mantenimento della capacità produttiva (prodotta e non
    prodotta), e la stessa distinzione tra flussi di reddito e fondi di
    ricchezza (un esempio è la duplice natura, di flusso oppure
    di fondo, che il risparmio assume a seconda che si considerino i
    nuovi risparmi in corso di formazione oppure i risparmi
    precedentemente accumulati e investiti: v. Fanno, 1935). In
    particolare, lo schema analitico per settori verticalmente integrati
    mette in evidenza l'esistenza di un limite superiore al saggio di
    crescita del reddito totale, data la tecnologia del sistema e la
    dotazione di fondi produttivi non prodotti (v. Quadrio Curzio, 1986;
    v. Pasinetti, 1988; v. Quadrio Curzio e Pellizzari, 1996). Lo stesso
    schema analitico individua la possibilità di sentieri di
    crescita sostenibili in cui il reddito totale del sistema economico
    può aumentare in modo compatibile con la dotazione di fondi
    non prodotti a condizione che opportuni cambiamenti della tecnologia
    consentano di 'liberare' risorse non prodotte oppure di reintegrare
    (attraverso processi di rinnovo indipendenti dall'intervento umano)
    il capitale naturale già degradato (v. Perrings, 1987; v.
    Scott, 1989; v. Georgescu-Roegen, 1990; v. Nordhaus, 1994).In questo
    modo l'analisi del reddito richiama l'attenzione
    sull'opportunità di integrare la considerazione del prodotto
    netto e del consumo finale (caratteristici, rispettivamente, della
    teoria economica classica e di quella neoclassica) con l'indagine (a
    suo tempo avviata da alcuni economisti preclassici) sulle condizioni
    da soddisfare perché un dato fondo di capacità
    produttiva (prodotta e non prodotta) possa essere mantenuto nel
    tempo, così da assicurare la sopravvivenza delle generazioni
    future.(Si ringraziano Mauro Baranzini e Paolo Sylos Labini per aver
    letto e commentato questo articolo. Ogni responsabilità
    rimane ovviamente dell'autore).