Storia del Piemonte

(dal XV secolo all'Unità)
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Il XV secolo

Durante il XV secolo si assiste ad un consolidamento del potere signorile a scapito delle città comunali (già decadute nel secolo precedente) e soprattutto dei vescovi. Il potere vescovile aveva svolto una funzione di collante tra le varie città, ma dagli inizi del Quattrocento, con l'avanzata dei Savoia e il consolidamento delle altre signorie di Monferrato e Saluzzo, venne messo sempre più in disparte.

Il XV è anche il secolo in cui il Piemonte forma i suoi confini geografici attuali: i territori dell'attuale regione, infatti, sono pressoché quelli che possedevano i tre stati dell'epoca. Nella prima metà del Trecento, infatti, i Visconti avevano conquistato Asti e Cherasco. I Savoia in quei tempi si appoggiavano ai milanesi per poter conquistare il Monferrato, passato sotto i Paleologi di Bisanzio e precipitato nella miseria in seguito al termine repentino della dinastia aleramica.

Teodoro I del Monferrato aveva ereditato il feudo dalla moglie Violante, ed era riuscito a tenerlo sotto controllo durante il proprio governo. Ma i suoi giovani successori non seppero fare altrettanto e, dopo l'esperienza disastrosa di Ottone III e la guerra scoppiata sotto uno dei suoi successori, Giovanni Giacomo, lo stato monferrino non seppe più riprendersi. Nel 1432 Giovanni Giacomo fu costretto a firmare una pace molto vantaggiosa per i Savoia, cedendo loro gran parte delle sue terre e dichiarandosi loro vassallo.

Parentesi nel degrado del marchesato monferrino fu il governo di Teodoro II, divenuto per qualche tempo anche padrone di Genova, la cui potenza si basava sul capitano di ventura Facino Cane, che al termine delle guerre venne ricompensato con Alessandria, Novara e Tortona. Vercelli venne occupata dai monferrini e passò nel 1427 ai Savoia.

Disgregatisi i domini viscontei, Amedeo VIII di Savoia si prodigò per conquistarli ed annetterli al proprio feudo. Ottenuto nel 1416 il titolo ducale, concesse al figlio Ludovico il primo titolo di Principe del Piemonte della dinastia. Amedeo, dal canto suo, salì al soglio pontificio come antipapa, con il nome di Felice V. Amedeo concesse anche il primo sistema di statuti (Statuta Sabaudiae) nel 1430.

Mentre i marchesi di Monferrato iniziavano il loro lento declino, i Saluzzesi conoscevano nel XV secolo il massimo loro splendore. I marchesi Ludovico I e Ludovico II aprirono la loro piccola capitale alle arti. Ludovico I, che spesso apparve come paciere nelle beghe piemontesi, diede al marchesato grande splendore, che iniziò già ad incrinarsi dopo le spedizioni militari del figlio Ludovico II. In seguito alla morte di Ludovico II, anche per Saluzzo iniziò un lento declino.

Il XVI secolo

Nel XVI secolo l'unità territoriale del Piemonte fu di nuovo spezzata. Già dal 1494 esso veniva attraversato dalle truppe di Carlo VIII di Francia durante una campagna, quella italiana, che avrebbe stravolto la situazione politica della penisola.

Anche i Savoia, fino a quel momento gli unici feudatari a detenere ancora un potere consistente, nella fase a cavallo tra XVI e XVII secolo caddero in una condizione di debolezza. Dopo la morte di Amedeo VIII il potere era passato al figlio Ludovico e poi al nipote Amedeo IX. Questi, seppur ricordato come un uomo di grande spiritualità tanto da essere dichiarato beato, era malfermo in salute e morì dopo un breve governo. I suoi successori si dimostrarono poco propensi alle conquiste territoriali, governando spesso per pochi anni.
 
Data la debolezza dei principali potentati piemontesi, la discesa di Carlo VIII prima e di Luigi XII dopo segnò un periodo di crisi. Durante le guerre italiane tra spagnoli e francesi, questi ultimi occupano la Savoia e la stessa capitale del ducato, Chambéry. I territori vennero poi recuperati da Emanuele Filiberto, che venne insignito da Filippo II del titolo di Governatore dei Paesi Bassi, sconfisse duramente i francesi a San Quintino nel 1559 (al comando dell'esercito spagnolo) e con la Pace di Cateau-Cambrésis, con la restituzione del ducato di Savoia.

Da quel momento attuò una serie di riforme atte ad accentrare e organizzare intorno a sé il Piemonte. Abolì molti degli antichi privilegi fiscali, così come la servitù della gleba, rafforzò i confini e l'esercito, portandolo ad alti livelli e partecipando con la sua flotta alla vittoria cristiana di Lepanto, cercò (impresa, questa, non riuscitagli) di annettere al Piemonte il Marchesato del Monferrato e quello di Saluzzo. E, cosa assai più importante, egli comprese che il futuro di Casa Savoia non era da cercarsi nella zona francese, ormai unita sotto una potente monarchia, ma in Italia: spostò pertanto la capitale da Chambéry a Torino nel 1562.

A Torino fece edificare la cittadella, della quale oggi rimane solo visibile il maschio centrale, fondamentale sistema difensivo che più di una volta salvò il Piemonte dalle invasioni nemiche. Giovanni Andrea Pauletti la ricorda in questo modo:

«...tra le cose che rendono cospicua e celebre quella Dominante (Torino), vi è la cittadella di figura Pentagona, fabricata e ridotta in tutta perfettione dalla vigilanda del Duca Emanuel Filiberto sopra modello di quella d'Anuersa, nelle Fiandre, che due anni dopo quella fu terminata dal medesimo ingegnere»
I già citati tentativi di Emanuele Filiberto di conquistare Saluzzo e il Monferrato furono possibili solo perché i territori dei due piccoli stati piemontesi si erano ormai disgregati.

Nel 1533 era morto Giovanni Giorgio, ultimo Paleologo, e per la successione era iniziata una dura battaglia diplomatica vinta infine da Federico Gonzaga, che divenne da quel momento anche marchese di Monferrato. Saluzzo, dal canto suo, aveva spontaneamente ceduto la sua indipendenza in un Consiglio, cacciando Gabriele del Vasto e facendosi annettere alla Francia. Sarà Carlo Emanuele I di Savoia che riuscirà ad annettere dopo la Pace di Lione del 1601 il piccolo territorio ai suoi Stati.

Il XVII secolo

Carlo Emanuele I di Savoia tentò una decisiva politica di rafforzamento degli stati sabaudi, impadronendosi di Saluzzo, come già osservato, e volendosi poi appropriare a tutti i costi del Monferrato, per la cui successione scoppiò quel conflitto che Alessandro Manzoni contestualizza nei suoi Promessi Sposi. Così lo ricorda Andrea Pauletti:

« ...Vago di dilatare i proprij confini e di aggrandire le sue province, si mise in Campagna con fortissimo esercito, facendo primo scopo delle sue imprese la recupera del Marchesato di Saluzzo. Entrò nelle guerre civili di Francia, dichiarato Pretettore della Religione. Penetrò alla testa di 18 milla combattenti nella Prouenza, della quale fu acclamato Conte »

Col trattato di Cherasco del 1631 il successore Vittorio Amedeo I riuscì a conquistare una parte dei territori monferrini, ma dovette cedere ai francesi la città di Pinerolo, che da sempre era stata contesa tra le due nazioni per la sua munita piazzaforte ed era stata ripetutamente presa e ripersa da entrambi i contendenti.
I successori di Vittorio Amedeo I furono Francesco Giacinto (morto ancora bambino) e Carlo Emanuele II. Fu Carlo Emanuele a rafforzare ancor di più la macchina bellica piemontese, lasciando ipotizzare già un'ulteriore espansione sabauda se non fosse morto prematuramente. Lasciava il figlio ancora bambino,

Vittorio Amedeo II, preso il potere dalla madre in modo assai brusco, fu al centro delle vicende politiche che lo condussero a divenire primo re di Sardegna. Iniziati gli screzi con Luigi XIV di Francia, Vittorio Amedeo si trovò più volte a dover fronteggiare la minaccia d'oltralpe e all'inizio venne ripetutamente sconfitto nella guerra franco - piemontese del 1690-1696 (battaglie di Staffarda e della Marsaglia). Entrato allora a far parte degli alleati del Re Sole, Vittorio Amedeo rientrò tra le file dei suoi avversari quando gli si presentò l'occasione propizia.

Da Ducato a Regno

I Savoia intervennero attivamente nelle guerre dinastiche che dilaniarono il continente nel Settecento, riuscendo, grazie alla loro abile politica, ad estendere i possedimenti piemontesi. Ecco le annessioni in seguito ai trattati di pace:

Trattato di Utrecht (1713): Vittorio Amedeo II diventa re di Sicilia, titolo modificato nel 1720 con la corona di Sardegna.
Pace di Vienna (1738): Carlo Emanuele III ottiene il Novarese e Tortona
Trattato di Aquisgrana (1748): Carlo Emanuele III annette l'alto Novarese e Vigevano, il confine viene spostato al Ticino.
  
Vittorio Amedeo II subì allora la più minacciosa delle invasioni francesi, sostenuta nel 1706 e che forse si sarebbe risolta in una disastrosa sconfitta se non fosse arrivato il principe Eugenio di Savoia con gli imperiali a difendere Torino assediata da oltre tre mesi (è di questo periodo il sacrificio di Pietro Micca). La battaglia che si svolse sotto le mura della capitale il 7 settembre fu decisiva per il Piemonte, che si vide liberato dai nemici e alla fine, col Trattato di Utrecht del 1713, ottenne la corona regia di Sicilia commutata in seguito con quella di Sardegna.

Il successivo re di Sardegna fu Carlo Emanuele III, che nel suo lungo regno entrò nelle due sanguinose guerre che insanguinavano allora l'Europa: la guerra di successione polacca e la guerra di successione austriaca. Ricavati alcuni vantaggi nel primo conflitto, si vide decisamente meno fortunato nella seconda guerra, arrivando nuovamente a vedere i suoi Stati invasi dai francesi. Persa la Battaglia di Madonna dell'Olmo, riuscì però ad infliggere una pesantissima sconfitta ai nemici sulle alture dell'Assietta nel 1747, recuperando la piena sovranità sul Piemonte.

In questo periodo la corte torinese raggiunge i suoi massimi splendori. Il prestigio di Casa Savoia, che si era celebrato dopo la Battaglia di Torino con la costruzione della Basilica di Superga e la ricostruzione della città in stile barocco, chiamando a corte il grande architetto Filippo Juvara, si evidenzia con fastosi ricevimenti e feste nel Palazzo Reale, nella reggia di Venaria Reale e nella Palazzina di caccia di Stupinigi, tutti veri capolavori dell'arte. Torino si trasforma in quegli anni divenendo una città completamente barocca, con chiese di grande bellezza quali, ad esempio San Lorenzo, in Piazza Castello, realizzata da Guarino Guarini.
L'"assolutismo riformatore" di Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III sviluppò un efficiente apparato militare e burocratico, ma non fu altrettanto produttivo in campo economico e culturale: mancava una forte borghesia in grado di promuovere l'evoluzione della società, il commercio continuava a essere ostacolato da molti dazi interni e l'ortodossia cattolica rimaneva chiusa a ogni spinta riformatrice di stampo illuminista.

L'epoca napoleonica

Con la Prima campagna d'Italia, Napoleone Bonaparte sconfisse pesantemente l'esercito piemontese e l'armistizio di Cherasco, confermato poche settimane dopo dal Trattato di Parigi, comportò l'accettazione, da parte del Re di Sardegna e duca di Savoia, dell'annessione alla Francia rivoluzionaria di Nizza, dell'alta Savoia, l'occupazione delle fortezze di Ceva, Cuneo e Tortona, la neutralità del Regno Sardo ed il libero passaggio dell'esercito francese nel territorio piemontese.

Nelle campagne piemontesi, intanto, stava succedendo il finimondo. Contadini che da sempre si erano schierati dalla parte della monarchia, protestando per le pessime condizioni delle campagne, soggette alle devastazioni della guerra, alle tasse sempre maggiori ed alle angherie delle cattive annate, diedero vita a vere e proprie bande armate che saccheggiarono a più riprese il territorio sabaudo, proclamando effimere repubbliche e venendo respinti con ferocia dai soldati inviati dal re, ormai incapace di gestire una situazione del tutto sfuggita di mano.

Vittorio Amedeo III, isolato e abbandonato anche dai suoi più fedeli sostenitori di un tempo, colpito da apoplessia, morì settantenne nel castello di Moncalieri. Lasciava un regno allo sfascio economico, con la cassa completamente svuotata, mutilo di due province fondamentali - la Savoia e Nizza - e devastato dalle correnti rivoluzionarie. Carlo Emanuele, il principe di Piemonte, che gli successe con il nome di Carlo Emanuele IV, era debole ed incapace a mantenere la situazione sotto controllo.

Dal 1798 cominciarono a spuntare effimere repubbliche, molte provocate da fuoriusciti piemontesi, militari e civili, incoraggiati e sostenuti dalla Francia tramite l'ambasciatore francese a Torino, Ginguené.

Lo scontro maggiore si ebbe il 14 aprile, fra Gravellona ed Ornavasso, ove 4.000 soldati sabaudi sconfissero, dopo sanguinosi combattimenti, i rivoltosi che avevano occupato Intra e Pallanza proclamando una repubblica indipendente. Alla battaglia, che si concluse con la cattura di un centinaio di ribelli, seguì la fucilazione dei prigionieri.

Un'altra concentrazione di ribelli ebbe luogo nell'alto ovadese, dove le truppe sabaude potevano stanarli solo attraversando parte del territorio della Repubblica di Genova, cosa che avvenne provocando una dichiarazione di guerra al Piemonte da parte della medesima. La guerra terminò poco dopo grazie all'interessata mediazione francese.

Anche nei pressi di Alessandria fu brutalmente repressa, con il beneplacito francese, una pesante rivolta. Ma la Francia intervenne poco dopo e molto pesantemente: accusando Carlo Emanuele IV di complicità con Ferdinando I delle Due Sicilie, che il 23 ottobre del 1798, in violazione del Trattato di Parigi del 1796, era entrato in guerra contro le truppe francesi di stanza a Roma, e le cui truppe, comandate dal generale austriaco Karl von Mack, si erano lanciate all'attacco della Repubblica Romana, impose a Carlo Emanuele la rinuncia al Piemonte, che sarebbe diventato francese, costringendolo a trasferirsi in Sardegna. Ancora una volta il Piemonte veniva annesso alla Francia.

La dominazione napoleonica vide da un lato il crollo dell'industria tessile e dei commerci con l'estero, e dall'altro, l'ingresso di molti stranieri (in particolare francesi) che iniziarono a impiantare qui le loro fabbriche e le loro attività.

La Restaurazione

Caduto Bonaparte nel 1815, con la Restaurazione, le vecchie dinastie spazzate via dalle truppe francesi vennero rimesse sul trono. e tra queste i Savoia. In Sardegna, dopo l'abdicazione nel 1802 di Carlo Emanuele IV di Savoia, era succeduto Vittorio Emanuele I. Questi, dunque, venne imposto sul trono a Torino nel Congresso di Vienna in qualità di nuovo Re di Sardegna. Gli Stati di Terraferma del regno (Piemonte, Savoia, Monferrato, Vigevanasco e Lomellina, Nizza), nel 1819 avevano 3.439.785 abitanti, ripartiti nelle divisioni di Torino, Savoia, Genova, Alessandria, Cuneo, Novara, Nizza e ducato di Aosta. La Sardegna era suddivisa in Capo di Cagliari e Gallura e Capo di Sassari e Logudoro con circa 520.000 abitanti. Il ducato di Genova comprendeva anche l'isola Capraia ed aveva circa 500.000 abitanti.

Vittorio Emanuele I e il suo successore Carlo Felice di Savoia erano fratelli di Carlo Emanuele IV. Vittorio Emanuele I aveva solo figlie femmine e Carlo Felice non ebbe figli. La successione a Casa Savoia, dunque, divenne un affare in cui l'Austria vedeva la possibilità di imporre il proprio potere anche su queste terre se mai Vittorio Emanuele I avesse scelto come suo successore il principe Francesco IV d'Este, imparentato con gli Asburgo. Invece, Vittorio Emanuele scelse Carlo Alberto, del ramo Savoia-Carignano, che divenne re nel 1831.

Il Piemonte di quegli anni era attraversato dai moti rivoluzionari. Già nel 1821 gli studenti dell'Università di Torino si erano scontrati con le truppe inviate dal re per fermare l'occupazione dell'istituto attuata dagli alunni. Tutta la regione era in subbuglio, difficile da controllare, anche perché la rivolta era segretamente appoggiata dal principe Carlo Alberto. Santorre di Santarosa, il capo dei ribelli, si era incontrato col principe di nascosto, ottenendo il suo appoggio. L'8 marzo 1821 la rivolta scoppiò lo stesso ad Alessandria e rapidamente si estese fino a Torino, dove Vittorio Emanuele I preferì abdicare nei confronti di Carlo Felice. Siccome questi si trovava a Modena, Carlo Alberto assunse la reggenza e proclamò la costituzione, subito sconfessata dallo zio. Il giovane principe assicurò che stava preparando la resistenza contro l'intervento in Piemonte degli austriaci, ma si rifugiò prima a Novara e poi a Modena. Le forze costituzionali cercarono egualmente di tenere testa a quelle austriache, ma vennero sconfitte a Novara. Carlo Felice fece incarcerare molti patrioti e la rivolta sembrò placata.

Verso l'Unità d'Italia

Nel 1848 Carlo Alberto, divenuto re di Sardegna, mosse contro l'Austria nella prima guerra di indipendenza. A fianco dell'esercito sardo intervennero anche altri soldati provenienti da altri stati italiani, ansiosi di liberare i territori soggiogati.

All'inizio vi sono alcuni successi importanti: nelle battaglie di Monzambano, Valleggio e Pastrengo i sardi ottengono alcune vittorie; l'esercito piemontese, comunque, avanza con ritardo: una colonna entra in Milano, ma non insegue subito gli austriaci in rotta.

Carlo Alberto pose l'assedio a Peschiera, una delle quattro città del "Quadrilatero". L'attacco del maresciallo Radetzky si risolve con la disfatta nemica nella battaglia di Goito (30 maggio). Lo stesso giorno si arrense Peschiera. Carlo Alberto, però, tergiversò ancora una volta e il maresciallo tedesco riuscì a riconquistare le piazzeforti venete.

In seguito al ritiro delle truppe pontificie e napoletane, il Piemonte si trovò solo a fronteggiare l'Austria e fu sconfitto nella battaglia di Custoza. Le truppe sarde dovettero ripiegare e vennero ancora sconfitte a Novara. Carlo Alberto firmò l'armistizio e partì in esilio per Oporto. Gli succedeva il giovane Vittorio Emanuele II di Savoia.

In seguito alla disfatta, il Piemonte cercò di riattivare la propria economia. Massimo d'Azeglio, presidente del consiglio, approvò le leggi "Siccardiane" in seguito alle quali i privilegi di cui il clero aveva sempre goduto venivano aboliti. Il Piemonte stava cercando di rimodernarsi, e un grande passo avanti in questo processo venne dato da Camillo Benso conte di Cavour, presidente del consiglio dal 1852. Conscio del ritardo accumulato dal Regno di Sardegna rispetto agli altri paesi europei, Cavour intraprese una coraggiosa serie di riforme istituzionali, amministrative ed economiche che contemplavano, tra l'altro, la canalizzazione del Vercellese, la nascita di importanti istituzioni assistenziali, l'eliminazione di molti dazi doganali, i finanziamenti alle industrie, la creazione di ferrovie, la costruzione di navi. La società piemontese si inseriva nel movimento culturale ed economico della borghesia europea, grazie anche alla presenza in Piemonte di molti esuli provenienti da ogni parte d'Italia.

Per avvicinarsi alle grandi potenze anche nel campo militare, Cavour ottenne che i suoi soldati partecipassero alla guerra di Crimea. Cavour partecipò al Congresso di Parigi figurando tra le nazioni vincitrici.

Ammodernato lo Stato e rafforzato l'esercito, il Piemonte (con il tacito appoggio di Napoleone III) si preparò a riprendere i combattimenti. Ammassò sul Ticino le truppe aspettando che l'Austria, sentendosi minacciata, attaccasse per prima, facendo sì in questo modo che i francesi entrassero in aiuto dei piemontesi. La trappola funzionò e gli austriaci furono respinti nella battaglia di Montebello ed a Magenta. Il 24 maggio furono ripetutamente sconfitti a Solferino e San Martino, mentre Giuseppe Garibaldi marciava verso il Veneto: fu costretto a fermarsi per il rifiuto di Napoleone III di proseguire nel conflitto. In seguito alla pace la Lombardia passò al Piemonte.

Rapidamente altre nazioni dell'Italia Centrale vennero annesse attraverso plebisciti al nuovo Regno d'Italia. Ormai la nuova nazione comprendeva tutte le terre dal Piemonte alle Marche. La Savoia e Nizza, invece, erano state cedute, come da trattato, alla Francia quale ricompensa per il suo intervento in guerra.
Garibaldi, intanto, nel 1860 sbarcò a Palermo e conquistò la Sicilia, attraversando poi con le sue mille camicie rosse lo stretto di Messina e raggiungendo la Calabria. La debole resistenza borbonica venne presto fiaccata e molte città insorsero in suo favore. A Torino, Vittorio Emanuele II decise di raggiungere Garibaldi verso sud, passando nelle Marche per raggiungerlo. Il 7 settembre Garibaldi entrò a Napoli. Poco dopo, Vittorio Emanuele incontrò il generale nizzardo a Vairano Scalo, prendendo così possesso dell'intera Italia meridionale.