COSTITUZIONE
In senso lato, struttura essenziale di qualsiasi ente o gruppo
sociale, cioè il complesso di norme, scritte o anche
consuetudinarie, e l'insieme di istituzioni che ne determinano
l'assetto essenziale. È dunque corretto parlare di costituzione a
proposito di qualunque ordinamento giuridico: da quello di
organizzazioni internazionali a quello di entità parziali e
inferiori, come per esempio gli stati membri di uno stato federale,
le regioni o le associazioni private. Con il termine costituzione,
tuttavia, ci si riferisce in genere più specificamente all'assetto
fondamentale dello stato, ritenendo che la forma tipica di
ordinamento giuridico sia quella statuale.
COSTITUZIONE MATERIALE E COSTITUZIONE FORMALE.
Al riguardo il termine può essere inteso o in senso materiale o in
senso formale. Nel primo senso identifica l'ordinamento fondamentale
dello stato nei suoi principi e nelle sue strutture, non solo quale
risulta dalle norme scritte o non scritte che lo disciplinano, ma
quale si pone nell'effettiva realtà. Una costituzione, perciò,
esiste sempre, anche quando essa può ridursi a una sola istituzione
(per esempio quella monarchica) e a una norma (quella che
attribuisce tutti i poteri al re). L'espressione stato
costituzionale, di conseguenza, ha un valore essenzialmente
storico-politico e si riferisce a un ben preciso movimento
ideologico, sviluppatosi tra la fine del Settecento e la prima metà
dell'Ottocento, che portò all'introduzione delle prime costituzioni
moderne nel quadro di un processo di limitazione e frammentazione
del potere assoluto detenuto dalle monarchie europee (vedi
costituzionalismo). In senso formale, si intende per costituzione il
documento nel quale sono contenuti i princìpi e gli istituti
fondamentali dell'organizzazione statale. Le costituzioni scritte si
dicono anche formali per rimarcare il fatto che sono racchiuse in
una particolare forma giuridica, che viene loro conferita da un
procedimento di formazione diverso da quello adottato per
l'emanazione degli altri atti normativi. Si ha invece una
costituzione consuetudinaria quando non esiste un documento che
contenga la grande maggioranza delle norme costituzionali, ma
singole leggi costituzionali che stabiliscono solo particolari
principi e disciplinano solo particolari rapporti. In tal caso
l'assetto costituzionale dello stato viene determinato da norme
consuetudinarie e di costume, espresse spontaneamente dalla
collettività nel corso dei secoli, e viene garantito da un ampio e
duraturo consenso popolare (l'esempio tipico è la Gran Bretagna).
COSTITUZIONI RIGIDE E COSTITUZIONI FLESSIBILI.
Riguardo all'efficacia delle loro norme, le costituzioni si
distinguono poi in rigide e flessibili, a seconda che per
modificarle, integrarle o abrogarle sia necessario un procedimento
diverso e aggravato rispetto a quello adottato per l'approvazione
delle leggi ordinarie, oppure sia sufficiente quest'ultimo. Da ciò
consegue che, mentre nelle costituzioni flessibili le diverse norme
hanno la stessa forza di quelle della legislazione ordinaria, dalle
quali si distinguono soltanto per il loro oggetto, nelle
costituzioni rigide le norme costituzionali hanno un'efficacia più
alta e assumono nella gerarchia delle fonti un grado superiore a
quello delle leggi ordinarie. Qualora queste ultime fossero in
contrasto con una norma contenuta in una costituzione rigida,
sarebbero costituzionalmente illegittime e potrebbero essere
sottoposte a un controllo di costituzionalità volto a dichiararne
l'invalidità. Le costituzioni rigide, pertanto, offrono maggiori
garanzie di stabilità dell'ordinamento supremo dello stato, mentre
quelle flessibili si prestano per loro natura a essere più
facilmente modificate.
Lo Statuto albertino, per esempio, era di tipo flessibile e il
fascismo, almeno dal punto di vista formale, non trovò particolari
difficoltà per abolire il sistema liberale e instaurare la
dittatura.
La Costituzione italiana del 1948, invece, è di tipo rigido, perché
il procedimento di formazione delle leggi di revisione
costituzionale è aggravato rispetto a quello ordinario. Essa è
garantita inoltre da una Corte costituzionale che controlla la
conformità delle leggi ordinarie con il dettato costituzionale.
Le costituzioni flessibili non vanno comunque confuse con quelle
elastiche, quelle cioè che per la genericità di alcune formule e la
indeterminatezza di alcuni concetti si prestano a essere
interpretate e attuate in modo non univoco. In relazione poi al loro
procedimento di emanazione le costituzioni si distinguono in
ottriate (o concesse) e votate (o di emanazione popolare).
Generalmente cambia, al riguardo, anche la loro denominazione: così
avremo carte o statuti, oppure patti costituzionali, oppure
costituzioni in senso stretto, a seconda che esse siano state
emanate dal monarca assoluto nella pienezza dei suoi poteri (è il
caso ancora dello Statuto albertino), oppure dal monarca e dal
popolo congiuntamente, o direttamente dal popolo. Quest'ultimo caso
si ha quando il documento viene redatto e approvato dai
rappresentanti del popolo, riuniti in apposite assemblee costituenti
(esempi ne sono la costituzione francese del 1875 e quasi tutte le
costituzioni varate dopo la Prima guerra mondiale, compresa quella
italiana del 1948). Talvolta, però, viene riservato al popolo il
diritto di intervenire successivamente mediante consultazioni
referendarie per approvare o disapprovare il lavoro compiuto. È
superfluo sottolineare che il passaggio da un documento ottriato a
uno votato segna una maggiore realizzazione degli ideali
democratici.
Le costituzioni si distinguono ancora in corte e lunghe, a seconda
che si limitino a disciplinare le materie strettamente
costituzionali (l'organizzazione dello stato, i rapporti tra
governanti e governati), oppure anche materie diverse. Al primo tipo
appartiene, per esempio, la costituzione federale degli Usa,
composta da un preambolo, sette articoli e ventisette emendamenti;
al secondo le costituzioni di alcuni paesi comunisti, come quella
della Iugoslavia che conteneva ben 406 articoli, oltre a dieci
paragrafi introduttivi dedicati ai principi fondamentali. Un'ultima
distinzione si può infine avere tra costituzioni convenzionali e
ordinative: le prime sono redatte e approvate da forze politiche
che, pur essendo separate tra loro da profonde divisioni
ideologiche, giungono, mediante reciproche concessioni, a dare un
assetto costituzionale unitario allo stato; le seconde promanano
invece da un'unica forza politica che detiene il potere o perché è
storicamente sola in quel determinato periodo, o perché tale è
rimasta dopo aver sopraffatto tutte le altre. La costituzione
italiana è di tipo convenzionale: fu il risultato, infatti, di una
lunga opera di mediazione condotta da esponenti di forze politiche
di matrice cattolica, marxista e liberaldemocratica, tutte
rappresentate all'Assemblea costituente.