Storia del nazismo

 

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La Repubblica di Weimar (1918-1933)

La rivoluzione tedesca e la nascita della Repubblica

Quando nel 1918 finisce la guerra, in Germania scoppia la rivoluzione. E' una nazione esausta, prostrata dalla guerra. Le perdite umane sono state ingentissime: un milione e ottocentomila morti. Vi sono inoltre più di quattro milioni di feriti. E poi: distruzioni, ingegni sprecati, menti devastate, disperazione... La rivolta è spontanea, senza nessuna guida ideologica o organizzativa, alimentata dalla fame, dalla delusione della guerra perduta, dalla volontà diffusa di cacciare i responsabili. Alcuni dei rivoluzionari vogliono la democrazia parlamentare, altri un sistema politico come quello russo, tutti vogliono la Repubblica e le dimissioni del Kaiser. C'è molto idealismo ed entusiasmo, ma non c'è nessuno capace di guidare i tanti focolai rivoluzionari che nascono un po' dappertutto.

Il 30 settembre il cancelliere Hertling rassegna le sue dimissioni e la carica viene assunta il 3 ottobre dal principe Max von Baden, un monarchico liberale favorevole alle riforme interne e all'intesa internazionale. L'8 novembre il cancelliere Max von Baden chiede con fermezza all'imperatore di abdicare. Gli operai di Berlino scendono nelle strade e anche il generale Hindenturg e il successore di Ludendorff, il generale Groener, si uniscono alla richiesta avanzata dal cancelliere. Poiché Guglielmo II tergiversa, il Cancelliere nomina suo successore il leader socialdemocratico Friedrich Ebert e annuncia l'abdicazione.

In questo clima ormai assai prossimo alla rivoluzione totale, il 9 novembre 1918 i leader socialdemocratici Friedrich Ebert e Philipp Scheidemann, da un balcone del Reichstag, proclamano la repubblica. Ebert diventa così il capo del primo governo repubblicano provvisorio di sei membri, tre socialdemocratici e tre indipendenti, che resisterà meno di due mesi. La nascita della Repubblica è salutata dalle potenze vincitrici come l'inizio di una nuova epoca per i tedeschi. Alcuni ritengono prematura la proclamazione della repubblica; secondo Scheidemann però essa giunge appena in tempo per prevenire gli spartachisti che sono pronti a proclamare una repubblica sovietica. La notte stessa il kaiser Guglielmo II fugge in Olanda.

Il governo provvisorio si scioglie il 27 dicembre con le dimissioni degli indipendenti. Nel frattempo in tutto il paese si sono costituiti dei consigli di operai e soldati (soviet), sul modello sovietico, e gli scioperi si susseguono. La Socialdemocrazia non sa bene se sostenere la rivoluzione o no. Da una parte sostiene alcune delle richieste dei rivoluzionari, dall'altra parte ne era anche piuttosto spaventata. Dopo tanti anni di opposizione è arrivato finalmente il momento di poter governare e all'improvviso si vedono superati a sinistra da una grande massa di rivoluzionari costituita in parte anche da propri sostenitori e militanti. Per la media e l'alta borghesia e per le forze militariste e monarchiche la rivoluzione è invece un vero e proprio choc. Nasce così una strana alleanza tra la socialdemocrazia e le forze militariste della destra più estrema. Nessuna delle due forze ha da sola la forza di placare l'ondata rivoluzionaria. Insieme ci riescono facilmente.

La Germania, anche quella socialista, ha paura della rivoluzione, così la nascita del partito degli spartachisti (i comunisti), il 1° gennaio del '19, è vista con molta preoccupazione. Lo guidano Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, che mirano ad una spontanea sollevazione della classe operaia.

Una sollevazione che non ci sarà, nonostante scioperi e manifestazioni. L'alleanza tra socialdemocratici ed estrema destra è spietata. In un paio di settimane l'esercito entra in azione e il 15 gennaio Luxemburg e Liebknecht vengono uccisi da un gruppo paramilitare. Altri scioperi e timidi tentativi insurrezionali a Brema sono stroncati nei mesi successivi. Stessa cosa avviene in Baviera: il 28 febbraio viene assassinato a Monaco il governatore del lander, un noto esponente socialista indipendente, Kurt Eisners. In marzo il socialdemocratico Noske, incaricato del mantenimento dell'ordine, accetta l'aiuto piuttosto equivoco dei fanatici Freikorps, organizzazioni paramilitari di frettolosa costituzione composti di ex-ufficiali, disoccupati e giovani avventurieri smaniosi di uccidere. L'assassinio di Eisner innesca una serie di violenze in Baviera, seguite poi da uno sciopero generale e dalla proclamazione di una repubblica sovietica che viene a sua volta rovesciata alla fine di aprile e all'inizio di maggio con selvaggia brutalità dalle truppe governative. Una delle vittime è lo scrittore Gustav Landauer, comunista di nobile idealismo, picchiato a morte in prigione dai soldati.

La rivoluzione "fallita" e la frattura insanabile fra socialdemocratici e comunisti, saranno tra le cause che favoriranno indirettamente l'ascesa del nazismo.

La Costituzione di Weimar

Il 19 gennaio 1919 si tiene una consultazione nazionale per l'elezione dei deputati all'Assemblea costituente che deve redigere la Costituzione e, nonostante il boicottaggio dei comunisti, più di trenta milioni di tedeschi vanno alle urne. Il partito socialdemocratico esce vincitore dalla consultazione e la neo-eletta Assemblea costituente esprime una maggioranza di fautori della democrazia borghese.

L'assemblea è inaugurata solennemente il 9 febbraio 1919 e due giorni più tardi elegge presidente Ebert che, a sua volta incarica il socialdemocratico Philipp Scheidemann di formare un governo. Il primo gabinetto è costituito con membri dei tre partiti maggioritari, socialdemocratici, cattolici di centro e democratici: la coalizione di Weimar.

A Versailles, nel frattempo, una delegazione tedesca, che vi è stata invitata con disprezzo a ricevere le condizioni di pace, cerca di migliorare almeno lievemente quanto non può modificare in sostanza. Le notizie dalla Francia fomentano nuove tensioni in Germania. Il 20 giugno il governo Scheidemann rassegna le dimissioni. Gli succede il giorno seguente un gabinetto presieduto da un altro socialdemocratico, Gustav Bauer, che cercò di far stralciare dal trattato perlomeno alcuni articoli. Gli alleati però sono inflessibili: gli sconfitti devono firmare senza riserve. Posto di fronte a un ultimatum, il governo tedesco cede e il 28 giugno una nuova delegazione capeggiata dal ministro degli esteri socialdemocratico Hermann Muller firma il trattato.

Versailles

Il trattato di Versailles impone pesanti gravami economici, politici e psicologici alla Germania sconfitta. L'Alsazia-Lorena è restituita alla Francia, la Prussia orientale viene separata dal cuore della Germania con la cessione alla Polonia della Prussia occidentale, della Slesia superiore e della Posuania. Danzica diventa una città libera, il Belgio acquista alcuni piccoli distretti, la Germania è privata di tutte le sue colonie, si proibisce la fusione con l'Austria, si impone l'occupazione militare della sponda sinistra del Reno. Da subito, gli alleati prendono possesso del bacino della Saar. L’esercito tedesco viene ridotto a 100.000 effettivi, la marina a 16.000, l’aeronautica vietata. Ma le condizioni più inaccettabili e che contribuiscono di più a infiammare gli animi sono quelle contenute negli articoli che privano i tedeschi di quella cosa intangibile che è "l'onore". Il trattato prevede la consegna da parte della Germania dei "criminali di guerra", incluso il deposto imperatore, perché siano processati per "atrocità" e nell'articolo 231 insiste perché "la Germania e i suoi alleati" accettino "la responsabilità" di aver provocato tutte le perdite e i danni "cui le potenze alleate erano state esposte dalla loro aggressione". La clausola non fa uso esplicitamente del termine "colpa", ma viene subito bollata come la "clausola di colpa", e se praticamente tutti i tedeschi sperano in una sua abrogazione, qualcuno ripone la sua speranza nella vendetta. Infine le riparazioni in denaro che, dopo complicati conteggi, vengono fissate nel 1921 nell’enorme cifra di 269 miliardi di marchi-oro pagabili in quarant’anni, scontati poi in 132 miliardi per trent’anni.

La Costituzione viene approvata dopo sei mesi di lavori, il 31 luglio del 1919, e diviene legge l'11 agosto. Prevede una repubblica federale (il territorio viene suddiviso in 17 Lander = regioni); un Reichstag eletto a suffragio universale, a partire dai vent'anni di età, con il sistema proporzionale, cui spetta il potere legislativo; la possibilità di promuovere referendum e leggi di iniziativa popolare; un presidente del Reich eletto direttamente ogni 7 anni, cui spetta il potere esecutivo, la nomina del cancelliere, la guida dell'esercito. All’epoca viene considerata un gioiello di liberalità, basata com’è su di un delicato mélange di parlamentarismo e presidenzialismo. Molti diritti ed istituzioni, che oggi sono normali in tutti i paesi democratici, nascono proprio in quei giorni. Per la prima volta, anche le donne hanno il diritto di voto e i sindacati ottengono competenze importanti che possono migliorare la situazione dei lavoratori. Insomma, sono gettate le basi per far crescere una nazione democratica. La Germania adotta perfino una nuova bandiera, quella nera, rossa e oro del 1848. Ma l'articolo 48 della Costituzione avrebbe purtroppo assunto una grave importanza storica: esso prevede che, ove la sicurezza dello Stato sia posta in pericolo, il presidente abbia facoltà di prendere provvedimenti d'emergenza con valore di legge.

Il clima sociale resta teso. Mentre la nobiltà accoglie con disappunto la nascita della repubblica, l'esercito inizia a far politica ed a fornire la manovalanza per le formazioni di estrema destra. Nel marzo del '20 si assiste anche ad un tentativo di colpo di stato, promosso da squadre armate, i "Freikorps", reclutate fra i soldati e gli ufficiali smobilitati dopo la disfatta. In seguito al putsch di Kapp, il cancelliere Bauer lascia il posto al compagno di partito Müller, e il nuovo cancelliere mantiene l'unità della coalizione fino a giugno.

Il 6 giugno 1920 si tengono le elezioni per il Reichstag e per i repubblicani si tratta di un disastro. Il partito tedesco-nazionale e il tedesco-popolare di Stresemann emergono con forza, guadagnando milioni di voti e dozzine di seggi; il partito democratico scende a quasi un terzo della sua forza elettorale, il partito socialdemocratico raccoglie soltanto cinque milioni e mezzo di voti, mentre i socialisti indipendenti mostrano di aver acquistato una nuova grande forza.  La coalizione di Weimar con undici milioni di voti e 225 deputati perde il controllo del Reichstag; gli altri partiti, infatti, nel complesso raccolgono 14 milioni e mezzo di voti e i 251 seggi.

Intanto gli assassini politici sono all'ordine del giorno. Nell'agosto del '21 viene ucciso il ministro delle finanze Matthias Erzberger, che aveva firmato l'armistizio di Versailles; nel giugno del '22 viene assassinato Walther Rathenau, ministro degli esteri, proprietario dell'industria Aeg, uomo di profonda cultura, che stava lavorando per l'applicazione di quegli accordi. Nel '23 Hitler e i suoi tentano un putsch a Monaco. Tra il 1919 e il 1922 vengono commessi 376 omicidi politici, quasi tutti da parte dell'estrema destra. Intanto la situazione economica è grave.

La crisi del 1923

L''economia tedesca, disastrata dalla guerra, fa fatica a riprendersi nel clima di totale insicurezza politica e sotto le pesanti condizioni che il trattato di Versailles ha imposto alla Germania. Molti tedeschi si sentono umiliati da questa situazione. Nel gennaio del '23 la Francia e il Belgio occupano il bacino della Ruhr. Per la propaganda di destra è la cosa migliore che poteva capitare, e i partiti di destra, quello di Hitler in modo particolare, lo sfruttano per molti anni come uno dei più efficaci argomenti di propaganda, contro tutti quelli che vogliono invece stabilire buoni rapporti con gli ex-nemici.

I prezzi galoppano. Già dalla guerra si sentivano gli effetti di una inflazione abbastanza consistente e preoccupante. Per pagare gli enormi costi della guerra, il governo tedesco comincia a fare ciò che fanno tutti i governi, quando non sanno più come affrontare una montagna di spese incontrollabili: stampava più banconote, con le conseguenze facilmente prevedibili. Questa inflazione, a partire dal 1922, comincia rapidamente ad aggravarsi. Il denaro perde di valore a vista d'occhio. Prima si paga pane, latte e patate con alcune migliaia di marchi, poi si passa ai milioni, per infine arrivare a miliardi e addirittura a migliaia di miliardi di marchi.

Gli operai vengono pagati ogni giorno, dall'ufficio paga corrono subito verso il mercato per spendere tutto e subito, perché un'ora più tardi i prezzi potevano essere già raddoppiati e il giorno dopo le stesse banconote non valevano più nulla. 200 fabbriche di carta stampano, giorno e notte, nuove banconote, francobolli e altri valori con sopra delle cifre sempre più astronomiche.

Alla fine del 1923, la giovane Repubblica di Weimar ha appena 4 anni. In questi 4 anni ha visto 2 tentativi di colpo di stato, centinaia di omicidi politici, un'inflazione senza precedenti nella storia e un conseguente esaurimento dell'economia. Il paese è profondamente lacerato e le forme di lotta politica a destra e a sinistra si stanno deteriorando. Per molti le conquiste della democrazia non contano più nulla, anche perché economicamente si sta peggio che prima della guerra.

La svolta di Stresemann

Nel 1923, con la nomina a cancelliere di Gustav Stresemann, leader del Partito Popolare, le cose cambiano profondamente. Stresemann prova, e con successo, a far cessare gli scioperi e a riannodare il confronto con gli alleati vincitori, in particolare con la Francia. Dopo la breve esperienza come cancelliere, Stresemann è nominato ministro degli esteri e in questo ruolo, con la collaborazione del ministro degli esteri francese Aristide Briand,  è responsabile del Patto di Locarno con cui Germania, il Belgio, la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia s'impegnano a garantire le frontiere franco-tedesca e germano-belga (1925), dell’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni (1926) e del trattato di non aggressione russo-germanico. Nel 1925 la conciliazione tra Francia e Germania è sancita anche dal premio Nobel per la pace assegnato quell’anno ai due ministri degli esteri artefici della distensione. Nel frattempo gli Stati Uniti varano il Piano Dawes a sostegno dell'economia tedesca e cessa l'occupazione della Ruhr. L'economia riprende fiato, finanzieri americani e inglesi concedono prestiti, la stabilità della Germania pare un fatto acquisito.

Nei cinque anni successivi il Paese vive un fortissimo rilancio economico. Sono i cosiddetti "anni d'oro" della Repubblica di Weimar. Insieme ad una sorprendente capacità di ripresa economica, la Germania dimostra  una straordinaria vivacità in campo culturale. Cominciano a fiorire il cinema, il teatro, la letteratura, la pittura, la musica, i cabaret.

Berlino, che negli anni venti arriva a 4 milioni di abitanti (oggi ne ha solo 3,5), diventa così la capitale europea della cultura, della creatività e del divertimento. Sono gli anni dei film di Fritz Lang e di Murnau, del teatro di Brecht, della pittura di Klee e Kandinsky. Sono gli anni in cui si affermano scrittori come Thomas Mann, Alfred Döblin, Herman Hesse, Erich Maria Remarque, Elias Canetti, filosofi come Martin Heidegger, sociologi come Max Weber. La cultura di Weimar diventa un mito nei salotti di Parigi o di Praga. Nasce l'espressionismo, la "Nuova oggettività", artisti come George Groz mettono alla berlina il potere, nasce la più originale scuola artistica del '900, la Bauhaus. Si insegna architettura, scultura, pittura, fotografia, design. Il suo fondatore è Gropius, un architetto che ha una visione socialdemocratica della società e mira a valorizzare il lavoro e la manualità degli artigiani. La scuola viene fondata nel '19 a Weimar e nel '25 si trasferisce a Dessau. Tra i suoi insegnanti, Klee, Kandinskij, van der Rohe. Si diffonde un clima allegro e spensierato, la gente vuole dimenticare la politica e la guerra, vuole guardare verso il futuro, vuole star bene. La Germania comincia a respirare, sembra finalmente la svolta.

Nel '25, con la morte del presidente Friedrich Ebert, viene eletto come suo successore il vecchio maresciallo Paul von Hindenburg.

Hindenburg

Questi, gloria dell'esercito tedesco nel secondo Reich, è sostenuto solo dai monarchici e della borghesia, ma appare un personaggio credibile anche se conservatore, forse anche per l'età, 78 anni. Socialdemocratici e comunisti si presentano invece con due candidati diversi e vengono sconfitti, anche se la somma dei voti dei due è maggiore dei voti al maresciallo.

Il crollo del 1929

Nel 1929, dopo 5 anni finalmente felici per i tedeschi, anche a livello internazionale la Germania ha conquistato nuove simpatie. Ma con il famoso "Venerdì nero" a New York crolla la borsa e inizia una lunga e profonda crisi economica mondiale. La Germania, il cui boom è basato in gran parte sulla collaborazione e su soldi americani, è colpita più di ogni altra nazione. Oltre al proletariato, anche impiegati, negozianti, artigiani, piccoli commercianti, insomma tutta la piccola borghesia tedesca è schiacciata dalle difficoltà economiche. E' il fallimento per banche ed aziende, ma soprattutto la rovina per la classe media, che inizia a guardare al partito nazista come ad un salvatore. I governi si succedono, incapaci di dare una rotta al paese. In pochi anni, dal 1929 al 1932, il Paese precipita in una crisi che sembra inarrestabile e che vede alla fine l'arrivo di Hitler al potere.

Contemporaneamente a questa crisi drammatica, si risvegliano anche al livello politico tutti i fantasmi che avevano già dominato i primi anni infelici della Repubblica. Nel parlamento ci sono 13 partiti anche piccolissimi che si aggrappano al potere e che non capiscono che le accanite lotte tra di loro favoriscono solo uno: Hitler.

La Repubblica di Weimar ha visto 20 governi in 14 anni, 5 elezioni politiche negli ultimi 6 anni, un mare sempre crescente di disoccupati, una violenza politica sulle strade soprattutto tra comunisti e nazisti con morti e feriti quasi ogni fine settimana. Tutto questo fa svanire definitivamente ogni fiducia nella democrazia che entra in un'agonia irreversibile. E le elezioni del '30 sono il primo grande successo per Hitler e il suo partito. La repubblica comincia a sgretolarsi, fino al 30 gennaio '33, quando Hitler diventa cancelliere.

Le origini del Nazismo

La sconfitta della grande guerra fu pagata a caro prezzo dalla Germania, messa in ginocchio e ridicolizzata dai vincitori con il trattato di Versailles. Nonostante la proclamazione della Repubblica di Weimar, il Paese era disastrato dalla fame, dalla disoccupazione, con l’inflazione che raggiunse livelli talmente spaventosi da ridurre il marco a mera carta straccia. I tumulti di piazza, i disordini erano all’ordine del giorno e il governo appariva troppo debole per poter arginare la protesta e le insurrezioni che rendevano sempre più concreto, lo spettro di una rivoluzione filo-bolscevica.

In questo quadro angosciante e caotico, si ritrovò a convivere un reduce di guerra di origine austriache, Adolf Hitler, sconvolto da una sconfitta attribuibile, nei suoi pensieri, al tradimento degli ebrei e dei comunisti, da lui considerati i veri nemici del popolo tedesco.

Nel luglio 1919 il giovane Hitler entrò in contatto con il partito dei lavoratori tedeschi, un piccolo gruppo nazionalista di estrema destra guidato da Anton Drexler, che traeva le proprie origini da circoli e sette esoteriche come la Thule e dall’influenza di tetri e enigmatici personaggi come Dietrich Eckart, Karl Haushofer, Helena Petrovna Blavatsky, Jorg Lanz Von Liebenfels, tutti fattori che hanno contribuito a creare un macabro alone di mistero e di occulto, circa presunti lati oscuri del nazional-socialismo e circa il suo legame con il mondo del paranormale.

Dopo aver scritto nel settimanale del partito, il Völkischer Beobachter di Monaco e dopo aver esposto, il 24 febbraio 1920, in una birreria di Monaco (la "Hofbräuhaus"), in venticinque punti, il suo programma, fondato su teorie razziali, il 10 luglio 1921, Adolf Hitler fu nominato capo del movimento che era stato ribattezzato "partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi"; l’emblema della formazione divenne la svastica, un’ antica immagine della tradizione indoeuropea simboleggiante la fortuna, nota nella religione nordica per essere legata al Sole e rappresentante Thor, il Dio del Fulmine; nelle teorie occulte della Blavatsky, la svastica era il simbolo esoterico più importante, da lei indicato come l’emblema della razza ariana.

Il partito fu anche organizzato militarmente, attraverso la nascita delle SA (squadre d’assalto), i gruppi paramilitari nazisti, diretti dal comandante Ernst Rohm, che vennero impiegati da Hitler e dai suoi seguaci, nel cosiddetto putsch di Monaco, il fallito colpo di stato del novembre 1923, che provocò l’arresto del futuro fuhrer e la sua condanna a cinque anni di reclusione nel carcere di Landsberg; nella realtà la prigionia durò meno di un anno e fu proprio durante la sua detenzione che Hitler dettò al fedele amico Hess, camerata della prima ora, il "Mein Kampf", la bibbia della dottrina nazional-socialista ove furono esposti i principi cardine di un’ideologia fondata sulla necessità di garantire alla razza ariana la giusta espansione verso i territori orientali ed il dominio sui popoli inferiori tra cui, in primis, quello ebraico, considerato la causa di tutti i mali e, come tale, da eliminare; nel "Mein Kampf, la storia è vista nell’ottica di una guerra, nella quale le razze superiori sottomettono quelle inferiori, attraverso la necessaria costituzione di uno stato fortemente autoritario, volto a creare le basi per la creazione di una società razziale.

Uscito dal carcere, in seguito ad amnistia, Hitler riorganizzò il partito che, nel giro di pochi anni sarebbe, tragicamente, passato dall’anonimato delle elezioni del 1925, agli 800 mila voti e 12 deputati nel 1928 e ai sei milioni e mezzo con 107 deputati del 1930, grazie alla veemente arte oratoria del suo capo, che colpiva profondamente l’animo frustrato dei tedeschi, umiliati dalle condizioni di Versailles, con discorsi invocanti la nascita di una grande Germania, votata alla rivincita.

Hitler con Hindenburg

Nonostante i consensi ottenuti e l’appoggio, finanziario, dei grandi industriali, il partito nazional-socialista venne sconfitto, alle elezioni presidenziali della primavera 1932, dal vecchio maresciallo Hindenburg ma, ciononostante, grazie alle divisioni dello schieramento avversario, ad abili mosse politiche e a delicati meccanismi di alleanza, Adolf Hitler fu nominato, il 30 gennaio 1933, dallo stesso Hindenburg, cancelliere del reich; il primo atto di una storia fatta di orrori e sofferenze era stato dunque scritto.

1920 – Hitler fonda un piccolo partito di destra che, un anno dopo, prende il nome di Partito nazionalsocialista (NSDAP);  successivamente organizza anche le squadre d’azione militari (le SA e le SS) per colpire i militanti della sinistra.
1923 – Tenta un colpo di stato a Monaco, in Baviera, ma il putsh fallisce e viene arrestato.
Per tutti gli anni '20 il partito nazista ottiene consensi modesti.
1928 – Elezioni: 2,6% dei voti (12 seggi).
1930 – Elezioni: il partito nazionalsocialista, con il 18,3% dei consensi, diventa il secondo partito tedesco (106 seggi).
1932 (marzo e aprile) – Elezioni presidenziali: Hitler ottiene, nei due turni elettorali, il 30,1% e il 36,8% dei suffragi; Hindenburg vince le elezioni con il 53%;
1932 (novembre) – Il partito nazional-socialista si ferma al 33,1% (196 seggi).
1933 (30 gennaio) – Hitler, nominato cancelliere dal presidente Hindenburg, assume la guida del governo tedesco.
1933 (5 marzo) – Nuove elezioni, in un clima di terrore e repressione: la NSDAP ottiene il 43,9 per cento dei suffragi, i suoi alleati tedesco-nazionali l'8 per cento.

La dittatura nazista

Il paradosso del nazional-socialismo, di un’ideologia che fece della violenza e della brutalità, gli strumenti stessi per realizzare i propositi di una grande Germania dominatrice, è dato dal fatto che Hitler, a differenza del fascismo, conquistò il potere in maniera legittima, senza ricorrere ad un colpo di mano, come quello tentato, viceversa, nel 1923, con il putsch della birreria; ma la nomina a cancelliere del futuro fuhrer del reich, fu l’ultimo atto di legittimità e democrazia di una repubblica ormai agonizzante e che nel giro di poco tempo si sarebbe tramutata in dittatura, feroce ed incontrastata, degli uomini con la svastica.

Il 28 febbraio del 1933, approfittando dell’incendio del reichstag, attribuito ai comunisti, vennero emanate le prime leggi volte ad eliminare le libertà civili ed ogni forma di opposizione politica, mentre, dopo lo scioglimento del parlamento e le contestuali nuove elezioni, che attribuirono ai nazisti la maggioranza, anche grazie al terrore scatenato dalle milizie paramilitari del partito, il 23 marzo Hitler si faceva attribuire i pieni poteri, in parallelo a quanto aveva fatto Mussolini nel 1926; solo due giorni prima era stato istituito il tribunale politico speciale, il Volksgerichtshof.

Hitler e Hindemburg

Il 26 aprile 1933 nacque la temibile GESTAPO, la polizia segreta, la quale, insieme alle SA, diede il via, in tutto il paese, a terrificanti azioni di repressione; il 14 luglio, il partito nazional-socialista divenne l’unico consentito mentre tutti i movimenti della defunta repubblica di Weimar vennero eliminati.

La dittatura fu consolidata il 2 agosto 1934, quando, alla morte di Hindenburg, Hitler si addossò la duplice carica di presidente e primo ministro; meno di due mesi prima, il 30 giugno, nella cosiddetta "notte dei lunghi coltelli", su ordine del fuhrer, le SS di Himmler avevano massacrato, in un drammatico regolamento di conti, Rohm ed i vertici delle SA, sospettati di cospirazione ai danni del potere centrale.

Da quel momento le squadre d’assalto, i camerati della prima ora, coloro che avevano condiviso l’ascesa al potere del nazismo, uscirono di scena insieme alle loro famigerate camicie brune, per far posto all’ordine nero delle SS dello stesso Himmler, che avrebbero dato vita, negli anni successivi, ai più terrificanti e macabri massacri che la storia ricordi, divenendo, tragicamente, il cinico e zelante braccio armato di una folle ideologia.

Nel contempo i vertici nazisti cominciarono, con regolare perseveranza, ad attuare la loro politica antisemita, cominciata con l’azione di boicottaggio contro le attività ebraiche e con il rogo dei libri di scrittori ebrei, al fine di purificare la cultura tedesca; il 15 settembre 1935 vennero emanate le leggi di Norimberga, che tolsero agli ebrei ogni diritto politico, proibendo anche i matrimoni misti, al fine di tutelare la purezza della popolazione di razza ariana; la stessa propaganda diretta dall’abile ed intelligentissimo dottor Joseph Goebbels, martellava continuamente le menti dei cittadini, con discorsi, articoli, volti a screditare, ferocemente, il "traditore giudeo" nemico della patria e del popolo tedesco.

La vera e propria azione di persecuzione cominciò però il 9 novembre 1938, quando, nella "notte dei cristalli", al fine di vendicare l’uccisione, avvenuta a Parigi, di un diplomatico tedesco, ucciso da un dissidente ebreo, furono distrutti negozi, case, sinagoghe, profanati cimiteri, sterminate intere famiglie.

Nonostante il nazismo avesse cominciato a gettare la maschera, il consenso di Hitler e del suo movimento, negli anni pre-bellici, raggiunse livelli trionfali.

Il fuhrer aveva infatti trasformato un paese alla fame, distrutto, umiliato, in una nazione che stava ritrovando l’antica potenza ed i fasti perduti; la miseria degli anni venti, la disoccupazione, il collasso economico, erano ormai soltanto un ricordo; Hitler infiammava le folle con discorsi esaltanti la grandezza della Germania, di una nazione destinata a vendicare le umiliazioni subite e a riconquistare un posto di prim’ordine in Europa e nel mondo.

Il nazionalismo cancellò l’inflazione, fece ritrovare ai tedeschi il benessere perduto: anche grazie al potenziamento dell’industria bellica, tutti lavoravano, ogni famiglia poteva vivere serenamente, le città erano più floride ed eleganti che mai, degne cornici per i rappresentanti della razza perfetta.

Ai congressi del partito di Norimberga, alle olimpiadi di Berlino del 1936, Hitler, di fronte a folle oceaniche e deliranti, in un clima di esaltazione collettiva, appariva come il condottiero invincibile di una nazione ritrovata, più possente che mai, che cominciava a preoccupare il mondo intero per le sue smanie di grandezza e per la sua esuberanza.

Erano gli anni del nazismo farneticante, che trovava la sua magnificazione nel mito della purezza ariana, in filmati come "il Trionfo Della Volontà" ed in Olimpia", della grande regista Leni Riefensthal e nella megalomania delle geometrie dell’architetto del reich Albert Speer.

Preludio alla guerra

In barba agli accordi di Versailles, che privavano la Germania, dell’aviazione, della flotta, dell’artiglieria e che riducevano l’esercito a soli 100.000 effettivi, i vertici nazisti diedero il via ad un possente piano di riarmo, che contribuì alla creazione di un esercito spaventosamente potente, forte di armamenti di prim’ordine e di un’aviazione, la Lutwaffe, all’avanguardia.

L’intenzione del fuhrer era quella di imporre la superiorità razziale ariana tramite un’azione militare destinata a soggiogare le altre nazioni e gli altri popoli.

Per far questo fu varato un piano economico quadriennale, volto a fare, della Wehrmacht, un esercito moderno ed evoluto, pronto e predisposto alla guerra prima che le altre nazioni potessero essere in grado di arginare gli ambizioni piani egemonici del III reich; la responsabilità del riarmo fu affidata ad Hermann Goring, che fu in grado di contare su risorse economiche sterminate e su una forza lavoro senza precedenti.

A poco a poco, Hitler cominciò a mettere in pratica i suoi propositi espansionistici, a partire dal 7 marzo 1936, quando la Renania venne rioccupata militarmente, senza reazione da parte delle potenze occidentali e con la solidarietà di Mussolini, che si era legato alla Germania nazista dopo la campagna d’Etiopia, quando il governo tedesco appoggiò l’Italia regia, contro il boicottaggio economico stabilito, nei suoi confronti, dalla Società delle Nazioni, per l’ invasione dello stato sovrano dell’Abissinia.

Hitler e Franco

L’avvicinamento tra i due regimi sfociò in un vero e proprio trattato di alleanza tra Italia fascista e Germania nazista, in quello che fu denominato "asse Roma-Berlino" e che ebbe modo di operare immediatamente nella guerra civile spagnola, in appoggio alle forze nazionaliste di Francisco Franco; l’evento fornì ad Hitler l’occasione di collaudare le sue forze armate, in funzione di una guerra sempre più imminente; gli Stuka tedeschi divennero dunque, tragicamente, i protagonisti ed i signori assoluti dei cieli spagnoli, seminando il panico con devastanti bombardamenti, preceduti dall’ agghiacciante suono della sirena che tali aerei azionavano durante la loro picchiata, proprio al fine di terrorizzare gli inermi civili.

L’esuberante politica estera di Hitler proseguì con l’ "anschluss", l’ annessione, il 13 marzo 1938, tra il tripudio della gente, dell’Austria, ma ciò non fu sufficiente per placare i propositi espansionistici del III reich: con la scusa del problema della tutela delle minoranze tedesche, venne infatti reclamata la regione dei Sudeti, che si trovava sotto la sovranità Cecoslovacca; ne seguì una violenta attività propagandista, che portò il mondo sull'orlo di una guerra evitata solo grazie alla mediazione di Mussolini, promotore e sostenitore di un accordo, quello di Monaco del 29-30 settembre 1938, nel quale, pur di evitare di ripiombare nell’incubo, si decise di accontentare di nuovo Hitler, che ottenne i Sudeti, impegnandosi a non avanzare altra pretesa; ma la parola del fuhrer restò carta straccia e ben presto, le truppe tedesche invasero ed annientarono, con la creazione del protettorato di Boemia e Moravia, una Cecoslovacchia privata, con la perdita dei Sudeti, delle proprie fortificazioni di confine e delle proprie difese naturali.

I fragili equilibri e la speranza di mantenere la pace furono però, definitivamente vanificati dall’ulteriore progetto di Hitler, quello di impossessarsi del cosiddetto "corridoio di Danzica" che separava la Prussia orientale dal resto della nazione e che era stato concesso alla Polonia, nel 1919, con il trattato di Versailles, per consentirle di avere uno sbocco sul mare.

Hitler "sposa" Stalin

Il 23 agosto 1939 il mondo fu scosso dalla notizia dalla stipula, tra Germania e Unione Sovietica, del patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, chiaro preludio dell’imminente invasione della Polonia e della sua futura spartizione tra le due grandi potenze; il 1 settembre 1939, la Wehrmacht oltrepassò il confine orientale scatenando il dramma del secondo conflitto mondiale, che avrebbe dovuto portare, nei propositi del fuhrer, al trionfo del III reich ed alla nascita di una grande Germania, volta ad esaltare la superiorità della razza eletta, secondo i dettami codificati, già 16 anni prima, nelle pagine del "Mein Kampf".

La guerra "lampo"

Il 1° settembre del ’39, l’invasione della Polonia da parte delle truppe naziste, pose fine alla pace e sancì l’inizio della fine: Francia ed Inghilterra, dopo aver tollerato gli atti di forza di Hitler in Renania, Austria e Cecoslovacchia, decisero di scendere in campo per arginare i folli progetti del III reich.

Ciononostante la macchina bellica tedesca si dimostrò spaventosamente possente e, sfruttando i principi della "guerra lampo" (blitzkrieg), un’azione militare che prevedeva il concentrico utilizzo di artiglieria, mezzi corazzati ed aviazione, in appoggio alla fanteria, nel giro di pochi mesi pose l’intera Europa sotto l’egemonia della svastica.

Dopo aver liquidato, in poche settimane, la Polonia e dopo l’invasione di Danimarca e Norvegia, anche Belgio, Lussemburgo, Olanda e soprattutto Francia, furono costrette a capitolare di fronte alla straripante superiorità degli eserciti nazisti.

Il 14 giugno 1940, la Wehrmacht poteva sfilare, trionfalmente, a Parigi e lo stesso giorno Hitler in persona, accompagnato dal suo architetto personale Speer, attraversò le strade deserte della capitale francese, estasiato dalla sue grandiosità e dalle meraviglie che si ponevano ai suoi occhi.

Nei suoi propositi, Berlino, una volta vinta la guerra, una volta assicurato, ai figli ariani, il dominio sui popoli, avrebbe dovuto essere ricostruita ed assurgere così a degna cornice e al rango della capitale della razza dominatrice, assumendo contorni talmente maestosi da far impallidire la stessa Parigi.

La fine della guerra appariva solo una questione di tempo visto che la sola Inghilterra si frapponeva tra Hitler ed il trionfo; i vertici militari del reich convennero che l’invasione del regno di sua maestà sarebbe stata possibile solamente dopo aver conquistato la supremazia aerea ma, clamorosamente, la cosiddetta "battaglia d’Inghilterra", vide soccombere una Lutwaffe in schiacciante superiorità numerica, nei confronti di una RAF che ottenne la salvezza grazie all’impiego di un nuovo apparecchio, il radar, in grado di segnalare ed individuare la presenza di apparecchi nemici.

A questo punto Hitler commise un errore che si sarebbe rivelato tragicamente fatale per le sorti del III reich: senza aver domato l’impero britannico, decise di sferrare l’attacco al vero nemico del popolo tedesco, rappresentato dall’Unione Sovietica di Stalin, accettando di combattere su due fronti, convinto come era di schiantare, nel giro di breve tempo, la resistenza dell’armata rossa e di infliggere il definitivo colpo di grazia all’odiato movimento bolscevico.

Si trattava di dare attuazione alla teoria della conquista dello spazio vitale ad est, principio cardine del nazional-socialismo, teorizzato dal professor Karl Haussoffer, l’oscuro professore di geo-politica, dedito a magia ed occultismo che, insieme ad un altro losco personaggio, Dietrich Eckart influenzò, più di ogni altro, il pensiero del giovane Hitler.

Secondo tale teoria, con la quale il professore elettrizzava i suoi allievi, il supremo popolo ariano avrebbe dovuto trovare la propria espansione nei territori orientali, soppiantando le popolazioni slave, considerate etnicamente inferiori e destinate ad essere sterminate e soggiogate alla volontà della razza suprema.

Il 22 giugno 1941, nello stesso fatidico giorno in cui, nel 1812, Napoleone muoveva le sue armate contro la Russia zarista, la grande Germania, al culmine della sua potenza decise, dunque, di sferrare, a sorpresa, l’attacco all’Unione Sovietica, in quella che fu denominata "Operazione Barbarossa".

La Wehrmacht poteva contare su un apparato militare spaventosamente potente al quale si aggiungeva l’apporto fornito dagli alleati, tra cui spiccavano le divisioni inviate da Mussolini, che andarono a costituire lo CSIR (corpo di spedizione italiano in Russia); nonostante i tentativi dei vertici militari di convincerlo a desistere, il duce fu irremovibile, volendo partecipare anch’egli a quella che doveva essere la certa distruzione del nemico bolscevico ed anzi, al primo contingente, fece poi seguito l’VIII armata, denominata ARMIR (armata italiana in Russia).

Fu così che decine di migliaia di soldati italiani si affiancarono ai loro alleati tedeschi, in quella che inizialmente fu un’avanzata inarrestabile ed incontenibile.

Stalin fu colto letteralmente di sorpresa dalla decisione di Hitler ed altrettanto lo fu un’Armata Rossa ancora frastornata dalle purghe degli anni precedenti, che avevano portato alla decapitazione dei vertici dell’esercito fondato da Trotskij.

I tre gruppi di armate tedesche, nord, centro, sud, rispettivamente dirette a Leningrado, Mosca e Caucaso, sfondarono ripetutamente le linee sovietiche facendo incetta di prigionieri e materiale.

Ben presto furono conquistate Minsk, Kiev, Kursk, Rostov e le altre principali città, mentre Leningrado venne cinta d’assedio.

Hitler era convinto di essere ormai sul punto di trionfare ma commise tutta una serie di errori che gli furono poi fatali: la popolazione russa era di certo esasperata dalle persecuzioni di Stalin e, forse, avrebbe gradito un liberatore, sia pure nelle vesti del nemico, ma il fuhrer ordinò, di agire senza nessuna pietà nei confronti di un popolo che avrebbe dovuto scomparire per far posto alla suprema razza ariana; le barbarie e la crudeltà delle SS dunque furono agghiaccianti e man mano che la Wehrmacht avanzava, alle sue spalle si faceva terra bruciata tra la popolazione civile, con il massacro di interi villaggi.

Fu così che gli orrori nazisti contribuirono, in maniera decisiva, a rinsaldare il sentimento patriottico dei russi: essi fecero, infatti, quadrato attorno al loro capo supremo Stalin il quale, dal canto suo, si lanciò in appassionati proclami radiofonici al fine di salvare la "santa madre Russia" dalla ferocia del nemico tedesco.

Ma l’errore più madornale fu commesso sul piano militare: la macchina da guerra germanica continuava infatti ad avanzare con estrema facilità nel cuore del territorio sovietico ma Hitler e i suoi generali furono troppo indecisi sulla tattica da seguire, ossia se puntare dritti su Mosca o proseguire verso il bacino del Don; si trattò però di un’ indecisione fatale per la Germania Nazista visto che, a causa di quei tentennamenti, entrò ben presto in gioco quello stesso alleato che in passato già aveva permesso ai Russi di sconfiggere le truppe napoleoniche, ossia il "cosiddetto generale inverno".

Le truppe tedesche, già in difficoltà per gli estenuanti trasferimenti lungo le sterminate pianure sovietiche e alle prese quindi con evidenti problemi di collegamento tra le prime linee e le retrovie, vennero fermate, alle porte di Mosca, dalla strenua resistenza dell’armata rossa e, soprattutto, dal terribile inverno sovietico, che rese impossibile l’avanzata.

Dopo diversi mesi, dunque, quella che sembrava una marcia trionfale si arrestava, mentre, al contrario, Stalin approfittò dell’immobilismo forzato delle operazioni belliche per riorganizzare l’esercito, che poteva contare su un inesauribile numero di effettivi e di riserve e rifornito di materie prime e materiali militari nuovi di zecca, prodotti dalle fabbriche trasferite, all’inizio dell’invasione, al di là degli Urali e che marciavano a pieno ritmo, guidate dal rinnovato sentimento patriottico e dalla ritrovata unità nazionale, minacciata dallo spettro nazista.

Le operazioni militari dell’asse ripresero in primavera ma Hitler decise di cambiare obbiettivo, abbandonando Mosca e puntando, verso sud, ai pozzi petroliferi del Caucaso e a Stalingrado, la città simbolo del comunismo e del regime, situata sul fiume Volga, al fine di aggirare la capitale da est e tagliare la ritirata all’armata rossa.

Verso Stalingrado marciò la VI armata del comandante Friedrich von Paulus, protetta alle spalle, sul fronte del Don, dagli alleati romeni, ungheresi ed italiani.

Si trattava di infliggere un colpo mortale al nemico, ma Stalingrado si rivelò, viceversa, fatale alle armate naziste, in quella che fu la battaglia che decise le sorti del secondo conflitto mondiale.

La disfatta

Tra il settembre del '42 e il febbraio del '43, Stalingrado decretò la fine dei trionfi Hitleriani e l’inizio della fine per il III reich.

Dopo i primi tremendi attacchi della Wehrmacht, la città sembrava sul punto di capitolare e di cadere in mano nemica ma i russi si aggrapparono alla forza della disperazione combattendo, strenuamente, casa per casa, cantina per cantina, rovina su rovina.

Pur schiacciati sulle rive del fiume Volga, i sovietici riuscirono a resistere contro i ripetuti attacchi del nemico e a difendere i pochi quartieri ancora in loro mano, fino a quando, con l’inizio dell’inverno, cominciò la devastante controffensiva che, con una manovra a tenaglia, sfondò le difese dell’ asse ed accerchiò, all’interno della città, le forze nemiche della VI armata, le quali avrebbero potuto anche mettersi in salvo se solo Hitler non avesse intimato di mantenere le posizioni, senza arretrare di un metro.

Nella sacca di Stalingrado la sorte del soldati di von Paulus era ormai segnata: a temperature impossibili, devastati dal freddo e dalle malattie, martellati ripetutamente dall’artiglieria sovietica, i soldati tedeschi si ritrovarono senza alcuna speranza, anche perché il rifornimento aereo promesso da Goring venne a mancare.

Nell’estremo tentativo di evitare la resa, Hitler, il 30 gennaio 1943, nel decimo anniversario della sua ascesa al potere, nominò Paulus feldmaresciallo del reich, ricordandogli che nessun graduato simile, nella storia della Germania, si era arreso al nemico, ma, solo due giorni dopo, vista l’impossibilità di resistere, lo stesso Paulus capitolò, offendo la resa.

Stalingrado fu il punto di svolta del conflitto: la città simbolo del regime sovietico, che Hitler voleva rasa al suolo, determinò la prima e fatale sconfitta degli eserciti della grande Germania, che non riuscirono più a riprendere l’iniziativa sul fronte orientale; al contrario, da Stalingrado, prese il via l’incontenibile controffensiva russa che i nazisti non riuscirono più a frenare; senza contare che, nel dicembre 1941, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, anche i potentissimi Stati Uniti erano scesi in campo contro il III reich.

Il disastro del fronte orientale andò ad aggiungersi alle vittorie alleate in Africa, al successivo sbarco in Italia, al crollo del regime fascista dopo 20 anni di dittatura e, soprattutto, allo sbarco in Normandia del giugno 1944, che, dopo aver travolto le possenti difese erette dai nazisti, aprì un nuovo fronte di guerra per le logore armate tedesche, ora costrette a combattere su due fronti.

Il 20 luglio 1944, Hitler uscì miracolosamente indenne da un attentato nella sua "tana del lupo", il quartier generale di Rastenburg, nella Prussia orientale, cui fece seguito una feroce repressione degli organizzatori della congiura, ma le sorti della guerra erano ormai segnate, con l’inesorabile avanzata, da est e da ovest, dell’armata rossa e delle forze alleate.

Cronologia

20 aprile 1889: a Branau (Austria) nasce Adolf Hitler

9 novembre 1918: crollo dell’impero di Guglielmo II

5 gennaio 1919: viene fondato, da Anton Drexler, il partito dei lavoratori tedeschi

10 luglio 1921: Hitler viene nominato capo del partito di Drexler, ribattezzato "partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi"

8-9 novembre 1923: fallisce il colpo di stato dei nazional-socialisti, destinato ad essere ricordato come il putsch di Monaco

1 aprile 1924: Hitler viene condannato a 5 anni di detenzione . Nel carcere di Landsberg detta a Rudolph Hess il "Mein Kampf"

20 dicembre 1924: scarcerazione di Hitler

27 febbraio 1925: viene ricostituito il partito nazional-socialista che quello stesso anno partecipa alle elezioni politiche con scarsissimi risultati

6 maggio 1928: il partito nazional-socialista conquista il 2,6% dei consensi

14 settembre 1930: il partito nazional-socialista passa al 18,3% dei consensi

marzo-aprile 1932: Hitler ottiene, nei due turni elettorali, il 30,1% e il 36,8% dei suffragi; Hindenburg vince le elezioni.

6 novembre 1932: il partito nazional-socialista arretra al 33,1%

30 gennaio 1933: Adolf Hitler viene nominato cancelliere dal presidente Hindenburg

27 febbraio 1933: incendio del Reichstag; Hitler ne approfitta per incolpare i comunisti e per emanare le prime leggi repressive

5 marzo 1933: in un clima di terrore e di intimidazione, il partito nazional-socialista vince le elezioni

22 marzo 1933: viene creato il campo di concentramento di Dachau, destinato agli oppositori politici

21 marzo 1933: viene creato il tribunale politico speciale, il Volksgerichtshof

23 marzo 1933: il Reichstag vota i pieni poteri ad Hitler

1 aprile 1933:giornata del boicottaggio contro le attività ebraiche

7/12 aprile 1933: vengono emanate le prime leggi discriminatorie contro gli ebrei,banditi dai pubblici uffici ed esclusi dalle libere professioni

26 aprile 1933: nasce la GESTAPO

10 maggio 1933: rogo dei libri scritti da ebrei ed oppositori del nazismo all’ università di Berlino

14 luglio 1933: il partito nazional-socialista diviene l’unico consentito

3 ottobre 1933: la Germania si dimissiona dalla Società delle Nazioni e dalla Conferenza di Ginevra

30 giugno 1934: "notte dei lunghi coltelli": Rohm ed i vertici delle SA vengono massacrati in un drammatico bagno di sangue

2 agosto 1934: morte di Hindenburg; Hitler riunisce, nella sua persona, le cariche di cancelliere e presidente

15 settembre 1935: vengono emanate le leggi di Norimberga contro gli ebrei

7 marzo 1936: le truppe tedesche entrano in Renania

17 giugno 1936: Heinrich Himmler viene nominato capo incontrastato di tutte le polizie tedesche

23 ottobre 1936: viene concluso il patto di alleanza tra Italia fascista e Germania nazista, denominato "Asse Roma-Berlino"

16 luglio 1937: nasce il campo di concentramento di Buchenwald

13 marzo 1938:è il giorno dell’Anschluss, l’annessione dell’Austria al reich

9 giugno 1938: viene distrutta la sinagoga di Monaco

10 agosto 1938: distruzione della sinagoga di Norimberga

30 settembre 1938: Conferenza di Monaco: i Sudeti vengono ceduti alla Germania

9 novembre 1938: è il giorno della "notte dei cristalli"; vengono distrutte ed incendiate sinagoghe ed abitazioni di ebrei

15 marzo 1939: invasione della Cecoslovacchia

22 maggio 1939: "patto d’acciaio" tra Italia fascista e Germania nazista

23 agosto 1939: patto di non aggressione "Molotov-Ribbentropp" tra Germania e Unione Sovietica

1 settembre 1939: la Germania invade la Polonia; scoppia la II guerra mondiale

3 settembre 1939: Francia ed Inghilterra dichiarano guerra alla Germania

9 aprile 1940: la Germania invade Danimarca e Norvegia

10 maggio 1940: invasione di Belgio, Olanda, Lussemburgo e Francia

22 maggio 1940: viene aperto il campo di Auschwitz

10 giugno 1940: L’Italia entra in guerra al fianco della Germania

14 giugno 1940: la Wehrmacht sfila a Parigi

10 luglio 1940: comincia la battaglia d’Inghilterra, che si concluderà con la sconfitta della Lutwaffe

27 settembre 1940: Germania Italia e Giappone firmano il patto tripartito

15 novembre 1940: viene sigillato il Ghetto di Varsavia

6 aprile 1941: invasione tedesca di Jugoslavia e Grecia

22 giugno 1941: prende il via l’"operazione Barbarossa"; la Germania invade l’Unione Sovietica

8 ottobre 1941: nasce Auschwitz-Birkenau

7 dicembre 1941: attacco giapponese a Pearl Harbor; gli Stati Uniti entrano in guerra contro le forze dell’Asse

20 gennaio 1942: conferenza di Wannsee per pianificare la "soluzione finale" del problema ebraico

1 giugno 1942: nasce il campo di concentramento di Treblinka

13 settembre 1942: comincia la battaglia di Stalingrado

2 febbraio 1943: la VI armata del feldmaresciallo von Paulus si arrende a Stalingrado; è la svolta del conflitto

18 febbraio 1943: Goebbels, ministro della propaganda, dichiara la "guerra totale"

19 aprile 1943: scoppia la rivolta nel ghetto di Varsavia

16 maggio 1943: feroce repressione della rivolta del ghetto

9 settembre 1943: i tedeschi, dopo l’armistizio, invadono l’Italia

6 giugno 1944: sbarco alleato in Normandia

20 luglio 1944: fallito attentato contro Hitler a Rastenburg

1 agosto 1944: seconda insurrezione di Varsavia, nuovamente repressa nel sangue

16 dicembre 1944: disperato contrattacco tedesco nelle Ardenne; passerà alla storia come il "colpo di coda" di Hitler

27 gennaio 1945: l’Armata Rossa libera il campo di concentramento di Auschwitz

4-12 febbraio 1945: conferenza di Yalta tra Stalin, Churchill e Roosevelt, per pianificare i futuri equilibri mondiali

30 aprile 1945: suicidio di Hitler e di Eva Braun nel bunker della cancelleria

1 maggio 1945: dopo aver ucciso i propri figli, Magda e Joseph Goebbels si tolgono la vita

5 maggio 1945: liberazione di Mauthausen

23 maggio 1945: suicidio di Heinrich Himmler

20 novembre 1945: si apre il processo di Norimberga