Storia della Germania da Bismark a Hitler


Impero tedesco



Il termine Impero tedesco o Impero germanico (Deutsches Kaiserreich in lingua tedesca), chiamato anche Secondo Reich, si riferisce comunemente alla Germania nel periodo che va dal conseguimento di una piena unità nazionale, il 18 gennaio 1871, fino all'abdicazione del Kaiser Guglielmo II il 9 novembre 1918. Più rara è la forma Reich Tedesco.

Il nome ufficiale dello stato era Deutsches Reich, che rimarrà nome ufficiale dello stato sino alla fine della Seconda guerra mondiale anche se, dopo che la Germania incorporò nel suo territorio nazionale l'Austria, lo stato prese il nome (prima informalmente, poi formalmente dal 1943) di Großdeutsches Reich, ossia Reich della Grande Germania242.

I tedeschi, quando si riferiscono al Reich di questo periodo monarchico, usano tipicamente il termine Kaiserreich (ossia impero), infatti la sola parola Reich non designa alcuna forma monarchica, ma solo uno stato di una certa importanza. A volte in italiano (ma raramente in tedesco) si usa anche Secondo Reich, contando il Sacro Romano Impero come il primo e la Germania Nazista come il Terzo Reich; in realtà, il Primo Reich corrisponde all'Impero tedesco, il Secondo Reich alla Repubblica di Weimar e il Terzo Reich alla Germania nazista. La capitale era Berlino, la valuta i marchi del Reich, l'inno imperiale Heil Dir im Siegerkranz e l'inno nazionale non ufficiale Die Wacht am Rhein. La bandiera era un tricolore composto da tre bande orizzontali di colore nero, bianco e rosso. La famiglia imperiale regnante fu quella prussiana degli Hohenzollern.

In Italia, al tempo, il nome comunemente utilizzato, anche ufficialmente, fra il 1871 ed il 1918, per indicare lo stato tedesco allora esistente era Impero germanico.

Bismarck fonda l'Impero

Sotto l'apparenza dell'idealismo che lascia strada al realismo, il nazionalismo tedesco si spostò rapidamente dal suo carattere liberale e democratico del 1848 alla Realpolitik autoritaria del cancelliere prussiano Otto von Bismarck. Bismarck voleva l'unificazione per raggiungere il suo scopo di uno stato tedesco conservatore e dominato dalla Prussia. Egli riuscì nel suo intento attraverso tre successi militari:

    In primo luogo si alleò con l'Impero austriaco allo scopo di sconfiggere la Danimarca in una breve guerra combattuta durante il 1864, acquisendo in questo modo lo Schleswig-Holstein.

    Nel 1866, in concerto con l'Italia, attaccò e sconfisse l'Austria nella guerra austro-prussiana, che culminò nella battaglia di Königgrätz (meglio conosciuta come battaglia di Sadowa), il che, nello stesso anno, gli permise di escludere l'antico rivale austriaco quando formò la Confederazione della Germania del Nord, il diretto precursore dell'Impero del 1871, con gli Stati che avevano appoggiato la Prussia nella Guerra Austro-Prussiana.

    Infine, sconfisse la Francia nella Guerra franco-prussiana (1870-71); la Confederazione venne trasformata in Impero con l'incoronazione del re prussiano Guglielmo I come imperatore tedesco, al palazzo di Versailles, per somma umiliazione dei francesi.

Bismarck stesso preparò a grandi linee la Costituzione della Germania del Nord del 1866, che sarebbe poi diventata, con qualche aggiustamento, la Costituzione dell'Impero Tedesco del 1871. La Germania divenne quindi una monarchia costituzionale: disponeva infatti di un Reichstag (da reich stato, e tag dieta), un parlamento con poteri formalmente limitati, ma de facto con pieni poteri legislativi, eletto direttamente con suffragio maschile. Comunque, la legislazione richiedeva anche il consenso del Bundesrat, il consiglio federale dei deputati degli Stati, nel quale la Prussia godeva, essendo il più grande e popoloso fra gli stati tedeschi, di grande influenza grazie al maggior numero di delegati. Il potere esecutivo era investito dal Kaiser, che nominava il cancelliere imperiale; ciò avveniva formalmente solo per volontà dell'Imperatore, ma poiché il cancelliere non godeva di nessun potere di legiferare, a differenza dei suoi colleghi stranieri, egli era fortemente dipendente dalla dieta. Mentre gli Stati minori mantenevano i loro governi, le forze armate erano controllate del Governo federale. Anche se autoritario per molti aspetti, l'Impero permise lo sviluppo dei partiti politici.

L'evoluzione dell'autoritario Impero Tedesco è in qualche modo in linea con gli sviluppi paralleli di Italia e Giappone. Similarmente a Bismarck, il Conte Camillo Benso di Cavour, in Italia, usò la guerra e la diplomazia per tentare di raggiungere i suoi obiettivi. Anche il Giappone avrebbe seguito il corso della modernizzazione conservatrice, dalla caduta dello Shogunato Tokugawa e della Restaurazione Meiji fino al 1918.

L'unificazione della Germania significò anche l'assorbimento dell'intero Regno di Prussia in essa. La Prussia rimase la componente più rilevante nell'Impero, tanto che il Kaiser di Germania era anche Re di Prussia. Le tre nuove province: Prussia Orientale, Prussia Occidentale e Provincia di Posen, che prima erano al di fuori della Confederazione germanica vennero incorporate nel futuro Stato tedesco. Un'altra provincia, la Slesia, era stata parte del Sacro Romano Impero assieme alla Boemia fino allo scioglimento di quest'ultimo. Comunque, queste province avevano una nutrita popolazione polacca. L'annessione di queste quattro province pose la Germania in conflitto con i polacchi. Siccome la popolazione polacca cresceva più rapidamente e l'Ostflucht fece emigrare i tedeschi dall'est verso la Germania occidentale, le province orientali divennero gradualmente sempre più a maggioranza polacca.

Un fattore, ma solo uno, nell'anatomia sociale di questi governi era il mantenimento di una sostanziale fetta di potere politico da parte dell'élite terriera, gli junkers, a causa dell'assenza di istanze rivoluzionarie da parte dei contadini, e delle aree urbane.

Istituzioni

L'Impero era una confederazione di 25 Stati sovrani e di un "Territorio dell'impero" (l'Alsazia-Lorena) sotto il governo del Re di Prussia che, essendo presidente della confederazione, aveva il titolo di Imperatore tedesco243. Il potere legislativo era esercitato dalla Dieta Federale (Reichstag) e dal Consiglio Federale (Bundesrat). La Dieta Federale era composta da 397 deputati, eletti a suffragio universale e diretto. Il secondo era composto di cinquantotto plenipotenziari, nominati dai singoli sovrani in numero proporzionale all'importanza del proprio Stato federato; la Prussia, disponendo di diciassette voti in virtù della sua maggiore dimensione e popolazione, era arbitra in ogni questione. La Confederazione era retta dalla costituzione del 16 aprile del 1871 che poneva la politica estera, finanziaria, economica, doganale, le grandi scelte di politica interna e l'esercito nelle mani del governo centrale.

Il governo era retto da un Cancelliere e da Segretari di Stato che non dipendevano dalla maggioranza parlamentare, bensì unicamente dal Kaiser, l'Imperatore, che aveva il potere di nominarli e di sospenderli e poteva prorogare o sciogliere il Parlamento.

Il potere legislativo era diviso fra il Reichstag, eletto a suffragio universale ogni cinque anni e il Consiglio Federale, il Bundesrat.

Il Reichstag discuteva le leggi, ma queste non diventavano esecutive se non erano approvate dal Bundesrat.

Partiti politici

I partiti rispecchiavano le differenziazioni tra i gruppi e le classi sociali. La destra era costituita dal Partito Conservatore e dal Partito Conservatore Moderato, cui aderivano i grandi proprietari terrieri e gli aristocratici.

I ceti borghesi dell'industria e del commercio costituivano la base del Partito Nazionale Liberale.

Il partito del Centro (Zentrum), di carattere interclassista, stava fra questi partiti e i socialisti; alla sinistra si collocava il partito socialdemocratico, mentre ai partiti della sinistra liberale aderivano elementi di varia estrazione borghese.

Una particolare importanza ebbe il costante rafforzamento del socialismo tedesco, il nemico che Bismarck non fu capace di spezzare.

Ferdinand Lassalle fondò nel 1863 l'associazione generale degli operai. Nel 1869 Wilhelm Liebknecht e August Bebel fondarono il Sozialdemokratische Arbeiterpartei, il Partito Operaio Socialdemocratico.

La lotta comune dei due partiti portò alla loro unificazione nel 1875 e al congresso di Gotha.

Il partito socialdemocratico passò attraverso l'ondata repressiva durata dal 1878 al 1890, rafforzandosi costantemente insieme al movimento sindacale.

Modernizzazione conservatrice

Le politiche interne di Bismarck giocarono un grande ruolo nel forgiare la cultura politica autoritaria del Secondo Reich. Meno preoccupato dalla politica delle potenze continentali che seguirono l'unificazione del 1871, il Governo semi-parlamentare tedesco, portò avanti una rivoluzione politica ed economica dall'alto, relativamente tranquilla, che spinse la Germania lungo la via per diventare la principale potenza industriale dell'epoca.

Economia

Nel periodo compreso fra il 1871 e gli inizi del XX secolo la Germania rivelò un così possente dinamismo capitalistico tale da eclissare quello della Gran Bretagna e della Francia.

L'industria tedesca, dopo un periodo di intenso sviluppo fra il 1871 ed il 1873, nel giro di pochi anni superò la crisi mondiale del 1873 iniziando una fase di espansione che andò intensificandosi sempre di più a partire dagli anni '80.

Anche l'agricoltura tedesca non decadde in conseguenza della industrializzazione, ma si modernizzò notevolmente. Lo sviluppo economico andò di pari passo con un forte incremento demografico.

I produttori tedeschi non si limitarono a sottrarre il mercato interno alle esportazioni britanniche, ma negli anni '70 del XIX secolo, iniziarono a far concorrenza alla Gran Bretagna sui mercati mondiali. L'industrializzazione progredì velocemente in Germania e negli Stati Uniti, permettendo a questi due paesi di prevalere sui "vecchi" capitalismi francese e britannico. L'industria tessile e metallurgica tedesca, ad esempio, aveva sorpassato i concorrenti britannici per organizzazione ed efficienza tecnica già all'inizio della Guerra Franco-Prussiana ed espulso i prodotti britannici sul mercato tedesco. Entro la fine del secolo, le industrie metallurgiche e dell'ingegneria tedesche avrebbero lavorato molto per il mercato di scambi della Gran Bretagna.

Le basi per le crescenti tensioni fra la Germania da un lato e Gran Bretagna e Francia, quest'ultima desiderosa di riparare alla sconfitta del 1870, dall'altro, erano chiaramente poste.

Ideologia

Dopo aver ottenuto l'unificazione formale nel 1871, Bismarck dedicò molta della sua attenzione alla causa dell'unità nazionale e la conseguì attraverso l'ideologia del Prussianesimo. Il conservatorismo cattolico, concettualizzato dalla svolta del Vaticano di Papa Pio IX e del suo dogma dell'Infallibilità papale e il radicalismo della classe operaia, rappresentato dall'emergente Partito Socialdemocratico, furono sotto molti versi la reazione alle insicurezze di molti segmenti della società tedesca, che stava vivendo un rapido cambiamento da un'economia basata sull'agricoltura a un moderno capitalismo industriale. Mentre la pura e semplice repressione non riuscì a contenere socialisti e cattolici, l'approccio "del bastone e della carota" di Bismarck, ammorbidì significativamente le opposizioni di entrambi i gruppi.

Si possono riassumere gli obiettivi di Bismarck sotto tre parole chiave: Kulturkampf, riforma sociale e unità nazionale.

Kulturkampf: a seguito dell'incorporazione degli stati cattolici del sud, il cattolicesimo, rappresentato dal partito cattolico di centro, sembrava la minaccia principale al nazionalismo militar-aristocratico prussiano. I cattolici del sud, provenienti da una più forte base agraria e suddivisi sotto le gerarchie di contadini, artigiani, clero e aristocrazia principesca dei piccoli stati, più spesso delle loro controparti protestanti del nord, ebbero dei problemi iniziali a competere con l'efficienza industriale e l'apertura ai commerci con l'estero degli Zollverein.

Dopo il 1878, la lotta contro il socialismo avrebbe unito Bismarck con il partito cattolico di centro, portando una fine al Kulturkampf, che aveva lasciato nei cattolici un'irrequietezza maggiore di quanta non ne fosse esistita prima, e rafforzò il cattolicesimo in Germania piuttosto che indebolirlo.

Riforma sociale: la creazione, da parte di Bismarck, di uno stato sociale particolarmente avanzato diede alla classe operaia un motivo per adottare il nazionalismo tedesco. Il sistema di previdenza sociale (sanità nel 1883, assicurazione sugli infortuni nel 1884, pensione di invalidità e di anzianità nel 1889) instaurato a quell'epoca era il più avanzato del mondo e, in parte, esiste ancora nella Germania odierna.

Unificazione: gli sforzi di Bismarck iniziarono anche a livellare le enormi differenze tra gli stati tedeschi, che avevano avuto per secoli uno sviluppo indipendente, specialmente grazie alla legislazione.

Unificazione del diritto

Le leggi ed i sistemi giudiziari dei vari stati erano molto diversi e posero enormi complicazioni, specialmente per il commercio interno. A parte un codice commerciale comune, già introdotto dalla Confederazione nel 1861 (venne adattato per l'Impero e, con grandi modifiche, è ancora in vigore), c'erano poche similitudini tra le leggi.

Nel 1871, venne introdotto un Codice Penale comune (Reichsstrafgesetzbuch); nel 1877, vennero stabilite delle procedure processuali comuni tramite il Gerichtsverfassungsgesetz, il Zivilprozessordnung e il Strafprozessordnung (sistema giudiziario, procedure civili e procedure penali). Nel 1873 la costituzione venne emendata per permettere all'Impero di sostituire i numerosi e ampiamente diversi Codici Civili degli stati (Ad esempio, parti della Germania precedentemente occupate dalla Francia Napoleonica avevano adottato il Codice Civile francese, mentre in Prussia l'Allgemeines Preußisches Landrecht del 1794 era ancora in vigore). Nel 1881, s'istituì una prima commissione per produrre un Codice Civile comune a tutto l'Impero. Seguì un intenso lavoro, che avrebbe prodotto il Bürgerliches Gesetzbuch (BGB), probabilmente uno dei più impressionanti lavori legali del mondo. Il BGB entrò in vigore il 1º gennaio 1900. Queste codificazioni, anche se con molti emendamenti, sono in vigore ancora oggi.

Militarismo

Uno dei sotto-prodotti della modernizzazione conservatrice fu il militarismo. Per unire le classi più alte – sia l'aristocrazia militare che gli industriali –, il militarismo si rivelò necessario per proseguire la modernizzazione senza cambiare le strutture socio-politiche. Ognuna delle élite della coalizione governante del Secondo Reich trovò dei vantaggi nell'espansione oltremare: i gruppi industriali volevano il supporto imperiale per assicurare gli investimenti oltremare contro la competizione e le tensioni politiche interne; i burocrati volevano più possibilità d'impiego, gli ufficiali volevano promozioni e la nobiltà terriera voleva titoli. In un quadro sociale caratterizzato dalla crescita del sindacalismo, del socialismo e di altri movimenti di protesta durante l'era della società di massa, i gruppi dirigenti del secondo impero furono in grado di utilizzare l'imperialismo nazionalista per cooptare il supporto della classe operaia. Cavalcando i sentimenti dell'età Romantica di fine del XIX secolo, l'imperialismo inculcò nelle masse l'ammirazione per le virtù neo-aristocratiche e aiutò a instillare degli ampi sentimenti nazionalistici. Quindi, la Prussia – erede dello "Stato guarnigione" costruito da figure come Federico Guglielmo I e Federico il Grande nel XVIII secolo – riuscì a creare una macchina da guerra potente, non solo in grado di sfidare i rivali continentali come Austria e Francia, ma anche di rendere conosciuta la sua presidenza nell'arena della politica internazionale. E la Prussia, ovviamente, contrariamente alle potenze occidentali aveva avuto in passato poco potere al di fuori dell'Europa, essendo completamente priva di una storia coloniale.

Gli imperialisti tedeschi ad esempio, sostenevano che la posizione di potenza mondiale dava ai britannici dei vantaggi ingiusti sui mercati internazionali, limitando così la crescita economica tedesca e minacciando la sua sicurezza. Molti statisti e industriali europei volevano accelerare l'occupazione dell'Africa, garantendosi le colonie prima ancora che divenissero strettamente necessarie. Il loro ragionamento era che i mercati potevano ben presto divenire sovrabbondanti e la sopravvivenza economica di una nazione dipendeva dall'essere in grado di scaricare il surplus di produzione da altre parti. In risposta, gli imperialisti britannici come Joseph Chamberlain conclusero che l'imperialismo formale era necessario al Regno Unito a causa del relativo declino della sua quota di esportazioni mondiali e della crescita della competizione economica da parte di tedeschi, americani e francesi.

Le tendenze economiche giocarono certamente un ruolo principale, spiegando perché gli statisti, da Jules Ferry a Francesco Crispi cercavano nuovi ruoli per le potenze emergenti da essi guidate, specialmente durante la Grande Depressione del 1873, ma gli spostamenti nell'equilibrio di potere europeo sono ciò che in ultima analisi facilitò l'espansionismo oltremare. Con l'ordine reazionario continentale, stabilito dal Congresso di Vienna, in frantumi, il fascino dell'imperialismo era un'opzione non solo per le tradizionali potenze di Francia e Regno Unito. I nuovi stati nazionali di Germania e Italia non erano più coinvolti in preoccupazioni continentali e dispute interne come prima della Guerra Franco-Prussiana.

Così, Bismarck, un tempo apertamente disinteressato all'avventurismo d'oltremare, venne portato a realizzare il valore delle colonie per assicurarsi (nelle sue parole), "nuovi mercati per l'industria tedesca, l'espansione dei commerci, e nuovi campi per l'attività, la civiltà e il capitale tedesco". Le potenze centrali assolutiste, guidate da una recentemente unificata e dinamicamente industrializzata Germania, con la sua marina in espansione, che raddoppiò le sue dimensioni tra la Guerra Franco-Prussiana e la Grande Guerra, furono minacce strategiche ai mercati e alla sicurezza delle più consolidate potenze alleate e della Russia. Gli sforzi coloniali tedeschi a partire dal 1884 portarono solo a un piccolo impero d'oltremare, comparato a quelli di Francia e Regno Unito. Le successive iniziative di politica estera (soprattutto la grossa battaglia di flotte, sotto le leggi navali del 1898 e 1900) spinsero il Regno Unito all'allineamento diplomatico (l'Entente) con l'alleanza Franco-Russa, ancora appena avviata, al tempo della caduta di Bismarck.

Il dopo-Bismarck

L'Impero fiorì sotto la guida di Bismarck, fino alla morte del primo Kaiser (marzo 1888). Nel cosiddetto Dreikaiserjahr (Anno dei Tre Imperatori), Federico III, suo figlio e successore, regnò solo per 99 giorni, lasciando la corona al giovane e impetuoso Guglielmo II, che costrinse Bismarck a lasciare l'incarico nel marzo 1890.

Internamente alla Germania, l'opposizione del Partito Socialdemocratico (SPD), crebbe fino a renderlo il più grosso partito socialista del mondo, vincendo un terzo dei voti nelle elezioni del gennaio 1912 per il Reichstag (il parlamento imperiale). Il governo cionondimeno rimase nelle mani di una coalizione conservatrice appoggiata dai liberali di destra e dal clero cattolico, e pesantemente dipendente dal favore del Kaiser.

Il traballante equilibrio europeo si ruppe quando l'Austria-Ungheria, alleata della Germania fin dal 1879, dichiarò guerra alla Serbia (luglio 1914), dopo l'assassinio, avvenuto a Sarajevo, dell'erede al trono austriaco. La Germania sostenne gli obiettivi in Serbia del suo leale alleato, e firmò un "assegno in bianco" perché li perseguisse con ogni mezzo ritenuto necessario. La Serbia era appoggiata dalla Russia, che era a sua volta alleata con la Francia. A seguito della decisione russa per la mobilitazione generale (ovvero, contro Austria-Ungheria e Germania), la Germania dichiarò guerra a Russia e Francia, in quello che fu definito un attacco preventivo.

Questo fu l'inizio della prima guerra mondiale. Nonostante i successi iniziali, la Germania e i suoi alleati soffrirono la sconfitta militare davanti a un nemico rafforzato nel 1917 dagli Stati Uniti. Il Kaiser Guglielmo II venne spinto in esilio (novembre 1918) da una rivoluzione guidata dagli elementi dell'SPD e dei gruppi comunisti, che in seguito organizzarono il loro piano per ottenere il potere (gennaio 1919).

Nel giugno 1919, il Trattato di Versailles terminò formalmente la guerra. Venne firmato nella Sala degli specchi del Palazzo di Versailles, lo stesso luogo dove il Secondo Reich era stato proclamato quasi mezzo secolo prima. La Germania perse dei territori a favore della Francia, del Belgio, della ripristinata nazione polacca, e da altre parti, e fu condannata a pagare delle pesanti riparazioni di guerra per le sue presunte responsabilità nello scoppio del conflitto.

Analisi

Il governo di Bismarck - basato sulla cooptazione e coercizione reazionaria e sulla perpetuazione delle "virtù Junker" di militarismo, gerarchia e autocrazia – può essere meglio compreso considerando che la Germania era stata unificata da poco e, sotto certi aspetti, da legami ancora assai tenui, che il potente vicino francese aveva per secoli seguito la politica di tenere "le Germanie" deboli e divise, che il paese era stato più volte un campo di battaglia delle maggiori potenze europee, con le conseguenti devastazioni. Le prime memorie dei politici appartenenti alla generazione di Bismarck risalivano alle guerre napoleoniche e alle umiliazioni nazionali inflitte alla Prussia. Non solo l'interesse "di classe", ma pure la necessità di non mostrare debolezza all'estero rese indesiderabile per questi uomini l'adozione di maniere di governo più liberali.

Come risultato, in Germania, come in Giappone e in Italia, i successivi tentativi di estendere la democrazia avrebbero portato alla creazione di democrazie instabili (la Repubblica di Weimar, il Giappone degli anni venti e l'Italia tra la fine della Grande Guerra e la nomina di Benito Mussolini a capo del Governo nel 1922). Ognuna di queste democrazie costituzionali non riuscì a far fronte ai gravi problemi quotidiani e alla riluttanza o incapacità di avviare delle riforme strutturali fondamentali.

Nonostante gli avanzamenti in campo scientifico e industriale avvenuti sotto il Secondo Reich, la Germania mantenne quindi un aspetto dispotico, a causa delle sue inclinazioni militariste e avendo ottenuto l'unificazione con "sangue e ferro". I valori del repressivo "Stato guarnigione" prussiano, che vedono le proprie radici del sistema repressivo dell'agricoltura prussiana risalire ai tempi della sconfitta dei Cavalieri teutonici, sarebbero stati portati a un nuovo estremo dal Terzo Reich.

Il prussianesimo fece presa perché la prosperità soddisfaceva la base del ceto medio liberale. La sollecitudine dello stato di assicurare il benessere materiale a tutti conquistò un ampio supporto, anche da parte della classe operaia. L'educazione tedesca emerse forte nei campi vocazionali, così come nella propaganda. Da parte dell'aristocrazia terriera arrivarono i concetti dell'inerente superiorità della classe governante e la sensibilità alle questioni dello status, tratti prominenti che si protrassero ben dentro al XX secolo. Nutrite da nuove fonti, queste concezioni sarebbero state in seguito volgarizzate e rese attraenti all'intera popolazione tedesca con le dottrine della superiorità razziale. Nonostante la notevole resistenza aristocratica, la burocrazia imperiale introdusse l'ideale della completa obbedienza alle istituzioni sopra le classi e l'individuo.

Alla base di queste correnti ci fu un secolo di evoluzione economica politica e culturale, che iniziò con un'agricoltura dominata per secoli dai metodi repressivi piuttosto che dal mercato. I contadini tedeschi erano non solo sotto lo sguardo repressivo dei proprietari terrieri, ma ancorati a villaggi e strutture di lavoro che favorivano la solidarietà, diminuendo il loro potenziale rivoluzionario. Quindi, nel reame della propaganda, i Junker stabilirono la, generalmente riuscita, lega agraria del 1894, stendendo il fondamento della dottrina nazista. La lega cercò il supporto dei contadini nelle aree non-Junker o nelle piccole fattorie, inculcando l'adorazione del fuhrer, l'idea dello stato corporativo, il militarismo e l'antisemitismo. Avrebbe anche fatto la distinzione tra il capitale "predatorio" e quello "produttivo" usata poi dai nazisti, che era uno strumento usato per appellarsi ai sentimenti anti-capitalisti che aleggiavano tra i contadini.

D'altro canto, l'Impero garantì la libertà di stampa, la proprietà privata e riuscì a costruire un avanzato sistema di sicurezza sociale basato sulle assicurazioni obbligatorie, il cui nucleo è sopravvissuto agli sconvolgimenti di due guerre mondiali e al nazismo e ancora sopravvive. L'Impero aveva un moderno sistema elettorale per il parlamento federale, il Reichstag, in cui ogni maschio adulto aveva diritto di voto. Questo consentì ai socialisti e ai cattolici centristi di giocare un ruolo importante nella politica nazionale, sebbene entrambi i gruppi politici fossero ufficialmente visti, più o meno, come "nemici dell'Impero".

Quello dell'Impero è stato anche un periodo di enorme sviluppo per la vita culturale tedesca. Questo è vero sia per la ricerca e le università, quanto per le arti e la letteratura. Thomas Mann pubblicò I Buddenbrook nel 1901. Theodor Mommsen vinse il Premio Nobel per la letteratura un anno prima, grazie alla sua monumentale Storia di Roma. Pittori come quelli raccolti nei gruppi Der Blaue Reiter e Die Brücke diedero un contributo significativo all'arte moderna. L'edificio turbine dell'AEG [2] a Berlino di Peter Behrens (1909) è una pietra miliare dell'architettura moderna ed un esempio del funzionalismo emergente.

La questione del Sonderweg ossia se la natura della società e della politica dell'Impero abbia reso inevitabile il Nazismo è tuttora dibattuta. Alcuni storici, come Fritz Fischer, Hans-Ulrich Wehler e Wolfgang Mommsen hanno sostenuto che, durante il Secondo Reich, un'élite aristocratica, reazionaria e "pre-moderna" penetrò in profondità nella società tedesca e, quindi, la Repubblica di Weimar era condannata al fallimento fin dall'inizio. Per altri studiosi, come Gerhard Ritter, solo la Prima Guerra Mondiale e il periodo ad essa successivo aprirono le porte al Nazismo.

L'unificazione della Germania da parte di Bismarck ebbe anche un impatto significativo sull'Asia orientale. L'unificazione tedesca era considerata un modello per la riuscita modernizzazione del Giappone e per la meno riuscita modernizzazione della Cina agli inizi del XX secolo. Il codice civile tedesco divenne la base del sistema legale giapponese e della Repubblica Cinese e dopo il ritiro di quest'ultima a Taiwan rimane ancora la base del sistema legale lì vigente.

Prima guerra mondiale


La prima guerra mondiale è il nome dato al grande conflitto che coinvolse quasi tutte le grandi potenze mondiali, e molte di quelle minori, tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. Chiamata inizialmente dai contemporanei "guerra europea", con il coinvolgimento successivo delle nazioni del Commonwealth, degli Stati Uniti d'America e di altre nazioni extraeuropee, prese presto il nome di "guerra mondiale" o "grande guerra", per via delle caratteristiche di guerra totale che essa assunse: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino al 1939 cioè fino allo scoppio della seconda guerra mondiale245.

La prima guerra mondiale cominciò il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914 per concludersi oltre quattro anni dopo, l'11 novembre 1918. Il conflitto coinvolse le maggiori potenze mondiali di allora, divise in due blocchi contrapposti; gli Imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria) contro le potenze Alleate rappresentate principalmente da Francia, Gran Bretagna, Impero russo e Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa), in quello che divenne in breve tempo il più vasto conflitto della storia, che causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7 milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie concomitanti246.

Militarmente il conflitto si aprì con l'invasione austro-ungarica della Serbia, e parallelamente, con una rapida avanzata dell'esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, dove giunse a 40 chilometri da Parigi. In poche settimane il gioco di alleanze formatosi negli ultimi decenni dell'Ottocento tra gli stati comportò l'entrata nel conflitto delle maggiori potenze europee e delle rispettive colonie. In pochi anni la guerra raggiunse una scala mondiale, con la partecipazione di molte altre nazioni, fra cui l'Impero ottomano, l'Italia, la Romania, gli Stati Uniti e la Grecia, aprendo così altri fronti di combattimento.

Con la sconfitta tedesca sulla Marna nel settembre 1914 le speranze degli invasori di una guerra breve e vittoriosa svanirono a favore di una logorante guerra di trincea, che si replicò su tutti i fronti del conflitto dove nessuno dei contendenti riuscì a soggiogare le armate nemiche. Determinante per l'esito finale del conflitto mondiale fu l'ingresso degli Stati Uniti d'America e di diverse altre nazioni che, pur non entrando militarmente a pieno regime nel conflitto, grazie agli aiuti economici dispensati agli Alleati, si schierarono contro gli Imperi Centrali facendo pendere definitivamente l'ago della bilancia.

La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918, quando la Germania, ultima degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio con le forze nemiche. Alla fine del conflitto, i maggiori imperi esistenti al mondo - Impero tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo - cessarono di esistere, e da questi nacquero diversi stati che ridisegnarono completamente la geografia dell'Europa.

Origini della guerra

Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 segnò la fine di un lungo periodo di pace nella storia europea, iniziato nel 1815 con la sconfitta definitiva della Francia napoleonica. La pace europea dell'inizio del XX secolo tuttavia non aveva basi solide: nel corso dei decenni del XIX secolo in Europa vi furono diversi conflitti a carattere limitato247248, che minarono e inasprirono i rapporti diplomatici tra le potenze europee e i relativi giochi di alleanze. Per individuare però le cause fondamentali del conflitto bisogna risalire innanzitutto al ruolo preponderante della Prussia nella creazione del Reich, alle concezioni politiche di Otto von Bismarck, alle tendenze filosofiche prevalenti in Germania e alla sua situazione economica; un insieme di fattori eterogenei che concorsero a trasformare il desiderio della Germania di assicurarsi sbocchi commerciali nel mondo.

Dovremmo quindi analizzare i problemi etnici interni all'Austria-Ungheria e alle ambizioni indipendentiste dei popoli di cui si formava, il timore che la Russia generava oltre frontiera soprattutto nei tedeschi, la paura che tormentava la Francia fin dal 1870 di una nuova aggressione che aveva lasciato un'eredità di animosità tra la Francia e la Germania249, e infine dovremmo tener conto dell'evoluzione diplomatica della Gran Bretagna da una politica di isolamento ad una politica di attiva presenza in Europa250.

Sotto la guida politica del suo primo cancelliere Bismarck, la Germania assicurò una forte presenza in Europa tramite l'alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia e un'intesa diplomatica con la Russia. L'ascesa al trono nel 1888 dell'imperatore Guglielmo II, portò sul trono tedesco un giovane governante determinato a dirigere da sé la politica, nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni del 1890, nelle quali i partiti del centro e della sinistra ottennero un grosso successo, a causa della disaffezione nei confronti del Cancelliere che aveva guidato il Reich per gran parte della sua carriera, Guglielmo II fece in modo di ottenere le dimissioni di Bismarck251. Gran parte del lavoro dell'ex cancelliere venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò di rinnovare il trattato di controassicurazione con la Russia, permettendo invece alla Francia repubblicana l'opportunità di concludere nel 1894 un'alleanza con la Russia252.

Altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale fu la corsa al riarmo navale. Il Kaiser riteneva che solo la creazione di una importante marina militare avrebbe reso la Germania una potenza mondiale. Nel 1897 fu nominato alla guida della marina imperiale l'ammiraglio Alfred von Tirpitz, e la Germania iniziò una politica di riarmo che risultò una vera e propria sfida aperta al secolare predominio navale britannico253, che favorì l'accordo anglo-francese, l'Entente cordiale del 1904 e l'accordo anglo-russo, che chiudeva un secolo di rivalità fra le due potenze nello scacchiere asiatico. La Gran Bretagna tentò inoltre di rafforzare la propria posizione in altre direzioni, alleandosi con il Giappone nel 1902, e nonostante la proposta di Joseph Chamberlain di un trattato fra Gran Bretagna, Germania e Giappone per avvantaggiarsi congiuntamente nel Pacifico, la Germania continuò nella sua politica bellicosa attirandosi motivi di attrito con le potenze europee254. Da quel momento in poi le grandi potenze europee furono di fatto, anche se non ufficialmente, divise in due gruppi rivali. Negli anni seguenti la Germania, la cui politica aggressiva e poco diplomatica aveva dato il via a una coalizione avversaria, intensificò i rapporti con l'Austria-Ungheria e l'Italia255.

La nuova divisione in blocchi dell'Europa non era una riedizione del vecchio equilibrio di potenza, ma una semplice barriera tra potenze, una barriera satura di esplosivo. I diversi paesi si affrettarono ad aumentare i loro armamenti, che, nel timore di una deflagrazione improvvisa, vennero messi a completa disposizione dei militari256. Il Regno Unito aveva dato il via libera alle pretese della Francia sul Marocco, in cambio del riconoscimento dei propri diritti sull'Egitto, tuttavia questo accordo fra le due principali potenze coloniali violava la precedente convenzione di Madrid del 1880, firmata anche dalla Germania. Ne derivò la crisi di Tangeri del 1905 dove il Kaiser ribadì il ruolo fondamentale della Germania nella politica extra-europea257.

Ma la prima vera scintilla scoccò nei Balcani nel 1908. Della rivoluzione in Turchia approfittarono la Bulgaria per liberarsi dalla sovranità turca e l'Austria per annettersi le provincie della Bosnia e dell'Erzegovina che già amministrava dal 1879. L'Austria e la Russia si accordarono a cambio dell'apertura alla Russia dei Dardanelli, ma l'Italia considerò tale azione un affronto e la Serbia una minaccia. In Russia poi la perentoria richiesta tedesca di riconoscere la legittimità dell'annessione sotto pena di un attacco austro-tedesco facilitò la mossa austriaca ma creò non pochi dissapori tra la Russia e le potenze centrali258.

Altro motivo di attrito fu la crisi di Agadir, dove per indurre la Francia a fare concessioni in Africa, nel giugno 1911 i tedeschi inviarono una cannoniera nel porto di Agadir. Il Cancelliere dello Scacchiere David Lloyd George ammonì la Germania ad astenersi da simili minacce alla pace, e dichiarò la Gran Bretagna pronta a supportare la Francia. Ciò spense la scintilla, ma acuì il risentimento dell'opinione pubblica tedesca che favorì un ulteriore ampliamento della marina da guerra. Ciò nonostante, il successivo accordo sul Marocco allentò i motivi di frizione, ma proprio in quel momento sulla scena europea venne gettata un'altra manciata di polvere da sparo, anche stavolta nei Balcani259. La debolezza della Turchia, palesata dall'occupazione italiana di Tripoli, incoraggiò Bulgaria, Serbia e Grecia a rivendicare l'egemonia della Macedonia come primo passo verso l'estromissione della Turchia dall'Europa. I turchi furono rapidamente sconfitti. La quota di bottino assegnata alla Serbia fu l'Albania settentrionale, ma l'Austria, che già temeva ambizioni serbe, mobilitò le sue truppe, e la sua minaccia alla Serbia trovò la naturale risposta in analoghe misure della Russia. Fortunatamente la Germania si schierò con Gran Bretagna e Francia per scongiurare pericolosi sviluppi. Quando la crisi cessò, la Serbia fu il paese che ne uscì meglio e la Bulgaria fu il paese uscito più malconcio; questo non piacque all'Austria che nell'estate del 1913 propose di attaccare immediatamente la Serbia. La Germania esercitò un freno ai propositi austriaci, ma allo stesso tempo estese il proprio controllo nell'esercito turco, facendo svanire nei russi la speranza di mettere le mani nei Dardanelli260.

Negli ultimi anni in tutti i paesi europei si moltiplicarono gli incitamenti alla guerra, discorsi e articoli bellicosi, dicerie, incidenti di frontiera, e la Francia promulgò una legge (detta "dei tre anni") che, per sopperire all'inferiorità numerica rispetto all'esercito tedesco, allungava di un anno la ferma militare, fino ad allora della durata di due anni: ciò aggravò i rapporti con la Germania. La scintilla fatale fu l'Attentato di Sarajevo, il 28 giugno 1914, la cui vittima, Francesco Ferdinando erede al trono d'Austria-Ungheria, fu forse l'unico austriaco autorevole che fosse amico dei nazionalisti serbi, perché sognava un impero unito da un legame federativo e non dall'oppressione261.

La crisi di luglio
  
Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia, recatisi a Sarajevo in visita ufficiale, furono colpiti a morte da alcuni colpi di pistola sparati dal nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo Princip. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica che precedette e segnò l'inizio della guerra in Europa262.

Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter localizzare il conflitto, pressò l'alleato austro-ungarico affinché aggredisse al più presto la Serbia. Solo la Gran Bretagna avanzò una proposta di conferenza internazionale che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee si preparavano lentamente al conflitto. Quasi un mese dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria inviò un duro ultimatum alla Serbia, il quale venne rifiutato. Di conseguenza, il 28 luglio 1914, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.

L'Italia, il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, la Romania e l'Impero Ottomano inizialmente rimasero neutrali, ai bordi del campo di battaglia, ma pronti a entrarvi appena avessero intravisto qualche vantaggio. Alla mezzanotte del 4 agosto erano cinque gli imperi che ormai erano entrati in guerra (Austria-Ungheria, Germania, Russia, Gran Bretagna e Francia)263, ogni potenza era convinta di aver ragione degli avversari in pochi mesi. Molti ritenevano che la guerra sarebbe finita a Natale del 1914, o tuttalpiù a Pasqua del 1915264. Il conflitto che si era aperto con la crisi di luglio sarebbe terminato invece nel novembre del 1918, dopo aver provocato sedici milioni di morti tra militari e civili265.

La guerra

« Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie dagli alberi »

(Frase rivolta da Guglielmo II alle truppe tedesche in partenza per il fronte nella prima settimana di agosto 1914266)

« Vasilij Fëdorovič (Guglielmo II) ha commesso un sbaglio; non ce la farà assolutamente »

(Affermazione del ministro della Giustizia russo allo scoppio della guerra267)

Le prime fasi della guerra (1914)

Dopo la rottura delle relazioni diplomatiche fra Austria-Ungheria e Regno di Serbia, il governo tedesco, in conseguenza della mobilitazione generale russa, il 31 luglio dichiarò guerra alla Russia e alla Francia, e mobilitò le proprie truppe in oriente ed occidente. Se la Francia avesse riunito tutto il suo potenziale bellico e dichiarato guerra proprio mentre le armate tedesche avanzavano ad oriente, la Germania avrebbe corso il rischio di trovarsi in serie difficoltà. In ottemperanza al piano Schlieffen, la strategia tedesca mirava a sconfiggere con una "guerra lampo" la Francia e, confidando nella lenta e pesante macchina bellica russa, rivolgere poi tutte le proprie forze ad oriente268.

Il piano, ideato dal generale Alfred von Schlieffen e completato nel 1905, prevedeva che la Francia fosse attaccata da nord attraverso il Belgio e i Paesi Bassi, così da evitare la lunga linea fortificata alla frontiera francese e consentire all'esercito tedesco di calare su Parigi con un'unica grande offensiva. Schlieffen anche dopo essersi ritirato dall'esercito continuò a lavorare al piano, che aveva sottoposto ad un'ultima revisione nel dicembre 1912, poco prima di morire. Il generale von Moltke, suo successore come capo di Stato maggiore dell'esercito, poco prima dello scoppio del conflitto accorciò il tratto di fronte su cui effettuare l'offensiva escludendone i Paesi Bassi. Secondo il piano, Parigi sarebbe stata occupata, e la Francia soggiogata nel giro di sei settimane, mentre dieci divisioni avrebbero tenuto in scacco i russi ad oriente confidando nella lentezza della mobilitazione delle armate dello zar269, fino al momento in cui la Germania avrebbe potuto rivolgere tutte le proprie forze contro la Russia270.

L'invasione di Belgio e Francia

A nord il Lussemburgo fu occupato dai tedeschi senza opposizione il 2 agosto, e più a nord, alla frontiera con il Belgio, i tedeschi avanzavano a gran velocità dando corpo all'invasione. La Gran Bretagna non aveva truppe sul continente europeo, e il suo corpo di spedizione al comando di Sir John French, doveva ancora essere radunato, armato e inviato al fronte al di là della Manica. In ottemperanza al piano XVII, il 14 agosto le truppe francesi sconfinarono in Alsazia e Lorena convinte di riscattare le umiliazioni del passato271.

Quel giorno le forze tedesche iniziarono la battaglia di Liegi andando all'assalto del primo vero ostacolo sul loro cammino: il campo fortificato di Liegi con la sua guarnigione di 35.000 soldati. L'attacco durò più del previsto e solo il 7 agosto la fortezza centrale capitolò272. Il 12 agosto l'Austria-Ungheria invase la Serbia, mentre sul fronte occidentale continuavano furiosi i combattimenti sul confine franco-tedesco e soprattutto in Belgio. Dopo la caduta di Liegi la maggioranza dell'esercito belga si mise in ritirata verso ovest, mentre il 25 più a nord i tedeschi bombardarono Anversa con uno Zeppelin, durante le fasi preliminari dell'assedio della città che durò fino al 28 settembre e comportò enormi devastazioni273. Lo stesso 12 agosto le avanguardie del corpo di spedizione britannico attraversarono la Manica scortate da 19 navi da guerra. In dieci giorni furono sbarcati 120.000 uomini senza che una sola vita o una sola nave andassero perdute, non avendo la Kaiserliche Marine mai ostacolato le operazioni274.

Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono a Bruxelles. All'estremità meridionale del fronte i francesi, penetrati in Alsazia e vicini alla città di Mulhouse, giunsero a sedici chilometri dal Reno, ma non sarebbero mai andati oltre. Più a nord i francesi penetrati in Lorena furono sconfitti a Morhange e iniziarono a ritirarsi verso Nancy. La città, nonostante la pressione tedesca, resse l'urto grazie ai sacrifici della 2ª armata francese guidata da Édouard de Castelnau275.

Il 22 agosto iniziò l'avanzata tedesca lungo tutto il fronte; la 5ª armata francese fu cacciata da Charleroi, e cominciò furiosa la battaglia di Mons, battesimo del fuoco per il corpo di spedizione britannico, che resistette con inaspettata tenacia276. I tedeschi riuscirono comunque a rompere la resistenza delle forze di French e il 23 iniziarono ad avanzare; quello stesso giorno sia i francesi da Charleroi che i belgi da Namur cedettero alla pressione nemica e iniziarono a ripiegare. Il 2 settembre il governo francese si rifugiò a Bordeaux277 e le truppe anglo-francesi, avendo appreso che i tedeschi non avrebbero attaccato Parigi puntando verso sud, ma si sarebbero diretti verso sud-ovest contro i britannici, si attestarono sulla Marna, facendone saltare tutti i ponti278. Il giorno dopo l'esercito tedesco era a soli 40 km da Parigi279. In questa situazione di panico generale – un milione di parigini aveva abbandonato la città280 - il generale Gallieni, governatore militare di Parigi approntava le difese, avendo a disposizione una nuova armata appena costituita da schierare nel sistema di trincee e fortificazioni che attorniavano la capitale281. Tuttavia il 12 settembre, i francesi, con l'aiuto della British Expeditionary Force, bloccarono l'avanzata nemica ad est di Parigi durante la prima battaglia della Marna. Gli ultimi giorni di questa battaglia decisiva segnarono la fine della guerra di movimento ad occidente a favore di una logorante guerra di trincea lungo solide postazioni282.

Il fronte orientale

Gli scontri iniziali a est erano stati contrassegnati più da rapidi mutamenti di fortuna che da vantaggi decisivi per una delle due parti. Il comando austriaco aveva impiegato parte delle sue forze nel vano tentativo di mettere fuori combattimento le forze serbe, e inoltre il suo piano per un'offensiva iniziale diretta a tagliar alla radice la "striscia" polacca era stato paralizzato dal cattivo funzionamento della parte tedesca della tenaglia. Anzi era la Germania, che schierava la sola 8ª armata con il compito di difendere la Prussia Orientale, a rischiare di essere sopraffatta dalle truppe di Nicola II che mobilitò anzitempo la 1ª e la 2ª armata contro la Prussia, nel tentativo di allentare la pressione tedesca in Francia nei primissimi mesi del conflitto283. Dopo una prima serie di sconfitte, il comandante tedesco Maximilian von Prittwitz venne sostituito dal generale in pensione Paul von Hindenburg che nominò suo capo di stato maggiore Erich Ludendorff. I due annientarono a Tannenberg i Russi, che a loro volta non si fecero sorprendere dalle armate austro-ungariche in Polonia, a cui dovettero correre in soccorso i tedeschi che con la neonata 9ª armata iniziarono il contrattacco in direzione Varsavia284.

Il granduca Nicola costituì un'enorme potenziale composto da sette armate, che impegnarono duramente gli Imperi centrali, i quali sfruttando il migliore sistema ferroviario a loro disposizione riuscirono ad arrestare il "rullo compressore" russo e a contrattaccare sulla Vistola, dove due armate russe furono separate dalla penetrazione di Ludendorff, che riuscì a far ripiegare la 1ª armata russa a Varsavia, mentre la 2ª fu quasi accerchiata come capitò a Samsonov a Tannenberg285. Nuove forze provenienti da occidente permisero, il 15 dicembre 1914, a Ludendorff di respingere i russi fino alla linea dei fiumi Bzura e Ravka davanti a Varsavia, ma la diminuzione delle provviste e delle munizioni indussero Nicola a ritirare ulteriormente le truppe sulle linee trincerate lungo i fiumi Nida e Dunajec, lasciando al nemico l'estremità della striscia polacca. Anche a est come a ovest le ostilità erano giunte ad un punto morto, con le forze contrapposte attestate su solide linee trincerate; ma da questa parte l'inadeguatezza delle industrie russe non permetteva loro di sopperire alla guerra allo stesso modo di quelle delle forze alleate occidentali286.

Le invasioni della Serbia

Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso avvio, il fronte serbo fu relegato ben presto a teatro secondario di un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze concentrato in Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede avvio all'invasione del territorio serbo il 12 agosto 1914: guidate dal generale Radomir Putnik e supportate anche dalle forze del Regno del Montenegro, le truppe serbe opposero una ostinata resistenza, infliggendo agli austroungarici una sconfitta nella battaglia del Cer (16-19 agosto) ed obbligandoli a ritirarsi oltre frontiera287. Dopo una controffensiva serba al confine con la Bosnia, sfociata nell'inconcludente battaglia della Drina (6 settembre - 4 ottobre 1914), gli austroungarici del generale Oskar Potiorek lanciarono una nuova invasione il 5 novembre, riuscendo ad occupare la capitale Belgrado: Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino al fiume Kolubara, dove inflisse una disastrosa sconfitta alle truppe di Potiorek obbligandole ancora una volta alla ritirata; il 15 dicembre 1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando la linea del fronte ai confini prebellici288.

Le offensive austroungariche erano costate all'Impero la perdita di 227.000 uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre ad un ampio bottino di armi e munizioni di vitale importanza per il mal equipaggiato esercito serbo; nonostante la vittoria la Serbia ebbe 170.000 caduti durante la campagna, perdite enormi per il suo piccolo esercito ulteriormente aggravate dallo scoppio di una violenta epidemia di tifo (che fece 150.000 vittime tra i civili) e dalla grave carenza di generi alimentari289.

L'impero ottomano

Nel 1914 l'Impero ottomano era ormai in solidi rapporti con la Germania, che da tempo investiva capitali nello sviluppo economico dell'Impero e curava l'addestramento delle sue forze armate290. L'influente ministro della guerra Ismail Enver era un filo-tedesco, ma il governo ottomano era ancora diviso sulla scelta di unirsi agli Imperi centrali, nonostante la firma il 1º agosto 1914 di un trattato segreto di natura militare ed economica con la Germania; il sequestro, all'inizio della guerra, da parte dei britannici di due navi da battaglia ottomane in costruzione nei cantieri inglesi provocò forte indignazione a Istanbul, ed i tedeschi ne approfittarono cedendo agli ottomani i due incrociatori Goeben e Breslau sfuggiti alla caccia nemica nel Mediterraneo291. Il 29 ottobre 1914 le due navi, ora battenti bandiera turca, bombardarono e posarono mine davanti ai porti russi sul Mar Nero, e gli Alleati replicarono con una dichiarazione di guerra: il 1º novembre navi britanniche attaccarono un posamine turco nel porto di Smirne e il giorno seguente un incrociatore leggero bombardò il porto di Aqaba sul Mar Rosso, mentre il 3 novembre vennero presi di mira i forti sui Dardanelli292.

L'entrata in guerra dell'Impero ottomano aprì nuovi scenari di conflitto in teatri molto distanti l'uno dall'altro: nel Caucaso la Russia si ritrovò a sostenere un difficile secondo fronte di conflitto in un territorio impervio, mentre la presenza ottomana in Mesopotamia e Palestina minacciava due cardini dell'impero coloniale britannico, la raffineria petrolifera persiana di Abadan (vitale per i rifornimenti di carburante della Royal Navy) ed il canale di Suez; fin dall'inizio però le attenzioni britanniche si rivolsero verso il forzamento dello stretto dei Dardanelli, al fine di portare la guerra direttamente nella capitale ottomana293.

Il forzamento dei Dardanelli

Sul fronte orientale, nel 1915 le armate russe erano in grossa difficoltà, sospinte dalle forze ottomane al di là dei confini che la Russia aveva tracciato a spese dei turchi nel 1878. Il granduca Nicola si appellò allora alla Gran Bretagna perché compisse un'azione di disturbo contro la Turchia, costringendola a richiamare a est parte delle sue truppe. I britannici su suggerimento di lord Kitchener e con il fortissimo appoggio di Churchill allora Primo Lord dell'Ammiragliato, proposero di attaccare dal mare i forti turchi nei Dardanelli294. L'attacco doveva essere la spallata decisiva all'Impero Ottomano, la cui marina non poteva contrastare in alcun modo quella Alleata, e l'opinione inglese dominante era quella di una campagna breve e violenta che avrebbe portato le truppe di terra a Istanbul. Aprire lo stretto avrebbe portato probabilmente alla resa turca e sicuramente alla possibilità da parte russa di esportare il suo grano. L'unico vero rischio, peraltro ampiamente sottovalutato dagli Alleati, erano i campi minati turchi, dei quali sottovalutavano la estensione e la capacità avversaria di metterne rapidamente in opera di nuovi. Anche gli armamenti dei forti, sebbene antiquati, si sarebbero dimostrati pericolosi per gli attaccanti. Quella che doveva essere una campagna lampo si trasformò in una guerra di posizione con elevatissime perdite umane e che fece emergere in campo turco un importante leader come Mustafà Kemal, all'epoca generale dell'esercito.

Il fronte del Caucaso

Le operazioni sul fronte del Caucaso iniziarono fin dai primi giorni di guerra, a dispetto del terreno impervio e del rigido clima invernale: dopo aver facilmente respinto un'offensiva russa in direzione di Köprüköy tra il 2 ed il 16 novembre 1914, le forze della 3ª armata ottomana, guidate dallo stesso ministro della guerra Ismail Enver, lanciarono un massiccio attacco oltre il confine russo in direzione di Kars; la sconfitta patita ad opera dei russi nella seguente battaglia di Sarıkamış (22 dicembre 1914 - 17 gennaio 1915) si trasformò in una disfatta per gli ottomani quando la 3ª Armata cercò di ritirarsi attraverso le montagne innevate, perdendo 90.000 uomini su un totale di 130.000295.

Alle prese con l'impegnativa situazione del fronte orientale, i russi non furono immediatamente in grado di sfruttare la vittoria e fino a marzo il fronte caucasico rimase stazionario, con solo poche schermaglie tra le due parti; alla ricerca di un capro espiatorio per la disfatta invernale, gli ottomani accusarono la minoranza armena che viveva nelle regioni di confine di connivenza con i russi, ed a partire dal febbraio del 1915 furono avviate deportazioni e massacri ai suoi danni296. Gli attacchi degli ottomani provocarono ben presto un'aperta rivolta, ed il 19 aprile 1915 i "fedayyin" armeni si impossessarono dell'importante città di Van, resistendo poi all'assedio da parte delle forze ottomane; approfittando dell'occasione i russi lanciarono una massiccia offensiva nel settore orientale del fronte, liberando Van dall'assedio il 17 maggio ma venendo infine bloccati agli ottomani nel corso della battaglia di Malazgirt (10-26 luglio 1915). La controffensiva ottomana portò alla rioccupazione di Van (evacuata dal grosso della popolazione armena) e degli altri territori perduti entro la fine di agosto, e la linea del fronte tornò alla situazione di partenza per la fine dell'anno, con entrambe le forze impegnate a riorganizzarsi297.

All'inizio del gennaio 1916 i russi lanciarono una massiccia offensiva nel settore occidentale del fronte, cogliendo completamente di sorpresa la 3ª armata ottomana che non si aspettava un attacco in pieno inverno: la vittoria russa nella battaglia di Köprüköy (10-19 gennaio 1916) obbligò gli ottomani ad abbandonare la strategica fortezza di Erzurum ed a ritirarsi verso ovest dopo aver subito pesanti perdite298. Appoggiate anche da sbarchi di truppe lungo la costa del Mar Nero, le truppe russe dilagarono nell'Anatolia orientale prendendo l'importante porto di Trebisonda il 15 aprile e spingendosi nell'interno fino alle città di Muş ed Erzincan, dove ottennero una nuova vittoria sugli ottomani tra il 2 ed il 25 luglio 1916; lo sfondamento fu contenuto solo con l'arrivo al fronte della 2ª armata ottomana del generale Mustafa Kemal, composta da truppe richiamate dal settore di Gallipoli, che il 25 agosto riuscì ad infliggere ai russi una sconfitta nella battaglia di Bitlis299.

Il grosso dei combattimenti cessò alla fine di settembre del 1916, con entrambe le parti alle prese con i disagi causati da un inverno particolarmente duro; la situazione non subì grandi mutamenti nel corso del 1917, con i russi immobilizzati dai disordini in corso in patria e gli ottomani concentrati sul fronte del Medio Oriente contro i britannici300; l'armistizio di Erzincan del 5 dicembre 1917 ed il ritiro della Russia dal conflitto posero infine termine alle operazioni nel Caucaso.

La guerra in Medio Oriente

Il 6 novembre 1914 truppe anglo-indiane sbarcarono nella penisola di Al-Faw, oggi in Iraq, dando avvio alla campagna della Mesopotamia; la spedizione era stata voluta per allontanare qualsiasi minaccia ottomana ai possedimenti britannici nella regione del Golfo Persico, e ben presto ottenne diversi risultati: il 21 novembre le forze britanniche presero l'importante porto di Bàssora, spingendosi ai primi di dicembre fino a Al-Qurna, il luogo dove il Tigri e l'Eufrate confluivano in un unico fiume, dove sconfissero una forza ottomana301. L'occupazione di una solida testa di ponte a Bassora rendeva praticamente inutile continuare la campagna: la minaccia turca al Golfo Persico era sventata, e la Mesopotamia era troppo lontana dalle regioni chiave dell'Impero perché fosse vantaggiosa una sua completa occupazione; tuttavia la debole resistenza offerta dagli ottomani, ulteriormente confermata dal completo fallimento di una loro controffensiva in direzione di Bassora a metà aprile 1915, spinse l'alto comando britannico a continuare l'azione, convinto di poter ottenere altri facili successi302.

Nel settembre del 1915 un contingente anglo-indiano sotto il generale Charles Vere Ferrers Townshend risalì il Tigri fino a prendere l'importante città di al-Kut; benché le linee di rifornimento fossero molto estese, l'alto comando spinse Townshend a proseguire l'avanzata verso la vicina Baghdad, un obiettivo molto più ambito, ma tra il 22 ed il 25 novembre le unità britanniche subirono un arresto nella battaglia di Ctesifonte ad opera delle rafforzate truppe ottomane303. Townshend si ritirò sulla base di Kut, dove ben presto rimase tagliato fuori ed assediato; quattro distinti tentativi di soccorrere la guarnigione fallirono miseramente, e dopo cinque mesi di assedio le forze anglo-indiane, ormai alla fame, capitolarono il 29 aprile 1916, lasciando 12.000 prigionieri nelle mani dei turchi304.

Più a ovest un nuovo fronte fu aperto nel sud della Palestina: l'Egitto era ufficialmente un vassallo ottomano, sebbene ormai fosse politicamente controllato dal Regno Unito fin dal 1880, ed allo scoppio delle ostilità era stato rapidamente occupato da una forza di spedizione britannica, australiana e neozelandese; il canale di Suez rappresentava un punto vitale per gli Alleati, ed i tedeschi fecero pressione sugli ottomani perché progettassero una sua occupazione305. L'offensiva di Suez iniziò il 28 gennaio 1915 ma dopo una settimana di scontri le forze ottomane furono respinte, anche per via della difficoltà a mantenere i collegamenti logistici attraverso l'inospitale Penisola del Sinai306; le forze Alleate si mantennero rigorosamente sulla difensiva fin verso la metà del 1916, quando le continue incursioni ottomane su piccola scala contro il canale convinsero il comandante britannico Archibald Murray a passare all'offensiva: avanzando metodicamente e costruendo strada facendo una ferrovia ed un acquedotto, le forze britanniche si spinsero attraverso la costa settentrionale del Sinai e sconfissero gli ottomani nella battaglia di Romani (3–5 agosto 1916), respingendoli definitivamente oltre la frontiera con la Palestina.

La guerra in Africa

Giunta piuttosto in ritardo alla corsa per la spartizione dell'Africa, nel 1914 la Germania disponeva di un numero limitato di possedimenti nel continente: isolati dalla madrepatria dal blocco navale degli Alleati e circondati dai territori dei più ampi imperi coloniali britannico e francese, il loro destino era praticamente segnato fin dall'inizio delle ostilità307. La piccola colonia del Togoland (l'odierno Togo) fu rapidamente occupata dalle forze anglo-francesi già entro la fine dell'agosto del 1914, mentre più impegnativa fu la lotta nel vicino Camerun Tedesco: la capitale Buéa fu occupata da truppe coloniali francesi e belghe il 27 settembre 1914, ma favorite dal terreno impervio e dalle piogge tropicali le ultime guarnigioni tedesche non furono costrette a capitolare prima del febbraio del 1916. La guarnigione dell'Africa Tedesca del Sud-Ovest (l'odierna Namibia) dovette sostenere un'invasione da parte delle truppe sudafricane e, benché appoggiata dall'insurrezione di alcuni ribelli boeri contro le autorità britanniche, fu infine costretta alla resa nel luglio del 1915308.

Molto più lunga fu la lotta nell'Africa Orientale Tedesca (l'odierna Tanzania): al comando di un miscuglio di coloni tedeschi e truppe arruolate tra gli indigeni locali (Schutztruppe), il colonnello Paul Emil von Lettow-Vorbeck intraprese una serie di azioni di guerriglia ed attacchi mordi-e-fuggi ai danni delle colonie confinanti (il Kenya britannico, il Congo Belga e il Mozambico portoghese), infliggendo agli Alleati diverse sconfitte309. Fu necessario mettere in campo una vasta forza (arrivata a contare, tra soldati e personale ausiliario, quasi 400.000 uomini) per avere ragione delle elusive truppe di Vorbeck ed occupare la colonia: gli ultimi guerriglieri tedeschi, ancora capitanati dal loro comandante, si arresero solo il 26 novembre 1918, dopo essere stati informati dell'avvenuta capitolazione della Germania 15 giorni prima310.

L'entrata in guerra dell'Impero ottomano provocò insurrezioni da parte delle popolazioni musulmane del Nordafrica contro le autorità coloniali europee: i francesi dovettero sostenere una lunga guerra contro le tribù berbere degli Zayani del Marocco, come pure una rivolta tra i Tuareg del nord del Niger; nella Libia orientale i guerriglieri della confraternita dei Senussi misero in seria difficoltà le guarnigioni italiane, confinandole in pratica al controllo dei soli centri costieri principali, e conducendo anche una serie di attacchi contro le postazioni britanniche in Egitto ma venendo infine respinti311.

Il dominio dei mari

Il 29 luglio 1914 la flotta britannica, senza dichiarare la mobilitazione, salpò dalla base di Portland verso la base di guerra a Scapa Flow nelle isole Orcadi che controllavano il passaggio tra la parte settentrionale della Gran Bretagna e la Norvegia. All'inizio delle ostilità la Germania, consapevole dell'inferiorità nei confronti della Grand Fleet britannica, mantenne un atteggiamento attendista, decidendo di evitare uno scontro diretto finché i loro posamine e i loro sommergibili non avessero indebolito la marina da guerra britannica e diminuito i commerci con le colonie312. La geografia della costa nord della Germania favoriva questo tipo di strategia, le coste frastagliate, gli estuari e la protezione assicurata dalle isole - quali Helgoland - costituivano uno scudo molto potente per le basi di Wilhelmshaven, Bremerhaven e Cuxhaven e allo stesso tempo offriva una eccellente base per rapide incursioni nel mare del Nord313. Durante il primo anno di guerra la Gran Bretagna si preoccupò quindi di pattugliare il mare del Nord e permettere il trasferimento della forza di spedizione attraverso la Manica; l'unica azione di rilievo fu l'incursione nella baia di Helgoland dove l'ammiraglio Beatty affondò parecchi incrociatori leggeri tedeschi, confermando ai tedeschi la necessità di continuare una tattica difensiva ma allo stesso tempo accelerando l'attività dei sommergibili e dei posamine314.

La guerra nel Mar Mediterraneo si aprì con un errore destinato ad avere forti conseguenze politiche da parte delle forze Alleate. In quelle acque navigavano due delle navi da guerra più veloci della Kaiserliche Marine, l'incrociatore da battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau; ricevuto l'ordine da Berlino di puntare verso Costantinopoli, furono inseguite dalla Royal Navy che però si fece sfuggire l'occasione. Il ministro della Guerra turco, consapevole che acconsentire il passaggio nei Dardanelli alle navi tedesche avrebbe rappresentato un atto ostile nei confronti della Gran Bretagna e avrebbe sospinto la Turchia nell'orbita della Germania, diede il suo assenso all'entrata nello stretto alle due navi tedesche. Per non pregiudicare la neutralità della Turchia, le due navi vennero cedute con un finto atto di vendita alla Turchia, ma a ciò non seguirono atti ostili e le due navi furono ancorate al porto di Costantinopoli315.

Negli oceani invece la caccia alle unità tedesche fu l'obiettivo principale per le flotte Alleate. La Germania non ebbe il tempo per far uscire le proprie navi da guerra per ostacolare il traffico commerciale degli Alleati, così allo scoppio della guerra i pochi incrociatori all'estero costituirono la spina nel fianco della marina britannica; non era facile conciliare l'esigenza di concentrare le forze nel mare del Nord in vista di un attacco a sorpresa della Germania con la necessità di pattugliare e difendere le rotte marittime dall'India e dai Dominions316. Con la distruzione dell'Emden avvenuta il 9 novembre, l'oceano Indiano fu libero dalla minaccia, ma questo successo fu neutralizzato da una grave sconfitta nel Pacifico, nella battaglia di Coronel, dove la divisione incrociatori dell'ammiraglio Cradock fu battuta dagli incrociatori corazzati dell'ammiraglio Maximilian von Spee, lo Scharnhorst e lo Gneisenau317. Questo scacco fu prontamente riscattato dall'ammiraglio Doveton Sturdee che alla guida degli incrociatori Inflexible, Invincible e Australia, scendendo dalle isole Fiji, l'8 dicembre 1914 prese alle spalle von Spee nei pressi delle Isole Falkland e ne affondò l'intera divisione tranne il Dresden, distruggendo l'ultimo strumento della potenza navale tedesca negli oceani318.

Da quel momento in poi la Gran Bretagna e i suoi alleati poterono contare sulla sicurezza delle vie di comunicazione oceaniche per i loro traffici di rifornimenti e truppe, ma poiché le rotte oceaniche devono per forza avere un capolinea sulla terra ferma, la logica mossa tedesca fu quella di incrementare lo sviluppo dell'arma sottomarina che rese gradualmente meno effettiva questa sicurezza319.

Il Giappone ed il teatro del Pacifico

Da tempo alleato del Regno Unito, il 23 agosto 1914 il Giappone dichiarò guerra alla Germania, segnando il destino degli sparpagliati possedimenti tedeschi situati nell'area del Pacifico: ai primi di ottobre una squadra navale giapponese salpò alla volta della Micronesia, dove i tedeschi disponevano di una serie di piccole basi, occupando entro la fine del mese le isole Caroline, le Marshall e le Marianne praticamente senza combattere; il 31 ottobre una forza di spedizione nipponica, rinforzata poi anche da un contingente britannico proveniente da Tientsin, pose l'assedio al porto fortificato di Tsingtao, possedimento tedesco in Cina fin dal 1898, obbligando la guarnigione a capitolare il 7 novembre 1914320. Il resto delle colonie tedesche fu occupato dai dominion australi del Regno Unito: il 30 agosto 1914 una forza neozelandese occupò senza spargimenti di sangue le Samoa, mentre la Nuova Guinea Tedesca fu occupata dagli australiani nel settembre seguente dopo una breve campagna contro la piccola guarnigione del possedimento; l'ultimo avamposto tedesco, Nauru, cadde in mano australiana il 14 novembre 1914.

La neutralizzazione delle colonie tedesche non esaurì la partecipazione giapponese al conflitto: nel 1917, su richiesta degli Alleati, la Marina imperiale giapponese inviò una squadra di cacciatorpediniere nel Mar Mediterraneo per contribuire alla lotta contro gli attacchi dei sommergibili tedeschi diretti contro il traffico mercantile321. Il Giappone non fu la sola nazione asiatica a partecipare al conflitto: dopo un fallito tentativo di colpo di Stato sostenuto dalla Germania, la Cina dichiarò guerra agli Imperi centrali nel luglio del 1917, anche se ciò non comportò alcun coinvolgimento militare; il Siam dichiarò guerra alla Germania il 22 luglio 1917 ed inviò un piccolo contingente ad aggregarsi alle truppe britanniche in Francia nel 1918, ottenendo così alcune concessioni dalle potenze europee durante le trattative di pace finali322.

Il conflitto si allarga (1915)

I fronti dove si combatteva e quelli dove ci si aspettava di farlo erano ormai numerosi. Tutti i belligeranti iniziarono a impiegare ogni risorsa a disposizione, e allo stesso tempo affiorarono le prime voci di opposizione alla guerra in Gran Bretagna, in Germania dove il 1º aprile ebbe luogo una manifestazione organizzata da Rosa Luxemburg, in Francia e Russia323. L'Italia, pur restando neutrale, ricercava le migliori garanzie territoriali in cambio del proprio intervento. L'8 aprile 1915 offrirono di allearsi con le potenze centrali in cambio del Trentino, le isole della Dalmazia, Gorizia, Gradisca e il "primato" sull'Albania. Una settimana dopo l'Austria-Ungheria rifiutò le condizioni, e l'Italia fece richieste ancora più gravose con le potenze dell'Intesa, che si dissero disposte ad intavolare delle trattative324.

Intanto sul fronte del Caucaso, l'avanzata russa provocò il risentimento dei turchi contro la popolazione armena, rea di aver favorito le truppe dello zar. L'8 aprile iniziarono i rastrellamenti e le fucilazioni; iniziò così una vera e propria pulizia etnica. Massacri e deportazioni divennero sistematici, gli appelli ad intervenire alle potenze Alleate come al governo di Berlino furono inutili325.

Lo stallo e la ricerca di una via d'uscita

In seguito all'arretramento tedesco successivo alla Marna, le forze contrapposte tentarono di aggirarsi reciprocamente sul fianco nella cosiddetta "corsa al mare", e in breve estesero il proprio sistema trincerato dal canale della Manica alla frontiera con la Svizzera. I tedeschi puntarono decisi verso le coste e i relativi porti del Belgio e della Francia, i britannici mandarono rinforzi della Royal Naval Division a Ostenda mentre il 3 ottobre i tedeschi, proseguendo la loro avanzata verso il mare del Nord, occuparono Ypres e l'11 iniziarono l'assedio di Lilla326. Falliti tutti i tentativi di aggiramento i due schieramenti iniziarono a rafforzare e fortificare le proprie posizioni scavando trincee, camminamenti, rifugi e casematte. Dal mare del Nord alle Alpi, fra uno schieramento e l'altro, si estendeva la terra di nessuno, una fascia di terreno martoriata dalle granate e continuamente contesa da entrambi gli schieramenti rappresenterà fino agli ultimi attacchi Alleati del 1918 la prerogativa del conflitto327.

Il primo dei numerosi tentativi che gli eserciti contrapposti provarono per uscire da questo stallo, avvenne il 22 aprile 1915, quanto i tedeschi utilizzarono per la prima volta e su vasta scala le armi chimiche, durante il secondo attacco al saliente di Ypres, sperando in tal modo di riprendere quella guerra manovrata che erano stati addestrati a combattere328. Iniziò così anche la "guerra dei gas" che costò 78.198 vittime fra gli Alleati mettendone fuori combattimento per un periodo più o meno lungo almeno 908.645, mentre, le stesse forze Alleate, nonostante avessero impiegato nel corso della guerra la stessa quantità di gas dei tedeschi, inflissero ai nemici circa 12.000 perdite e 288.000 intossicati, a dimostrazione della maggiore efficacia nelle tattiche d'impiego tedesche329.

Tra i mesi di gennaio e febbraio la Germania intensificò la guerra sottomarina dichiarando legittimo attaccare tutte le navi, incluse quelle neutrali, adibite al trasporto di viveri o rifornimenti alle potenze dell'Intesa, giustificando il fatto sostenendo che si trattava di una "rappresaglia" contro il blocco britannico (ossia la massiccia posa di mine nel mare del Nord a novembre 1914) che affamava il suo popolo330. Nel frattempo tutti gli eserciti si adoperavano per aumentare le proprie capacità aeree. In Polonia i russi bombardavano ininterrottamente le stazioni ferroviarie tedesche, senza però riuscire a rallentarne l'avanzata. Il 12 febbraio il Kaiser ordinò di condurre una guerra aerea contro l'Inghilterra con l'uso degli Zeppelin, e nello stesso periodo iniziò una pratica che caratterizzò la guerra di trincea per tutto il conflitto sia sul fronte occidentale che in seguito sul fronte italiano; la guerra di mine. Il 17 febbraio i britannici arruolarono alcuni minatori che iniziarono gli studi e le modalità per creare le condizioni per portare la guerra sotto le postazioni nemiche331.

L'Italia entra in guerra

Dopo l'attentato di Sarajevo, Austria-Ungheria e Germania decisero di tenere all'oscuro delle loro decisioni l'Italia. Ciò in considerazione del fatto che l'articolo 7 della Triplice alleanza avrebbe previsto, in caso di attacco dell'Austria-Ungheria alla Serbia, compensi per l'Italia332. Il 24 luglio, Antonino di San Giuliano, ministro degli esteri italiano, prese visione dei particolari dell'ultimatum e protestò con l'ambasciatore tedesco a Roma, dichiarando che se fosse scoppiata la guerra austro-serba sarebbe derivata da un premeditato atto aggressivo di Vienna333. La decisione ufficiale e definitiva della neutralità italiana fu presa nel Consiglio dei ministri del 2 agosto 1914 e fu diramata il 3 mattina334.

La neutralità ottenne inizialmente consenso unanime; tuttavia il brusco arresto dell'offensiva tedesca sulla Marna instillò i primi dubbi sulla invincibilità tedesca. Macule interventiste andarono formandosi nell'autunno 1914 fino a raggiungere una consistenza non trascurabile appena un anno dopo. Gli interventisti additavano la diminuzione della statura politica incombente sull'Italia se fosse rimasta spettatrice passiva. I vincitori non avrebbero dimenticato né perdonato, e se i vincitori fossero stati gli Imperi centrali, si sarebbero anche vendicati della nazione che accusavano traditrice di un'alleanza trentennale335. Alla fine del 1914 il ministro degli Esteri Sidney Sonnino iniziò le trattative con entrambe le parti per scucire i maggiori compensi possibili, e il 26 aprile 1915 concluse le trattative segrete con l'Intesa mediante la firma del patto di Londra con il quale l'Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese336. Il 3 maggio successivo fu rotta la Triplice Alleanza e fu avviata la mobilitazione, e il 23 maggio fu dichiarata guerra all'Austria-Ungheria, ma non alla Germania, con cui Antonio Salandra sperava di non guastare del tutto i rapporti337.

Il piano strategico dell'esercito italiano, sotto il comando del generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore italiano, prevedeva di intraprendere un'azione offensiva/difensiva per contenere gli austro-ungarici nel loro saliente incentrato sulla città di Trento e sul fiume Adige, che si incunea nell'Italia settentrionale lungo il lago di Garda, nella regione tra Brescia e Verona; concentrando invece lo sforzo offensivo verso est, dove gli italiani potevano contare a loro volta su un saliente che si proiettava verso l'Austria-Ungheria, poco a ovest del fiume Isonzo338. L'obiettivo a breve termine dell'Alto Comando italiano era costituito dalla conquista della città di Gorizia, situata poco più a nord di Trieste, mentre quello a lungo termine, ben più ambizioso e di difficile attuazione, se non addirittura visionario, prevedeva di avanzare verso Vienna passando per Trieste339. Sul fronte italiano furono ammassati circa mezzo milione di uomini, a cui in un primo tempo gli austriaci seppero contrapporre soltanto 80.000 soldati, in parte inquadrati in milizie territoriali male armate e poco addestrate.

Il crollo della Serbia

Il fronte serbo rimase sostanzialmente stazionario per gran parte del 1915, finché gli eventi non piegarono improvvisamente a favore degli Imperi centrali. Il 6 settembre 1915 lo zar Ferdinando I di Bulgaria portò il suo paese nel campo degli Imperi centrali sottoscrivendo un trattato di alleanza con la Germania: i bulgari avevano da tempo mire espansionistiche sui territori della Macedonia occupati da serbi e greci, ed erano desiderosi di vendicare le sconfitte subite ad opera di questi durante la precedente seconda guerra balcanica340. Dopo gli insuccessi del 1914 le forze austroungariche sul fronte serbo erano ora passate sotto il comando del generale tedesco August von Mackensen, e l'11ª Armata tedesca fu ritirata dal fronte orientale per appoggiare il nuovo tentativo di invasione; la situazione della Serbia era aggravata anche dal fatto che gli Alleati non riuscivano a fornirle adeguati aiuti: nel tentativo di stabilire un collegamento diretto, il 5 ottobre 1915 truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco in Grecia, paese formalmente neutrale ma lacerato dai dissidi tra la fazione pro-Germania (rappresentata dal re Costantino I) e quella pro-Alleati (capitanata dal primo ministro Eleftherios Venizelos)341.

Il 6 ottobre 1915 von Mackensen diede avvio all'invasione e le forze austro-tedesche attraversarono la Sava penetrando nel nord della Serbia, mentre l'11 ottobre successivo le truppe bulgare si misero in moto attaccando da est: i serbi opposero una dura resistenza nelle regioni montuose dell'interno ma si ritrovarono in forte inferiorità numerica e vennero progressivamente respinti verso sud-ovest; il 22 ottobre i bulgari presero il nodo ferroviario di Kumanovo, tagliando la via di ritirata serba verso sud e bloccando le truppe francesi che risalivano da Salonicco verso nord, poi sconfitte ed obbligate alla ritirata nella successiva battaglia di Krivolak (17 ottobre - 21 novembre)342. Le truppe serbe cercarono di arrestare l'avanzata degli Imperi centrali nella regione del Kosovo ma furono nuovamente battute, ed il 25 novembre 1915 il generale Putnik diede ordine alle sue truppe di ripiegare oltre in confine con l'Albania, nella speranza di evacuare ciò che rimaneva dell'esercito serbo dai porti sul mare Adriatico: dopo aver perso migliaia di uomini a causa degli stenti e degli attacchi degli irregolari albanesi, i 150.000 superstiti dell'esercito serbo raggiunsero il mare e furono evacuati da navi Alleate a Corfù da dove, dopo essere stati riorganizzati e riequipaggiati, furono poi destinati al nuovo fronte davanti Salonicco343.

Si combatte su tutti i fronti (1916)

Da un punto di vista strategico, durante il 1915, le armate tedesche erano rimaste sulla difensiva in occidente. Anche se i battaglioni, i reggimenti e talora anche le divisioni si impegnavano in attacchi con obiettivi limitati, in una più vasta concezione delle cose la Germania si accontentava di tenere il terreno conquistato in Francia e Belgio mentre concentrava le proprie attenzioni ad oriente dove inviò il grosso delle truppe. Questa strategia si sarebbe capovolta nel 1916 quando le potenze centrali avrebbero mantenuto la difensiva ad oriente e cercato di far uscire la Francia dalla guerra344.

Lo stesso giorno in cui venne sferrato l'attacco al Montenegro, da Gallipoli le ultime truppe britanniche lasciarono capo Helles345. Sollevati dalla pressione nemica a Gallipoli i turchi trasferirono in Mesopotamia 36.000 uomini dove la pressione russa del generale Judenič, costrinse i turchi ad arretrare fino ad Erzurum a metà febbraio. Le truppe zariste fecero 5000 prigionieri turchi entrando nella città, e continuarono ad incalzare i turchi verso ovest. Erano vittorie in terre remote, ma almeno per il momento riuscirono a sollevare il morale delle truppe russe346.

A febbraio 1916 erano allo studio due piani, uno tedesco ed uno anglo-francese che miravano entrambi alla vittoria sul fronte occidentale: quello tedesco, già in fase di progettazione, mirava alla vittoria di logoramento tramite un attacco massiccio e intenso di logoramento alla piazzaforte di Verdun, e quello anglo-francese atto a sfondare in estate le linee nemiche sulla Somme pianificato per distruggere le difese tedesche con una vera e propria "guerra d'attrito"347. I britannici avrebbero tentando di vincere la resistenza tedesca con il peso della propria industria bellica sotto forma di un incessante tiro di artiglieria seguito da un massiccio attacco di fanteria che creasse le condizioni e aprisse ampi varchi per una rapida avanzata in profondità della cavalleria e, forse, per la vittoria definitiva348.

Da Verdun alla Somme

I tedeschi andarono all'assalto di Verdun il 21 febbraio 1916 con un bombardamento violento e preciso che martellò per nove ore le linee francesi, distruggendo trinceramenti e linee telefoniche, e impedendo l'arrivo di qualsiasi rinforzo. Cessato l'intenso fuoco d'artiglieria, 140.000 soldati tedeschi attaccarono verso le difese francesi349, occupando il numero più alto possibile di posizioni nemiche, in vista del massiccio attacco del giorno successivo. In alcuni casi le pattuglie riuscirono perfino a fare prigionieri mentre i ricognitori aerei riportarono di una distruzione di vaste proporzioni nelle linee nemiche350. L'attacco tedesco non sortì gli effetti sperati, nonostante ciò il 25 febbraio cadde uno dei simboli di Verdun, fort Douaumont, e Joffre acconsentì alla scelta del suo secondo, il generale Édouard de Castelnau, di inviare immediatamente a Verdun la 2ª armata comandata da Philippe Pétain. De Castelnau ordinò a Pétain di difendere fino alla morte le due rive della Mosa, accettando in pieno la sfida di Falkenhayn che in questo modo poté eseguire in pieno il suo piano di "dissanguamento graduale" dell'esercito francese351.

Malgrado l'iniziale impeto, l'attacco tedesco tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo rallentò per via del riassetto che Pétain dette alle linee del fronte. Venne deciso di condurre una vasta azione anche sulla riva sinistra della Mosa per alleggerire la riva destra. E proprio sulla riva sinistra, vi era un'altura che aveva una notevole visuale in ogni direzione, il Mort-Homme, la sua conquista avrebbe consentito di dominare anche la successiva altura verso Verdun, il Bois Bourrus352.

Nei successivi tre mesi le avanzate da entrambe le parti furono minime al costo di perdite gravissime; in maggio i tedeschi si prepararono ad un nuovo assalto che comprendeva l'attacco alle future basi di partenza per l'assalto finale a Verdun, ossia la piazzaforte di Thiaumont, l'altura di Fleury, il forte di Souville e il forte di Vaux, ossia l'estremità nord-est della linea francese353. Il 7 giugno cadde fort Vaux, ma quest'ultimo tentativo tedesco di conquistare Verdun fallì con perdite elevate, e da lì a pochi giorni Erich von Falkenhayn dovette fronteggiare l'imponente offensiva anglo-francese sulla Somme354.

Alle 7:30 del 1º luglio, dopo una settimana di bombardamento preliminare, le truppe anglo-francesi uscirono dalle trincee sulla Somme attaccando su un fronte di 40 chilometri. Il 12 luglio, per conseguenza dei combattimenti in Francia e dell'offensiva Brusilov ad oriente, Falkenhayn interruppe le operazioni offensive a Verdun e trasferì da quel settore alla Somme due divisioni e sessanta pezzi d'artiglieria pesante. Sebbene i combattimenti vi sarebbero continuati sino a dicembre, sarebbero stati i francesi a dettare il corso della battaglia sulle rive della Mosa e lo stato maggiore tedesco avrebbe perso ogni velleità sul fronte di Verdun355.

Nelle prime due settimane di luglio la battaglia della Somme fu condotta con una serie di azioni su scala ridotta preparatorie per una spallata di maggiore rilievo, ma per l'inizio di agosto, Haig accettò l'idea che la possibilità di effettuare uno sfondamento era del tutto tramontata; i tedeschi «avevano posto rimedio in grande misura alla disorganizzazione» di luglio. Il 29 agosto il capo di stato maggiore tedesco, Erich von Falkenhayn, fu sostituito da Paul von Hindenburg ed Erich Ludendorff, che immediatamente introdussero una nuova dottrina difensiva. Il 23 settembre i tedeschi iniziarono la costruzione della linea Hindenburg. Impegnati in due teatri di scontro, i tedeschi oramai risentivano pesantemente della tattica logorante e caparbia dei britannici sulla Somme e dei contrattacchi di Robert Georges Nivelle a Verdun356.

Fra il 15 luglio e il 14 settembre, l'inizio della battaglia successiva, la 4ª armata britannica sulla Somme condusse circa 90 attacchi della forza da un battaglione in su, di cui solo quattro per tutti i nove chilometri del proprio fronte. Perdette 82.000 uomini, per un'avanzata di meno di un chilometro: un risultato anche peggiore di quello del 1º luglio357. Il 15 settembre i britannici si lanciarono nella battaglia di Flers-Courcelette, dove ci fu il debutto operativo del carro armato358. Douglas Haig continuava intanto a sollecitare una pressione «senza soste», e grazie ad una serie di altri piccoli successi alleati nella prima settimana di ottobre i tedeschi ripiegarono su nuove linee difensive più arretrate. Ma i tedeschi avevano dimostrato una forte resistenza, e i limitati successi portati dagli alleati non erano tali da alimentare speranze di uno sfondamento359. Il 18 novembre con un ultimo attacco alle trincee verso Grandcourt, che si risolse con un successo limitato, Haig avrebbe «rafforzato la posizione dei rappresentanti britannici» nell'imminente conferenza militare alleata di Chantilly, e l'offensiva della Somme poté così essere sospesa360.

Nel complesso il guadagno territoriale alleato fu di circa 110 chilometri quadrati e 51 villaggi riconquistati; i tedeschi erano arretrati di circa 7/8 chilometri con notevolissime perdite di uomini e materiali. Da un punto di vista puramente tattico si trattò quindi di una sconfitta tedesca, ma il guadagno alleato fu molto esiguo di fronte all'enorme dispendio di uomini e materiali361. Il mediocre risultato tattico e strategico conseguito sulla Somme costò il siluramento del generale Joseph Joffre, sostituito dal "vincitore" di Verdun Robert Nivelle. Le stragi di Verdun e della Somme comunque non cambiarono le strategie inconcludenti dello stato maggiore francese, che avrebbe ripetuto i medesimi errori l'anno seguente portando il proprio esercito a ribellarsi contro i propri superiori in quella serie di ammutinamenti di massa che caratterizzarono il 1917 dell'esercito francese362.

Combattimenti sull'Isonzo

Il 15 maggio ebbe inizio la Strafexpedition ("spedizione punitiva"), durante la quale l'esercito italiano venne attaccato tra la valle dell'Adige e la Valsugana. Nei venti giorni successivi, gli austroungarici conquistarono una posizione dopo l'altra, minacciando di tagliare fuori le truppe italiane sull'Isonzo. Utilizzando le divisioni di riserva, il generale Cadorna riuscì a fermare gli austriaci e riprendere alcune delle posizioni perse, rischiando però che un'ulteriore offensiva nemica sull'Isonzo potesse far perdere ai suoi uomini le poche conquiste ottenute finora sul fronte friulano363.

Non riuscendo a muovere gli austriaci dal Trentino, Cadorna decise di concentrarsi nuovamente sull'Isonzo. Il 6 agosto le truppe italiane passano all'offensiva, dal Sabotino al mare, raggiungendo e superando l'Isonzo, conquistando Gorizia e costringendo parte della 5ª armata austro-ungarica a ripiegare di alcuni chilometri sul Carso. I nemici però avevano ceduto terreno per posizionarsi su una nuova linea difensiva già pronta, contro la quale si infransero i nuovi assalti italiani.364 A settembre e ottobre, ebbero inizio altre due battaglie, la settima (14-16 settembre) e l'ottava (10-12 ottobre) battaglia dell'Isonzo, che causarono un ingente numero di vittime e portarono a scarse conquiste territoriali. Errori, condizioni meteo avverse e scarsità di materiali impedirono agli italiani di sfondare le linee e raggiungere Trieste365. Il comando italiano, già dopo l'ottava offensiva, voleva dare il via ad un nuovo attacco prima che tutto il fronte fosse bloccato dalla cattiva stagione in arrivo. L'attacco ebbe inizio solo il 31 ottobre; la linea da attaccare in questa operazione era quella passante per Colle Grande-Pecinca-bosco Malo, e possibilmente la linea Dosso Faiti-Castagnevizza-Sella delle Trincee. Il 2 novembre Cadorna decise di sospendere l'attacco per mancanza di rifornimenti anche se gli scontri ripresero comunque il giorno seguente. Nel complesso si avanzò solo di qualche chilometro e le perdite sofferte ammontarono a 39 000 soldati per gli italiani e 33 000 per gli austroungarici.366

L'offensiva Brusilov

Dopo che a maggio gli austriaci sferrarono una massiccia offensiva contro le posizioni italiane in Trentino, anche l'Italia si appellò allo zar per diminuire la pressione sul proprio settore. I comandi russi sapevano che non era possibile sferrare nuovi attacchi per assistere gli italiani, data la situazione di truppe e materiali, che andavano radunati e preparati per una prossima decisiva offensiva da compiersi durante la stagione estiva367. Solamente il generale Brusilov reagì positivamente alla richiesta, e poiché stava organizzando di attaccare in luglio anticipò l'azione a giugno per cercare di allentare la pressione sull'Italia, costringendo gli austriaci a trasferire truppe da ovest ad est. Il 4 giugno l'offensiva iniziò con un potente tiro d'artiglieria, condotto da 1938 pezzi su un fronte di circa 350 km, dalle paludi di Pryp'jat' fino alla Bucovina368. In pochi giorni i russi sfondarono in vari punti, in otto giorni vennero catturati 2992 ufficiali austriaci e 190.000 soldati, 216 cannoni pesanti, 645 mitragliatrici e 196 obici. Un terzo delle truppe austriache che avevano contrastato l'avanzata erano state fatte prigioniere. Cinque giorni dopo i russi erano a Czernowitz, la città più orientale dell'Austria-Ungheria369.

Alla fine di luglio la città di Brody, alla frontiera galiziana, cadde in mano ai russi, che nelle due settimane precedenti avevano catturato altri 40.000 austriaci; ma anche le perdite russe furono pesanti, e nell'ultima settimana di luglio Hindenburg e Ludendorff assunsero la difesa dell'ampio settore austriaco370. Ai primi di settembre Brusilov raggiunse le pendici dei Carpazi, ma lì si arrestò per le evidenti difficoltà geografiche, e soprattutto l'arrivo di nuove truppe tedesche da Verdun arrestò la ritirata austriaca e inflisse gravi perdite ai russi. L'offensiva volse al termine, e anche se non fece uscire di scena gli austro-ungarici, questa raggiuse l'obiettivo principale di distogliere importanti forze tedesche dal settore di Verdun e soprattutto di costringere gli austro-ungarici a levare truppe dal settore italiano. Il potenziale russo calò vistosamente, mentre i problemi interni e le carenze di materiali stavano falcidiando le forze russe che dalla fine dell'offensiva di Brusilov non furono più capaci di sferrare offensive contro gli Imperi centrali371.

La campagna di Romania

L'opportunità di scendere in campo con gli Alleati, l'amicizia che legava Nicolae Filipescu e Take Ionescu alle potenze occidentali e il desiderio di liberare i fratelli della Transilvania oppressi dalla dominazione austro-ungarica, ben più dura di quella che dovettero subire i francesi in Alsazia e Lorena, convinsero l'opinione pubblica romena che l'entrata in guerra avrebbe portato notevoli vantaggi. Tutto ciò unito ai successi dell'avanzata di Brusilov incoraggiarono la Romania a compiere il passo decisivo, che l'avrebbe portata nell'abisso. Qualche possibilità in più la Romania l'avrebbe avuta se fosse scesa in campo prima, quando la Serbia era ancora una forza attiva e la Russia una potenza degna di questo nome. I due anni in più di preparazione avevano raddoppiato il numero di soldati, ma in realtà ne diminuirono l'efficienza; mentre i suoi avversari avevano sviluppato potenza di fuoco ed equipaggiamento, l'isolamento della Romania e l'incapacità dei suoi vertici militari avevano impedito la trasformazione di un esercito composto da uomini armati di baionetta in una forza moderna372.

L'avanzata romena si risolse con una enorme sconfitta; la lentezza delle divisioni che attraversarono i Carpazi consentì a Falkenhayn (da poco sostituito al comando supremo da Hindenburg e Ludendorff) di ingrossare le file austro-ungariche con l'invio di divisioni tedesche e bulgare. Questo permise a Ludendorff di arginare i romeni sui Carpazi mentre Mackensen li attaccava da sud-ovest, e il 23 novembre li aggirava superando il Danubio. Nonostante la reazione romena, la forza congiunta di Falkenhayn e Mackensen si dimostrò insostenibile per un esercito obsoleto e mal guidato. Il 6 dicembre gli austro-tedeschi entrarono a Bucarest continuando l'inseguimento di un esercito ormai in rotta373. La maggior parte della Romania, con i suoi sterminati campi di grano e i giacimenti petroliferi, era ormai in mano nemica, l'esercito romeno ridotto all'impotenza e gli alleati occidentali subirono un rovescio ben più grande di tutti i vantaggi che avevano sperato di acquisire con l'entrata in guerra della Romania374.

Stallo nei Balcani

Eliminata la Serbia le forze austroungariche invasero il Montenegro ai primi di gennaio del 1916, e nonostante la sconfitta patita nella battaglia di Mojkovac (6-7 gennaio 1916) obbligarono la piccola nazione a capitolare entro la fine del mese375. Lanciate all'inseguimento dell'armata serba in ritirata, le forze degli Imperi centrali penetrarono anche in Albania, paese in preda all'anarchia dopo che una rivolta popolare nel settembre del 1914 aveva portato alla dissoluzione del governo centrale376: le truppe austro-bulgare occuparono il nord ed il centro del paese entro la fine dell'aprile 1916, ma un corpo di spedizione italiano fu in grado di prendere il controllo delle regioni meridionali, nel tentativo di mantenere il possesso dello strategico porto di Valona377. Davanti Salonicco la situazione si era ormai stabilizzata in una lunga guerra di posizione: dopo il fallimento patito nella prima battaglia di Doiran (9-18 agosto 1916), l'armata alleata (comprendente truppe francesi, britanniche, serbe, italiane e russe) dovette subire un'offensiva bulgaro-tedesca lungo il fiume Strimone tra il 17 ed il 27 agosto, riuscendo a contenerla; passate al contrattacco a metà settembre, le forze alleate presero Monastir, nel sud della Serbia, il 19 novembre seguente, guadagnando un po' di terreno ma senza riuscire a spezzare il fronte bulgaro378.

Gli eventi del 1917

Il 1917 iniziò per gli Imperi centrali in modo molto favorevole. In ottobre gli austriaci sfondarono sul fronte italiano arrivando alle porte di Venezia e i tedeschi si apprestavano a trasferire 42 divisioni, più di mezzo milione di uomini, dal fronte orientale a quello occidentale, dato che i russi avevano deposto le armi il 1º dicembre, quando una commissione bolscevica lasciò Pietrogrado per attraversare le linee tedesche a Dvinsk diretta verso la fortezza di Brest-Litovsk dove una delegazione di tedeschi, austriaci, bulgari e turchi li attendeva per intavolare le trattative di pace379.

Sul fronte occidentale la battaglia della Somme terminò con uno smacco per la Gran Bretagna, e dopo le tre fallimentari offensive Alleate di aprile ad Arras, sul crinale di Vimy e sull'Aisne, in Francia iniziò un periodo di problemi interni alle file dell'esercito con ammutinamenti di massa e frequenti episodi di diserzione. Ad occidente, nonostante i tedeschi cedettero terreno attestandosi sulla Linea Hindenburg, nella primavera del 1917 iniziò a serpeggiare un forte risentimento verso la guerra in seno a molti eserciti, soprattutto quello francese, reduce da oltre due anni di una guerra sanguinosa, che vedeva moltiplicarsi il numero dei disertori. I disordini furono di tale portata che fecero capire all'alto comando francese che i soldati non erano più disposti a sopportare i tormenti di una nuova offensiva: avrebbero tenuto la posizione, ma non sarebbero usciti dalle trincee. Tutto il peso dell'offensiva ricadeva quindi sulle spalle delle forze britanniche, che si sarebbero di lì a poco trovate a sostenere il peso della ripresa dei combattimenti in Francia e nelle Fiandre380.

La Russia in subbuglio

Le enormi perdite della Russia, dovute ai difetti del suo apparato bellico, che pur tuttavia aveva evitato molti sacrifici agli Alleati, avevano minato alle fondamenta la resistenza morale e fisica del suo esercito, e al fronte molti ufficiali russi non riuscivano più a mantenere la disciplina381. Su tutto il fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie. Dal fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. A Pietrogrado il 3 marzo 1917 scoppiò un violento sciopero negli stabilimenti Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni per l'esercito. L'8 marzo gli operai in sciopero erano circa 90.000, il 10 marzo a Pietrogrado fu proclamata la legge marziale, e lo stesso giorno il potere della Duma fu messo in discussione dal Soviet cittadino del principe menscevico Cereteli. Il 12, a Pietrogrado 17.000 soldati si unirono alla folla che protestava contro lo zar, alle 11 del mattino fu dato alle fiamme il tribunale sulla prospettiva Litejnyj e le stazioni di polizia: era cominciata la prima rivoluzione russa382.

Le offensive britanniche

Per tutto maggio i britannici continuarono gli attacchi: in sei settimane di combattimenti i tedeschi arretrarono dai tre agli otto chilometri su un fronte lungo trentacinque. A metà maggio le truppe al comando di Haig avevano compiuto un'avanzata più consistente di quando, due anni e mezzo prima, era cominciata la guerra di trincea: in poco più di un mese avevano conquistato un centinaio di chilometri quadrati di terreno, catturando oltre 20.000 prigionieri e 252 cannoni pesanti. Il carro armato era ormai diventato parte integrante degli attacchi della fanteria britannica. Il 14 maggio, a Magonza, anche i tedeschi sperimentarono il carro armato, due giorni prima che terminasse la battaglia di Arras383.

Il governo britannico desiderava un successo spettacolare per neutralizzare lo scoramento a seguito del fallimento di Nivelle e dello sfacelo in Russia. In Mesopotamia le operazioni si erano praticamente fermate dopo la resa di Kut, con i britannici intenti a migliorare la loro situazione logistica e gli ottomani troppo deboli per scacciarli dalla regione; il nuovo comandante britannico, generale Frederick Stanley Maude, iniziò la sua offensiva il 13 dicembre 1916, risalendo il corso del Tigri con il supporto di una flottiglia di cannoniere fluviali384. Il 23 febbraio 1917 i britannici sconfissero gli ottomani nella seconda battaglia di Kut, obbligandoli alla ritirata: incoraggiato dal successo l'alto comando britannico autorizzò Maude a continuare l'avanzata, e l'11 marzo seguente i britannici presero Baghdad, sgombrata dagli ottomani385. L'azione britannica proseguì poi verso nord in direzione di Samarra (caduta il 23 aprile), concludendosi alla fine di settembre nei pressi di Ramadi dove gli ottomani subirono una nuova sconfitta; il fronte entrò poi in un lungo periodo di stasi, con entrambi i contendenti concentrati sulla campagna di Palestina386.

La vittoria britannica nella battaglia di Rafa il 9 gennaio 1917 aveva definitivamente allontanato la minaccia ottomana alla penisola del Sinai, e i comandanti Alleati iniziarono quindi a progettare l'invasione della Palestina. Dopo una lunga preparazione logistica le forze del generale Archibald Murray iniziarono l'offensiva ai primi di marzo del 1917, subendo però una sconfitta nella prima battaglia di Gaza (26 marzo); un secondo tentativo di sfondare la linea difensiva ottomana davanti alla città, anche con il contributo di gas tossici e qualche carro armato, fallì nuovamente il 19 aprile seguente con gravi perdite per i britannici387. Nel giugno del 1917 Murray fu rimpiazzato dal generale Edmund Allenby, mentre sul fronte opposto Erich von Falkenhayn giunse nel teatro con un piccolo contingente di specialisti tedeschi per rinforzare lo schieramento ottomano. Dopo lunghi preparativi, l'offensiva britannica iniziò alla fine di ottobre del 1917: una prima vittoria nella battaglia di Beersheba (31 ottobre) consentì ai britannici di aggirare la linea difensiva ottomana, poi crollata dopo la sconfitta nella terza battaglia di Gaza (31 ottobre - 7 novembre)388; nonostante il clima invernale ed i contrattacchi ottomani, Allenby proseguì l'avanzata ed il 9 dicembre i reparti britannici occuparono Gerusalemme, un importante obiettivo simbolico, prima di arrestarsi per il peggiorare delle condizioni meteo389.

La Russia esce dal conflitto

Lo zar fu costretto ad abdicare il 15 marzo 1917 e il governo provvisorio di tendenze moderate si mise alla guida del paese, ma senza successo. A maggio gli succedette un altro governo di tendenze più socialiste capeggiato da Kerensky che nonostante le sempre maggiori richieste di pace non ritirò le truppe dal fronte. Dopo la partenza di Hindenburg e Ludendorff, il comando del fronte orientale passò a Hoffmann, che, unendo strategia militare e politica, paralizzò le forze russe, rendendo disponibili truppe tedesche sul fronte occidentale e in minima parte sul fronte italiano390.

La scintilla scoppiò il 7 novembre quando dopo poco le 22 l'incrociatore Aurora, alla fonda nella Neva annunciò che avrebbe fatto fuoco sul palazzo d'Inverno, e sparò alcuni colpi a salve per dimostrare che non scherzava. All'una di notte il palazzo era occupato dai bolscevichi, Lenin fu eletto presidente del consiglio dei commissari del popolo e governava la capitale russa391. Il loquace governo di Kerensky fu spazzato via, i bolscevichi imposero al popolo russo un regime comunista e in dicembre conclusero l'armistizio con la Germania392. Le trattative di pace furono complicate, a Lenin serviva tranquillità lungo il fronte per fronteggiare le minacce interne, e allo stesso tempo gli Imperi centrali reclamavano condizioni di resa durissime. I tedeschi si rendevano conto che l'integrità territoriale della Russia si stava velocemente disgregando, così si permisero di richiedere condizioni ancor più dure dopo che il 21 febbraio i bolscevichi accettarono le prime richieste. Il 24 febbraio dopo una tempestosa discussione il comitato centrale accettò senza condizioni le richieste dei tedeschi393.

La guerra sottomarina indiscriminata

Sebbene nel dicembre 1916 gli imperi centrali fossero riusciti ad impadronirsi di un importante canale di approvvigionamento con l'occupazione della Romania e l'acquisizione del controllo della regione danubiana, il nulla di fatto con cui si era conclusa la battaglia dello Jutland aveva lasciato agli inglesi il dominio dei mari, permettendo loro di mantenere il blocco navale ai danni della Germania. Il gioco del blocco marittimo britannico era ormai diventato un problema ineludibile, ma d'altro canto i vertici militari erano confidenti che, una volta annientato il blocco, avrebbero potuto risolvere la partita sul fronte occidentale nel giro di pochi mesi; i vertici tedeschi si risolsero per estendere la guerra sottomarina, anche se ciò comportava inevitabilmente la prospettiva del coinvolgimento americano. Il primo febbraio 1917 la Germania formalizzò la cosiddetta guerra sottomarina indiscriminata: da quel momento in avanti ogni nave diretta ai porti dell'Intesa sarebbe stata considerata un bersaglio legittimo; pochi giorni dopo gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania394.

Gli Stati Uniti entrano in guerra

Nonostante le provocazioni susseguitesi incessantemente per due anni, a partire dall'incidente del Lusitania, il presidente Woodrow Wilson si attenne alla sua politica di neutralità. La decisione tedesca della campagna sottomarina indiscriminata fornì una prova sufficiente dell'infondatezza delle speranze di pace di Wilson, e quando a ciò seguì il deliberato affondamento di navi statunitensi e il tentativo di istigare il Messico ad attaccare gli Stati Uniti395, il presidente Wilson ruppe gli indugi396. Il 4 aprile 1917 presidente Wilson presentò al Congresso la proposta di entrare in guerra; il 6 aprile gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania. Nessuno dubitava che l'impatto delle truppe statunitensi in Europa fosse potenzialmente enorme; gli Stati Uniti avrebbero addestrato circa un milione di soldati, che a poco a poco sarebbero saliti a tre milioni. Ma l'operazione avrebbe richiesto tempo; ci sarebbe voluto almeno un anno, o forse più, prima che l'immensa macchina del reclutamento, dell'addestramento, del trasporto al di là dell'Atlantico e del rifornimento in Francia potesse funzionare a pieno regime397.

In quell'aprile le prospettive per gli Imperi centrali si fecero buie: gli Stati Uniti si apprestavano a diventare belligeranti attivi, la Russia nonostante i disordini interni all'esercito non si era ancora ritirata dalla guerra, le potenze Alleate erano ormai superiori per numero di soldati e risorse. Germania e Austria-Ungheria potevano contare sul solo vantaggio - che comunque nessuno avrebbe potuto privargli - delle numerose linee di comunicazione interne; armate, città, fabbriche, reti ferroviarie, stradali e fluviali si diramavano in modo complesso all'interno dei due paesi e risultavano inattaccabili per gli Alleati, mentre le linee di comunicazioni tra Gran Bretagna e Francia con gli Stati Uniti erano continuamente minacciate dagli U-Boot398.

Disfatta italiana nella battaglia di Caporetto

Con la linea di fronte austro-ungarica intorno a Gorizia a rischio di collasso a seguito dell'undicesima battaglia dell'Isonzo, i tedeschi decisero di intervenire in aiuto dei loro alleati in modo da alleggerire la pressione italiana. Hindenburg e Ludendorff, comandanti della 3ª armata tedesca, si accordarono con Arthur Arz von Straussenburg per l'organizzazione dell'offensiva combinata399. Alle 2:00 in punto del 24 ottobre 1917 le artiglierie austro-germaniche iniziarono a colpire le posizioni italiane dal monte Rombon all'alta Bainsizza alternando lanci di gas a granate convenzionali, colpendo in particolare tra Plezzo e l'Isonzo400.

Subito dopo la fanteria austro-tedesca sfondò le linee italiane sia sulle montagne sia nella valle dell'Isonzo, dove una divisione germanica raggiunse fin dal pomeriggio del 24 ottobre la città di Caporetto; quindi gli austro-tedeschi avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni, mentre l'esercito italiano ripiegava disordinatamente con fenomeni di disgregazione e collasso tra le truppe. Cadorna, venuto a sapere della caduta di Cornino il 2 novembre e di Codroipo il 4, ordinò all'intero esercito di ripiegare sul fiume Piave, sul quale nel frattempo si erano fatti significativi passi avanti nell'impostazione di una linea difensiva grazie agli episodi di resistenza sul Tagliamento. La disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la conseguente ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale; in due settimane andarono perduti 350.000 soldati fra morti, feriti, dispersi e prigionieri, ed altri 400.000 si sbandarono verso l'interno del paese401.

La svolta (1918)

Nonostante fossero sempre state superiori in termini numerici alle potenze centrali, le forze dell'Intesa, a causa dello spreco di forze e del collasso della Russia, all'inizio del 1918 videro ribaltarsi la situazione: avrebbero dovuto passare parecchi mesi prima che le forze statunitensi facessero pendere nuovamente l'ago della bilancia a loro favore. Alla conferenza di Rapallo di novembre, fu decisa la costituzione di un consiglio supremo di guerra dove i maggiori esponenti dei governi alleati sarebbero stati affiancati da rappresentanti militari402. Di fatto questi ultimi non avevano però il potere esecutivo in quanto i capi di stato maggiore erano subordinati al potere politico e agli interessi economici. Nel frattempo i tedeschi iniziarono a trasferire decine di divisioni da oriente ad occidente, e alla fine di gennaio le divisioni tedesche divennero 177, con altre 30 in arrivo, mentre il potenziale alleato indebolito dalle enormi perdite nel pantano di Passchendaele, scese a 172 divisioni, formate ognuna da nove, invece che dai soliti dodici, battaglioni403.

Erich Ludendorff cogliendo il momento favorevole e cercando di anticipare l'arrivo in forze delle truppe statunitensi, ripose le speranze di vittoria in una nuova fulminea e imponente offensiva ad occidente. Per poter utilizzare tutte le truppe disponibili riuscì ad estorcere una pace definitiva con il governo bolscevico e analoga pace impose alla Romania; inoltre per assicurare per quanto possibile una base economica alla sua offensiva fece occupare gli immensi campi di grano dell'Ucraina, incontrando solo una misera resistenze da truppe cecoslovacche prigioniere dei russi404.

L'ultimo grande assalto tedesco

Dal gennaio 1918 truppe statunitensi sbarcavano settimanalmente in Francia: dopo quarantadue mesi e mezzo dall'inizio della guerra la presenza delle truppe di Pershing sul campo di battaglia era un dato di fatto. Il 23 febbraio per la prima volta le truppe statunitensi presero parte ad un'azione a Chevregny insieme ai francesi, con due ufficiali e 24 soldati. Mentre le truppe tedesche dilagavano ad oriente il 21 marzo Ludendorff lanciò una grande offensiva che, in caso di successo, avrebbe consentito alla Germania di vincere la guerra405.

Le conquiste fatte dai tedeschi durante l'offensiva furono impressionanti per gli standard del fronte occidentale: 90.000 prigionieri catturati, 1.300 cannoni presi, 212.000 soldati nemici morti o feriti e l'intera quinta armata britannica messa fuori combattimento. Le perdite tra i tedeschi furono comunque alte (239.000 tra ufficiali e soldati); alcune divisioni furono ridotte alla metà dei loro effettivi, molte compagnie poterono contare solo 40 o 50 uomini406. Ad inizio agosto lo slancio tedesco su tutto il fronte cessò, mentre quasi un milione di soldati americani erano giunti in Francia a dar manforte agli Alleati. Le truppe tedesche erano ad un soffio dalla vittoria, ma esauste e dissanguate dalle enormi perdite smisero di avanzare, anzi, cominciarono lentamente a indietreggiare, in una lenta ritirata che terminò solo l'11 novembre 1918407.

L'offensiva austro-ungarica

Gli austro-tedeschi chiusero il 1917 sul fronte italiano con le offensive sul Piave, sull'Altipiano di Asiago e sul monte Grappa; la ritirata sul fronte del Grappa-Piave però consentì all'esercito italiano, ora in mano ad Armando Diaz, di concentrare le sue forze su di un fronte più breve e soprattutto, con un mutato atteggiamento tattico, più orgoglioso e determinato. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del 1918, preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta. La fine della guerra contro la Russia fece sì che la maggior parte dell'esercito impiegato sul fronte orientale potesse spostarsi a ovest.

L'offensiva austro-ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella cosiddetta battaglia del solstizio, che vide gli italiani resistere all'assalto e infliggere al nemico pesantissime perdite. Gli austro-ungarici, per i quali la battaglia del solstizio era l'ultima possibilità per dare una svolta al conflitto e ribaltarne le sorti, persero le loro speranze408.

Le controffensive Alleate

In luglio il comandante supremo Alleato Ferdinand Foch diede inizio alla prevista controffensiva sulla Marna prodottasi in seguito agli attacchi tedeschi. In agosto il saliente era stato sgomberato, e grazie allo slancio e alla presenza ormai massiccia delle truppe fresche di Pershing gli Alleati continuarono le controffensive. L'8 agosto partì la seconda offensiva, lanciata due giorni dopo la precedente. L'attacco interessò truppe franco-britanniche, e vide l'impiego di 600 carri e 800 aerei; ebbe successo, tanto che Ludendorff definì l'8 agosto come "il giorno nero dell'esercito tedesco"409. L'assalto fu il primo di quelli che Foch chiamava "attacchi di liberazione" contro la nuova linea tedesca, che proseguirono il 15 agosto con un nuovo contrattacco sulla Somme, mentre a Parigi si riuniva il neocostituito Consiglio Interalleato per gli approvvigionamenti, che gettò i piani per la continuazione della guerra almeno fino al 1919410. Su tutto il fronte gli Alleati continuavano ad avanzare cacciando i tedeschi da Compiègne, Antheuil-Portes, Lassigny, sulla Somme conquistarono Thiepval e bosco Mametz mentre il 27 le truppe tedesche iniziarono ad evacuare le Fiandre abbandonando i territori conquistati quattro mesi prima. Ludendorff aveva optato per una strategia difensiva cercando in tutti i modi di tenere la Linea Hindenburg, ma ormai il morale delle truppe tedesche era a terra. A fine agosto i tedeschi lasciarono l'Aisne sotto i colpi del generale Mangin, ad inizio settembre i canadesi iniziarono i primi assalti alla Hindenburg e il 3 settembre Foch diede l'ordine perentorio di attaccare senza sosta per tutta la lunghezza del fronte occidentale. L'11 agosto gli statunitensi attaccarono Saint-Mihiel che venne conquistata il 13, liberando un saliente in mano nemica da quattro anni411. Il 25 settembre iniziò poi l'offensiva della Mosa-Argonne a cui parteciparono dieci divisioni americane; le due operazioni insieme valsero la conquista di oltre 500 chilometri quadrati di territorio412.

Sul fronte italiano l'impero asburgico era ormai a un passo dal baratro, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e soprattutto su quello morale, data l'incapacità della monarchia di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico, e con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione. L'Italia anticipò ad ottobre l'offensiva prevista per il 1919, impedendo la prosecuzione dell'offensiva413. Da Vittorio Veneto il 23 ottobre partì l'omonima offensiva in condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il 29 ottobre l'Austria-Ungheria si arrese. Il 3 novembre, a Villa Giusti, presso Padova l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio; i soldati italiani entrarono a Trento mentre i bersaglieri sbarcarono a Trieste, chiamati dal locale comitato di salute pubblica, che però aveva richiesto lo sbarco di truppe dell'Intesa414.

Il collasso degli Imperi centrali

Il collasso degli imperi centrali si concluse con il 4 novembre 1918, quando l'impero austro-ungarico, la Germania, la Bulgaria e la Turchia offrirono l'armistizio a Wilson assieme alle loro note diplomatiche415.

La Bulgaria fuori dal conflitto

Nei Balcani il 1917 si era chiuso con un'ulteriore situazione di stallo: un'offensiva lanciata tra aprile e maggio dal comandante dell'armata alleata di Salonicco, il francese Maurice Paul Emmanuel Sarrail, si era conclusa con due sconfitte nella seconda battaglia di Doiran e nella battaglia del Crna, obbligando il generale a sospendere le operazioni lungo tutto il fronte; gli Alleati ottennero invece un successo sul piano diplomatico quando il 29 giugno 1917 la Grecia dichiarò guerra agli Imperi centrali, dopo che il filo-tedesco re Costantino I era stato costretto ad abdicare416. Entrambe le parti avevano poco interesse a portare avanti grosse operazioni su questo teatro: l'attenzione degli Alleati era diretta principalmente al fronte occidentale, e la Bulgaria era riluttante a continuare la guerra, avendo già occupato tutti i territori cui era interessata e dovendo sopportare una profonda crisi economica ed agricola interna che lasciò intere regioni praticamente alla fame417.

A metà del 1918 il nuovo comandante delle forze alleate, il francese Louis Franchet d'Espèrey, preparò i piani per una risolutiva offensiva lungo tutto il fronte macedone, convinto che la Bulgaria fosse ormai al collasso418. Dopo lunghi preparativi l'offensiva scattò il 14 settembre 1918: mentre i reparti britannici e greci attaccavano verso est ottenendo un successo nella terza battaglia di Doiran (18-19 settembre), le truppe francesi, serbe e italiane sfondarono il fronte bulgaro ad ovest dopo la decisiva vittoria nella battaglia di Dobro Pole (15 settembre)419. La ritirata provocò il collasso dell'esercito bulgaro, mentre il paese era scosso da tumulti e manifestazioni contro la guerra: il 29 settembre, mentre le forze francesi entravano a Skopje, la Bulgaria accettò l'offerta di un armistizio avanzata dagli Alleati, uscendo ufficialmente dal conflitto il 30 settembre seguente; mentre le forze britanniche proseguivano la marcia verso est in Tracia alla volta di Istanbul, i franco-serbi mossero verso nord raggiungendo il Danubio il 19 ottobre e liberando Belgrado dall'occupazione austroungarica il 1º novembre, giusto due giorni prima che anche l'Austria-Ungheria si arrendesse420.

La resa dell'Impero ottomano

Nel teatro del Medio Oriente le forze dell'Impero ottomano stavano ormai cedendo su tutti i fronti. Nella penisola araba, le litigiose tribù locali avevano infine trovato una certa guida unitaria sotto lo sharif Al-Husayn ibn Ali, insorgendo contro la dominazione ottomana; rifornite di armi e munizioni dagli Alleati, e raggiunte da una missione di addestratori britannici capitanati dal colonnello Thomas Edward Lawrence (poi passato alla storia come "Lawrence d'Arabia"), le forze arabe iniziarono una massiccia campagna di guerriglia contro gli ottomani, prima interrompendo la ferrovia dell'Hegiaz e poi catturando l'importante porto di Aqaba sul Mar Rosso421. Gli irregolari arabi di Lawrence si spinsero poi verso nord per appoggiare gli sforzi finali dei britannici in Palestina.

La situazione sul fronte palestinese era rimasta sostanzialmente statica per gran parte del 1918, con l'attenzione degli Alleati concentrata sul fronte occidentale; l'offensiva finale poté iniziare solo il 19 settembre 1918: mentre gli irregolari arabi mettevano in atto azioni diversive ad est per attirare l'attenzione degli ottomani, le forze britanniche del generale Allenby attaccarono da ovest lungo la zona costiera, potendo contare su una netta superiorità numerica, una migliore situazione logistica ed un assoluto dominio del cielo422. Le forze Alleate ottennero una decisiva vittoria nella battaglia di Megiddo (19 settembre – 31 ottobre 1918) con una perfetta azione combinata423: la fanteria sfondò il fronte ed aprì un varco per la cavalleria che, appoggiata da unità di autoblindo ed attacchi dei bombardieri, inseguì con decisione il nemico impedendogli di attestarsi su nuove posizioni; la ritirata ottomana si trasformò in rotta e le forze Alleate dilagarono verso nord, penetrando in Siria ed occupando Damasco (2 ottobre) ed Aleppo (25 ottobre).

In Mesopotamia, ormai un fronte secondario, le preponderanti forze britanniche iniziarono la loro offensiva sul finire di settembre, dilagando nella zona di Mossul - Kirkuk ed ottenendo infine una vittoria decisiva nella battaglia di Sharqat (23 – 30 ottobre 1918)424. Ormai in ritirata su tutti i fronti e con il proprio esercito ridotto ad un sesto della forza originaria, all'Impero ottomano non restò altro che trattare la propria resa: il 30 ottobre 1918 i rappresentati dell'Impero siglarono l'armistizio di Mudros, ed il 13 novembre seguente una forza d'occupazione Alleata si installò ad Istanbul.

Il collasso dell'Austria-Ungheria

Il 28 ottobre l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati l'armistizio: l'impero che aveva aperto le ostilità contro la Serbia nel 1914 era giunto alla fine del suo percorso politico e militare. Quello stesso giorno gli italiani catturarono 3000 austriaci sul Piave. In serata l'esercito asburgico ricevette l'ordine di ritirarsi425. L'impero era al collasso, oramai i diversi movimenti indipendentisti stavano facendo di tutto per sfruttare la situazione. A Praga la richiesta di armistizio provocò una decisa reazione dei cechi; il Consiglio nazionale cecoslovacco si riunì a palazzo Gregor, dove si era costituito tre mesi prima, e assunse le funzioni di un vero e proprio governo, impartendo agli ufficiali austriaci nel castello di Hradčany l'ordine di trasferire i poteri, assumendo il controllo della città e proclamando l'indipendenza dello stato ceco. Quella sera le truppe austriache nel castello deposero le armi; senza confini, senza riconoscimento internazionale e senza l'approvazione di Vienna era nata un'entità nazionale ceca426. Sempre quello stesso giorno, il Parlamento croato dichiarò che da quel momento, Croazia e Dalmazia avrebbero fatto parte di uno "Stato nazionale sovrano di sloveni, croati e serbi". Analoghe dichiarazioni pronunciate a Laibach (Lubiana) e Sarajevo, legavano queste regioni all'emergente Stato slavo meridionale della Jugoslavia427.

Il 30 ottobre vennero fatti prigionieri più di 33.000 soldati austriaci, mentre a Vienna, il governo austro-ungarico continuava ad adoperarsi per giungere all'armistizio con gli Alleati428. Il 1º novembre Sarajevo si dichiarò parte dello "Stato sovrano degli slavi meridionali". A Vienna e a Budapest era ormai scoppiata la rivoluzione; il giorno precedente il conte Tisza fu ucciso dalle guardie rosse nella capitale ungherese429. Il 3 novembre l'Austria firmò l'armistizio che sarebbe entrato in vigore il giorno successivo, mentre a Vienna continuava la rivoluzione rossa. Lo stesso giorno gli italiani entrarono a Trento e la Regia Marina sbarcò a Trieste, mentre sul fronte occidentale gli Alleati accolsero la richiesta formale di armistizio sul fronte francese avanzata dal governo tedesco430.

La fine ad occidente

« La guerra è finita, certo in modo completamente diverso da quanto avevamo pensato »

(Affermazione fatta da Guglielmo II al suo seguito negli ultimi giorni della guerra431)

La Germania aveva visto il proprio potenziale umano gravemente compromesso da quattro anni di guerra, trovandosi d'altronde in gravi difficoltà dal punto di vista economico e sociale. Il 1º ottobre i britannici si apprestavano a superare la Hindenburg lungo il canale di St. Quentin e gli statunitensi a sfondare nelle Argonne; Ludendorff si recò direttamente dal Kaiser per chiedergli di avanzare immediatamente una proposta di pace, dando grossa parte della colpa alle «idee spartachiste e socialiste che avvelenavano l'esercito tedesco»432. Le battaglie infuriavano ancora quando il 2 ottobre la prima rivoluzione tedesca scoppiò. Il 4 ottobre il principe Maximilian di Baden telegrafò a Washington per richiedere l'armistizio433. La Germania pur essendo nello scompiglio non era precipitata nell'anarchia né aveva deciso di arrendersi: l'8 ottobre Wilson respinse la proposta, e l'11 i tedeschi iniziarono a ritirarsi su tutto il fronte senza però rinunciare a combattere434.

Ludendorff confidava nel continuare la lotta nella speranza che un'efficace difesa della frontiera tedesca potesse alla lunga smorzare la determinazione degli Alleati. Ma la situazione era oramai sfuggita di mano; il 3 novembre l'alleato austriaco capitolò rendendo vulnerabile il fronte sud-orientale della Germania, la rivoluzione dilagava, alimentata dalla riluttanza del Kaiser ad abdicare. La sola via d'uscita poteva essere raggiunta con un accordo con i rivoluzionari, così il 9 novembre il principe Max lasciò il posto a Ebert, rispondendo implicitamente alle richieste del popolo ed esplicitamente a Woodrow Wilson, di far cadere i capi che avevano portato la Germania alla rovina a favore della Repubblica435.

L'offensiva dei cento giorni diede il colpo finale, e dopo questa serie di sconfitte le truppe tedesche iniziarono ad arrendersi in numero sempre crescente. Quando finalmente gli Alleati ruppero il fronte tedesco, la monarchia imperiale tedesca giunse al collasso, e i due comandanti dell'esercito, Hindenburg e Ludendorff, dopo aver tentato invano di convincere il Kaiser a combattere ad oltranza, si fecero da parte436. Di fronte alla rivoluzione interna e alla minaccia delle forze Alleate ormai in vista del confine tedesco, i delegati tedeschi che si recarono a Compiègne già il 7 novembre, non ebbero altra scelta che quella di accettare le drastiche condizioni armistiziali imposte dagli Alleati. L'armistizio entrò in vigore alle ore 11:00 dell'11 novembre 1918, la guerra era finalmente finita437.

Conseguenze

Con la fine del conflitto, non solo le nazioni sconfitte, ma anche quelle vincitrici si trovarono davanti una situazione disastrosa. I quattro imperi vinti si dissolsero in nuovi Stati e il presidente degli Stati Uniti Wilson si prese la responsabilità di organizzare un nuovo sistema globale, fondato sulla risoluzione delle controversie per vie pacifiche e sull'autodeterminazione dei popoli. In un discorso che tenne davanti al Senato degli Stati Uniti l'8 gennaio 1919 riassunse i suoi propositi in quattordici punti, sui quali vigeva il pensiero che dovesse esserci una «pace senza vincitori», poiché a suo parere una pace imposta avrebbe contenuto il germe di un nuovo conflitto438.

Il 18 gennaio 1919 iniziò la conferenza di Parigi che vide i quattro paesi vincitori impegnati nel delineare il nuovo "profilo europeo". In base al principio di autodeterminazione dei popoli sorsero direttamente dalle ceneri degli antichi imperi nuovi Stati indipendenti (quali la Cecoslovacchia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni), che si trascinarono dietro nuove tensioni a causa dei loro confini e dell'eterogeneità della loro popolazione. In realtà il trattato di Versailles ebbe anche numerose ripercussioni negative. La Germania, costretta ad ammettere la propria colpevolezza, cominciò a convincersi che la loro disfatta fosse stata dovuta a dei contrasti interni. I nazionalisti puntarono il dito contro i fautori della Repubblica di Weimar, i comunisti e la comunità ebraica, accusandoli di non aver creduto o almeno sostenuto il governo precedente. Ma lo scontento non si diffuse solo tra i vinti, ma anche tra i vincitori, come il Belgio, che si ritrovò negati i possedimenti in Africa, o l'Italia, che invece vide sfumare le possibilità accordate durante il Patto di Londra439.

L'Unione Sovietica, non più in guerra dal 1917, ebbe delle difficoltà nel far aderire gli stati confinanti (l'unico che riuscirono ad annettere fu l'Ungheria, che aveva comunque resistito sino all'agosto del 1919). Inoltre minacciava la sicurezza interna la Polonia, tornata indipendente, che voleva mantenere i propri confini. Sempre nel 1919 scoppiò la guerra sovietico-polacca che terminò con la pace di Riga. In seguito al trattato di Rapallo del 1922, l'Unione Sovietica venne ufficialmente riconosciuta.

Durante gli anni successivi alla guerra si presentò anche la prima crisi del colonialismo europeo. Alcuni stati, sotto il giogo delle grandi potenze da lungo tempo, cominciarono a rivendicare la propria indipendenza, causando non pochi problemi, specialmente riguardo al commercio di materie prime, agli stati europei. Ancora una volta Wilson assunse il ruolo di mediatore e inaugurò una missione di civilizzazione volta a migliorare le nazioni più arretrate, in modo da concedere loro l'indipendenza, non prima di averle affidate alla guida di potenze quali la Francia o la Gran Bretagna. Questi movimenti nazionalistici riguardarono in particolar modo paesi dell'Oriente e del Medio Oriente (come la Cina, l'India, l'Iraq e il Libano), ma anche africani (quali l'Egitto o la Cirenaica)440. La guerra ebbe effetti anche sul piano socio-economico di tutti i paesi. In particolare, i paesi europei mancarono di spirito collaborativo e preferirono reggersi unicamente sulle loro forze e possibilità. Però questa decisione individualista facilitò la diffusione della crisi economica seguente alla caduta della borsa di Wall Street (1929) in Europa, facendo aumentare il livello di disoccupazione e povertà441. La vita sociale, in particolar modo, aveva subito enormi danni: basti pensare che erano stati inviati al fronte 66 milioni di uomini, dei quali i superstiti, al loro ritorno, trovarono condizioni disastrose442.

Crimini di guerra

Il diritto internazionale umanitario e la convenzione dell'Aia del 1907 furono ripetutamente violate durante il conflitto, e solo la ridotta estensione delle regioni occupate da una potenza avversaria pose un freno alle stragi466. I dettami di Carl von Clausewitz, che consigliava una certa pressione sulle popolazioni invase affinché il governo nemico fosse portato ad arrendersi, vennero applicati dall'esercito tedesco quando questo irruppe nel Belgio e nella Francia settentrionale nel primo anno di guerra. Il 22 agosto 1914 il generale Karl von Bülow ammonì gli abitanti di Liegi di non ribellarsi per evitare di subire la stessa sorte dei 110 rivoltosi fucilati ad Andenne, che venne anche data alle fiamme.

Casi simili con parecchie centinaia di civili uccisi, presto identificati dalla propaganda franco-belga come lo "stupro del Belgio", si verificarono in altre località belghe come Sambreville, Seilles, Dinant e Lovanio, oltre che nei distretti francesi nord-orientali. I soldati tedeschi, terrorizzati dai franchi tiratori che già li avevano infastiditi durante la guerra franco-prussiana del 1870, e animati da presunte storie di loro commilitoni accoltellati alle spalle o torturati mentre erano feriti e inermi, si ostinarono a combattere con ferocia ogni atto da loro giudicato "illegale". In quasi un mese, vale a dire il tempo che durò l'avanzata in Belgio, i soldati del Reich fecero oltre cinquemila vittime tra i civili. A differenza della seconda guerra mondiale in cui le stragi vennero commesse da appositi reparti, in questo caso i massacri vennero compiuti da unità qualsiasi sparpagliate in tutto l'esercito imperiale467.

Alle città invase venne spiegato che la Germania non era in grado di fornire adeguate scorte alimentari per via del blocco navale attuato dall'Intesa, e le popolazioni vennero salvate solo dai cibi statunitensi distribuiti dalla Commissione di soccorso guidata dal futuro presidente Herbert Hoover, che si occupò anche dell'oltre mezzo milione di uomini rimasti disoccupati dopo lo spostamento delle fabbriche belghe in Germania, dove vennero inviati anche oltre 60.000 lavoratori coatti e alcune decine di migliaia di loro colleghi volontari. Altri uomini, donne e ragazzi vennero obbligati ai lavori agricoli nelle vicinanze del luogo di coscrizione.468 Per dividere ulteriormente la popolazione, i tedeschi fecero leva sugli antichi dissapori tra i fiamminghi ed i valloni, arrivando fino a riconoscere il Governo provvisorio delle Fiandre guidato dal fiammingo August Borms469.

Crimini di guerra vennero compiuti anche dalla marina tedesca. Rispetto alla seconda guerra mondiale, nell'ambito della quale il processo di Norimberga verificò un solo caso di violazione delle leggi umanitarie da parte di un U-Boot, nei mari dove venne combattuta la prima guerra mondiale vi furono frequenti mitragliamenti di naufraghi e siluramenti di navi ospedale470.

Genocidi etnici

La prima guerra mondiale ebbe anche dei suoi genocidi. Il più noto è quello armeno, perpetrato dai turchi nel biennio 1915-1916. Essendo l'esercito turco impegnato nel Caucaso contro i russi, le autorità turche decisero di deportare le poco fedeli popolazioni armene che vivevano alle sue spalle in Mesopotamia e Siria, ma centinaia di migliaia di armeni morirono durante le marce per fame, malattia o sfinimento. Dopo la cessazione delle ostilità da parte dell'Impero ottomano, Mustafa Kemal sterminò altre decine di migliaia di armeni per rendere più compatto il ceppo razziale turco471.

Benché vi fossero meno occasioni per infierire sulle popolazioni nemiche, crimini di guerra furono compiuti anche dalle potenze dell'Intesa. Gli abitanti che abitavano le terre lungo l'Isonzo occupate dagli italiani nel 1915 manifestarono in più di un'occasione i loro sentimenti ostili all'Italia. A Dresenza venne compiuto un attentato, peraltro fallito, contro il generale Donato Etna, e per rappresaglia gli italiani uccisero alcuni abitanti. A Villesse, dopo un attacco della popolazione contro i bersaglieri, vennero fucilati più di cento civili. Da queste terre furono deportati nell'Italia meridionale circa 70.000 abitanti, e lo stesso fece l'Austria-Ungheria con i civili di sentimenti italiani, rumeni o serbi. La Russia invece obbligò le popolazioni tedesche del Volga a trasferirsi in Siberia472.

Impero ottomano

Tra il 1914 e il 1920 fu intrapresa dall'Impero ottomano un'azione di sterminio di massa nei confronti dei cristiani della Chiesa assira d'Oriente, della Chiesa ortodossa siriaca, della Chiesa cattolica sira e della Chiesa cattolica caldea durante il governo dei Giovani Turchi: questa operazione passerà alla storia come "genocidio assiro". Sulla vetta di una montagna, il Ras-el Hadjar, centinaia di ragazzi tra i sei e quindici anni vennero sgozzati brutalmente e poi buttati dal precipizio. Questo fu solo uno dei tanti episodi che seguirono e che continuarono a prendere di mira i cristiani assiro-caldeo-siriaci. Nell'aprile del 1915 la stessa sorte toccò agli abitanti del villaggio di Tel Mozilt e di altri 30 paesi in particolare della provincia di Van. Nel marzo 1918 fu infine assassinato il patriarca Mar Shimun XXI Benyami, che era allora la somma autorità religiosa in Assiria. Si valuta che i morti non siano stati meno di 275.000. Nonostante i numeri enormi questo genocidio non ha mai fatto tantissimo scalpore e infatti se ne è discusso per la prima volta al Parlamento europeo solo il 26 marzo 2007473.

Ben più noto è il cosiddetto genocidio greco che, iniziato nel 1914, si è prolungato sino al 1924. La persecuzione è stata subita da una popolazione greca originaria del Ponto, perciò detta, i greci del Ponto. La ragione anche in questo caso è religiosa, infatti, essendo una delle poche minoranze cristiane in Medio Oriente, soffrirono un terribile massacro da parte degli ottomani che passerà alla storia come genocidio greco. In realtà il termine è stato oggetto di controversie tra la Turchia e la Grecia. Alla Grecia, che ha dichiarato nel 1994 il 19 maggio giornata commemorativa, si sono associati, nel riconoscerlo come genocidio, vari stati americani. Le vittime, non solo di morte violenta, ma anche per le conseguenze, dunque malattia e fame, nel giro di sette anni arrivarono a circa 350.000474.

Impero Russo

Circa 200.000 tedeschi che vivevano in Volinia e circa 600.000 ebrei furono deportati dalle autorità russe475. Nel 1916, fu inoltre emesso un ordine di espulsione per circa 650.000 tedeschi del Volga a est, ma la rivoluzione russa ne impedì l'attuazione476. Molti pogrom accompagnarono la rivoluzione del 1917 e la conseguente guerra civile russa: tra i 60.000 e i 200.000 civili ebrei vennero uccisi atrocemente in tutto l'Impero russo477.

L'esperienza dei soldati

Guerra e ammutinamento

Nel 1917, dopo quasi tre anni di scontri sanguinosi con risultati modesti, iniziò a serpeggiare nelle file di molti eserciti un deciso malcontento, esploso tra gli uomini dell'esercito francese il 27 maggio 1917, quando 30 000 soldati francesi ammutinarono, lasciando la prima linea lungo lo Chemin des Dames e portandosi nelle retrovie, rifiutandosi di obbedire agli ordini. Questo ammutinamento non fu un evento raro: il fenomeno si estese a circa metà dell'esercito francese, circa 50 divisioni478. Il 1º giugno a Missy-aux-Bois un reggimento di fanteria francese si impadronì della città e nominò un "governo pacifista"; per una settimana regnò il caos in tutto il settore francese del fronte mentre gli ammutinati si rifiutavano di tornare a combattere. Le autorità militari agirono tempestivamente, e sotto il pugno di ferro di Pétain cominciarono gli arresti di massa e si insediarono le corti marziali. I tribunali francesi giudicarono colpevoli di ammutinamento 23.395 soldati, di questi, più di 400 furono condannati a morte, 50 fucilati e gli altri inviati ai lavori forzati nelle colonie penali. Contemporaneamente Pétain introdusse miglioramenti, concedendo alle truppe periodi di riposo più lunghi, congedi più frequenti e rancio migliore; dopo sei settimane gli ammutinamenti erano cessati479.

Sui campi di battaglia viveva uno stridente contrasto: sul fronte occidentale come su quello orientale, alla ferocia dei combattimenti si contrapponevano diserzioni di massa, ammutinamenti e fraternizzazione. A Pietrogrado il governo provvisorio faceva da contrappeso alla volontà dei Soviet favorevoli all'immediata cessazione di ogni ostilità. Ai primi di aprile del 1917 truppe russe fraternizzarono con i tedeschi, ma un'unità di artiglieria fedele al governo sparò sui ribelli, il cui leader, il tenente Haust, arrestò due ufficiali che avevano dato l'ordine di aprire il fuoco. Il 24 aprile i marinai di Kronštadt si schierarono con i bolscevichi, proclamando che non avrebbero rispettato gli ordini del governo; a questo si associarono gli scioperi nell'industria che ridussero la produzione di carbone di un quarto rispetto al 1916480. Il comandante in capo russo Michail Vasil'evič Alekseev riferì al ministro della guerra che «l'esercito si sta sistematicamente sgretolando»; ai primi di maggio il numero dei disertori in seno all'esercito russo sfiorava i due milioni; nello stesso mese l'intera 120ª divisione russa si rifiutò di raggiungere le trincee, disertando in massa481.

Per tutta l'estate nelle file russe gli episodi di diserzione andavano aumentando, i primi di settembre ci furono anche degli scontri tra soldati britannici e la polizia militare del campo di Étaples, dove i convalescenti soldati britannici era costretti a marce forzate e un duro riaddestramento alla guerra coi gas. Ciò causò malcontento, ma dopo alcuni scontri, il 12 settembre il breve ammutinamento britannico fu risolto. Pochi giorni dopo, a La Courtine - sud di Parigi - una brigata russa schierata ad occidente issò la bandiera bolscevica e si rifiutò di andare in trincea482. Di lì a poco tempo, le sempre più numerose diserzioni tra le file russe riflettevano l'avanzata della rivoluzione; il 3 novembre le truppe russe del fronte baltico gettarono le armi e fraternizzarono col nemico tedesco, il 7 novembre 18 bolscevichi circondarono il palazzo d'Inverno e in poco tempo il governo provvisorio fu spazzato via a favore di un governo bolscevico che come primo atto avviò le trattative di pace con gli Imperi centrali483.

Prigionia

I prigionieri di guerra vissero generalmente in condizioni pietose. Nell'agosto 1915 i comandi austro-ungarici vennero raggiunti da un ordine che li obbligava a trattare i prigionieri italiani, appartenenti ad una nazione traditrice, più duramente dei prigionieri russi o serbi, considerati avversari "leali". Dei 600.000 italiani finiti in mano austro-ungarica, ne morirono durante la prigionia almeno 120.000, di cui circa il 65% per tubercolosi, cachessia o inedia. Sovente i prigionieri italiani vennero mandati al fronte a scavare trincee484.

L'Impero tedesco occupò i prigionieri "occidentali" nell'industria di guerra, elargendo piccole paghe e un trattamento discreto. Russi e rumeni continuarono invece a soffrire la fame nei campi di prigionia, e forse non più della metà di essi sopravvissero alla guerra485. All'inizio del 1916 la Russia aveva sotto controllo 100.000 prigionieri tedeschi e 900.000 austro-ungarici. Questi non furono sottoposti a particolari vessazioni, ma il freddo e privazioni varie ne avevano già uccisi, alla fine dell'anno, 70.000486.

Corrispondenza dal fronte

Tra i documenti che ci sono giunti a ricordo della prima guerra mondiale, abbiamo una buona serie di missive che testimoniano la terribile situazione sofferta non solo dai militari, ma anche dai civili dell'epoca. I mittenti sono il più delle volte soldati semplici che tentano in ogni modo di tenersi in contatto con la famiglia. Quindi il momento della consegna della posta era sempre atteso con ansia e gioia ed era forse uno dei pochi pensieri che sollevava il morale dei soldati. La scrittura utilizzata è spesso di difficile comprensione, poiché in dialetto o di scrittura incerta (spesso dovuta alle condizioni improbe): gli errori di punteggiatura e ortografia erano inevitabili487.

Inviare e ricevere lettere era sempre difficile per varie ragioni. Innanzitutto bisogna tenere da conto la difficoltà di procurarsi carta, penna, inchiostro e francobollo. A causa della scarsità di mezzi di cui disponevano, molti soldati non avevano la possibilità di dare notizie ai propri cari. Ma non era l'unico problema: l'ostacolo più grande era sicuramente rappresentato dalla censura. Spesso inconsapevolmente, i soldati erano a conoscenza d'informazioni che minacciavano la sicurezza nazionale, e la censura, per evitare la loro divulgazione, interveniva aprendo i documenti, controllando il contenuto e, se ritenuto innocuo, richiudendo le buste con le cosiddette "fascette di censura", che recavano la scritta "Verificato per censura". Spesso le lettere venivano fatte passare ma con delle modifiche, come cancellazioni con l'inchiostro di china. Vietato era inviare cartoline rappresentanti paesaggi (che potevano rivelare la propria posizione) o utilizzare sistemi criptati di comunicazione quali la stenografia o il codice Morse. Sottostava ad ancora più rigidi controlli la posta dei prigionieri di guerra, che veniva controllata più volte sia dalla censura nemica, che da quella del proprio stato488.

Supporto e opposizione alla guerra

Coscrizione e volontari

Le potenze entrate in guerra reclutarono anche le popolazioni indigene delle colonie per sostenere il proprio sforzo bellico. Mentre la Germania, subito privata del contatto dalle sue colonie, usò le popolazioni locali esclusivamente contro i britannici in Africa, l'Intesa non ebbe limiti nell'arruolare e trasportare gli uomini del suo vasto impero coloniale nelle trincee europee489. Durante il conflitto la Francia mobilitò 818.000 coloniali, 449.000 dei quali combatterono nel territorio metropolitano490. Più consistente fu invece la risposta del Commonwealth all'appello della Gran Bretagna: Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa misero a disposizione soldati che vennero poi destinati al fronte occidentale o al Medio Oriente, mentre le truppe di colore, per ragioni climatiche, furono impiegate prevalentemente al di fuori dell'Europa. Nel complesso appartenevano alle colonie britanniche circa il 50% dei soldati (2.747.000) combattenti dall'Impero491.

Le colonie francesi non opposero molta resistenza alla coscrizione, eccetto alcuni tumulti nel Tonchino e a più gravi rivolte in Algeria nel 1916. Più turbolento fu invece il comportamento delle colonie britanniche. In Sud Africa scoppiò nel 1914 una ribellione dei boeri sedata dai boeri fedeli alla Corona, mentre nell'Impero Anglo-Indiano lo scontento esplose dopo la guerra, nel 1919, con una rivolta nel Punjab, sedata nel sangue con centinaia di vittime tra gli indiani (strage di Amritsar)492.

Il ruolo degli intellettuali e della stampa

A partire dal 10 agosto 1914, con Louis Gillet, futuro occupante di un seggio della Académie française, che "invocava che la Francia diradasse una volta per sempre le nebbie di germanesimo che l'avevano avvolta e che insozzavano il mondo con una patina di volgarità"493, il mondo intellettuale francese che visse durante la prima guerra mondiale fu pressoché unanime (solo lo scrittore Romain Rolland si discostò dai suoi illustri colleghi) nell'incitare alla guerra contro il nemico e a combattere per la civiltà e la vittoria finale, contro un nemico inferiore di razza (Edmond Perrier, al tempo direttore del Museo nazionale di storia naturale di Francia, affermò che «Il cranio del principe di Bismarck richiama quelli degli uomini fossili di La Chapelle-aux-Saints»494) che andava contrastato accorrendo ad arruolarsi (così come invitavano a fare i Nobel per la letteratura Maurice Maeterlinck e Anatole France). Gli scienziati e le scoperte tedesche vennero screditate dal fisico Pierre Duhem, dallo zoologo Louis-Félix Henneguy e dal matematico Émile Picard495. Henri Bergson affermò che la guerra alla Germania equivaleva a combattere la barbarie; Frédéric Masson, uno studioso di Napoleone, propose di abolire la musica di Richard Wagner per evitare la contaminazione della cultura francese, mentre Action française auspicò la rimozione del tedesco dalle lingue studiate nelle scuole; più di tutti spiccò la figura di Maurice Barrès, acceso nazionalista che arringò il popolo francese scrivendo che Guglielmo II praticava il culto di Odino e depositando presso il Parlamento un progetto di legge che istituiva una festa nazionale dedicata a Giovanna d'Arco. Vi fu anche chi asserì che la lettera "K" dovesse essere cancellata dai dizionari perché troppo tedesca e Beethoven non venne più suonato496.

Anche i tedeschi, almeno fino al 1915, usarono toni simili. Wilhelm Wundt sostenne che la guerra della Germania contro la Russia era una guerra di civiltà. Nell'ottobre 1914 novantatré tra umanisti, scienziati ed intellettuali tedeschi difesero l'operato dello stato maggiore dell'esercito pubblicando un appello rivolto «alle nazioni civili»497. Un mese dopo Thomas Mann scrisse un articolo in cui identificava il militarismo tedesco nella "Kultur", ossia l'organizzazione spirituale del mondo, sostenendo che la pace era un elemento che corrompeva la civiltà, a meno che non fosse stata raggiunta dopo la vittoria della Germania in Europa. Ernst Haeckel invocò sia la sconfitta della Russia che della Gran Bretagna, ed Ernst Lissauer fu premiato per aver composto una "Canzone di odio contro l'Inghilterra" ("Hassgesang gegen England"). Ancora, il Nobel per la chimica Wilhelm Ostwald si disse convinto che la Germania avesse tutte le qualità per meritarsi il predominio in Europa498.

Dal 1915 i chierici tedeschi, visti i lutti di guerra e influenzati dal gran numero di intellettuali ebrei presenti tra le loro fila, si accostarono ad una maggiore pacatezza, mentre in Francia il nazionalismo intellettuale continuò per tutta la durata della guerra499. Questo è verificabile anche guardando alla stampa dei due paesi: in Germania i giornali pubblicarono i comunicati dell'agenzia Havas nonché i bollettini di guerra francesi, che venivano pubblicati anche ne "La Gazette des Ardennes", unico giornale autorizzato di lingua francese nella zona occupata dai tedeschi. Il clima, poi, era in generale più rispettoso: le opere di Molière non vennero mai vietate e il Frankfurter Zeitung, ad esempio, rese gli onori al compositore francese Claude Debussy, morto nel marzo 1918, dedicandogli due colonne di giornale. La stampa francese era invece colma di roboanti quanto esagerati racconti di prima linea, pubblicava solo i comunicati tedeschi favorevoli alla Francia e, soprattutto, era limitata da una forte censura che calò d'intensità solo con la nomina di Clemenceau alla presidenza del consiglio (novembre 1917)500. Più libera era invece la stampa britannica, che tuttavia non ebbe il permesso di uscire fuori dalla nazione501.

La propaganda e la censura

Uno degli aspetti rilevanti della Grande Guerra fu il sistematico impiego della propaganda (e della censura) da parte di tutte le autorità civili, militari e perfino religiose di ogni nazione belligerante, al fine di giustificare di fronte all'opinione pubblica e rendere accettabili ai combattenti scelte di ordine politico, economico, sociale e militare eticamente discutibili. Propaganda e censura furono istituzionalizzate quasi ovunque, creando appositi uffici che si occupassero di controllare le informazioni circolanti e di crearne di nuove secondo gli schemi prefissati dai Governi e dagli Stati Maggiori.

In Italia l'attività di propaganda a favore dell'intervento, prima, e della guerra dopo il 24 maggio 1915 si diffuse pervasivamente attraverso la costituzione sistematica - presto controllata attraverso decreti ministeriali (dei ministeri degli Interni e della Guerra) e circolari Prefettizie - di innumerevoli Comitati nazionali e locali; questi ultimi, promossi dai maggiorenti del posto o dallo stesso Sindaco, presero vita praticamente in ogni Comune, raccogliendo l'adesione delle Pro-loco, delle Associazioni, delle Società Cooperative, dei Circoli, delle Congregazioni ed orientandone l'attività verso iniziative diverse, come l'organizzazione di iniziative e manifestazioni per la raccolta di fondi destinati alle famiglie dei richiamati, l'intrattenimento dei soldati in licenza, la produzione o la raccolta di generi alimentari e di abbigliamento (specialmente indumenti di lana) destinati ai combattenti, l'assistenza ai convalescenti, l'onoranza ai caduti - le cui salme iniziavano a tornare dalle zone di guerra, e molte altre.

Soprattutto nei primi mesi fu fervida in ogni luogo l'organizzazione di intrattenimenti come concerti, recite, giochi di società, feste e altro, con il corredo di cortei, palchi, discorsi pubblici, ecc.; spesso gli intrattenimenti facevano uso di materiali omologati, generalmente banali e di qualità artistica relativa, presi sia dal repertorio più o meno classico (monologhi, romanze, commedie, arie classiche, inni, cori) variamente arrangiato ad uso popolare in marcette, farse, scenette comiche e canzonette, sia da un repertorio che si andava via via formando raccogliendo nuova iconografia e nuovi stereotipi legati all'avvenimento in corso: esempi ne furono l'Inno Interventista di Italo Compagni o il Soldato Belga morente di Palmabella502.

Erano queste iniziative che, se da un lato erano tese al nobile fine di alleviare le sofferenze dei combattenti e delle rispettive famiglie, dall'altro acceleravano il progressivo distacco tra chi la guerra la vedeva da lontano e chi la viveva sulla propria pelle. Quando costoro tornavano a casa, in licenza o in convalescenza per qualche malattia o ferita più o meno grave, vedendo questi spettacoli non potevano che trovarli insopportabili.

La pace e la memoria

In tutta Europa, su ogni campo di battaglia, in ogni città e paese in lutto, sorsero monumenti; alcuni piccoli, alcuni grandi e altri - pochi - come a Vimy, sulla Somme e a Douaumont, immensi503. Parallelamente si alternavano in tutti i campi di battaglia cerimonie e commemorazioni; nell'autunno del 1920 il capo della Commissione imperiale per le tombe di guerra britannica scelse cinque spoglie tra i caduti senza nome sul fronte occidentale, di questi cinque venne affidato al tenente colonnello Henry Williams il compito di sceglierne uno da inumare a Londra per consentire a centinaia di migliaia di parenti e amici di avere un luogo dove ricordare e pregare per i propri cari dispersi in battaglia. La salma fu scortata per tutto il nord della Francia, poi il feretro salpò per la Gran Bretagna a bordo del cacciatorpediniere Verdun, e l'11 novembre 1920 ebbe luogo a Londra la solenne cerimonia funebre del Milite Ignoto504.

Una dopo l'altra le tombe del Milite Ignoto vennero inaugurate in tutti i paesi partecipanti al conflitto appena concluso. I tedeschi ne eressero uno a Tannenberg nel 1927 e uno al Neue Wache di Berlino nel 1931, a Parigi venne posizionata la tomba del Milite Ignoto alla base dell'Arco di Trionfo505, in Italia venne affidata a Maria Bergamas, la madre del volontario irredento Antonio Bergamas disperso in combattimento, la scelta di una salma tra undici bare di soldati non identificati caduti in vari fronti di battaglia. La bara prescelta fu deposta in un carro ferroviario che sfilò in tutta Italia fino a Roma dove il 4 novembre 1921 fu prima deposta nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, per poi essere traslata negli anni trenta al Vittoriano506.

Su tutti i campi di battaglia nacquero cimiteri di guerra gestiti dalle commissioni di guerra dei diversi paesi, che diventarono meta di pellegrinaggio per chi era alla ricerca di un proprio caro o per commemorare un camerata. Non passò anno senza che si celebrasse qualche toccante cerimonia o si inaugurasse un monumento507 Queste cerimonie ebbero uno stop durante il secondo conflitto mondiale, quando molti dei campi di battaglia della prima guerra mondiale vennero occupati dai tedeschi, ma dopo la fine del conflitto ripresero e ogni anno si ripetono in tutti i paesi coinvolti nel conflitto.

Repubblica di Weimar


Il periodo della Storia della Germania che va dal 1919 al 1933 è conosciuto come Repubblica di Weimar (Weimarer Republik, in tedesco). Prende il nome dalla città di Weimar, dove si tenne un'assemblea nazionale per redigere una nuova costituzione dopo la sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale.

Il primo tentativo di stabilire una democrazia liberale in Germania fu un periodo di grande tensione e di conflitto interno, che si concluse con l'ascesa al potere di Adolf Hitler e del Partito Nazionalsocialista nel 1933. Anche se tecnicamente la costituzione del 1919 non venne mai revocata del tutto fino a dopo la seconda guerra mondiale, le misure legali prese dal governo nazista nel 1933, che sono comunemente conosciute come Gleichschaltung, in effetti distrussero tutti i meccanismi forniti da un normale sistema democratico: è quindi comune segnare il 1933 come la fine della Repubblica di Weimar.

Rivoluzione controllata: la fondazione della Repubblica (1918-1919)

Dal 1916 in poi, l'Impero tedesco era stato all'atto pratico governato dai militari, guidati dall'Oberste Heeresleitung (OHL, Comando Supremo dell'Esercito) tramite il Capo di Stato Maggiore Paul von Hindenburg. Quando divenne evidente che la prima guerra mondiale era persa, l'OHL richiese che venisse instaurato un governo civile. Ogni tentativo di continuare la guerra dopo che la Bulgaria aveva abbandonato gli Imperi Centrali avrebbe provocato l'occupazione del territorio nazionale. Il nuovo cancelliere del Reich, principe Maximilian von Baden, offrì quindi un cessate il fuoco al Presidente statunitense Woodrow Wilson, il 3 ottobre 1918. Il 28 ottobre 1918 la costituzione del 1848 venne emendata per rendere il Reich una democrazia parlamentare: diversamente da quanto previsto dalla costituzione del 1871, il Cancelliere avrebbe risposto al Parlamento, il Reichstag, e non più all'Imperatore.508

Il piano allora in corso per trasformare la Germania in una monarchia parlamentare anche de iure divenne ben presto obsoleto, mentre la nazione scivolava in uno stato di caos quasi completo. La Germania era inondata da soldati di ritorno dal fronte, molti dei quali erano feriti sia fisicamente che psicologicamente; la violenza comune era dilagante, con risse che scoppiavano anche tra gruppi rivali di sinistra ai funerali dei loro capi assassinati dagli avversari di destra e viceversaWikipedia:Uso delle fonti.

La ribellione esplose quando, il 29 ottobre, il comando militare, senza essersi consultato con il governo, ordinò alla Flotta d'alto mare (Hochseeflotte) una sortita che non solo era senza speranza da un punto di vista militare, ma che avrebbe anche portato sicuramente a un arresto dei negoziati di pace. Gli equipaggi di due navi ormeggiate a Wilhelmshaven si ammutinarono. Quando i militari arrestarono circa mille marinai e li fecero trasportare a Kiel, la rivolta locale si trasformò in una ribellione generale, che dilagò rapidamente in gran parte della Germania. Altri marinai, soldati e persino operai solidarizzarono con gli arrestati, iniziando a eleggere consigli di lavoratori e soldati modellati sui soviet della Rivoluzione Russa del 1917 e presero il potere civile e militare in molte città. Il 7 novembre la rivoluzione aveva raggiunto Monaco di Baviera, provocando la fuga di Ludwig III di Baviera in qualità di primo monarca di Germania decaduto. Inizialmente le richieste dei consigli erano modeste, limitandosi alla liberazione dei marinai arrestati. Contrariamente alla Russia dell'anno precedente, i consigli non erano controllati da un partito comunista. Nonostante ciò, con il vicino sorgere della Russia bolscevica, la ribellione causò grande tensione dalle classi medie in su che temevano una prossima trasformazione della nazione in una Repubblica SocialistaWikipedia:Uso delle fonti.

A quel tempo la rappresentanza politica della classe operaia era divisa; una fazione si era separata dai Socialdemocratici, si chiamava "Social Democratici Indipendenti" (USPD, da Unabhängige Sozialdemokratische Partei Deutschlands) e spingeva verso un sistema socialista. I restanti "Social Democratici Maggioritari" (MSPD), che appoggiavano un sistema parlamentare, decisero di mettersi alla testa del movimento allo scopo di non perdere la loro influenza e, sempre il 7 novembre, chiesero all'Imperatore Guglielmo II di abdicare. Il 9 novembre 1918 la Repubblica venne proclamata da Philipp Scheidemann, affacciatosi ad una finestra del palazzo del Reichstag di Berlino. Due ore dopo una "Repubblica Socialista" venne proclamata, a poche centinaia di metri, da un balcone del Castello di Berlino da Karl Liebknecht.

Sempre il 9 novembre, con un atto discutibile dal punto di vista legale, il Reichskanzler, principe Maximilian von Baden, trasferì i propri poteri a Friedrich Ebert, il capo della MSPD. Fu evidente che questo atto non sarebbe stato sufficiente a soddisfare le masse, sicché il giorno dopo, venne eletto un governo rivoluzionario chiamato "Consiglio dei Commissari del Popolo" (Rat der Volksbeauftragten), composto da membri della MSPD e della USPD, guidato da Ebert per la MSPD e da Hugo Haase per la USPD. Anche se il nuovo governo venne confermato dal consiglio dei lavoratori e dei soldati di Berlino, fu avversato dagli spartachisti, l'ala sinistra della USPD guidata da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Ebert chiese la convocazione di un Congresso Nazionale dei Consigli, che ebbe luogo dal 16 al 20 dicembre 1918, e nel quale la MSPD aveva la maggioranza. Ebert riuscì a imporre rapide elezioni per un'Assemblea Nazionale che doveva dar vita a una costituzione per un sistema parlamentare, marginalizzando così il movimento che richiedeva una Repubblica Socialista.

Per assicurarsi che il suo governo fosse in grado di mantenere il controllo sulla nazione, Ebert fece un patto con l'OHL, ora guidato dal successore di Ludendorff, il generale Wilhelm Groener. Il Patto Ebert-Groener essenzialmente stabiliva che il governo non avrebbe cercato di riformare l'esercito fino a quando l'esercito giurava di difendere il governo. Da una parte, questo accordo simboleggiava l'accettazione di un nuovo governo da parte dei militari, calmando le preoccupazioni della classe media; dall'altra parte, venne considerato un tradimento degli interessi dei lavoratori da parte della sinistra; inoltre stabiliva l'Esercito come un gruppo indipendente e conservatore all'interno dello stato, in grado di influenzare il destino della neonata Repubblica. Questo fu uno dei tanti passi che determinò la permanente suddivisione della rappresentanza politica della classe operaia in SPD e comunisti. La divisione divenne definitiva dopo che Ebert fece richiesta all'OHL di truppe per sedare un altro ammutinamento di soldati a Berlino, il 23 novembre 1918, nel quale i soldati in rivolta avevano catturato il comandante della città e chiuso la Reichskanzlei, nella quale il Consiglio dei Deputati del Popolo risiedeva. L'intervento fu brutale, con parecchi morti e feriti. Ciò indusse l'estrema sinistra a invocare la scissione dalla MSPD che, nella loro visione, era sceso a patti con i militari controrivoluzionari per sopprimere la rivoluzione. La USPD lasciò quindi il Consiglio dei Deputati del Popolo dopo solo sette settimane. La spaccatura si approfondì quando, nel mese di dicembre, la Kommunistische Partei Deutschlands (KPD) venne formata da un certo numero di gruppi di sinistra, inclusa l'ala sinistra della USPD e i gruppi Spartachisti.

In gennaio ci furono ulteriori tentativi di stabilire uno stato socialista da parte dei lavoratori nelle strade di Berlino, ma questi tentativi vennero soffocati nel sangue dalle unità paramilitari dei Freikorps, truppe composte da ex-soldati e volontari solitamente di estrema destra. Gli scontri culminarono il 15 gennaio con la morte di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht. Con l'affermazione di Ebert, gli assassini non vennero processati davanti a una corte civile, ma davanti a una militare, il che portò alla comminazione di pene molto lievi, che non portarono precisamente a una maggiore accettazione di Ebert da parte della sinistra. Le elezioni dell'Assemblea Nazionale avvennero il 19 gennaio 1919. In questa occasione i nuovi partiti della sinistra, inclusi la USPD e la KPD, furono a malapena in grado di organizzarsi, permettendo la costituzione di una solida maggioranza delle forze moderate. Per evitare le continue lotte a Berlino, l'Assemblea Nazionale si riunì nella città di Weimar, motivo per cui il nascente stato veniva in seguito soprannominato Repubblica di Weimar (in tedesco: Weimarer Republik). La Costituzione di Weimar creò una repubblica con un sistema semi-presidenziale, nel quale il Reichstag era eletto da una rappresentanza proporzionale. Durante i dibattiti di Weimar, le lotte continuarono. Una Repubblica Sovietica venne dichiarata a Monaco di Baviera, solo per essere abbattuta dai Freikorps e da unità dell'esercito regolare; combattimenti sporadici continuarono a scoppiare in giro per il paese.

Ci furono scontri anche nelle province orientali della Germania, che erano fedeli all'Imperatore e non volevano far parte della Repubblica: la Grande Sollevazione Polacca nella Provincia di Posen e tre sollevazioni slesiane nella Slesia Superiore. Nel frattempo, la delegazione di pace tedesca in Francia firmava il Trattato di Versailles, accettando pesanti riduzioni dell'esercito tedesco, pesanti pagamenti per le riparazioni, e la cosiddetta clausola della "Germania come unica responsabile dello scoppio della guerra", che venne inserita su insistenza francese nonostante la contrarietà del presidente americano Wilson. Particolarmente pesanti sul piano morale risultavano l'articolo 227, in forza del quale l'ex imperatore Guglielmo II veniva messo in stato d' accusa di fronte a un venturo Tribunale Internazionale "per offesa suprema alla morale internazionale" e l'art. 231, in cui appunto "la Germania riconosce che essa e i suoi alleati sono responsabili per aver causato tutti i danni subìti dai Governi Alleati e associati e dai loro cittadini a seguito della guerra, che a loro è stata imposta dall'aggressione della Germania e dei suoi alleati".

L'accettazione del Trattato rappresenta una sorta di "peccato originale" della Repubblica di Weimar, che alienò subito il favore di gran parte della popolazione tedesca, e che infine favorì l'impetuosa ascesa elettorale dei nazisti. A testimonianza dell'odio che il Trattato suscitò in terra tedesca può ricordarsi che nel 1921 furono assassinati Matthias Erzberger (politico cattolico che materialmente lo aveva firmato) e Walther Rathenau (ministro degli esteri di Weimar impegnatosi a pagare regolarmente le riparazioni di guerra alla Francia). Adolf Hitler avrebbe più tardi dato la colpa alla Repubblica e alla sua democrazia per questo trattato. Il Primo Presidente della Germania, Friedrich Ebert della MSPD, firmò la nuova costituzione tedesca l'11 agosto 1919.

I primi anni: conflitto interno (1919-1923)

Fin dall'inizio, la Repubblica fu posta sotto grande pressione tanto dagli estremisti di destra quanto da quelli di sinistra. La sinistra accusava i Socialdemocratici al potere di aver tradito gli ideali del movimento operaio, patteggiando con i poteri del vecchio stato invece di mettere in atto una rivoluzione comunista. La destra si opponeva a un sistema democratico, perché avrebbe preferito mantenere uno stato autoritario come l'Impero del 1871. Per minare la credibilità della Repubblica, la destra, specialmente i militari, la accusavano di essere responsabile della sconfitta della prima guerra mondiale propagandando il mito sociale della Dolchstoßlegende.

Il 13 marzo 1920 ebbe luogo il "Putsch di Kapp", che coinvolse la presa di Berlino da parte di un gruppo di truppe dei Freikorps e l'insediamento di Wolfgang Kapp, un giornalista di destra, come Cancelliere del nuovo governo. I Freikorps, che avevano propri progetti per il potere, gli si rivoltarono contro. Ebert poté solo ritirare il suo parlamento da Berlino e riunirlo a Dresda, da dove il governo indisse uno sciopero generale. Questo ebbe successo nel fermare completamente l'economia e il governo Kapp collassò già il 17 marzo.

Il 6 giugno 1920 si tenne la seconda tornata di elezioni della Repubblica, la prima dall'emanazione della Costituzione: esse confermarono Ebert alla guida del governo e, nonostante un calo di consensi, la supremazia dei socialdemocratici. Ispirate dal successo dello sciopero generale, nel 1920 si ebbero alcune sollevazioni comuniste nella Ruhr, quando 50.000 persone formarono un'Armata Rossa e presero il controllo della regione. L'esercito regolare e i Freikorps misero fine alla sollevazione senza ricevere ordini dal governo. Altre ribellioni comuniste vennero inscenate nel marzo 1921 in Sassonia e nella città di Amburgo.

Per il 1923 la Repubblica non poteva più permettersi di tener fede ai pagamenti delle riparazioni di guerra stabilite a Versailles e il nuovo governo divenne insolvente. Come risposta, nel gennaio del 1923, le truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr, la regione a quell'epoca più importante dal punto di vista industriale, prendendo il controllo delle industrie minerarie e manifatturiere. Nel gennaio del 1923 vennero di nuovo indetti alcuni scioperi e venne incoraggiata la resistenza passiva. Gli scioperi durarono per otto mesi, causando grave sofferenza all'economia e determinando la necessità di importazioni.

Poiché anche gli operai in sciopero venivano pagati dallo stato, venne stampata valuta aggiuntiva che innescò un processo di iperinflazione. Il valore del Papiermark crollò da 4,2 per ogni dollaro statunitense a 1.000.000 di marchi per dollaro nell'agosto 1923 e a 4.200.000.000.000 per dollaro il 20 novembre. Il 1º dicembre venne introdotta una nuova valuta con il tasso di cambio di 1.000.000.000.000 di vecchi marchi per 1 nuovo marco, il Rentenmark. I pagamenti delle riparazioni vennero ripresi, e la Ruhr restituita alla Germania.

Il 1923 vide anche un attacco dalla destra che prese forma nel Putsch della Birreria, messo in piedi da Adolf Hitler a Monaco di Baviera. Nel 1920 il Partito dei Lavoratori Tedesco (DAP) si trasformò nel Partito dei Lavoratori Tedesco Nazionalsocialista (NSDAP) — il partito nazista — che sarebbe divenuto la forza motrice del collasso della Repubblica di Weimar. Hitler divenne Segretario del partito nel luglio 1921. Nel novembre di quell'anno vennero fondate le SA (Sturmabteilung), che avrebbero agito come l'esercito personale di Hitler nella sua lotta per il potere.

Quindi, l'8 novembre 1923, il Kampfbund in combutta con Erich Ludendorff assunse la direzione di un incontro del Primo Ministro bavarese, Gustav von Kahr, in una birreria di Monaco. Ludendorff e Hitler dichiararono un nuovo governo e pianificarono di prendere il controllo di Monaco il giorno seguente. I 3.000 rivoltosi vennero fermati da cento poliziotti e Hitler venne arrestato e condannato a cinque anni di prigione, ma ne scontò solo uno, una sentenza molto lieve. Dopo il fallimento del Putsch della Birreria, il suo imprigionamento e il successivo rilascio, Hitler si concentrò sui metodi legali per ottenere il potere.

L'epoca d'oro di Stresemann (1923-1929)

Gustav Stresemann era il leader del Partito Popolare Tedesco, di formazione democratico-liberale. Fu cancelliere per un breve periodo nel 1923 e ricoprì il ruolo di Ministro degli Esteri (1923-1929). Formò un governo di grande coalizione con il Zentrum e i socialisti. Questo periodo fu di relativa stabilità per la Repubblica di Weimar, con un minor numero di sollevazioni e l'inizio di un'apparente ripresa economica.

La politica di Stresemann aveva come fine la riapertura del dialogo con le potenze straniere e il risollevamento economico della nazione. La sua prima mossa fu quella di emettere una nuova valuta, il Rentenmark, per arrestare l'iperinflazione che stava paralizzando la società e l'economia tedesca. Questo scopo fu raggiunto e Stresemann si rifiutò ripetutamente di emettere altra valuta, che era stata la causa iniziale della precedente spirale inflattiva. Per stabilizzare ulteriormente l'economia, ridusse le spese e la burocrazia e al tempo stesso aumentò le tasse.

Il governò cercò anche di mettere fine al conflitto con la Francia e risolse la questione della resistenza passiva della Ruhr. Inoltre, represse senza mezzi termini tutti i tentativi di opposizione degli estremisti di destra e sinistra. Durante questo periodo venne creato anche il piano Dawes per permettere alla Germania di mantenersi in grado di pagare le riparazioni di guerra. La maggior parte dei finanziamenti necessari a far ripartire l'industria produttiva tedesca sarebbero stati messi a disposizione proprio dagli Stati Uniti che, in questo modo, avrebbero potuto collocare i capitali eccedenti, investendoli in Germania in cambio di grandi profitti.

Nel 1925, dunque, l'economia e il sistema finanziario tedesco sembravano aver superato il momento più difficile. Intanto, Stresemann strinse con il ministro degli esteri francese Briand una serie di accordi che normalizzarono finalmente i rapporti tra le due nazioni. Nell'ottobre del 1925, infatti, si giunse alla firma degli Accordi di Locarno, cui aderirono anche Inghilterra, Italia, Belgio e Polonia. Con questo trattato la Germania riconosceva la perdita dell'Alsazia e della Lorena, accettava la smilitarizzazione della Renania ma non assumeva impegni riguardo alle frontiere orientali. Questo fu un vero e proprio successo per la Germania di Stresemann, la quale non veniva più considerata come una nazione sconfitta, ma come un interlocutore a livello internazionale.

La Germania fu ammessa nella Società delle Nazioni, firmò un patto di neutralità con l'Unione Sovietica e il disarmo venne fermato. Infine, il 24 luglio 1929 entrò in vigore il Patto Briand-Kellog, per il quale i sottoscrittori (tra cui, oltre alla Germania, alla Francia e agli Stati Uniti, anche il Giappone, la Russia e l'Italia) si impegnavano a rinunciare alla guerra e risolvere i contrasti per via diplomatica. Quello stesso anno, la morte di Stresemann segnò la fine dell'"epoca d'oro" della Repubblica di Weimar.

Il collasso della Repubblica di Weimar e l'ascesa di Hitler

Gli ultimi anni della Repubblica di Weimar furono caratterizzati da un'instabilità politica superiore a quella degli anni precedenti. Il 29 marzo 1930 l'esperto di finanza Heinrich Brüning fu nominato da Paul von Hindenburg successore del Cancelliere Müller dopo mesi di lobbismo politico del generale Kurt von Schleicher in favore dei militari. Ci si aspettava che il nuovo governo portasse a uno spostamento verso il conservatorismo, basato sui poteri speciali garantiti dal Reichspräsident in base alla costituzione, in quanto non godeva del supporto della maggioranza nel Reichstag.

Dopo che un decreto impopolare per risanare le finanze del Reich non trovò l'appoggio del Reichstag, Hindenburg stabilì un provvedimento di emergenza basato sull'articolo 48 della costituzione. Il decreto venne di nuovo invalidato il 18 luglio 1930 da un'esigua maggioranza del Reichstag con il supporto di SPD, KPD e delle allora piccole NSDAP e DNVP. Immediatamente dopo, Brüning sottomise al Reichstag il decreto presidenziale con il quale veniva sciolto.

Le successive elezioni generali del Reichstag, il 14 settembre 1930, risultarono un terremoto politico: il 18,3% dei voti andarono alla NSDAP, cinque volte in più della percentuale del 1928. Questo ebbe conseguenze devastanti per la Repubblica: non c'era una maggioranza nel Reichstag neanche per la Grande Coalizione e questo incoraggiò i sostenitori della NSDAP a manifestare le loro richieste di potere con una violenza e un terrore crescenti. A partire dal 1930 la Repubblica scivolò sempre più in uno stato di guerra civile.

Dal 1930 al 1933 Brüning tentò di risanare lo stato che si trovava in una situazione disastrosa e senza una maggioranza in parlamento, governando con l'aiuto dei decreti presidenziali di emergenza. In quel periodo la grande depressione raggiunse il culmine. In linea con le teorie economiche liberali rivelatesi poi disastrose, secondo cui una minore spesa pubblica avrebbe avviato la ripresa economica, Brüning tagliò drasticamente le spese statali. Si aspettava e si accettava che la crisi economica sarebbe per un certo tempo peggiorata prima di iniziare a migliorare. Tra le altre cose il Reich bloccò completamente tutte le concessioni pubbliche per l'assicurazione obbligatoria sulla disoccupazione che era stata introdotta solo nel 1927, il che risultò in maggiori contributi da parte dei lavoratori e minori benefici per i disoccupati, non esattamente una misura popolare.

Il rovescio economico durò fino alla seconda metà del 1932. Per quel tempo, la Repubblica di Weimar aveva perso tutta la credibilità nei confronti della maggioranza dei tedeschi. Mentre gli studiosi sono in grande disaccordo sulla valutazione da dare alla politica di Brüning, si può tranquillamente dire che contribuì al declino della RepubblicaWikipedia:Uso delle fonti. Se a quell'epoca esistessero o meno alternative rimane oggetto di ampio dibattito, quel che è certo è che a causa del taglio drastico della spesa effettuato in uno stato già in crisi, il livello di disoccupazione in soli 3 anni peggiorò incredibilmente, arrivando a sfiorare il 40%, giustificando il tutto con la promessa di una ripresa economica che mai ci fu. Il disastro sociale così causato può considerarsi uno dei motivi principali che crearono l'humus adatto all'ascesa successiva del partito nazional-socialista di Hitler.

Nell'aprile del 1932, Hindenburg venne rieletto Reichspräsident, superando al secondo turno Hitler per sei milioni di voti. Nonostante Brüning avesse appoggiato fortemente la rielezione di Hindenburg, ne perse la fiducia e dovette dimettersi il 30 maggio.

Hindenburg incaricò quindi come nuovo Reichskanzler Franz von Papen, che aveva il supporto di Hitler, ma a prezzo di una serie di richieste:

    il Reichstag sarebbe stato sciolto di nuovo per indire nuove elezioni;

    il bando delle SA, imposto dopo gli scontri di strada, doveva essere tolto;

    il governo socialista della Prussia sarebbe stato dismesso con decreto d'emergenza.

Le elezioni generali per il Reichstag del 31 luglio 1932 portarono il 37,2% dei voti alla NSDAP. Hitler ora richiedeva di essere nominato cancelliere, ma la richiesta venne rifiutata da Hindenburg il 13 agosto. Non c'era ancora una maggioranza al Reichstag per nessun governo; come risultato, il Reichstag fu sciolto nuovamente e si rifecero le elezioni con la speranza che ne risultasse una maggioranza stabile.

Non fu così. Il 6 novembre 1932 le elezioni diedero il 33,0% dei voti alla NSDAP, che perse più del 4%. Il 3 dicembre Franz von Papen si dimise, sostituito come Reichskanzler, dal generale von Schleicher. Il suo audace piano di formare una maggioranza all'interno del Reichstag, riunendo i sindacalisti di sinistra dei vari partiti, compresi quelli della NSDAP guidati da Gregor Strasser, non ebbe successo.

Il 4 gennaio 1933, Hitler si incontrò in segreto con von Papen in casa del banchiere di Colonia Kurt von Schroeder. Si accordarono sulla formazione di un governo di coalizione: oltre a Hitler, solo altri due membri della NSDAP avrebbero fatto parte del governo del Reich (Wilhelm Frick come Ministro degli Interni e Hermann Göring come Commissario per la Prussia), con von Papen come Vicecancelliere di Hitler. Del nuovo gabinetto avrebbe fatto parte anche l'influente magnate dei media Alfred Hugenberg, che era segretario dell'altro partito di destra dell'epoca, la DNVP.

Quando il piano venne finalmente presentato a Hindenburg, questi nominò Hitler come il nuovo Reichskanzler il 30 gennaio 1933. Anche se von Hindenburg diffidava di Hitler e disapprovava fortemente la violenza politica dei nazisti, e aveva sconfitto Hitler nelle elezioni presidenziali del 1932, condivise, sia pure con riluttanza, la teoria di von Papen secondo cui, con il supporto popolare ai nazisti che stava scemando, Hitler poteva essere controllato come Cancelliere. Questa data viene comunemente considerata come l'inizio della Germania Nazista e venne di conseguenza battezzata Machtergreifung ("presa del potere") dalla propaganda nazista.

Il nuovo governo instaurò la dittatura con una serie di misure in rapida successione seguendo la filosofia della Gleichschaltung. Il 27 febbraio 1933 l'edificio del Reichstag venne ridotto in cenere, della qual cosa i nazisti si avvantaggiarono con il Decreto dell'incendio del Reichstag. Le successive elezioni del Reichstag, il 5 marzo 1933, portarono il 43,9% dei voti alla NSDAP; vennero piantati gli ultimi chiodi nella bara della Repubblica di Weimar, con l'approvazione della Ermächtigungsgesetz, la legge dei pieni poteri, del 23 marzo 1933, che diede formalmente a Hitler il potere di governare per decreto e di smantellare a tutti gli effetti i resti della costituzione di Weimar. Alla morte di Hindenburg, il 2 agosto 1934, Hitler fuse assieme gli uffici di Reichspräsident e di Reichskanzler e si reinsediò con il nuovo titolo di Führer und Reichskanzler.

Ragioni del fallimento della Repubblica di Weimar

L'individuazione delle ragioni per le quali la Repubblica di Weimar sia crollata in maniera così catastrofica a favore della dittatura nazista è ancora oggi oggetto di molti dibattiti. Da un lato Hitler divenne Reichskanzler in modo legale attraverso i meccanismi impostati dalla costituzione e la NSDAP aveva guadagnato la maggioranza relativa dei seggi nelle due elezioni del 1932. D'altra parte Hitler venne nominato Reichskanzler in un momento in cui il supporto al "movimento" si era dimostrato insufficiente per prendere il potere.

Molti tentativi sono stati fatti dagli studiosi per dare varie motivazioni e, a seconda delle opinioni politiche individuali, un'analisi può dare più enfasi a una ragione specifica piuttosto che a un'altra. La situazione è complicata dal fatto che durante la cosiddetta guerra fredda l'analisi storica fu offuscata dai tentativi di giustificare una certa ideologiaWikipedia:Uso delle fonti.

Risulta solamente frutto di una ipotesi sostenere che il nazismo poteva essere evitato se non fossero state prese certe decisioni. Per esempio, un'interessante speculazione di questo tipo si chiede quali risultati avrebbe conseguito la NSDAP nelle consultazioni elettorali del 1933 se Hitler non avesse avuto il vantaggio di essere già al governo.

Si può comunque affermare che nessuna ragione, da sola, è sufficiente per spiegare l'ascesa del nazismo, ed è dunque più opportuno, probabilmente, parlare di una serie di concause. I tentativi più comunemente utilizzati si possono raggruppare in tre correnti principali di seguito sviluppate: ragioni economiche, istituzionali e personali.

Problemi economici

La Repubblica di Weimar ebbe alcuni tra i più gravi problemi economici mai sperimentati nella storia di una democrazia occidentale. L'iperinflazione rampante, la massiccia disoccupazione e il grave abbassamento della qualità della vita, confrontati con il periodo precedente alla prima guerra mondiale, furono i fattori principali del collasso. Con la grande depressione degli anni trenta, le istituzioni della Repubblica in quanto tali vennero incolpate da molti per i problemi economici; questo è evidente nei risultati elettorali, dove i partiti politici che volevano lo smantellamento completo della Repubblica, sia a destra che a sinistra dell'arco costituzionale, resero impossibile la formazione di una maggioranza stabile in parlamento.

In questo contesto, il Trattato di Versailles era considerato dal popolo tedesco come un documento punitivo e degradante, che costringeva la nazione a cedere aree ricche di risorse e a pagare somme enormi a titolo di riparazione di guerra. Queste riparazioni punitive non solo danneggiarono pesantemente l'economia tedesca, ma causarono anche grande costernazione e risentimento da parte della popolazione.

Oggi molti storici concordano che molti industriali identificarono la Repubblica con i sindacati e i socialdemocratici, poiché furono questi che stabilirono le concessioni sociali del 1918 e del 1919. Ma anche se alcuni videro Hitler come un mezzo per abolirle, la Repubblica era instabile ancor prima che certi industriali iniziassero ad appoggiare Hitler. A parte ciò, anche chi sostenne la nomina di Hitler non voleva il nazismo nella sua interezza e considerava Hitler solo come una soluzione temporanea nella propria ricerca dell'abolizione della Repubblica. Certamente, il supporto dell'industria non è sufficiente da solo a spiegare l'appoggio a Hitler da parte di consistenti fette della popolazione, che comprendevano molti operai che si erano allontanati dai partiti di sinistra. L'appoggio a Hitler dalle parti socialmente più deboli della popolazione fu guadagnato dal fuhrer grazie a una politica economica fortemente espansiva, totalmente contraria rispetto a quella di Bruning, in cui grazie all'aumento della spesa pubblica e di interventi statali mirati si ridusse notevolmente il tasso di disoccupazione, creando lavoro per molti e avvicinandosi a livelli da piena occupazione.

Problemi istituzionali

Viene comunemente accettato che la costituzione del 1919 aveva una serie di debolezze fondamentali, che resero l'instaurazione di una dittatura troppo facile. Che una costituzione differente avrebbe potuto evitare il Terzo Reich è però discutibile; in ogni caso, la costituzione del 1949 (il Grundgesetz) riconobbe queste critiche e può essere vista come una risposta forte a quelle pecche.

    L'istituzione del Reichspräsident veniva frequentemente vista come un surrogato, un tentativo di rimpiazzare l'Imperatore ("Ersatzkaiser", sostituto Imperatore), che aveva abdicato nel 1918, con un'istituzione similarmente forte e autoritaria. Questo risulta molto evidente nell'articolo 48 della costituzione, che dava al Presidente il potere di "fare tutti i passi necessari" se "l'ordine pubblico e la sicurezza fossero state seriamente disturbati o in pericolo". Anche se era inteso solo come clausola d'emergenza, questo articolo venne usato anche in anni precedenti al 1933 per emanare decreti senza il supporto del parlamento e rese la Gleichschaltung più facile. Per esempio, il Decreto dell'incendio del Reichstag venne emanato in base all'articolo 48.

    L'uso della rappresentanza proporzionale, senza alcun sistema di sbarramento, significava che ogni partito con un minimo di supporto era in grado di ottenere l'ingresso nel Reichstag, il parlamento della Repubblica. Questo portò a un grande numero di piccoli partiti, alcuni dei quali avevano un'ideologia estremista; creò anche una necessità di coalizione con tali partiti, evidenziata dal fatto che nessuno era in grado di ottenere una maggioranza completa.

    L'SPD, avendo costruito quella che viene definita "Democrazia Contrattata", tentava di non scontentare nessuna delle componenti di questo contratto formale, riducendosi a un'amministrazione senza svolte o prese di posizioni decisive, e suscitando di conseguenza l'ostilità delle fazioni più estremiste: i conservatori, che vedevano nell'SPD socialista un fallimento, e i socialisti stessi, alcuni dei quali si divisero dal partito per creare il KPD, nel 1919 protagonista, poco dopo, del biennio di conflitti sociali ispirati anche all' esperienza sovietica e che diedero adito ai Frei Corps, le future SS, di imporre l'ordine pubblico con l'uso della forza.

    Il Reichstag poteva rimuovere il Reichskanzler dal suo ufficio anche se non era in grado di accordarsi su un successore. Questo voto di sfiducia "distruttivo" portò a molti Cancellieri in rapida successione e aggiunse un altro fattore di instabilità politica alla Repubblica. Come risultato, il Grundgesetz del 1949 stabilì che un Cancelliere poteva essere dimesso dal Parlamento solo se un successore veniva eletto contestualmente; la cosiddetto sfiducia costruttiva.

    La costituzione prevedeva che in caso di dimissioni o morte del Presidente, il Reichskanzler (Cancelliere) ne avrebbe assunto l'ufficio (e, soprattutto, ne avrebbe avuto i poteri) fino all'elezione di un nuovo Presidente. Questo permise a Hitler di unire di fatto gli uffici di Reichskanzler e Reichspräsident dopo la morte di Hindenburg nel 1934. Comunque, per quell'epoca, l'impianto della futura dittatura si stava già radicando, e questa clausola non può quindi essere considerata, da sola, come unica causa dell'affermazione del potere del nazismo.

Visioni personalistiche

Alcuni storici preferiscono sostare lo sguardo analitico dai grandi eventi, ricercando piuttosto le cause dell'ascesa del nazismo negli individui e nelle decisioni che presero.

Per esempio, la politica economica di Brüning nel 1930-1933 è stata oggetto di un ampio dibattito. Si può affermare che essa abbia portato molti a identificare la Repubblica con i tagli alla spesa sociale e a un'economia estremamente liberista, peraltro simile in alcuni principi ideologici a quella perseguita dalla governance europea anche al giorno d'oggi, dopo l'aggravamento dell'attuale crisi economica in Europa negli anni successivi al 2010.

Un'altra focalizzazione è su Paul von Hindenburg, che divenne Reichspräsident nel 1925. Egli era certamente rappresentativo del vecchio e autoritario Impero del 1871, ed è difficile etichettarlo come un democratico che sosteneva la Repubblica del 1919. Hindenburg era molto anziano, avendo passato gli 80 anni d'età negli anni trenta, e ciò fa sorgere dei dubbi sulla sua lucidità. Egli non fu, comunque, un nazista. Ci si può chiedere se un presidente differente, con solide convinzioni democratiche avrebbe permesso al Parlamento di essere così evidentemente raggirato con l'uso dei decreti permesso dall'articolo 48; più specificamente, un presidente diverso, avrebbe firmato il Decreto dell'incendio del Reichstag? Si è anche speculato sul perché Hindenburg abbia nominato Hitler come Reichskanzler il 30 gennaio 1933; dopo tutto, Hindenburg attese un giorno e mezzo prima di prendere la decisione. Alcuni ritengono che, se Hitler non fosse divenuto Cancelliere, nei mesi seguenti sarebbe continuato il calo di voti che la NSDAP aveva registrato, per la prima volta, nelle elezioni del novembre 1932.

Cultura

Durante la Repubblica di Weimar la Germania conobbe un'intensa fase di espansione artistica, culturale e scientifica. Il nuovo clima di libertà politica contribuì a fare di Berlino il motore di una rivoluzione culturale. I 14 anni della Repubblica di Weimar furono infatti caratterizzati da una notevole produzione intellettuale: gli artisti tedeschi diedero importanti contributi nei campi della letteratura, dell'arte, dell'architettura, della musica, della drammaturgia e nel nuovo mezzo che in quegli anni si stava affermando, il cinema. Il filosofo Ernst Bloch descrisse quel periodo come una nuova "età di Pericle".

Fra le opere di tale periodo possono essere segnalate le caricature politiche di Otto Dix, John Heartfield e George Grosz, il movimento artistico della Neue Sachlichkeit, film come Metropolis di Fritz Lang e molte altre opere prodotte dalla Universum Film, il movimento architettonico del Bauhaus, il teatro epico di Bertolt Brecht, il funzionalismo di Ernst May e Bruno Taut e il cabaret decadente documentato da Christopher Isherwood. In campo musicale emergeva la musica di Kurt Weill e quella atonale e moderna di Alban Berg, Arnold Schoenberg e Anton Webern, questi ultimi tre peraltro austriaci, e cresciuti personalmente e musicalmente a Vienna.


Germania nazista

Terzo Reich


Germania nazista o Germania nazionalsocialista e Terzo Reich (in tedesco Drittes Reich) sono le definizioni con cui comunemente ci si riferisce alla Germania degli anni tra il 1933 e il 1945, quando si trovò sotto il regime totalitario del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori guidato da Adolf Hitler. Il termine Terzo Reich intendeva connotare lo stato nazista come il successore storico del medievale Sacro Romano Impero (962–1806) e del moderno Impero tedesco (1871–1918). La Germania nazista ebbe due denominazioni ufficiali, Deutsches Reich (tale denominazione era in uso sin dal 1871) dal 1933 al 1943, e Großdeutsches Reich (it. Reich della Grande Germania) dal 1943 al 1945.

Il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler venne nominato Cancelliere del Reich. Nonostante inizialmente si trovasse a capo di un governo di coalizione, si liberò velocemente degli alleati di governo. All'epoca i confini tedeschi erano ancora quelli stabiliti nel Trattato di Versailles del 1919 tra la Germania e le Potenze Alleate (Regno Unito, Francia, Stati Uniti d'America, Regno d'Italia, Impero Giapponese e altri) dopo la fine della prima guerra mondiale; a nord la Germania era limitata da mare del Nord, mar Baltico e Danimarca; a est era divisa in due parti e confinava con Lituania, la Libera Città di Danzica, Polonia e Cecoslovacchia; a sud confinava con Austria e Svizzera, mentre a ovest toccava Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Renania e Saarland. Questi confini cambiarono dopo che la Germania riprese il controllo di Renania, Saarland e Territorio di Memel e si annesse l'Austria, i Sudeti e la Boemia e Moravia. Durante la seconda guerra mondiale la Germania si espanse trasformandosi nella Grande Germania, secondo i principi del Pangermanismo, già sviluppati nel secolo precedente ma particolarmente cari a Hitler; tale processo di espansione iniziò nel 1938 con l'annessione dell'Austria, ma fu l'occupazione della Polonia che spinse Regno Unito e Francia alla dichiarazione di guerra.

Nel corso della guerra la Germania e le altre Potenze dell'Asse europee (Italia, Ungheria, Romania e Slovacchia) conquistarono e occuparono la maggior parte dell'Europa (con l'eccezione delle Isole Britanniche, della Svizzera, della Svezia, della Penisola iberica e della Turchia europea) nonché parte della Russia europea. I nazisti perseguitarono e assassinarono milioni di ebrei e di appartenenti ad altre minoranze etniche mettendo in atto il genocidio noto come Olocausto; questo procedimento di pulizia etnica era da essi denominato con l'ambiguo termine di "soluzione finale" (Endlösung in tedesco). Inoltre furono perseguitati o uccisi diversi esponenti antinazisti (perlopiù socialisti e comunisti) eseguendo condanne a morte con il Volksgerichtshof (Tribunale del Popolo), nonché Testimoni di Geova, Rom e Sinti (quest'altro genocidio è noto come Porajmos), omosessuali tramite il Paragrafo 175 del codice penale tedesco e inoltre persone con problemi mentali e genetici tramite il programma Aktion T4.

Tra il 1943 e il 1945 la Germania subì una continua serie di pesanti sconfitte da parte degli Alleati, tra i quali spiccavano Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia e Canada. Ciò portò all'occupazione del territorio tedesco e allo smembramento in quattro settori d'occupazione, poi ridotti a due, uno filo-occidentale (la Germania Ovest) e uno filo-sovietico (la Germania Est)698.

Storia

La Germania nazista crebbe in una situazione in cui erano diffusi nel paese sentimenti d'imbarazzo, rabbia e risentimento in seguito alle condizioni imposte alla nazione dal Trattato di Versailles del 1919699 che aveva imposto ai tedeschi sconfitti:

    l'accettazione da parte della Germania di dichiararsi sola responsabile per lo scoppio della prima guerra mondiale700

    la perdita permanente di diversi territori e la smilitarizzazione di altre parti del territorio tedesco701

    il pagamento da parte della Germania di pesanti risarcimenti sia in denaro che in natura, giustificati, dal punto di vista degli Alleati, dalla clausola della responsabilità di guerra.

    il disarmo unilaterale della Germania nonché severe restrizioni in campo militare702

Altre condizioni che favorirono l'ascesa del Terzo Reich furono il nazionalismo e il Pangermanismo, le tensioni sociali attribuite all'azione di gruppi marxisti, la grande depressione globale degli anni trenta (conseguenza del crollo di Wall Street del 1929), l'iperinflazione, la reazione contro l'anti-tradizionalismo e il liberalismo della Repubblica di Weimar e la crescita del comunismo in Germania, con la nascita del KPD.

Molti elettori, cercando uno sfogo per le loro frustrazioni, e come espressione del loro rifiuto della democrazia parlamentare che appariva incapace di mantenere un governo in carica per più di pochi mesi, iniziarono a scegliere partiti politici di estrema destra e di estrema sinistra, appoggiando estremisti proprio come il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP).

I nazisti promettevano un governo forte e autoritario al posto del sistema repubblicano e della pace civile (concetti da loro ritenuti logori), politiche economiche radicali (tra cui il raggiungimento del pieno impiego), il riscatto dell'orgoglio nazionale (principalmente ripudiando l'odiato Trattato di Versailles) e la pulizia razziale con la soppressione di ebrei e marxisti; il tutto in nome dell'unità e della solidarietà nazionale, preferite alle divisioni partigiane della democrazia e alla divisione in classi sociali del marxismo. I nazisti promettevano inoltre un risveglio culturale nazionale basato sulla tradizione del Movimento völkisch e proponevano il riarmo, il rifiuto di continuare a pagare i debiti di guerra e la rivendicazione dei territori persi con il Trattato di Versailles.

Il partito nazista sosteneva che, con la firma del Trattato, la liberal democrazia della Repubblica di Weimar e i cosiddetti "traditori criminali di novembre" avevano rinunciato all'orgoglio nazionale tedesco in quanto ispirati dagli ebrei e loro conniventi, il cui obiettivo era il rovesciamento della nazione e l'avvelenamento del sangue tedesco. Per far accettare tale interpretazione della recente storia tedesca, la propaganda nazista si servì efficacemente della leggenda della pugnalata alle spalle (Dolchstoßlegende), spiegando in quel modo l'insuccesso militare della Germania. A partire dal 1925 e per tutti gli anni trenta il governo tedesco continuò ad evolversi trasformandosi da una democrazia de jure in uno stato autoritario conservator-nazionalista, trasformazione avvenuta sotto la guida del presidente-eroe di guerra Paul von Hindenburg, al quale non piaceva la liberal democrazia della Repubblica di Weimar e voleva rendere la Germania uno stato autoritario703. L'alleato naturale per l'imposizione di una svolta autoritaria era il Deutschnationale Volkspartei (DNVP), ovvero i "nazionalisti", ma, dopo il 1929, con l'economia tedesca che stava stentando, i nazionalisti più giovani e radicali furono attratti dalla natura rivoluzionaria del partito nazionalsocialista, anche come sfida contro il crescente consenso popolare per il comunismo. Inoltre, i partiti politici della classe media persero il sostegno del loro elettorato, che confluì verso le ali estreme dello spettro politico tedesco, rendendo sempre più difficile la creazione di un governo di maggioranza in un sistema parlamentare.

Nelle elezioni federali tedesche del 1928, quando l'economia era migliorata dopo l'iperinflazione del periodo del 1922-23, i nazisti ottennero solo 12 seggi.

L'avvento al potere

Solo due anni dopo, nelle Elezioni federali tedesche del 1930, tenutesi qualche mese dopo il crollo della borsa statunitense, il partito nazista ne ottenne 107, trasformandosi dal piccolo gruppetto rappresentante il nono partito per numero di parlamentari nella seconda forza politica del Reichstag.

Le elezioni federali tedesche del luglio 1932 rappresentarono la svolta: i nazisti diventarono il primo partito rappresentato al Reichstag, aggiudicandosi 230 seggi704; il Presidente Hindenburg era restio ad affidare ad Hitler il potere esecutivo, ma l'ex cancelliere Franz von Papen e Hitler strinsero un'alleanza tra partiti NSDAP–DNVP che avrebbe permesso ad Hitler stesso di ottenere il cancellierato sotto il controllo di un partito conservatore tradizionale, e ad Hindenburg di sviluppare uno stato autoritario. Hitler fece notevoli pressioni per essere nominato Cancelliere, promettendo in cambio a Hindenburg che il partito nazista avrebbe appoggiato qualsiasi tipo di governo avesse nominato.

Il 30 gennaio 1933 il presidente Paul von Hindenburg nominò così Adolf Hitler Cancelliere della Germania dopo il fallimento del generale Kurt von Schleicher nel tentativo di formare un governo in grado di reggere. Nominato Vice cancelliere, il generale Von Schleicher credeva di poter controllare Hitler e mantenere i nazisti in minoranza all'interno del governo. Hitler, sia tramite il figlio Oskar von Hindenburg sia tramite gli intrighi dell'ex cancelliere Von Papen, fece pressioni su Hindenburg, che era il capo del Centro Cattolico e la cui linea politica era in parte dettata dal suo anticomunismo. Anche se i nazisti avevano ottenuto la maggioranza relativa nelle due elezioni del 1932 non avevano una reale maggioranza, ma solo una leggera maggioranza parlamentare grazie all'alleanza con la NSDAP-DNVP che governò per decreto presidenziale in forza dell'articolo 48 della costituzione di Weimar705.

Il trattamento che il nazionalsocialisti riservarono agli ebrei nei primi mesi del 1933 rappresentò il primo passo del loro processo di eliminazione dalla società tedesca706. Tale progetto rappresentava uno dei pilastri della "rivoluzione culturale" ideata da Adolf Hitler707.

Consolidamento del potere

Il nuovo governo instaurò rapidamente in Germania una dittatura totalitaria, istituendo con provvedimenti legislativi un governo centrale allineato, un processo chiamato Gleichschaltung. La notte del 27 febbraio 1933 il Palazzo del Reichstag andò a fuoco mentre al suo interno veniva trovato il comunista consiliarista olandese Marinus van der Lubbe; l'uomo venne arrestato, accusato di incendio doloso, processato e quindi decapitato. Tali fatti provocarono la reazione immediata di migliaia di anarchici, socialisti e comunisti in tutto il paese; definiti i loro discorsi e comizi come un'insurrezione, i nazisti ne imprigionarono molti nel campo di concentramento di Dachau. L'opinione pubblica temette che l'incendio fosse un segnale per dare il via a una rivoluzione comunista in Germania, come quella del 1919, così i nazisti lo sfruttarono emanando il Decreto dell'incendio del Reichstag (27 febbraio 1933), con cui abrogavano la maggior parte delle libertà civili, tra cui l'habeas corpus, in modo di eliminare i loro avversari politici. Nel marzo 1933, con il Decreto dei pieni poteri, votato dal Parlamento con 444 favorevoli e 94 contrari (i socialdemocratici rimasti), il Reichstag conferì per decreto poteri dittatoriali al cancelliere Adolf Hitler; per quattro anni avrebbe avuto un potere politico assoluto che lo autorizzava a non rispettare più i principi della Costituzione di Weimar; da quel momento, per tutto il 1934 il partito nazista si dedicò alla brutale eliminazione dell'opposizione politica; il Decreto dei pieni poteri aveva già messo fuori legge i comunisti (KPD) mentre i socialdemocratici (SPD) vennero messi al bando in giugno nonostante avessero accettato le richieste di Hitler. Nel periodo che andò da giugno a luglio anche nazionalisti (DVNP), Partito Popolare (DVP) e Partito dello Stato tedesco (DStP) vennero obbligati a sciogliersi in vari modi. In seguito, su pressione di Franz von Papen, anche il rimasto Centro cattolico fu sciolto il 5 luglio 1933 dopo aver ottenuto dai nazisti garanzie riguardo al sistema educativo cattolico e i gruppi giovanili. Il 14 luglio 1933 la Germania venne dichiarata ufficialmente un paese monopartitico.

Istituito il Terzo Reich, il regime nazista abolì i simboli della Repubblica di Weimar, tra cui la bandiera tricolore nero-rosso-oro, adottando un simbolismo riferibile sia al vecchio che al nuovo impero, che rappresentava la natura duplice del terzo impero tedesco. Il tricolore imperiale nero-bianco-rosso, caduto per lo più in disuso durante la Repubblica di Weimar, venne ripristinato come una delle due bandiere ufficiali nazionali della Germania; la seconda fu la bandiera con la svastica del partito nazista, che poi diventò bandiera nazionale tedesca nel 1935. L'inno nazionale rimase Das Lied der Deutschen (noto anche come Deutschland über Alles), ma i nazisti ne modificarono il testo mantenendo solo la strofa iniziale, a cui seguiva l'Horst-Wessel-Lied accompagnato dal saluto nazista.

Il 30 gennaio 1934 il presidente del Reich e Cancelliere Hitler concentrò formalmente il potere esecutivo su se stesso con il Gesetz über den Neuaufbau des Reichs (it. Decreto per la ricostruzione del Reich), sciogliendo i parlamenti dei Länder e trasferendone i poteri legislativi e amministrativi al governo centrale di Berlino. Il processo di centralizzazione era iniziato poco dopo il marzo 1933 con la promulgazione del Decreto dei pieni poteri, quando i governi regionali erano stati sostituiti dai Reichsstatthalter (governatori del Reich). Anche le amministrazioni locali furono rimosse; i governatori del Reich nominarono direttamente i sindaci delle città e paesi con popolazione inferiore ai 100.000 abitanti; il Ministero degli Interni nominava invece i sindaci delle città con popolazione superiore; per quanto riguardava le città di Berlino, Amburgo e Vienna (dopo l'Anschluss del 1938) Hitler ne nominava i sindaci a propria discrezione.

Entro la primavera del 1934 solo il Reichswehr (le forze armate tedesche) rimaneva indipendente dal governo; per tradizione era infatti considerato un'entità politica a sé stante, separata dal governo nazionale. La milizia paramilitare nazista Sturmabteilung (SA) si aspettava di poter assumere il comando dell'esercito tedesco, ma il Reichswehr si oppose all'ambizione del capo delle SA Ernst Röhm di annettere l'esercito alle SA stesse. Inoltre Röhm intendeva varare una "rivoluzione socialista" per completare la "rivoluzione nazionalista" attuata con l'ascesa al potere di Hitler. Röhm e i capi delle SA volevano che il regime mettesse in atto le sue promesse di promulgare una legislazione socialista per i tedeschi di ascendenza ariana.

Dal momento che il suo potere, senza il controllo del Reichswehr, era assoluto solo sulla carta e volendo mantenere buoni rapporti con esso e con determinati politici e industriali (seccati dalla violenza politica delle SA), Hitler ordinò alle Schutzstaffel (SS) e alla Gestapo di assassinare i suoi avversari politici sia all'esterno che all'interno del partito nazista durante la notte dei lunghi coltelli. L'eliminazione di Ernst Röhm, delle sue SA, degli strasseristi, della corrente di sinistra dei nazisti, e degli altri avversari politici durò dal 30 giugno al 2 luglio 1934.

Subito dopo la morte di Paul von Hindenburg, il 2 agosto 1934, il Reichstag controllato dai nazisti rafforzò i poteri del Presidente e del cancelliere e rinominò Hitler Führer e cancelliere del Reich. Fino alla morte di Hindenburg il Reichswehr non aveva seguito Hitler, in parte perché l'associazione delle SA, che comprendeva molti milioni di uomini, era più grande dell'esercito (limitato a 100.000 effettivi dal Trattato di Versailles), ma anche perché i capi delle SA si proponevano dapprima di inglobare l'esercito nelle SA e quindi lanciare la rivoluzione nazi-socialista. L'assassinio di Ernst Röhm e degli altri capi SA misero il Reichswehr nella posizione di essere l'unica forza armata della Germania e le promesse del Führer riguardo all'espansione dell'impero gli garantirono la sua fedeltà. La scomparsa di Hindenburg agevolò il mutamento del giuramento di fedeltà dei sodati tedeschi dalla fedeltà al Reich e alla Repubblica di Weimar in uno di fedeltà ad Adolf Hitler, il Führer della Germania708.

Il risultato fu che i nazisti sancirono la fine dell'alleanza ufficiale di governo NSDAP–DNVP e iniziarono a imporre l'ideologia e il simbolismo nazista in tutti gli aspetti della vita pubblica e privata in Germania; i manuali scolastici vennero sottoposti a revisione o riscritti completamente per promuovere la visione razzista pangermanista della Großdeutschland (It. Grande Germania) che doveva essere fondata dall'Herrenvolk nazista; gli insegnanti che si opposero ai nuovi programmi di studi nazificati vennero licenziati. Inoltre, per forzare l'obbedienza del popolo verso lo stato, i nazisti fondarono la Gestapo, una polizia segreta di stato indipendente dalle autorità civili. La Gestapo mise sotto controllo il popolo tedesco grazie a 100.000 spie e informatori, che riferivano di chiunque manifestasse posizioni critiche o antinaziste.