Storia della Germania da Bismark a Hitler
Impero tedesco
Il termine Impero tedesco o Impero germanico (Deutsches Kaiserreich
in lingua tedesca), chiamato anche Secondo Reich, si riferisce
comunemente alla Germania nel periodo che va dal conseguimento di
una piena unità nazionale, il 18 gennaio 1871, fino
all'abdicazione del Kaiser Guglielmo II il 9 novembre 1918.
Più rara è la forma Reich Tedesco.
Il nome ufficiale dello stato era Deutsches Reich, che
rimarrà nome ufficiale dello stato sino alla fine della
Seconda guerra mondiale anche se, dopo che la Germania
incorporò nel suo territorio nazionale l'Austria, lo stato
prese il nome (prima informalmente, poi formalmente dal 1943) di
Großdeutsches Reich, ossia Reich della Grande Germania242.
I tedeschi, quando si riferiscono al Reich di questo periodo
monarchico, usano tipicamente il termine Kaiserreich (ossia impero),
infatti la sola parola Reich non designa alcuna forma monarchica, ma
solo uno stato di una certa importanza. A volte in italiano (ma
raramente in tedesco) si usa anche Secondo Reich, contando il Sacro
Romano Impero come il primo e la Germania Nazista come il Terzo
Reich; in realtà, il Primo Reich corrisponde all'Impero
tedesco, il Secondo Reich alla Repubblica di Weimar e il Terzo Reich
alla Germania nazista. La capitale era Berlino, la valuta i marchi
del Reich, l'inno imperiale Heil Dir im Siegerkranz e l'inno
nazionale non ufficiale Die Wacht am Rhein. La bandiera era un
tricolore composto da tre bande orizzontali di colore nero, bianco e
rosso. La famiglia imperiale regnante fu quella prussiana degli
Hohenzollern.
In Italia, al tempo, il nome comunemente utilizzato, anche
ufficialmente, fra il 1871 ed il 1918, per indicare lo stato tedesco
allora esistente era Impero germanico.
Bismarck fonda l'Impero
Sotto l'apparenza dell'idealismo che lascia strada al realismo, il
nazionalismo tedesco si spostò rapidamente dal suo carattere
liberale e democratico del 1848 alla Realpolitik autoritaria del
cancelliere prussiano Otto von Bismarck. Bismarck voleva
l'unificazione per raggiungere il suo scopo di uno stato tedesco
conservatore e dominato dalla Prussia. Egli riuscì nel suo
intento attraverso tre successi militari:
In primo luogo si alleò con l'Impero
austriaco allo scopo di sconfiggere la Danimarca in una breve guerra
combattuta durante il 1864, acquisendo in questo modo lo
Schleswig-Holstein.
Nel 1866, in concerto con l'Italia,
attaccò e sconfisse l'Austria nella guerra austro-prussiana,
che culminò nella battaglia di Königgrätz (meglio
conosciuta come battaglia di Sadowa), il che, nello stesso anno, gli
permise di escludere l'antico rivale austriaco quando formò
la Confederazione della Germania del Nord, il diretto precursore
dell'Impero del 1871, con gli Stati che avevano appoggiato la
Prussia nella Guerra Austro-Prussiana.
Infine, sconfisse la Francia nella Guerra
franco-prussiana (1870-71); la Confederazione venne trasformata in
Impero con l'incoronazione del re prussiano Guglielmo I come
imperatore tedesco, al palazzo di Versailles, per somma umiliazione
dei francesi.
Bismarck stesso preparò a grandi linee la Costituzione della
Germania del Nord del 1866, che sarebbe poi diventata, con qualche
aggiustamento, la Costituzione dell'Impero Tedesco del 1871. La
Germania divenne quindi una monarchia costituzionale: disponeva
infatti di un Reichstag (da reich stato, e tag dieta), un parlamento
con poteri formalmente limitati, ma de facto con pieni poteri
legislativi, eletto direttamente con suffragio maschile. Comunque,
la legislazione richiedeva anche il consenso del Bundesrat, il
consiglio federale dei deputati degli Stati, nel quale la Prussia
godeva, essendo il più grande e popoloso fra gli stati
tedeschi, di grande influenza grazie al maggior numero di delegati.
Il potere esecutivo era investito dal Kaiser, che nominava il
cancelliere imperiale; ciò avveniva formalmente solo per
volontà dell'Imperatore, ma poiché il cancelliere non
godeva di nessun potere di legiferare, a differenza dei suoi
colleghi stranieri, egli era fortemente dipendente dalla dieta.
Mentre gli Stati minori mantenevano i loro governi, le forze armate
erano controllate del Governo federale. Anche se autoritario per
molti aspetti, l'Impero permise lo sviluppo dei partiti politici.
L'evoluzione dell'autoritario Impero Tedesco è in qualche
modo in linea con gli sviluppi paralleli di Italia e Giappone.
Similarmente a Bismarck, il Conte Camillo Benso di Cavour, in
Italia, usò la guerra e la diplomazia per tentare di
raggiungere i suoi obiettivi. Anche il Giappone avrebbe seguito il
corso della modernizzazione conservatrice, dalla caduta dello
Shogunato Tokugawa e della Restaurazione Meiji fino al 1918.
L'unificazione della Germania significò anche l'assorbimento
dell'intero Regno di Prussia in essa. La Prussia rimase la
componente più rilevante nell'Impero, tanto che il Kaiser di
Germania era anche Re di Prussia. Le tre nuove province: Prussia
Orientale, Prussia Occidentale e Provincia di Posen, che prima erano
al di fuori della Confederazione germanica vennero incorporate nel
futuro Stato tedesco. Un'altra provincia, la Slesia, era stata parte
del Sacro Romano Impero assieme alla Boemia fino allo scioglimento
di quest'ultimo. Comunque, queste province avevano una nutrita
popolazione polacca. L'annessione di queste quattro province pose la
Germania in conflitto con i polacchi. Siccome la popolazione polacca
cresceva più rapidamente e l'Ostflucht fece emigrare i
tedeschi dall'est verso la Germania occidentale, le province
orientali divennero gradualmente sempre più a maggioranza
polacca.
Un fattore, ma solo uno, nell'anatomia sociale di questi governi era
il mantenimento di una sostanziale fetta di potere politico da parte
dell'élite terriera, gli junkers, a causa dell'assenza di
istanze rivoluzionarie da parte dei contadini, e delle aree urbane.
Istituzioni
L'Impero era una confederazione di 25 Stati sovrani e di un
"Territorio dell'impero" (l'Alsazia-Lorena) sotto il governo del Re
di Prussia che, essendo presidente della confederazione, aveva il
titolo di Imperatore tedesco243. Il potere legislativo era
esercitato dalla Dieta Federale (Reichstag) e dal Consiglio Federale
(Bundesrat). La Dieta Federale era composta da 397 deputati, eletti
a suffragio universale e diretto. Il secondo era composto di
cinquantotto plenipotenziari, nominati dai singoli sovrani in numero
proporzionale all'importanza del proprio Stato federato; la Prussia,
disponendo di diciassette voti in virtù della sua maggiore
dimensione e popolazione, era arbitra in ogni questione. La
Confederazione era retta dalla costituzione del 16 aprile del 1871
che poneva la politica estera, finanziaria, economica, doganale, le
grandi scelte di politica interna e l'esercito nelle mani del
governo centrale.
Il governo era retto da un Cancelliere e da Segretari di Stato che
non dipendevano dalla maggioranza parlamentare, bensì
unicamente dal Kaiser, l'Imperatore, che aveva il potere di
nominarli e di sospenderli e poteva prorogare o sciogliere il
Parlamento.
Il potere legislativo era diviso fra il Reichstag, eletto a
suffragio universale ogni cinque anni e il Consiglio Federale, il
Bundesrat.
Il Reichstag discuteva le leggi, ma queste non diventavano esecutive
se non erano approvate dal Bundesrat.
Partiti politici
I partiti rispecchiavano le differenziazioni tra i gruppi e le
classi sociali. La destra era costituita dal Partito Conservatore e
dal Partito Conservatore Moderato, cui aderivano i grandi
proprietari terrieri e gli aristocratici.
I ceti borghesi dell'industria e del commercio costituivano la base
del Partito Nazionale Liberale.
Il partito del Centro (Zentrum), di carattere interclassista, stava
fra questi partiti e i socialisti; alla sinistra si collocava il
partito socialdemocratico, mentre ai partiti della sinistra liberale
aderivano elementi di varia estrazione borghese.
Una particolare importanza ebbe il costante rafforzamento del
socialismo tedesco, il nemico che Bismarck non fu capace di
spezzare.
Ferdinand Lassalle fondò nel 1863 l'associazione generale
degli operai. Nel 1869 Wilhelm Liebknecht e August Bebel fondarono
il Sozialdemokratische Arbeiterpartei, il Partito Operaio
Socialdemocratico.
La lotta comune dei due partiti portò alla loro unificazione
nel 1875 e al congresso di Gotha.
Il partito socialdemocratico passò attraverso l'ondata
repressiva durata dal 1878 al 1890, rafforzandosi costantemente
insieme al movimento sindacale.
Modernizzazione conservatrice
Le politiche interne di Bismarck giocarono un grande ruolo nel
forgiare la cultura politica autoritaria del Secondo Reich. Meno
preoccupato dalla politica delle potenze continentali che seguirono
l'unificazione del 1871, il Governo semi-parlamentare tedesco,
portò avanti una rivoluzione politica ed economica dall'alto,
relativamente tranquilla, che spinse la Germania lungo la via per
diventare la principale potenza industriale dell'epoca.
Economia
Nel periodo compreso fra il 1871 e gli inizi del XX secolo la
Germania rivelò un così possente dinamismo
capitalistico tale da eclissare quello della Gran Bretagna e della
Francia.
L'industria tedesca, dopo un periodo di intenso sviluppo fra il 1871
ed il 1873, nel giro di pochi anni superò la crisi mondiale
del 1873 iniziando una fase di espansione che andò
intensificandosi sempre di più a partire dagli anni '80.
Anche l'agricoltura tedesca non decadde in conseguenza della
industrializzazione, ma si modernizzò notevolmente. Lo
sviluppo economico andò di pari passo con un forte incremento
demografico.
I produttori tedeschi non si limitarono a sottrarre il mercato
interno alle esportazioni britanniche, ma negli anni '70 del XIX
secolo, iniziarono a far concorrenza alla Gran Bretagna sui mercati
mondiali. L'industrializzazione progredì velocemente in
Germania e negli Stati Uniti, permettendo a questi due paesi di
prevalere sui "vecchi" capitalismi francese e britannico.
L'industria tessile e metallurgica tedesca, ad esempio, aveva
sorpassato i concorrenti britannici per organizzazione ed efficienza
tecnica già all'inizio della Guerra Franco-Prussiana ed
espulso i prodotti britannici sul mercato tedesco. Entro la fine del
secolo, le industrie metallurgiche e dell'ingegneria tedesche
avrebbero lavorato molto per il mercato di scambi della Gran
Bretagna.
Le basi per le crescenti tensioni fra la Germania da un lato e Gran
Bretagna e Francia, quest'ultima desiderosa di riparare alla
sconfitta del 1870, dall'altro, erano chiaramente poste.
Ideologia
Dopo aver ottenuto l'unificazione formale nel 1871, Bismarck
dedicò molta della sua attenzione alla causa
dell'unità nazionale e la conseguì attraverso
l'ideologia del Prussianesimo. Il conservatorismo cattolico,
concettualizzato dalla svolta del Vaticano di Papa Pio IX e del suo
dogma dell'Infallibilità papale e il radicalismo della classe
operaia, rappresentato dall'emergente Partito Socialdemocratico,
furono sotto molti versi la reazione alle insicurezze di molti
segmenti della società tedesca, che stava vivendo un rapido
cambiamento da un'economia basata sull'agricoltura a un moderno
capitalismo industriale. Mentre la pura e semplice repressione non
riuscì a contenere socialisti e cattolici, l'approccio "del
bastone e della carota" di Bismarck, ammorbidì
significativamente le opposizioni di entrambi i gruppi.
Si possono riassumere gli obiettivi di Bismarck sotto tre parole
chiave: Kulturkampf, riforma sociale e unità nazionale.
Kulturkampf: a seguito dell'incorporazione degli stati cattolici del
sud, il cattolicesimo, rappresentato dal partito cattolico di
centro, sembrava la minaccia principale al nazionalismo
militar-aristocratico prussiano. I cattolici del sud, provenienti da
una più forte base agraria e suddivisi sotto le gerarchie di
contadini, artigiani, clero e aristocrazia principesca dei piccoli
stati, più spesso delle loro controparti protestanti del
nord, ebbero dei problemi iniziali a competere con l'efficienza
industriale e l'apertura ai commerci con l'estero degli Zollverein.
Dopo il 1878, la lotta contro il socialismo avrebbe unito Bismarck
con il partito cattolico di centro, portando una fine al
Kulturkampf, che aveva lasciato nei cattolici un'irrequietezza
maggiore di quanta non ne fosse esistita prima, e rafforzò il
cattolicesimo in Germania piuttosto che indebolirlo.
Riforma sociale: la creazione, da parte di Bismarck, di uno stato
sociale particolarmente avanzato diede alla classe operaia un motivo
per adottare il nazionalismo tedesco. Il sistema di previdenza
sociale (sanità nel 1883, assicurazione sugli infortuni nel
1884, pensione di invalidità e di anzianità nel 1889)
instaurato a quell'epoca era il più avanzato del mondo e, in
parte, esiste ancora nella Germania odierna.
Unificazione: gli sforzi di Bismarck iniziarono anche a livellare le
enormi differenze tra gli stati tedeschi, che avevano avuto per
secoli uno sviluppo indipendente, specialmente grazie alla
legislazione.
Unificazione del diritto
Le leggi ed i sistemi giudiziari dei vari stati erano molto diversi
e posero enormi complicazioni, specialmente per il commercio
interno. A parte un codice commerciale comune, già introdotto
dalla Confederazione nel 1861 (venne adattato per l'Impero e, con
grandi modifiche, è ancora in vigore), c'erano poche
similitudini tra le leggi.
Nel 1871, venne introdotto un Codice Penale comune
(Reichsstrafgesetzbuch); nel 1877, vennero stabilite delle procedure
processuali comuni tramite il Gerichtsverfassungsgesetz, il
Zivilprozessordnung e il Strafprozessordnung (sistema giudiziario,
procedure civili e procedure penali). Nel 1873 la costituzione venne
emendata per permettere all'Impero di sostituire i numerosi e
ampiamente diversi Codici Civili degli stati (Ad esempio, parti
della Germania precedentemente occupate dalla Francia Napoleonica
avevano adottato il Codice Civile francese, mentre in Prussia
l'Allgemeines Preußisches Landrecht del 1794 era ancora in
vigore). Nel 1881, s'istituì una prima commissione per
produrre un Codice Civile comune a tutto l'Impero. Seguì un
intenso lavoro, che avrebbe prodotto il Bürgerliches Gesetzbuch
(BGB), probabilmente uno dei più impressionanti lavori legali
del mondo. Il BGB entrò in vigore il 1º gennaio 1900.
Queste codificazioni, anche se con molti emendamenti, sono in vigore
ancora oggi.
Militarismo
Uno dei sotto-prodotti della modernizzazione conservatrice fu il
militarismo. Per unire le classi più alte – sia
l'aristocrazia militare che gli industriali –, il militarismo si
rivelò necessario per proseguire la modernizzazione senza
cambiare le strutture socio-politiche. Ognuna delle élite
della coalizione governante del Secondo Reich trovò dei
vantaggi nell'espansione oltremare: i gruppi industriali volevano il
supporto imperiale per assicurare gli investimenti oltremare contro
la competizione e le tensioni politiche interne; i burocrati
volevano più possibilità d'impiego, gli ufficiali
volevano promozioni e la nobiltà terriera voleva titoli. In
un quadro sociale caratterizzato dalla crescita del sindacalismo,
del socialismo e di altri movimenti di protesta durante l'era della
società di massa, i gruppi dirigenti del secondo impero
furono in grado di utilizzare l'imperialismo nazionalista per
cooptare il supporto della classe operaia. Cavalcando i sentimenti
dell'età Romantica di fine del XIX secolo, l'imperialismo
inculcò nelle masse l'ammirazione per le virtù
neo-aristocratiche e aiutò a instillare degli ampi sentimenti
nazionalistici. Quindi, la Prussia – erede dello "Stato guarnigione"
costruito da figure come Federico Guglielmo I e Federico il Grande
nel XVIII secolo – riuscì a creare una macchina da guerra
potente, non solo in grado di sfidare i rivali continentali come
Austria e Francia, ma anche di rendere conosciuta la sua presidenza
nell'arena della politica internazionale. E la Prussia, ovviamente,
contrariamente alle potenze occidentali aveva avuto in passato poco
potere al di fuori dell'Europa, essendo completamente priva di una
storia coloniale.
Gli imperialisti tedeschi ad esempio, sostenevano che la posizione
di potenza mondiale dava ai britannici dei vantaggi ingiusti sui
mercati internazionali, limitando così la crescita economica
tedesca e minacciando la sua sicurezza. Molti statisti e industriali
europei volevano accelerare l'occupazione dell'Africa, garantendosi
le colonie prima ancora che divenissero strettamente necessarie. Il
loro ragionamento era che i mercati potevano ben presto divenire
sovrabbondanti e la sopravvivenza economica di una nazione dipendeva
dall'essere in grado di scaricare il surplus di produzione da altre
parti. In risposta, gli imperialisti britannici come Joseph
Chamberlain conclusero che l'imperialismo formale era necessario al
Regno Unito a causa del relativo declino della sua quota di
esportazioni mondiali e della crescita della competizione economica
da parte di tedeschi, americani e francesi.
Le tendenze economiche giocarono certamente un ruolo principale,
spiegando perché gli statisti, da Jules Ferry a Francesco
Crispi cercavano nuovi ruoli per le potenze emergenti da essi
guidate, specialmente durante la Grande Depressione del 1873, ma gli
spostamenti nell'equilibrio di potere europeo sono ciò che in
ultima analisi facilitò l'espansionismo oltremare. Con
l'ordine reazionario continentale, stabilito dal Congresso di
Vienna, in frantumi, il fascino dell'imperialismo era un'opzione non
solo per le tradizionali potenze di Francia e Regno Unito. I nuovi
stati nazionali di Germania e Italia non erano più coinvolti
in preoccupazioni continentali e dispute interne come prima della
Guerra Franco-Prussiana.
Così, Bismarck, un tempo apertamente disinteressato
all'avventurismo d'oltremare, venne portato a realizzare il valore
delle colonie per assicurarsi (nelle sue parole), "nuovi mercati per
l'industria tedesca, l'espansione dei commerci, e nuovi campi per
l'attività, la civiltà e il capitale tedesco". Le
potenze centrali assolutiste, guidate da una recentemente unificata
e dinamicamente industrializzata Germania, con la sua marina in
espansione, che raddoppiò le sue dimensioni tra la Guerra
Franco-Prussiana e la Grande Guerra, furono minacce strategiche ai
mercati e alla sicurezza delle più consolidate potenze
alleate e della Russia. Gli sforzi coloniali tedeschi a partire dal
1884 portarono solo a un piccolo impero d'oltremare, comparato a
quelli di Francia e Regno Unito. Le successive iniziative di
politica estera (soprattutto la grossa battaglia di flotte, sotto le
leggi navali del 1898 e 1900) spinsero il Regno Unito
all'allineamento diplomatico (l'Entente) con l'alleanza
Franco-Russa, ancora appena avviata, al tempo della caduta di
Bismarck.
Il dopo-Bismarck
L'Impero fiorì sotto la guida di Bismarck, fino alla morte
del primo Kaiser (marzo 1888). Nel cosiddetto Dreikaiserjahr (Anno
dei Tre Imperatori), Federico III, suo figlio e successore,
regnò solo per 99 giorni, lasciando la corona al giovane e
impetuoso Guglielmo II, che costrinse Bismarck a lasciare l'incarico
nel marzo 1890.
Internamente alla Germania, l'opposizione del Partito
Socialdemocratico (SPD), crebbe fino a renderlo il più grosso
partito socialista del mondo, vincendo un terzo dei voti nelle
elezioni del gennaio 1912 per il Reichstag (il parlamento
imperiale). Il governo cionondimeno rimase nelle mani di una
coalizione conservatrice appoggiata dai liberali di destra e dal
clero cattolico, e pesantemente dipendente dal favore del Kaiser.
Il traballante equilibrio europeo si ruppe quando
l'Austria-Ungheria, alleata della Germania fin dal 1879,
dichiarò guerra alla Serbia (luglio 1914), dopo l'assassinio,
avvenuto a Sarajevo, dell'erede al trono austriaco. La Germania
sostenne gli obiettivi in Serbia del suo leale alleato, e
firmò un "assegno in bianco" perché li perseguisse con
ogni mezzo ritenuto necessario. La Serbia era appoggiata dalla
Russia, che era a sua volta alleata con la Francia. A seguito della
decisione russa per la mobilitazione generale (ovvero, contro
Austria-Ungheria e Germania), la Germania dichiarò guerra a
Russia e Francia, in quello che fu definito un attacco preventivo.
Questo fu l'inizio della prima guerra mondiale. Nonostante i
successi iniziali, la Germania e i suoi alleati soffrirono la
sconfitta militare davanti a un nemico rafforzato nel 1917 dagli
Stati Uniti. Il Kaiser Guglielmo II venne spinto in esilio (novembre
1918) da una rivoluzione guidata dagli elementi dell'SPD e dei
gruppi comunisti, che in seguito organizzarono il loro piano per
ottenere il potere (gennaio 1919).
Nel giugno 1919, il Trattato di Versailles terminò
formalmente la guerra. Venne firmato nella Sala degli specchi del
Palazzo di Versailles, lo stesso luogo dove il Secondo Reich era
stato proclamato quasi mezzo secolo prima. La Germania perse dei
territori a favore della Francia, del Belgio, della ripristinata
nazione polacca, e da altre parti, e fu condannata a pagare delle
pesanti riparazioni di guerra per le sue presunte
responsabilità nello scoppio del conflitto.
Analisi
Il governo di Bismarck - basato sulla cooptazione e coercizione
reazionaria e sulla perpetuazione delle "virtù Junker" di
militarismo, gerarchia e autocrazia – può essere meglio
compreso considerando che la Germania era stata unificata da poco e,
sotto certi aspetti, da legami ancora assai tenui, che il potente
vicino francese aveva per secoli seguito la politica di tenere "le
Germanie" deboli e divise, che il paese era stato più volte
un campo di battaglia delle maggiori potenze europee, con le
conseguenti devastazioni. Le prime memorie dei politici appartenenti
alla generazione di Bismarck risalivano alle guerre napoleoniche e
alle umiliazioni nazionali inflitte alla Prussia. Non solo
l'interesse "di classe", ma pure la necessità di non mostrare
debolezza all'estero rese indesiderabile per questi uomini
l'adozione di maniere di governo più liberali.
Come risultato, in Germania, come in Giappone e in Italia, i
successivi tentativi di estendere la democrazia avrebbero portato
alla creazione di democrazie instabili (la Repubblica di Weimar, il
Giappone degli anni venti e l'Italia tra la fine della Grande Guerra
e la nomina di Benito Mussolini a capo del Governo nel 1922). Ognuna
di queste democrazie costituzionali non riuscì a far fronte
ai gravi problemi quotidiani e alla riluttanza o incapacità
di avviare delle riforme strutturali fondamentali.
Nonostante gli avanzamenti in campo scientifico e industriale
avvenuti sotto il Secondo Reich, la Germania mantenne quindi un
aspetto dispotico, a causa delle sue inclinazioni militariste e
avendo ottenuto l'unificazione con "sangue e ferro". I valori del
repressivo "Stato guarnigione" prussiano, che vedono le proprie
radici del sistema repressivo dell'agricoltura prussiana risalire ai
tempi della sconfitta dei Cavalieri teutonici, sarebbero stati
portati a un nuovo estremo dal Terzo Reich.
Il prussianesimo fece presa perché la prosperità
soddisfaceva la base del ceto medio liberale. La sollecitudine dello
stato di assicurare il benessere materiale a tutti conquistò
un ampio supporto, anche da parte della classe operaia. L'educazione
tedesca emerse forte nei campi vocazionali, così come nella
propaganda. Da parte dell'aristocrazia terriera arrivarono i
concetti dell'inerente superiorità della classe governante e
la sensibilità alle questioni dello status, tratti prominenti
che si protrassero ben dentro al XX secolo. Nutrite da nuove fonti,
queste concezioni sarebbero state in seguito volgarizzate e rese
attraenti all'intera popolazione tedesca con le dottrine della
superiorità razziale. Nonostante la notevole resistenza
aristocratica, la burocrazia imperiale introdusse l'ideale della
completa obbedienza alle istituzioni sopra le classi e l'individuo.
Alla base di queste correnti ci fu un secolo di evoluzione economica
politica e culturale, che iniziò con un'agricoltura dominata
per secoli dai metodi repressivi piuttosto che dal mercato. I
contadini tedeschi erano non solo sotto lo sguardo repressivo dei
proprietari terrieri, ma ancorati a villaggi e strutture di lavoro
che favorivano la solidarietà, diminuendo il loro potenziale
rivoluzionario. Quindi, nel reame della propaganda, i Junker
stabilirono la, generalmente riuscita, lega agraria del 1894,
stendendo il fondamento della dottrina nazista. La lega cercò
il supporto dei contadini nelle aree non-Junker o nelle piccole
fattorie, inculcando l'adorazione del fuhrer, l'idea dello stato
corporativo, il militarismo e l'antisemitismo. Avrebbe anche fatto
la distinzione tra il capitale "predatorio" e quello "produttivo"
usata poi dai nazisti, che era uno strumento usato per appellarsi ai
sentimenti anti-capitalisti che aleggiavano tra i contadini.
D'altro canto, l'Impero garantì la libertà di stampa,
la proprietà privata e riuscì a costruire un avanzato
sistema di sicurezza sociale basato sulle assicurazioni
obbligatorie, il cui nucleo è sopravvissuto agli
sconvolgimenti di due guerre mondiali e al nazismo e ancora
sopravvive. L'Impero aveva un moderno sistema elettorale per il
parlamento federale, il Reichstag, in cui ogni maschio adulto aveva
diritto di voto. Questo consentì ai socialisti e ai cattolici
centristi di giocare un ruolo importante nella politica nazionale,
sebbene entrambi i gruppi politici fossero ufficialmente visti,
più o meno, come "nemici dell'Impero".
Quello dell'Impero è stato anche un periodo di enorme
sviluppo per la vita culturale tedesca. Questo è vero sia per
la ricerca e le università, quanto per le arti e la
letteratura. Thomas Mann pubblicò I Buddenbrook nel 1901.
Theodor Mommsen vinse il Premio Nobel per la letteratura un anno
prima, grazie alla sua monumentale Storia di Roma. Pittori come
quelli raccolti nei gruppi Der Blaue Reiter e Die Brücke
diedero un contributo significativo all'arte moderna. L'edificio
turbine dell'AEG [2] a Berlino di Peter Behrens (1909) è una
pietra miliare dell'architettura moderna ed un esempio del
funzionalismo emergente.
La questione del Sonderweg ossia se la natura della società e
della politica dell'Impero abbia reso inevitabile il Nazismo
è tuttora dibattuta. Alcuni storici, come Fritz Fischer,
Hans-Ulrich Wehler e Wolfgang Mommsen hanno sostenuto che, durante
il Secondo Reich, un'élite aristocratica, reazionaria e
"pre-moderna" penetrò in profondità nella
società tedesca e, quindi, la Repubblica di Weimar era
condannata al fallimento fin dall'inizio. Per altri studiosi, come
Gerhard Ritter, solo la Prima Guerra Mondiale e il periodo ad essa
successivo aprirono le porte al Nazismo.
L'unificazione della Germania da parte di Bismarck ebbe anche un
impatto significativo sull'Asia orientale. L'unificazione tedesca
era considerata un modello per la riuscita modernizzazione del
Giappone e per la meno riuscita modernizzazione della Cina agli
inizi del XX secolo. Il codice civile tedesco divenne la base del
sistema legale giapponese e della Repubblica Cinese e dopo il ritiro
di quest'ultima a Taiwan rimane ancora la base del sistema legale
lì vigente.
Prima guerra mondiale
La prima guerra mondiale è il nome dato al grande conflitto
che coinvolse quasi tutte le grandi potenze mondiali, e molte di
quelle minori, tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. Chiamata
inizialmente dai contemporanei "guerra europea", con il
coinvolgimento successivo delle nazioni del Commonwealth, degli
Stati Uniti d'America e di altre nazioni extraeuropee, prese presto
il nome di "guerra mondiale" o "grande guerra", per via delle
caratteristiche di guerra totale che essa assunse: fu infatti il
più grande conflitto armato mai combattuto fino al 1939
cioè fino allo scoppio della seconda guerra mondiale245.
La prima guerra mondiale cominciò il 28 luglio 1914 con la
dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia in seguito
all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914
per concludersi oltre quattro anni dopo, l'11 novembre 1918. Il
conflitto coinvolse le maggiori potenze mondiali di allora, divise
in due blocchi contrapposti; gli Imperi centrali (Germania,
Austria-Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria) contro le potenze
Alleate rappresentate principalmente da Francia, Gran Bretagna,
Impero russo e Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati
in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa), in quello che divenne
in breve tempo il più vasto conflitto della storia, che
causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7
milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle
operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie
concomitanti246.
Militarmente il conflitto si aprì con l'invasione
austro-ungarica della Serbia, e parallelamente, con una rapida
avanzata dell'esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord
della Francia, dove giunse a 40 chilometri da Parigi. In poche
settimane il gioco di alleanze formatosi negli ultimi decenni
dell'Ottocento tra gli stati comportò l'entrata nel conflitto
delle maggiori potenze europee e delle rispettive colonie. In pochi
anni la guerra raggiunse una scala mondiale, con la partecipazione
di molte altre nazioni, fra cui l'Impero ottomano, l'Italia, la
Romania, gli Stati Uniti e la Grecia, aprendo così altri
fronti di combattimento.
Con la sconfitta tedesca sulla Marna nel settembre 1914 le speranze
degli invasori di una guerra breve e vittoriosa svanirono a favore
di una logorante guerra di trincea, che si replicò su tutti i
fronti del conflitto dove nessuno dei contendenti riuscì a
soggiogare le armate nemiche. Determinante per l'esito finale del
conflitto mondiale fu l'ingresso degli Stati Uniti d'America e di
diverse altre nazioni che, pur non entrando militarmente a pieno
regime nel conflitto, grazie agli aiuti economici dispensati agli
Alleati, si schierarono contro gli Imperi Centrali facendo pendere
definitivamente l'ago della bilancia.
La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918, quando la
Germania, ultima degli Imperi centrali a deporre le armi,
firmò l'armistizio con le forze nemiche. Alla fine del
conflitto, i maggiori imperi esistenti al mondo - Impero tedesco,
austro-ungarico, ottomano e russo - cessarono di esistere, e da
questi nacquero diversi stati che ridisegnarono completamente la
geografia dell'Europa.
Origini della guerra
Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 segnò la fine
di un lungo periodo di pace nella storia europea, iniziato nel 1815
con la sconfitta definitiva della Francia napoleonica. La pace
europea dell'inizio del XX secolo tuttavia non aveva basi solide:
nel corso dei decenni del XIX secolo in Europa vi furono diversi
conflitti a carattere limitato247248, che minarono e inasprirono i
rapporti diplomatici tra le potenze europee e i relativi giochi di
alleanze. Per individuare però le cause fondamentali del
conflitto bisogna risalire innanzitutto al ruolo preponderante della
Prussia nella creazione del Reich, alle concezioni politiche di Otto
von Bismarck, alle tendenze filosofiche prevalenti in Germania e
alla sua situazione economica; un insieme di fattori eterogenei che
concorsero a trasformare il desiderio della Germania di assicurarsi
sbocchi commerciali nel mondo.
Dovremmo quindi analizzare i problemi etnici interni
all'Austria-Ungheria e alle ambizioni indipendentiste dei popoli di
cui si formava, il timore che la Russia generava oltre frontiera
soprattutto nei tedeschi, la paura che tormentava la Francia fin dal
1870 di una nuova aggressione che aveva lasciato un'eredità
di animosità tra la Francia e la Germania249, e infine
dovremmo tener conto dell'evoluzione diplomatica della Gran Bretagna
da una politica di isolamento ad una politica di attiva presenza in
Europa250.
Sotto la guida politica del suo primo cancelliere Bismarck, la
Germania assicurò una forte presenza in Europa tramite
l'alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia e un'intesa
diplomatica con la Russia. L'ascesa al trono nel 1888
dell'imperatore Guglielmo II, portò sul trono tedesco un
giovane governante determinato a dirigere da sé la politica,
nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni
del 1890, nelle quali i partiti del centro e della sinistra
ottennero un grosso successo, a causa della disaffezione nei
confronti del Cancelliere che aveva guidato il Reich per gran parte
della sua carriera, Guglielmo II fece in modo di ottenere le
dimissioni di Bismarck251. Gran parte del lavoro dell'ex cancelliere
venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò
di rinnovare il trattato di controassicurazione con la Russia,
permettendo invece alla Francia repubblicana l'opportunità di
concludere nel 1894 un'alleanza con la Russia252.
Altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale
fu la corsa al riarmo navale. Il Kaiser riteneva che solo la
creazione di una importante marina militare avrebbe reso la Germania
una potenza mondiale. Nel 1897 fu nominato alla guida della marina
imperiale l'ammiraglio Alfred von Tirpitz, e la Germania
iniziò una politica di riarmo che risultò una vera e
propria sfida aperta al secolare predominio navale britannico253,
che favorì l'accordo anglo-francese, l'Entente cordiale del
1904 e l'accordo anglo-russo, che chiudeva un secolo di
rivalità fra le due potenze nello scacchiere asiatico. La
Gran Bretagna tentò inoltre di rafforzare la propria
posizione in altre direzioni, alleandosi con il Giappone nel 1902, e
nonostante la proposta di Joseph Chamberlain di un trattato fra Gran
Bretagna, Germania e Giappone per avvantaggiarsi congiuntamente nel
Pacifico, la Germania continuò nella sua politica bellicosa
attirandosi motivi di attrito con le potenze europee254. Da quel
momento in poi le grandi potenze europee furono di fatto, anche se
non ufficialmente, divise in due gruppi rivali. Negli anni seguenti
la Germania, la cui politica aggressiva e poco diplomatica aveva
dato il via a una coalizione avversaria, intensificò i
rapporti con l'Austria-Ungheria e l'Italia255.
La nuova divisione in blocchi dell'Europa non era una riedizione del
vecchio equilibrio di potenza, ma una semplice barriera tra potenze,
una barriera satura di esplosivo. I diversi paesi si affrettarono ad
aumentare i loro armamenti, che, nel timore di una deflagrazione
improvvisa, vennero messi a completa disposizione dei militari256.
Il Regno Unito aveva dato il via libera alle pretese della Francia
sul Marocco, in cambio del riconoscimento dei propri diritti
sull'Egitto, tuttavia questo accordo fra le due principali potenze
coloniali violava la precedente convenzione di Madrid del 1880,
firmata anche dalla Germania. Ne derivò la crisi di Tangeri
del 1905 dove il Kaiser ribadì il ruolo fondamentale della
Germania nella politica extra-europea257.
Ma la prima vera scintilla scoccò nei Balcani nel 1908. Della
rivoluzione in Turchia approfittarono la Bulgaria per liberarsi
dalla sovranità turca e l'Austria per annettersi le provincie
della Bosnia e dell'Erzegovina che già amministrava dal 1879.
L'Austria e la Russia si accordarono a cambio dell'apertura alla
Russia dei Dardanelli, ma l'Italia considerò tale azione un
affronto e la Serbia una minaccia. In Russia poi la perentoria
richiesta tedesca di riconoscere la legittimità
dell'annessione sotto pena di un attacco austro-tedesco
facilitò la mossa austriaca ma creò non pochi
dissapori tra la Russia e le potenze centrali258.
Altro motivo di attrito fu la crisi di Agadir, dove per indurre la
Francia a fare concessioni in Africa, nel giugno 1911 i tedeschi
inviarono una cannoniera nel porto di Agadir. Il Cancelliere dello
Scacchiere David Lloyd George ammonì la Germania ad astenersi
da simili minacce alla pace, e dichiarò la Gran Bretagna
pronta a supportare la Francia. Ciò spense la scintilla, ma
acuì il risentimento dell'opinione pubblica tedesca che
favorì un ulteriore ampliamento della marina da guerra.
Ciò nonostante, il successivo accordo sul Marocco
allentò i motivi di frizione, ma proprio in quel momento
sulla scena europea venne gettata un'altra manciata di polvere da
sparo, anche stavolta nei Balcani259. La debolezza della Turchia,
palesata dall'occupazione italiana di Tripoli, incoraggiò
Bulgaria, Serbia e Grecia a rivendicare l'egemonia della Macedonia
come primo passo verso l'estromissione della Turchia dall'Europa. I
turchi furono rapidamente sconfitti. La quota di bottino assegnata
alla Serbia fu l'Albania settentrionale, ma l'Austria, che
già temeva ambizioni serbe, mobilitò le sue truppe, e
la sua minaccia alla Serbia trovò la naturale risposta in
analoghe misure della Russia. Fortunatamente la Germania si
schierò con Gran Bretagna e Francia per scongiurare
pericolosi sviluppi. Quando la crisi cessò, la Serbia fu il
paese che ne uscì meglio e la Bulgaria fu il paese uscito
più malconcio; questo non piacque all'Austria che nell'estate
del 1913 propose di attaccare immediatamente la Serbia. La Germania
esercitò un freno ai propositi austriaci, ma allo stesso
tempo estese il proprio controllo nell'esercito turco, facendo
svanire nei russi la speranza di mettere le mani nei Dardanelli260.
Negli ultimi anni in tutti i paesi europei si moltiplicarono gli
incitamenti alla guerra, discorsi e articoli bellicosi, dicerie,
incidenti di frontiera, e la Francia promulgò una legge
(detta "dei tre anni") che, per sopperire all'inferiorità
numerica rispetto all'esercito tedesco, allungava di un anno la
ferma militare, fino ad allora della durata di due anni: ciò
aggravò i rapporti con la Germania. La scintilla fatale fu
l'Attentato di Sarajevo, il 28 giugno 1914, la cui vittima,
Francesco Ferdinando erede al trono d'Austria-Ungheria, fu forse
l'unico austriaco autorevole che fosse amico dei nazionalisti serbi,
perché sognava un impero unito da un legame federativo e non
dall'oppressione261.
La crisi di luglio
Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale
serba, l'Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia, recatisi a
Sarajevo in visita ufficiale, furono colpiti a morte da alcuni colpi
di pistola sparati dal nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo
Princip. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi
diplomatica che precedette e segnò l'inizio della guerra in
Europa262.
Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter localizzare
il conflitto, pressò l'alleato austro-ungarico
affinché aggredisse al più presto la Serbia. Solo la
Gran Bretagna avanzò una proposta di conferenza
internazionale che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee
si preparavano lentamente al conflitto. Quasi un mese dopo
l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria
inviò un duro ultimatum alla Serbia, il quale venne
rifiutato. Di conseguenza, il 28 luglio 1914, l'Austria-Ungheria
dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando
l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione
delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.
L'Italia, il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, la Romania e
l'Impero Ottomano inizialmente rimasero neutrali, ai bordi del campo
di battaglia, ma pronti a entrarvi appena avessero intravisto
qualche vantaggio. Alla mezzanotte del 4 agosto erano cinque gli
imperi che ormai erano entrati in guerra (Austria-Ungheria,
Germania, Russia, Gran Bretagna e Francia)263, ogni potenza era
convinta di aver ragione degli avversari in pochi mesi. Molti
ritenevano che la guerra sarebbe finita a Natale del 1914, o
tuttalpiù a Pasqua del 1915264. Il conflitto che si era
aperto con la crisi di luglio sarebbe terminato invece nel novembre
del 1918, dopo aver provocato sedici milioni di morti tra militari e
civili265.
La guerra
« Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie
dagli alberi »
(Frase rivolta da Guglielmo II alle truppe tedesche in partenza per
il fronte nella prima settimana di agosto 1914266)
« Vasilij Fëdorovič (Guglielmo II) ha commesso un
sbaglio; non ce la farà assolutamente »
(Affermazione del ministro della Giustizia russo allo scoppio della
guerra267)
Le prime fasi della guerra (1914)
Dopo la rottura delle relazioni diplomatiche fra Austria-Ungheria e
Regno di Serbia, il governo tedesco, in conseguenza della
mobilitazione generale russa, il 31 luglio dichiarò guerra
alla Russia e alla Francia, e mobilitò le proprie truppe in
oriente ed occidente. Se la Francia avesse riunito tutto il suo
potenziale bellico e dichiarato guerra proprio mentre le armate
tedesche avanzavano ad oriente, la Germania avrebbe corso il rischio
di trovarsi in serie difficoltà. In ottemperanza al piano
Schlieffen, la strategia tedesca mirava a sconfiggere con una
"guerra lampo" la Francia e, confidando nella lenta e pesante
macchina bellica russa, rivolgere poi tutte le proprie forze ad
oriente268.
Il piano, ideato dal generale Alfred von Schlieffen e completato nel
1905, prevedeva che la Francia fosse attaccata da nord attraverso il
Belgio e i Paesi Bassi, così da evitare la lunga linea
fortificata alla frontiera francese e consentire all'esercito
tedesco di calare su Parigi con un'unica grande offensiva.
Schlieffen anche dopo essersi ritirato dall'esercito continuò
a lavorare al piano, che aveva sottoposto ad un'ultima revisione nel
dicembre 1912, poco prima di morire. Il generale von Moltke, suo
successore come capo di Stato maggiore dell'esercito, poco prima
dello scoppio del conflitto accorciò il tratto di fronte su
cui effettuare l'offensiva escludendone i Paesi Bassi. Secondo il
piano, Parigi sarebbe stata occupata, e la Francia soggiogata nel
giro di sei settimane, mentre dieci divisioni avrebbero tenuto in
scacco i russi ad oriente confidando nella lentezza della
mobilitazione delle armate dello zar269, fino al momento in cui la
Germania avrebbe potuto rivolgere tutte le proprie forze contro la
Russia270.
L'invasione di Belgio e Francia
A nord il Lussemburgo fu occupato dai tedeschi senza opposizione il
2 agosto, e più a nord, alla frontiera con il Belgio, i
tedeschi avanzavano a gran velocità dando corpo
all'invasione. La Gran Bretagna non aveva truppe sul continente
europeo, e il suo corpo di spedizione al comando di Sir John French,
doveva ancora essere radunato, armato e inviato al fronte al di
là della Manica. In ottemperanza al piano XVII, il 14 agosto
le truppe francesi sconfinarono in Alsazia e Lorena convinte di
riscattare le umiliazioni del passato271.
Quel giorno le forze tedesche iniziarono la battaglia di Liegi
andando all'assalto del primo vero ostacolo sul loro cammino: il
campo fortificato di Liegi con la sua guarnigione di 35.000 soldati.
L'attacco durò più del previsto e solo il 7 agosto la
fortezza centrale capitolò272. Il 12 agosto
l'Austria-Ungheria invase la Serbia, mentre sul fronte occidentale
continuavano furiosi i combattimenti sul confine franco-tedesco e
soprattutto in Belgio. Dopo la caduta di Liegi la maggioranza
dell'esercito belga si mise in ritirata verso ovest, mentre il 25
più a nord i tedeschi bombardarono Anversa con uno Zeppelin,
durante le fasi preliminari dell'assedio della città che
durò fino al 28 settembre e comportò enormi
devastazioni273. Lo stesso 12 agosto le avanguardie del corpo di
spedizione britannico attraversarono la Manica scortate da 19 navi
da guerra. In dieci giorni furono sbarcati 120.000 uomini senza che
una sola vita o una sola nave andassero perdute, non avendo la
Kaiserliche Marine mai ostacolato le operazioni274.
Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono a Bruxelles.
All'estremità meridionale del fronte i francesi, penetrati in
Alsazia e vicini alla città di Mulhouse, giunsero a sedici
chilometri dal Reno, ma non sarebbero mai andati oltre. Più a
nord i francesi penetrati in Lorena furono sconfitti a Morhange e
iniziarono a ritirarsi verso Nancy. La città, nonostante la
pressione tedesca, resse l'urto grazie ai sacrifici della 2ª
armata francese guidata da Édouard de Castelnau275.
Il 22 agosto iniziò l'avanzata tedesca lungo tutto il fronte;
la 5ª armata francese fu cacciata da Charleroi, e
cominciò furiosa la battaglia di Mons, battesimo del fuoco
per il corpo di spedizione britannico, che resistette con
inaspettata tenacia276. I tedeschi riuscirono comunque a rompere la
resistenza delle forze di French e il 23 iniziarono ad avanzare;
quello stesso giorno sia i francesi da Charleroi che i belgi da
Namur cedettero alla pressione nemica e iniziarono a ripiegare. Il 2
settembre il governo francese si rifugiò a Bordeaux277 e le
truppe anglo-francesi, avendo appreso che i tedeschi non avrebbero
attaccato Parigi puntando verso sud, ma si sarebbero diretti verso
sud-ovest contro i britannici, si attestarono sulla Marna, facendone
saltare tutti i ponti278. Il giorno dopo l'esercito tedesco era a
soli 40 km da Parigi279. In questa situazione di panico generale –
un milione di parigini aveva abbandonato la città280 - il
generale Gallieni, governatore militare di Parigi approntava le
difese, avendo a disposizione una nuova armata appena costituita da
schierare nel sistema di trincee e fortificazioni che attorniavano
la capitale281. Tuttavia il 12 settembre, i francesi, con l'aiuto
della British Expeditionary Force, bloccarono l'avanzata nemica ad
est di Parigi durante la prima battaglia della Marna. Gli ultimi
giorni di questa battaglia decisiva segnarono la fine della guerra
di movimento ad occidente a favore di una logorante guerra di
trincea lungo solide postazioni282.
Il fronte orientale
Gli scontri iniziali a est erano stati contrassegnati più da
rapidi mutamenti di fortuna che da vantaggi decisivi per una delle
due parti. Il comando austriaco aveva impiegato parte delle sue
forze nel vano tentativo di mettere fuori combattimento le forze
serbe, e inoltre il suo piano per un'offensiva iniziale diretta a
tagliar alla radice la "striscia" polacca era stato paralizzato dal
cattivo funzionamento della parte tedesca della tenaglia. Anzi era
la Germania, che schierava la sola 8ª armata con il compito di
difendere la Prussia Orientale, a rischiare di essere sopraffatta
dalle truppe di Nicola II che mobilitò anzitempo la 1ª e
la 2ª armata contro la Prussia, nel tentativo di allentare la
pressione tedesca in Francia nei primissimi mesi del conflitto283.
Dopo una prima serie di sconfitte, il comandante tedesco Maximilian
von Prittwitz venne sostituito dal generale in pensione Paul von
Hindenburg che nominò suo capo di stato maggiore Erich
Ludendorff. I due annientarono a Tannenberg i Russi, che a loro
volta non si fecero sorprendere dalle armate austro-ungariche in
Polonia, a cui dovettero correre in soccorso i tedeschi che con la
neonata 9ª armata iniziarono il contrattacco in direzione
Varsavia284.
Il granduca Nicola costituì un'enorme potenziale composto da
sette armate, che impegnarono duramente gli Imperi centrali, i quali
sfruttando il migliore sistema ferroviario a loro disposizione
riuscirono ad arrestare il "rullo compressore" russo e a
contrattaccare sulla Vistola, dove due armate russe furono separate
dalla penetrazione di Ludendorff, che riuscì a far ripiegare
la 1ª armata russa a Varsavia, mentre la 2ª fu quasi
accerchiata come capitò a Samsonov a Tannenberg285. Nuove
forze provenienti da occidente permisero, il 15 dicembre 1914, a
Ludendorff di respingere i russi fino alla linea dei fiumi Bzura e
Ravka davanti a Varsavia, ma la diminuzione delle provviste e delle
munizioni indussero Nicola a ritirare ulteriormente le truppe sulle
linee trincerate lungo i fiumi Nida e Dunajec, lasciando al nemico
l'estremità della striscia polacca. Anche a est come a ovest
le ostilità erano giunte ad un punto morto, con le forze
contrapposte attestate su solide linee trincerate; ma da questa
parte l'inadeguatezza delle industrie russe non permetteva loro di
sopperire alla guerra allo stesso modo di quelle delle forze alleate
occidentali286.
Le invasioni della Serbia
Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso
avvio, il fronte serbo fu relegato ben presto a teatro secondario di
un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze
concentrato in Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede
avvio all'invasione del territorio serbo il 12 agosto 1914: guidate
dal generale Radomir Putnik e supportate anche dalle forze del Regno
del Montenegro, le truppe serbe opposero una ostinata resistenza,
infliggendo agli austroungarici una sconfitta nella battaglia del
Cer (16-19 agosto) ed obbligandoli a ritirarsi oltre frontiera287.
Dopo una controffensiva serba al confine con la Bosnia, sfociata
nell'inconcludente battaglia della Drina (6 settembre - 4 ottobre
1914), gli austroungarici del generale Oskar Potiorek lanciarono una
nuova invasione il 5 novembre, riuscendo ad occupare la capitale
Belgrado: Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino al
fiume Kolubara, dove inflisse una disastrosa sconfitta alle truppe
di Potiorek obbligandole ancora una volta alla ritirata; il 15
dicembre 1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando la linea del
fronte ai confini prebellici288.
Le offensive austroungariche erano costate all'Impero la perdita di
227.000 uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre ad un ampio
bottino di armi e munizioni di vitale importanza per il mal
equipaggiato esercito serbo; nonostante la vittoria la Serbia ebbe
170.000 caduti durante la campagna, perdite enormi per il suo
piccolo esercito ulteriormente aggravate dallo scoppio di una
violenta epidemia di tifo (che fece 150.000 vittime tra i civili) e
dalla grave carenza di generi alimentari289.
L'impero ottomano
Nel 1914 l'Impero ottomano era ormai in solidi rapporti con la
Germania, che da tempo investiva capitali nello sviluppo economico
dell'Impero e curava l'addestramento delle sue forze armate290.
L'influente ministro della guerra Ismail Enver era un filo-tedesco,
ma il governo ottomano era ancora diviso sulla scelta di unirsi agli
Imperi centrali, nonostante la firma il 1º agosto 1914 di un
trattato segreto di natura militare ed economica con la Germania; il
sequestro, all'inizio della guerra, da parte dei britannici di due
navi da battaglia ottomane in costruzione nei cantieri inglesi
provocò forte indignazione a Istanbul, ed i tedeschi ne
approfittarono cedendo agli ottomani i due incrociatori Goeben e
Breslau sfuggiti alla caccia nemica nel Mediterraneo291. Il 29
ottobre 1914 le due navi, ora battenti bandiera turca, bombardarono
e posarono mine davanti ai porti russi sul Mar Nero, e gli Alleati
replicarono con una dichiarazione di guerra: il 1º novembre
navi britanniche attaccarono un posamine turco nel porto di Smirne e
il giorno seguente un incrociatore leggero bombardò il porto
di Aqaba sul Mar Rosso, mentre il 3 novembre vennero presi di mira i
forti sui Dardanelli292.
L'entrata in guerra dell'Impero ottomano aprì nuovi scenari
di conflitto in teatri molto distanti l'uno dall'altro: nel Caucaso
la Russia si ritrovò a sostenere un difficile secondo fronte
di conflitto in un territorio impervio, mentre la presenza ottomana
in Mesopotamia e Palestina minacciava due cardini dell'impero
coloniale britannico, la raffineria petrolifera persiana di Abadan
(vitale per i rifornimenti di carburante della Royal Navy) ed il
canale di Suez; fin dall'inizio però le attenzioni
britanniche si rivolsero verso il forzamento dello stretto dei
Dardanelli, al fine di portare la guerra direttamente nella capitale
ottomana293.
Il forzamento dei Dardanelli
Sul fronte orientale, nel 1915 le armate russe erano in grossa
difficoltà, sospinte dalle forze ottomane al di là dei
confini che la Russia aveva tracciato a spese dei turchi nel 1878.
Il granduca Nicola si appellò allora alla Gran Bretagna
perché compisse un'azione di disturbo contro la Turchia,
costringendola a richiamare a est parte delle sue truppe. I
britannici su suggerimento di lord Kitchener e con il fortissimo
appoggio di Churchill allora Primo Lord dell'Ammiragliato, proposero
di attaccare dal mare i forti turchi nei Dardanelli294. L'attacco
doveva essere la spallata decisiva all'Impero Ottomano, la cui
marina non poteva contrastare in alcun modo quella Alleata, e
l'opinione inglese dominante era quella di una campagna breve e
violenta che avrebbe portato le truppe di terra a Istanbul. Aprire
lo stretto avrebbe portato probabilmente alla resa turca e
sicuramente alla possibilità da parte russa di esportare il
suo grano. L'unico vero rischio, peraltro ampiamente sottovalutato
dagli Alleati, erano i campi minati turchi, dei quali
sottovalutavano la estensione e la capacità avversaria di
metterne rapidamente in opera di nuovi. Anche gli armamenti dei
forti, sebbene antiquati, si sarebbero dimostrati pericolosi per gli
attaccanti. Quella che doveva essere una campagna lampo si
trasformò in una guerra di posizione con elevatissime perdite
umane e che fece emergere in campo turco un importante leader come
Mustafà Kemal, all'epoca generale dell'esercito.
Il fronte del Caucaso
Le operazioni sul fronte del Caucaso iniziarono fin dai primi giorni
di guerra, a dispetto del terreno impervio e del rigido clima
invernale: dopo aver facilmente respinto un'offensiva russa in
direzione di Köprüköy tra il 2 ed il 16 novembre
1914, le forze della 3ª armata ottomana, guidate dallo stesso
ministro della guerra Ismail Enver, lanciarono un massiccio attacco
oltre il confine russo in direzione di Kars; la sconfitta patita ad
opera dei russi nella seguente battaglia di Sarıkamış (22 dicembre
1914 - 17 gennaio 1915) si trasformò in una disfatta per gli
ottomani quando la 3ª Armata cercò di ritirarsi
attraverso le montagne innevate, perdendo 90.000 uomini su un totale
di 130.000295.
Alle prese con l'impegnativa situazione del fronte orientale, i
russi non furono immediatamente in grado di sfruttare la vittoria e
fino a marzo il fronte caucasico rimase stazionario, con solo poche
schermaglie tra le due parti; alla ricerca di un capro espiatorio
per la disfatta invernale, gli ottomani accusarono la minoranza
armena che viveva nelle regioni di confine di connivenza con i
russi, ed a partire dal febbraio del 1915 furono avviate
deportazioni e massacri ai suoi danni296. Gli attacchi degli
ottomani provocarono ben presto un'aperta rivolta, ed il 19 aprile
1915 i "fedayyin" armeni si impossessarono dell'importante
città di Van, resistendo poi all'assedio da parte delle forze
ottomane; approfittando dell'occasione i russi lanciarono una
massiccia offensiva nel settore orientale del fronte, liberando Van
dall'assedio il 17 maggio ma venendo infine bloccati agli ottomani
nel corso della battaglia di Malazgirt (10-26 luglio 1915). La
controffensiva ottomana portò alla rioccupazione di Van
(evacuata dal grosso della popolazione armena) e degli altri
territori perduti entro la fine di agosto, e la linea del fronte
tornò alla situazione di partenza per la fine dell'anno, con
entrambe le forze impegnate a riorganizzarsi297.
All'inizio del gennaio 1916 i russi lanciarono una massiccia
offensiva nel settore occidentale del fronte, cogliendo
completamente di sorpresa la 3ª armata ottomana che non si
aspettava un attacco in pieno inverno: la vittoria russa nella
battaglia di Köprüköy (10-19 gennaio 1916)
obbligò gli ottomani ad abbandonare la strategica fortezza di
Erzurum ed a ritirarsi verso ovest dopo aver subito pesanti
perdite298. Appoggiate anche da sbarchi di truppe lungo la costa del
Mar Nero, le truppe russe dilagarono nell'Anatolia orientale
prendendo l'importante porto di Trebisonda il 15 aprile e
spingendosi nell'interno fino alle città di Muş ed Erzincan,
dove ottennero una nuova vittoria sugli ottomani tra il 2 ed il 25
luglio 1916; lo sfondamento fu contenuto solo con l'arrivo al fronte
della 2ª armata ottomana del generale Mustafa Kemal, composta
da truppe richiamate dal settore di Gallipoli, che il 25 agosto
riuscì ad infliggere ai russi una sconfitta nella battaglia
di Bitlis299.
Il grosso dei combattimenti cessò alla fine di settembre del
1916, con entrambe le parti alle prese con i disagi causati da un
inverno particolarmente duro; la situazione non subì grandi
mutamenti nel corso del 1917, con i russi immobilizzati dai
disordini in corso in patria e gli ottomani concentrati sul fronte
del Medio Oriente contro i britannici300; l'armistizio di Erzincan
del 5 dicembre 1917 ed il ritiro della Russia dal conflitto posero
infine termine alle operazioni nel Caucaso.
La guerra in Medio Oriente
Il 6 novembre 1914 truppe anglo-indiane sbarcarono nella penisola di
Al-Faw, oggi in Iraq, dando avvio alla campagna della Mesopotamia;
la spedizione era stata voluta per allontanare qualsiasi minaccia
ottomana ai possedimenti britannici nella regione del Golfo Persico,
e ben presto ottenne diversi risultati: il 21 novembre le forze
britanniche presero l'importante porto di Bàssora,
spingendosi ai primi di dicembre fino a Al-Qurna, il luogo dove il
Tigri e l'Eufrate confluivano in un unico fiume, dove sconfissero
una forza ottomana301. L'occupazione di una solida testa di ponte a
Bassora rendeva praticamente inutile continuare la campagna: la
minaccia turca al Golfo Persico era sventata, e la Mesopotamia era
troppo lontana dalle regioni chiave dell'Impero perché fosse
vantaggiosa una sua completa occupazione; tuttavia la debole
resistenza offerta dagli ottomani, ulteriormente confermata dal
completo fallimento di una loro controffensiva in direzione di
Bassora a metà aprile 1915, spinse l'alto comando britannico
a continuare l'azione, convinto di poter ottenere altri facili
successi302.
Nel settembre del 1915 un contingente anglo-indiano sotto il
generale Charles Vere Ferrers Townshend risalì il Tigri fino
a prendere l'importante città di al-Kut; benché le
linee di rifornimento fossero molto estese, l'alto comando spinse
Townshend a proseguire l'avanzata verso la vicina Baghdad, un
obiettivo molto più ambito, ma tra il 22 ed il 25 novembre le
unità britanniche subirono un arresto nella battaglia di
Ctesifonte ad opera delle rafforzate truppe ottomane303. Townshend
si ritirò sulla base di Kut, dove ben presto rimase tagliato
fuori ed assediato; quattro distinti tentativi di soccorrere la
guarnigione fallirono miseramente, e dopo cinque mesi di assedio le
forze anglo-indiane, ormai alla fame, capitolarono il 29 aprile
1916, lasciando 12.000 prigionieri nelle mani dei turchi304.
Più a ovest un nuovo fronte fu aperto nel sud della
Palestina: l'Egitto era ufficialmente un vassallo ottomano, sebbene
ormai fosse politicamente controllato dal Regno Unito fin dal 1880,
ed allo scoppio delle ostilità era stato rapidamente occupato
da una forza di spedizione britannica, australiana e neozelandese;
il canale di Suez rappresentava un punto vitale per gli Alleati, ed
i tedeschi fecero pressione sugli ottomani perché
progettassero una sua occupazione305. L'offensiva di Suez
iniziò il 28 gennaio 1915 ma dopo una settimana di scontri le
forze ottomane furono respinte, anche per via della
difficoltà a mantenere i collegamenti logistici attraverso
l'inospitale Penisola del Sinai306; le forze Alleate si mantennero
rigorosamente sulla difensiva fin verso la metà del 1916,
quando le continue incursioni ottomane su piccola scala contro il
canale convinsero il comandante britannico Archibald Murray a
passare all'offensiva: avanzando metodicamente e costruendo strada
facendo una ferrovia ed un acquedotto, le forze britanniche si
spinsero attraverso la costa settentrionale del Sinai e sconfissero
gli ottomani nella battaglia di Romani (3–5 agosto 1916),
respingendoli definitivamente oltre la frontiera con la Palestina.
La guerra in Africa
Giunta piuttosto in ritardo alla corsa per la spartizione
dell'Africa, nel 1914 la Germania disponeva di un numero limitato di
possedimenti nel continente: isolati dalla madrepatria dal blocco
navale degli Alleati e circondati dai territori dei più ampi
imperi coloniali britannico e francese, il loro destino era
praticamente segnato fin dall'inizio delle ostilità307. La
piccola colonia del Togoland (l'odierno Togo) fu rapidamente
occupata dalle forze anglo-francesi già entro la fine
dell'agosto del 1914, mentre più impegnativa fu la lotta nel
vicino Camerun Tedesco: la capitale Buéa fu occupata da
truppe coloniali francesi e belghe il 27 settembre 1914, ma favorite
dal terreno impervio e dalle piogge tropicali le ultime guarnigioni
tedesche non furono costrette a capitolare prima del febbraio del
1916. La guarnigione dell'Africa Tedesca del Sud-Ovest (l'odierna
Namibia) dovette sostenere un'invasione da parte delle truppe
sudafricane e, benché appoggiata dall'insurrezione di alcuni
ribelli boeri contro le autorità britanniche, fu infine
costretta alla resa nel luglio del 1915308.
Molto più lunga fu la lotta nell'Africa Orientale Tedesca
(l'odierna Tanzania): al comando di un miscuglio di coloni tedeschi
e truppe arruolate tra gli indigeni locali (Schutztruppe), il
colonnello Paul Emil von Lettow-Vorbeck intraprese una serie di
azioni di guerriglia ed attacchi mordi-e-fuggi ai danni delle
colonie confinanti (il Kenya britannico, il Congo Belga e il
Mozambico portoghese), infliggendo agli Alleati diverse
sconfitte309. Fu necessario mettere in campo una vasta forza
(arrivata a contare, tra soldati e personale ausiliario, quasi
400.000 uomini) per avere ragione delle elusive truppe di Vorbeck ed
occupare la colonia: gli ultimi guerriglieri tedeschi, ancora
capitanati dal loro comandante, si arresero solo il 26 novembre
1918, dopo essere stati informati dell'avvenuta capitolazione della
Germania 15 giorni prima310.
L'entrata in guerra dell'Impero ottomano provocò insurrezioni
da parte delle popolazioni musulmane del Nordafrica contro le
autorità coloniali europee: i francesi dovettero sostenere
una lunga guerra contro le tribù berbere degli Zayani del
Marocco, come pure una rivolta tra i Tuareg del nord del Niger;
nella Libia orientale i guerriglieri della confraternita dei Senussi
misero in seria difficoltà le guarnigioni italiane,
confinandole in pratica al controllo dei soli centri costieri
principali, e conducendo anche una serie di attacchi contro le
postazioni britanniche in Egitto ma venendo infine respinti311.
Il dominio dei mari
Il 29 luglio 1914 la flotta britannica, senza dichiarare la
mobilitazione, salpò dalla base di Portland verso la base di
guerra a Scapa Flow nelle isole Orcadi che controllavano il
passaggio tra la parte settentrionale della Gran Bretagna e la
Norvegia. All'inizio delle ostilità la Germania, consapevole
dell'inferiorità nei confronti della Grand Fleet britannica,
mantenne un atteggiamento attendista, decidendo di evitare uno
scontro diretto finché i loro posamine e i loro sommergibili
non avessero indebolito la marina da guerra britannica e diminuito i
commerci con le colonie312. La geografia della costa nord della
Germania favoriva questo tipo di strategia, le coste frastagliate,
gli estuari e la protezione assicurata dalle isole - quali Helgoland
- costituivano uno scudo molto potente per le basi di Wilhelmshaven,
Bremerhaven e Cuxhaven e allo stesso tempo offriva una eccellente
base per rapide incursioni nel mare del Nord313. Durante il primo
anno di guerra la Gran Bretagna si preoccupò quindi di
pattugliare il mare del Nord e permettere il trasferimento della
forza di spedizione attraverso la Manica; l'unica azione di rilievo
fu l'incursione nella baia di Helgoland dove l'ammiraglio Beatty
affondò parecchi incrociatori leggeri tedeschi, confermando
ai tedeschi la necessità di continuare una tattica difensiva
ma allo stesso tempo accelerando l'attività dei sommergibili
e dei posamine314.
La guerra nel Mar Mediterraneo si aprì con un errore
destinato ad avere forti conseguenze politiche da parte delle forze
Alleate. In quelle acque navigavano due delle navi da guerra
più veloci della Kaiserliche Marine, l'incrociatore da
battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau; ricevuto l'ordine
da Berlino di puntare verso Costantinopoli, furono inseguite dalla
Royal Navy che però si fece sfuggire l'occasione. Il ministro
della Guerra turco, consapevole che acconsentire il passaggio nei
Dardanelli alle navi tedesche avrebbe rappresentato un atto ostile
nei confronti della Gran Bretagna e avrebbe sospinto la Turchia
nell'orbita della Germania, diede il suo assenso all'entrata nello
stretto alle due navi tedesche. Per non pregiudicare la
neutralità della Turchia, le due navi vennero cedute con un
finto atto di vendita alla Turchia, ma a ciò non seguirono
atti ostili e le due navi furono ancorate al porto di
Costantinopoli315.
Negli oceani invece la caccia alle unità tedesche fu
l'obiettivo principale per le flotte Alleate. La Germania non ebbe
il tempo per far uscire le proprie navi da guerra per ostacolare il
traffico commerciale degli Alleati, così allo scoppio della
guerra i pochi incrociatori all'estero costituirono la spina nel
fianco della marina britannica; non era facile conciliare l'esigenza
di concentrare le forze nel mare del Nord in vista di un attacco a
sorpresa della Germania con la necessità di pattugliare e
difendere le rotte marittime dall'India e dai Dominions316. Con la
distruzione dell'Emden avvenuta il 9 novembre, l'oceano Indiano fu
libero dalla minaccia, ma questo successo fu neutralizzato da una
grave sconfitta nel Pacifico, nella battaglia di Coronel, dove la
divisione incrociatori dell'ammiraglio Cradock fu battuta dagli
incrociatori corazzati dell'ammiraglio Maximilian von Spee, lo
Scharnhorst e lo Gneisenau317. Questo scacco fu prontamente
riscattato dall'ammiraglio Doveton Sturdee che alla guida degli
incrociatori Inflexible, Invincible e Australia, scendendo dalle
isole Fiji, l'8 dicembre 1914 prese alle spalle von Spee nei pressi
delle Isole Falkland e ne affondò l'intera divisione tranne
il Dresden, distruggendo l'ultimo strumento della potenza navale
tedesca negli oceani318.
Da quel momento in poi la Gran Bretagna e i suoi alleati poterono
contare sulla sicurezza delle vie di comunicazione oceaniche per i
loro traffici di rifornimenti e truppe, ma poiché le rotte
oceaniche devono per forza avere un capolinea sulla terra ferma, la
logica mossa tedesca fu quella di incrementare lo sviluppo dell'arma
sottomarina che rese gradualmente meno effettiva questa
sicurezza319.
Il Giappone ed il teatro del Pacifico
Da tempo alleato del Regno Unito, il 23 agosto 1914 il Giappone
dichiarò guerra alla Germania, segnando il destino degli
sparpagliati possedimenti tedeschi situati nell'area del Pacifico:
ai primi di ottobre una squadra navale giapponese salpò alla
volta della Micronesia, dove i tedeschi disponevano di una serie di
piccole basi, occupando entro la fine del mese le isole Caroline, le
Marshall e le Marianne praticamente senza combattere; il 31 ottobre
una forza di spedizione nipponica, rinforzata poi anche da un
contingente britannico proveniente da Tientsin, pose l'assedio al
porto fortificato di Tsingtao, possedimento tedesco in Cina fin dal
1898, obbligando la guarnigione a capitolare il 7 novembre 1914320.
Il resto delle colonie tedesche fu occupato dai dominion australi
del Regno Unito: il 30 agosto 1914 una forza neozelandese
occupò senza spargimenti di sangue le Samoa, mentre la Nuova
Guinea Tedesca fu occupata dagli australiani nel settembre seguente
dopo una breve campagna contro la piccola guarnigione del
possedimento; l'ultimo avamposto tedesco, Nauru, cadde in mano
australiana il 14 novembre 1914.
La neutralizzazione delle colonie tedesche non esaurì la
partecipazione giapponese al conflitto: nel 1917, su richiesta degli
Alleati, la Marina imperiale giapponese inviò una squadra di
cacciatorpediniere nel Mar Mediterraneo per contribuire alla lotta
contro gli attacchi dei sommergibili tedeschi diretti contro il
traffico mercantile321. Il Giappone non fu la sola nazione asiatica
a partecipare al conflitto: dopo un fallito tentativo di colpo di
Stato sostenuto dalla Germania, la Cina dichiarò guerra agli
Imperi centrali nel luglio del 1917, anche se ciò non
comportò alcun coinvolgimento militare; il Siam
dichiarò guerra alla Germania il 22 luglio 1917 ed
inviò un piccolo contingente ad aggregarsi alle truppe
britanniche in Francia nel 1918, ottenendo così alcune
concessioni dalle potenze europee durante le trattative di pace
finali322.
Il conflitto si allarga (1915)
I fronti dove si combatteva e quelli dove ci si aspettava di farlo
erano ormai numerosi. Tutti i belligeranti iniziarono a impiegare
ogni risorsa a disposizione, e allo stesso tempo affiorarono le
prime voci di opposizione alla guerra in Gran Bretagna, in Germania
dove il 1º aprile ebbe luogo una manifestazione organizzata da
Rosa Luxemburg, in Francia e Russia323. L'Italia, pur restando
neutrale, ricercava le migliori garanzie territoriali in cambio del
proprio intervento. L'8 aprile 1915 offrirono di allearsi con le
potenze centrali in cambio del Trentino, le isole della Dalmazia,
Gorizia, Gradisca e il "primato" sull'Albania. Una settimana dopo
l'Austria-Ungheria rifiutò le condizioni, e l'Italia fece
richieste ancora più gravose con le potenze dell'Intesa, che
si dissero disposte ad intavolare delle trattative324.
Intanto sul fronte del Caucaso, l'avanzata russa provocò il
risentimento dei turchi contro la popolazione armena, rea di aver
favorito le truppe dello zar. L'8 aprile iniziarono i rastrellamenti
e le fucilazioni; iniziò così una vera e propria
pulizia etnica. Massacri e deportazioni divennero sistematici, gli
appelli ad intervenire alle potenze Alleate come al governo di
Berlino furono inutili325.
Lo stallo e la ricerca di una via d'uscita
In seguito all'arretramento tedesco successivo alla Marna, le forze
contrapposte tentarono di aggirarsi reciprocamente sul fianco nella
cosiddetta "corsa al mare", e in breve estesero il proprio sistema
trincerato dal canale della Manica alla frontiera con la Svizzera. I
tedeschi puntarono decisi verso le coste e i relativi porti del
Belgio e della Francia, i britannici mandarono rinforzi della Royal
Naval Division a Ostenda mentre il 3 ottobre i tedeschi, proseguendo
la loro avanzata verso il mare del Nord, occuparono Ypres e l'11
iniziarono l'assedio di Lilla326. Falliti tutti i tentativi di
aggiramento i due schieramenti iniziarono a rafforzare e fortificare
le proprie posizioni scavando trincee, camminamenti, rifugi e
casematte. Dal mare del Nord alle Alpi, fra uno schieramento e
l'altro, si estendeva la terra di nessuno, una fascia di terreno
martoriata dalle granate e continuamente contesa da entrambi gli
schieramenti rappresenterà fino agli ultimi attacchi Alleati
del 1918 la prerogativa del conflitto327.
Il primo dei numerosi tentativi che gli eserciti contrapposti
provarono per uscire da questo stallo, avvenne il 22 aprile 1915,
quanto i tedeschi utilizzarono per la prima volta e su vasta scala
le armi chimiche, durante il secondo attacco al saliente di Ypres,
sperando in tal modo di riprendere quella guerra manovrata che erano
stati addestrati a combattere328. Iniziò così anche la
"guerra dei gas" che costò 78.198 vittime fra gli Alleati
mettendone fuori combattimento per un periodo più o meno
lungo almeno 908.645, mentre, le stesse forze Alleate, nonostante
avessero impiegato nel corso della guerra la stessa quantità
di gas dei tedeschi, inflissero ai nemici circa 12.000 perdite e
288.000 intossicati, a dimostrazione della maggiore efficacia nelle
tattiche d'impiego tedesche329.
Tra i mesi di gennaio e febbraio la Germania intensificò la
guerra sottomarina dichiarando legittimo attaccare tutte le navi,
incluse quelle neutrali, adibite al trasporto di viveri o
rifornimenti alle potenze dell'Intesa, giustificando il fatto
sostenendo che si trattava di una "rappresaglia" contro il blocco
britannico (ossia la massiccia posa di mine nel mare del Nord a
novembre 1914) che affamava il suo popolo330. Nel frattempo tutti
gli eserciti si adoperavano per aumentare le proprie capacità
aeree. In Polonia i russi bombardavano ininterrottamente le stazioni
ferroviarie tedesche, senza però riuscire a rallentarne
l'avanzata. Il 12 febbraio il Kaiser ordinò di condurre una
guerra aerea contro l'Inghilterra con l'uso degli Zeppelin, e nello
stesso periodo iniziò una pratica che caratterizzò la
guerra di trincea per tutto il conflitto sia sul fronte occidentale
che in seguito sul fronte italiano; la guerra di mine. Il 17
febbraio i britannici arruolarono alcuni minatori che iniziarono gli
studi e le modalità per creare le condizioni per portare la
guerra sotto le postazioni nemiche331.
L'Italia entra in guerra
Dopo l'attentato di Sarajevo, Austria-Ungheria e Germania decisero
di tenere all'oscuro delle loro decisioni l'Italia. Ciò in
considerazione del fatto che l'articolo 7 della Triplice alleanza
avrebbe previsto, in caso di attacco dell'Austria-Ungheria alla
Serbia, compensi per l'Italia332. Il 24 luglio, Antonino di San
Giuliano, ministro degli esteri italiano, prese visione dei
particolari dell'ultimatum e protestò con l'ambasciatore
tedesco a Roma, dichiarando che se fosse scoppiata la guerra
austro-serba sarebbe derivata da un premeditato atto aggressivo di
Vienna333. La decisione ufficiale e definitiva della
neutralità italiana fu presa nel Consiglio dei ministri del 2
agosto 1914 e fu diramata il 3 mattina334.
La neutralità ottenne inizialmente consenso unanime; tuttavia
il brusco arresto dell'offensiva tedesca sulla Marna instillò
i primi dubbi sulla invincibilità tedesca. Macule
interventiste andarono formandosi nell'autunno 1914 fino a
raggiungere una consistenza non trascurabile appena un anno dopo.
Gli interventisti additavano la diminuzione della statura politica
incombente sull'Italia se fosse rimasta spettatrice passiva. I
vincitori non avrebbero dimenticato né perdonato, e se i
vincitori fossero stati gli Imperi centrali, si sarebbero anche
vendicati della nazione che accusavano traditrice di un'alleanza
trentennale335. Alla fine del 1914 il ministro degli Esteri Sidney
Sonnino iniziò le trattative con entrambe le parti per
scucire i maggiori compensi possibili, e il 26 aprile 1915 concluse
le trattative segrete con l'Intesa mediante la firma del patto di
Londra con il quale l'Italia si impegnava ad entrare in guerra entro
un mese336. Il 3 maggio successivo fu rotta la Triplice Alleanza e
fu avviata la mobilitazione, e il 23 maggio fu dichiarata guerra
all'Austria-Ungheria, ma non alla Germania, con cui Antonio Salandra
sperava di non guastare del tutto i rapporti337.
Il piano strategico dell'esercito italiano, sotto il comando del
generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore italiano, prevedeva
di intraprendere un'azione offensiva/difensiva per contenere gli
austro-ungarici nel loro saliente incentrato sulla città di
Trento e sul fiume Adige, che si incunea nell'Italia settentrionale
lungo il lago di Garda, nella regione tra Brescia e Verona;
concentrando invece lo sforzo offensivo verso est, dove gli italiani
potevano contare a loro volta su un saliente che si proiettava verso
l'Austria-Ungheria, poco a ovest del fiume Isonzo338. L'obiettivo a
breve termine dell'Alto Comando italiano era costituito dalla
conquista della città di Gorizia, situata poco più a
nord di Trieste, mentre quello a lungo termine, ben più
ambizioso e di difficile attuazione, se non addirittura visionario,
prevedeva di avanzare verso Vienna passando per Trieste339. Sul
fronte italiano furono ammassati circa mezzo milione di uomini, a
cui in un primo tempo gli austriaci seppero contrapporre soltanto
80.000 soldati, in parte inquadrati in milizie territoriali male
armate e poco addestrate.
Il crollo della Serbia
Il fronte serbo rimase sostanzialmente stazionario per gran parte
del 1915, finché gli eventi non piegarono improvvisamente a
favore degli Imperi centrali. Il 6 settembre 1915 lo zar Ferdinando
I di Bulgaria portò il suo paese nel campo degli Imperi
centrali sottoscrivendo un trattato di alleanza con la Germania: i
bulgari avevano da tempo mire espansionistiche sui territori della
Macedonia occupati da serbi e greci, ed erano desiderosi di
vendicare le sconfitte subite ad opera di questi durante la
precedente seconda guerra balcanica340. Dopo gli insuccessi del 1914
le forze austroungariche sul fronte serbo erano ora passate sotto il
comando del generale tedesco August von Mackensen, e l'11ª
Armata tedesca fu ritirata dal fronte orientale per appoggiare il
nuovo tentativo di invasione; la situazione della Serbia era
aggravata anche dal fatto che gli Alleati non riuscivano a fornirle
adeguati aiuti: nel tentativo di stabilire un collegamento diretto,
il 5 ottobre 1915 truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco in
Grecia, paese formalmente neutrale ma lacerato dai dissidi tra la
fazione pro-Germania (rappresentata dal re Costantino I) e quella
pro-Alleati (capitanata dal primo ministro Eleftherios
Venizelos)341.
Il 6 ottobre 1915 von Mackensen diede avvio all'invasione e le forze
austro-tedesche attraversarono la Sava penetrando nel nord della
Serbia, mentre l'11 ottobre successivo le truppe bulgare si misero
in moto attaccando da est: i serbi opposero una dura resistenza
nelle regioni montuose dell'interno ma si ritrovarono in forte
inferiorità numerica e vennero progressivamente respinti
verso sud-ovest; il 22 ottobre i bulgari presero il nodo ferroviario
di Kumanovo, tagliando la via di ritirata serba verso sud e
bloccando le truppe francesi che risalivano da Salonicco verso nord,
poi sconfitte ed obbligate alla ritirata nella successiva battaglia
di Krivolak (17 ottobre - 21 novembre)342. Le truppe serbe cercarono
di arrestare l'avanzata degli Imperi centrali nella regione del
Kosovo ma furono nuovamente battute, ed il 25 novembre 1915 il
generale Putnik diede ordine alle sue truppe di ripiegare oltre in
confine con l'Albania, nella speranza di evacuare ciò che
rimaneva dell'esercito serbo dai porti sul mare Adriatico: dopo aver
perso migliaia di uomini a causa degli stenti e degli attacchi degli
irregolari albanesi, i 150.000 superstiti dell'esercito serbo
raggiunsero il mare e furono evacuati da navi Alleate a Corfù
da dove, dopo essere stati riorganizzati e riequipaggiati, furono
poi destinati al nuovo fronte davanti Salonicco343.
Si combatte su tutti i fronti (1916)
Da un punto di vista strategico, durante il 1915, le armate tedesche
erano rimaste sulla difensiva in occidente. Anche se i battaglioni,
i reggimenti e talora anche le divisioni si impegnavano in attacchi
con obiettivi limitati, in una più vasta concezione delle
cose la Germania si accontentava di tenere il terreno conquistato in
Francia e Belgio mentre concentrava le proprie attenzioni ad oriente
dove inviò il grosso delle truppe. Questa strategia si
sarebbe capovolta nel 1916 quando le potenze centrali avrebbero
mantenuto la difensiva ad oriente e cercato di far uscire la Francia
dalla guerra344.
Lo stesso giorno in cui venne sferrato l'attacco al Montenegro, da
Gallipoli le ultime truppe britanniche lasciarono capo Helles345.
Sollevati dalla pressione nemica a Gallipoli i turchi trasferirono
in Mesopotamia 36.000 uomini dove la pressione russa del generale
Judenič, costrinse i turchi ad arretrare fino ad Erzurum a
metà febbraio. Le truppe zariste fecero 5000 prigionieri
turchi entrando nella città, e continuarono ad incalzare i
turchi verso ovest. Erano vittorie in terre remote, ma almeno per il
momento riuscirono a sollevare il morale delle truppe russe346.
A febbraio 1916 erano allo studio due piani, uno tedesco ed uno
anglo-francese che miravano entrambi alla vittoria sul fronte
occidentale: quello tedesco, già in fase di progettazione,
mirava alla vittoria di logoramento tramite un attacco massiccio e
intenso di logoramento alla piazzaforte di Verdun, e quello
anglo-francese atto a sfondare in estate le linee nemiche sulla
Somme pianificato per distruggere le difese tedesche con una vera e
propria "guerra d'attrito"347. I britannici avrebbero tentando di
vincere la resistenza tedesca con il peso della propria industria
bellica sotto forma di un incessante tiro di artiglieria seguito da
un massiccio attacco di fanteria che creasse le condizioni e aprisse
ampi varchi per una rapida avanzata in profondità della
cavalleria e, forse, per la vittoria definitiva348.
Da Verdun alla Somme
I tedeschi andarono all'assalto di Verdun il 21 febbraio 1916 con un
bombardamento violento e preciso che martellò per nove ore le
linee francesi, distruggendo trinceramenti e linee telefoniche, e
impedendo l'arrivo di qualsiasi rinforzo. Cessato l'intenso fuoco
d'artiglieria, 140.000 soldati tedeschi attaccarono verso le difese
francesi349, occupando il numero più alto possibile di
posizioni nemiche, in vista del massiccio attacco del giorno
successivo. In alcuni casi le pattuglie riuscirono perfino a fare
prigionieri mentre i ricognitori aerei riportarono di una
distruzione di vaste proporzioni nelle linee nemiche350. L'attacco
tedesco non sortì gli effetti sperati, nonostante ciò
il 25 febbraio cadde uno dei simboli di Verdun, fort Douaumont, e
Joffre acconsentì alla scelta del suo secondo, il generale
Édouard de Castelnau, di inviare immediatamente a Verdun la
2ª armata comandata da Philippe Pétain. De Castelnau
ordinò a Pétain di difendere fino alla morte le due
rive della Mosa, accettando in pieno la sfida di Falkenhayn che in
questo modo poté eseguire in pieno il suo piano di
"dissanguamento graduale" dell'esercito francese351.
Malgrado l'iniziale impeto, l'attacco tedesco tra la fine di
febbraio e l'inizio di marzo rallentò per via del riassetto
che Pétain dette alle linee del fronte. Venne deciso di
condurre una vasta azione anche sulla riva sinistra della Mosa per
alleggerire la riva destra. E proprio sulla riva sinistra, vi era
un'altura che aveva una notevole visuale in ogni direzione, il
Mort-Homme, la sua conquista avrebbe consentito di dominare anche la
successiva altura verso Verdun, il Bois Bourrus352.
Nei successivi tre mesi le avanzate da entrambe le parti furono
minime al costo di perdite gravissime; in maggio i tedeschi si
prepararono ad un nuovo assalto che comprendeva l'attacco alle
future basi di partenza per l'assalto finale a Verdun, ossia la
piazzaforte di Thiaumont, l'altura di Fleury, il forte di Souville e
il forte di Vaux, ossia l'estremità nord-est della linea
francese353. Il 7 giugno cadde fort Vaux, ma quest'ultimo tentativo
tedesco di conquistare Verdun fallì con perdite elevate, e da
lì a pochi giorni Erich von Falkenhayn dovette fronteggiare
l'imponente offensiva anglo-francese sulla Somme354.
Alle 7:30 del 1º luglio, dopo una settimana di bombardamento
preliminare, le truppe anglo-francesi uscirono dalle trincee sulla
Somme attaccando su un fronte di 40 chilometri. Il 12 luglio, per
conseguenza dei combattimenti in Francia e dell'offensiva Brusilov
ad oriente, Falkenhayn interruppe le operazioni offensive a Verdun e
trasferì da quel settore alla Somme due divisioni e sessanta
pezzi d'artiglieria pesante. Sebbene i combattimenti vi sarebbero
continuati sino a dicembre, sarebbero stati i francesi a dettare il
corso della battaglia sulle rive della Mosa e lo stato maggiore
tedesco avrebbe perso ogni velleità sul fronte di Verdun355.
Nelle prime due settimane di luglio la battaglia della Somme fu
condotta con una serie di azioni su scala ridotta preparatorie per
una spallata di maggiore rilievo, ma per l'inizio di agosto, Haig
accettò l'idea che la possibilità di effettuare uno
sfondamento era del tutto tramontata; i tedeschi «avevano
posto rimedio in grande misura alla disorganizzazione» di
luglio. Il 29 agosto il capo di stato maggiore tedesco, Erich von
Falkenhayn, fu sostituito da Paul von Hindenburg ed Erich
Ludendorff, che immediatamente introdussero una nuova dottrina
difensiva. Il 23 settembre i tedeschi iniziarono la costruzione
della linea Hindenburg. Impegnati in due teatri di scontro, i
tedeschi oramai risentivano pesantemente della tattica logorante e
caparbia dei britannici sulla Somme e dei contrattacchi di Robert
Georges Nivelle a Verdun356.
Fra il 15 luglio e il 14 settembre, l'inizio della battaglia
successiva, la 4ª armata britannica sulla Somme condusse circa
90 attacchi della forza da un battaglione in su, di cui solo quattro
per tutti i nove chilometri del proprio fronte. Perdette 82.000
uomini, per un'avanzata di meno di un chilometro: un risultato anche
peggiore di quello del 1º luglio357. Il 15 settembre i
britannici si lanciarono nella battaglia di Flers-Courcelette, dove
ci fu il debutto operativo del carro armato358. Douglas Haig
continuava intanto a sollecitare una pressione «senza
soste», e grazie ad una serie di altri piccoli successi
alleati nella prima settimana di ottobre i tedeschi ripiegarono su
nuove linee difensive più arretrate. Ma i tedeschi avevano
dimostrato una forte resistenza, e i limitati successi portati dagli
alleati non erano tali da alimentare speranze di uno sfondamento359.
Il 18 novembre con un ultimo attacco alle trincee verso Grandcourt,
che si risolse con un successo limitato, Haig avrebbe
«rafforzato la posizione dei rappresentanti britannici»
nell'imminente conferenza militare alleata di Chantilly, e
l'offensiva della Somme poté così essere sospesa360.
Nel complesso il guadagno territoriale alleato fu di circa 110
chilometri quadrati e 51 villaggi riconquistati; i tedeschi erano
arretrati di circa 7/8 chilometri con notevolissime perdite di
uomini e materiali. Da un punto di vista puramente tattico si
trattò quindi di una sconfitta tedesca, ma il guadagno
alleato fu molto esiguo di fronte all'enorme dispendio di uomini e
materiali361. Il mediocre risultato tattico e strategico conseguito
sulla Somme costò il siluramento del generale Joseph Joffre,
sostituito dal "vincitore" di Verdun Robert Nivelle. Le stragi di
Verdun e della Somme comunque non cambiarono le strategie
inconcludenti dello stato maggiore francese, che avrebbe ripetuto i
medesimi errori l'anno seguente portando il proprio esercito a
ribellarsi contro i propri superiori in quella serie di
ammutinamenti di massa che caratterizzarono il 1917 dell'esercito
francese362.
Combattimenti sull'Isonzo
Il 15 maggio ebbe inizio la Strafexpedition ("spedizione punitiva"),
durante la quale l'esercito italiano venne attaccato tra la valle
dell'Adige e la Valsugana. Nei venti giorni successivi, gli
austroungarici conquistarono una posizione dopo l'altra, minacciando
di tagliare fuori le truppe italiane sull'Isonzo. Utilizzando le
divisioni di riserva, il generale Cadorna riuscì a fermare
gli austriaci e riprendere alcune delle posizioni perse, rischiando
però che un'ulteriore offensiva nemica sull'Isonzo potesse
far perdere ai suoi uomini le poche conquiste ottenute finora sul
fronte friulano363.
Non riuscendo a muovere gli austriaci dal Trentino, Cadorna decise
di concentrarsi nuovamente sull'Isonzo. Il 6 agosto le truppe
italiane passano all'offensiva, dal Sabotino al mare, raggiungendo e
superando l'Isonzo, conquistando Gorizia e costringendo parte della
5ª armata austro-ungarica a ripiegare di alcuni chilometri sul
Carso. I nemici però avevano ceduto terreno per posizionarsi
su una nuova linea difensiva già pronta, contro la quale si
infransero i nuovi assalti italiani.364 A settembre e ottobre,
ebbero inizio altre due battaglie, la settima (14-16 settembre) e
l'ottava (10-12 ottobre) battaglia dell'Isonzo, che causarono un
ingente numero di vittime e portarono a scarse conquiste
territoriali. Errori, condizioni meteo avverse e scarsità di
materiali impedirono agli italiani di sfondare le linee e
raggiungere Trieste365. Il comando italiano, già dopo
l'ottava offensiva, voleva dare il via ad un nuovo attacco prima che
tutto il fronte fosse bloccato dalla cattiva stagione in arrivo.
L'attacco ebbe inizio solo il 31 ottobre; la linea da attaccare in
questa operazione era quella passante per Colle Grande-Pecinca-bosco
Malo, e possibilmente la linea Dosso Faiti-Castagnevizza-Sella delle
Trincee. Il 2 novembre Cadorna decise di sospendere l'attacco per
mancanza di rifornimenti anche se gli scontri ripresero comunque il
giorno seguente. Nel complesso si avanzò solo di qualche
chilometro e le perdite sofferte ammontarono a 39 000 soldati per
gli italiani e 33 000 per gli austroungarici.366
L'offensiva Brusilov
Dopo che a maggio gli austriaci sferrarono una massiccia offensiva
contro le posizioni italiane in Trentino, anche l'Italia si
appellò allo zar per diminuire la pressione sul proprio
settore. I comandi russi sapevano che non era possibile sferrare
nuovi attacchi per assistere gli italiani, data la situazione di
truppe e materiali, che andavano radunati e preparati per una
prossima decisiva offensiva da compiersi durante la stagione
estiva367. Solamente il generale Brusilov reagì positivamente
alla richiesta, e poiché stava organizzando di attaccare in
luglio anticipò l'azione a giugno per cercare di allentare la
pressione sull'Italia, costringendo gli austriaci a trasferire
truppe da ovest ad est. Il 4 giugno l'offensiva iniziò con un
potente tiro d'artiglieria, condotto da 1938 pezzi su un fronte di
circa 350 km, dalle paludi di Pryp'jat' fino alla Bucovina368. In
pochi giorni i russi sfondarono in vari punti, in otto giorni
vennero catturati 2992 ufficiali austriaci e 190.000 soldati, 216
cannoni pesanti, 645 mitragliatrici e 196 obici. Un terzo delle
truppe austriache che avevano contrastato l'avanzata erano state
fatte prigioniere. Cinque giorni dopo i russi erano a Czernowitz, la
città più orientale dell'Austria-Ungheria369.
Alla fine di luglio la città di Brody, alla frontiera
galiziana, cadde in mano ai russi, che nelle due settimane
precedenti avevano catturato altri 40.000 austriaci; ma anche le
perdite russe furono pesanti, e nell'ultima settimana di luglio
Hindenburg e Ludendorff assunsero la difesa dell'ampio settore
austriaco370. Ai primi di settembre Brusilov raggiunse le pendici
dei Carpazi, ma lì si arrestò per le evidenti
difficoltà geografiche, e soprattutto l'arrivo di nuove
truppe tedesche da Verdun arrestò la ritirata austriaca e
inflisse gravi perdite ai russi. L'offensiva volse al termine, e
anche se non fece uscire di scena gli austro-ungarici, questa
raggiuse l'obiettivo principale di distogliere importanti forze
tedesche dal settore di Verdun e soprattutto di costringere gli
austro-ungarici a levare truppe dal settore italiano. Il potenziale
russo calò vistosamente, mentre i problemi interni e le
carenze di materiali stavano falcidiando le forze russe che dalla
fine dell'offensiva di Brusilov non furono più capaci di
sferrare offensive contro gli Imperi centrali371.
La campagna di Romania
L'opportunità di scendere in campo con gli Alleati,
l'amicizia che legava Nicolae Filipescu e Take Ionescu alle potenze
occidentali e il desiderio di liberare i fratelli della Transilvania
oppressi dalla dominazione austro-ungarica, ben più dura di
quella che dovettero subire i francesi in Alsazia e Lorena,
convinsero l'opinione pubblica romena che l'entrata in guerra
avrebbe portato notevoli vantaggi. Tutto ciò unito ai
successi dell'avanzata di Brusilov incoraggiarono la Romania a
compiere il passo decisivo, che l'avrebbe portata nell'abisso.
Qualche possibilità in più la Romania l'avrebbe avuta
se fosse scesa in campo prima, quando la Serbia era ancora una forza
attiva e la Russia una potenza degna di questo nome. I due anni in
più di preparazione avevano raddoppiato il numero di soldati,
ma in realtà ne diminuirono l'efficienza; mentre i suoi
avversari avevano sviluppato potenza di fuoco ed equipaggiamento,
l'isolamento della Romania e l'incapacità dei suoi vertici
militari avevano impedito la trasformazione di un esercito composto
da uomini armati di baionetta in una forza moderna372.
L'avanzata romena si risolse con una enorme sconfitta; la lentezza
delle divisioni che attraversarono i Carpazi consentì a
Falkenhayn (da poco sostituito al comando supremo da Hindenburg e
Ludendorff) di ingrossare le file austro-ungariche con l'invio di
divisioni tedesche e bulgare. Questo permise a Ludendorff di
arginare i romeni sui Carpazi mentre Mackensen li attaccava da
sud-ovest, e il 23 novembre li aggirava superando il Danubio.
Nonostante la reazione romena, la forza congiunta di Falkenhayn e
Mackensen si dimostrò insostenibile per un esercito obsoleto
e mal guidato. Il 6 dicembre gli austro-tedeschi entrarono a
Bucarest continuando l'inseguimento di un esercito ormai in
rotta373. La maggior parte della Romania, con i suoi sterminati
campi di grano e i giacimenti petroliferi, era ormai in mano nemica,
l'esercito romeno ridotto all'impotenza e gli alleati occidentali
subirono un rovescio ben più grande di tutti i vantaggi che
avevano sperato di acquisire con l'entrata in guerra della
Romania374.
Stallo nei Balcani
Eliminata la Serbia le forze austroungariche invasero il Montenegro
ai primi di gennaio del 1916, e nonostante la sconfitta patita nella
battaglia di Mojkovac (6-7 gennaio 1916) obbligarono la piccola
nazione a capitolare entro la fine del mese375. Lanciate
all'inseguimento dell'armata serba in ritirata, le forze degli
Imperi centrali penetrarono anche in Albania, paese in preda
all'anarchia dopo che una rivolta popolare nel settembre del 1914
aveva portato alla dissoluzione del governo centrale376: le truppe
austro-bulgare occuparono il nord ed il centro del paese entro la
fine dell'aprile 1916, ma un corpo di spedizione italiano fu in
grado di prendere il controllo delle regioni meridionali, nel
tentativo di mantenere il possesso dello strategico porto di
Valona377. Davanti Salonicco la situazione si era ormai stabilizzata
in una lunga guerra di posizione: dopo il fallimento patito nella
prima battaglia di Doiran (9-18 agosto 1916), l'armata alleata
(comprendente truppe francesi, britanniche, serbe, italiane e russe)
dovette subire un'offensiva bulgaro-tedesca lungo il fiume Strimone
tra il 17 ed il 27 agosto, riuscendo a contenerla; passate al
contrattacco a metà settembre, le forze alleate presero
Monastir, nel sud della Serbia, il 19 novembre seguente, guadagnando
un po' di terreno ma senza riuscire a spezzare il fronte bulgaro378.
Gli eventi del 1917
Il 1917 iniziò per gli Imperi centrali in modo molto
favorevole. In ottobre gli austriaci sfondarono sul fronte italiano
arrivando alle porte di Venezia e i tedeschi si apprestavano a
trasferire 42 divisioni, più di mezzo milione di uomini, dal
fronte orientale a quello occidentale, dato che i russi avevano
deposto le armi il 1º dicembre, quando una commissione
bolscevica lasciò Pietrogrado per attraversare le linee
tedesche a Dvinsk diretta verso la fortezza di Brest-Litovsk dove
una delegazione di tedeschi, austriaci, bulgari e turchi li
attendeva per intavolare le trattative di pace379.
Sul fronte occidentale la battaglia della Somme terminò con
uno smacco per la Gran Bretagna, e dopo le tre fallimentari
offensive Alleate di aprile ad Arras, sul crinale di Vimy e
sull'Aisne, in Francia iniziò un periodo di problemi interni
alle file dell'esercito con ammutinamenti di massa e frequenti
episodi di diserzione. Ad occidente, nonostante i tedeschi cedettero
terreno attestandosi sulla Linea Hindenburg, nella primavera del
1917 iniziò a serpeggiare un forte risentimento verso la
guerra in seno a molti eserciti, soprattutto quello francese, reduce
da oltre due anni di una guerra sanguinosa, che vedeva moltiplicarsi
il numero dei disertori. I disordini furono di tale portata che
fecero capire all'alto comando francese che i soldati non erano
più disposti a sopportare i tormenti di una nuova offensiva:
avrebbero tenuto la posizione, ma non sarebbero usciti dalle
trincee. Tutto il peso dell'offensiva ricadeva quindi sulle spalle
delle forze britanniche, che si sarebbero di lì a poco
trovate a sostenere il peso della ripresa dei combattimenti in
Francia e nelle Fiandre380.
La Russia in subbuglio
Le enormi perdite della Russia, dovute ai difetti del suo apparato
bellico, che pur tuttavia aveva evitato molti sacrifici agli
Alleati, avevano minato alle fondamenta la resistenza morale e
fisica del suo esercito, e al fronte molti ufficiali russi non
riuscivano più a mantenere la disciplina381. Su tutto il
fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a rifiutarsi di
combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e
diffondere le idee rivoluzionarie. Dal fronte le agitazioni si
trasmisero alle città e alla capitale. A Pietrogrado il 3
marzo 1917 scoppiò un violento sciopero negli stabilimenti
Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni per
l'esercito. L'8 marzo gli operai in sciopero erano circa 90.000, il
10 marzo a Pietrogrado fu proclamata la legge marziale, e lo stesso
giorno il potere della Duma fu messo in discussione dal Soviet
cittadino del principe menscevico Cereteli. Il 12, a Pietrogrado
17.000 soldati si unirono alla folla che protestava contro lo zar,
alle 11 del mattino fu dato alle fiamme il tribunale sulla
prospettiva Litejnyj e le stazioni di polizia: era cominciata la
prima rivoluzione russa382.
Le offensive britanniche
Per tutto maggio i britannici continuarono gli attacchi: in sei
settimane di combattimenti i tedeschi arretrarono dai tre agli otto
chilometri su un fronte lungo trentacinque. A metà maggio le
truppe al comando di Haig avevano compiuto un'avanzata più
consistente di quando, due anni e mezzo prima, era cominciata la
guerra di trincea: in poco più di un mese avevano conquistato
un centinaio di chilometri quadrati di terreno, catturando oltre
20.000 prigionieri e 252 cannoni pesanti. Il carro armato era ormai
diventato parte integrante degli attacchi della fanteria britannica.
Il 14 maggio, a Magonza, anche i tedeschi sperimentarono il carro
armato, due giorni prima che terminasse la battaglia di Arras383.
Il governo britannico desiderava un successo spettacolare per
neutralizzare lo scoramento a seguito del fallimento di Nivelle e
dello sfacelo in Russia. In Mesopotamia le operazioni si erano
praticamente fermate dopo la resa di Kut, con i britannici intenti a
migliorare la loro situazione logistica e gli ottomani troppo deboli
per scacciarli dalla regione; il nuovo comandante britannico,
generale Frederick Stanley Maude, iniziò la sua offensiva il
13 dicembre 1916, risalendo il corso del Tigri con il supporto di
una flottiglia di cannoniere fluviali384. Il 23 febbraio 1917 i
britannici sconfissero gli ottomani nella seconda battaglia di Kut,
obbligandoli alla ritirata: incoraggiato dal successo l'alto comando
britannico autorizzò Maude a continuare l'avanzata, e l'11
marzo seguente i britannici presero Baghdad, sgombrata dagli
ottomani385. L'azione britannica proseguì poi verso nord in
direzione di Samarra (caduta il 23 aprile), concludendosi alla fine
di settembre nei pressi di Ramadi dove gli ottomani subirono una
nuova sconfitta; il fronte entrò poi in un lungo periodo di
stasi, con entrambi i contendenti concentrati sulla campagna di
Palestina386.
La vittoria britannica nella battaglia di Rafa il 9 gennaio 1917
aveva definitivamente allontanato la minaccia ottomana alla penisola
del Sinai, e i comandanti Alleati iniziarono quindi a progettare
l'invasione della Palestina. Dopo una lunga preparazione logistica
le forze del generale Archibald Murray iniziarono l'offensiva ai
primi di marzo del 1917, subendo però una sconfitta nella
prima battaglia di Gaza (26 marzo); un secondo tentativo di sfondare
la linea difensiva ottomana davanti alla città, anche con il
contributo di gas tossici e qualche carro armato, fallì
nuovamente il 19 aprile seguente con gravi perdite per i
britannici387. Nel giugno del 1917 Murray fu rimpiazzato dal
generale Edmund Allenby, mentre sul fronte opposto Erich von
Falkenhayn giunse nel teatro con un piccolo contingente di
specialisti tedeschi per rinforzare lo schieramento ottomano. Dopo
lunghi preparativi, l'offensiva britannica iniziò alla fine
di ottobre del 1917: una prima vittoria nella battaglia di Beersheba
(31 ottobre) consentì ai britannici di aggirare la linea
difensiva ottomana, poi crollata dopo la sconfitta nella terza
battaglia di Gaza (31 ottobre - 7 novembre)388; nonostante il clima
invernale ed i contrattacchi ottomani, Allenby proseguì
l'avanzata ed il 9 dicembre i reparti britannici occuparono
Gerusalemme, un importante obiettivo simbolico, prima di arrestarsi
per il peggiorare delle condizioni meteo389.
La Russia esce dal conflitto
Lo zar fu costretto ad abdicare il 15 marzo 1917 e il governo
provvisorio di tendenze moderate si mise alla guida del paese, ma
senza successo. A maggio gli succedette un altro governo di tendenze
più socialiste capeggiato da Kerensky che nonostante le
sempre maggiori richieste di pace non ritirò le truppe dal
fronte. Dopo la partenza di Hindenburg e Ludendorff, il comando del
fronte orientale passò a Hoffmann, che, unendo strategia
militare e politica, paralizzò le forze russe, rendendo
disponibili truppe tedesche sul fronte occidentale e in minima parte
sul fronte italiano390.
La scintilla scoppiò il 7 novembre quando dopo poco le 22
l'incrociatore Aurora, alla fonda nella Neva annunciò che
avrebbe fatto fuoco sul palazzo d'Inverno, e sparò alcuni
colpi a salve per dimostrare che non scherzava. All'una di notte il
palazzo era occupato dai bolscevichi, Lenin fu eletto presidente del
consiglio dei commissari del popolo e governava la capitale
russa391. Il loquace governo di Kerensky fu spazzato via, i
bolscevichi imposero al popolo russo un regime comunista e in
dicembre conclusero l'armistizio con la Germania392. Le trattative
di pace furono complicate, a Lenin serviva tranquillità lungo
il fronte per fronteggiare le minacce interne, e allo stesso tempo
gli Imperi centrali reclamavano condizioni di resa durissime. I
tedeschi si rendevano conto che l'integrità territoriale
della Russia si stava velocemente disgregando, così si
permisero di richiedere condizioni ancor più dure dopo che il
21 febbraio i bolscevichi accettarono le prime richieste. Il 24
febbraio dopo una tempestosa discussione il comitato centrale
accettò senza condizioni le richieste dei tedeschi393.
La guerra sottomarina indiscriminata
Sebbene nel dicembre 1916 gli imperi centrali fossero riusciti ad
impadronirsi di un importante canale di approvvigionamento con
l'occupazione della Romania e l'acquisizione del controllo della
regione danubiana, il nulla di fatto con cui si era conclusa la
battaglia dello Jutland aveva lasciato agli inglesi il dominio dei
mari, permettendo loro di mantenere il blocco navale ai danni della
Germania. Il gioco del blocco marittimo britannico era ormai
diventato un problema ineludibile, ma d'altro canto i vertici
militari erano confidenti che, una volta annientato il blocco,
avrebbero potuto risolvere la partita sul fronte occidentale nel
giro di pochi mesi; i vertici tedeschi si risolsero per estendere la
guerra sottomarina, anche se ciò comportava inevitabilmente
la prospettiva del coinvolgimento americano. Il primo febbraio 1917
la Germania formalizzò la cosiddetta guerra sottomarina
indiscriminata: da quel momento in avanti ogni nave diretta ai porti
dell'Intesa sarebbe stata considerata un bersaglio legittimo; pochi
giorni dopo gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche con la
Germania394.
Gli Stati Uniti entrano in guerra
Nonostante le provocazioni susseguitesi incessantemente per due
anni, a partire dall'incidente del Lusitania, il presidente Woodrow
Wilson si attenne alla sua politica di neutralità. La
decisione tedesca della campagna sottomarina indiscriminata
fornì una prova sufficiente dell'infondatezza delle speranze
di pace di Wilson, e quando a ciò seguì il deliberato
affondamento di navi statunitensi e il tentativo di istigare il
Messico ad attaccare gli Stati Uniti395, il presidente Wilson ruppe
gli indugi396. Il 4 aprile 1917 presidente Wilson presentò al
Congresso la proposta di entrare in guerra; il 6 aprile gli Stati
Uniti dichiararono guerra alla Germania. Nessuno dubitava che
l'impatto delle truppe statunitensi in Europa fosse potenzialmente
enorme; gli Stati Uniti avrebbero addestrato circa un milione di
soldati, che a poco a poco sarebbero saliti a tre milioni. Ma
l'operazione avrebbe richiesto tempo; ci sarebbe voluto almeno un
anno, o forse più, prima che l'immensa macchina del
reclutamento, dell'addestramento, del trasporto al di là
dell'Atlantico e del rifornimento in Francia potesse funzionare a
pieno regime397.
In quell'aprile le prospettive per gli Imperi centrali si fecero
buie: gli Stati Uniti si apprestavano a diventare belligeranti
attivi, la Russia nonostante i disordini interni all'esercito non si
era ancora ritirata dalla guerra, le potenze Alleate erano ormai
superiori per numero di soldati e risorse. Germania e
Austria-Ungheria potevano contare sul solo vantaggio - che comunque
nessuno avrebbe potuto privargli - delle numerose linee di
comunicazione interne; armate, città, fabbriche, reti
ferroviarie, stradali e fluviali si diramavano in modo complesso
all'interno dei due paesi e risultavano inattaccabili per gli
Alleati, mentre le linee di comunicazioni tra Gran Bretagna e
Francia con gli Stati Uniti erano continuamente minacciate dagli
U-Boot398.
Disfatta italiana nella battaglia di Caporetto
Con la linea di fronte austro-ungarica intorno a Gorizia a rischio
di collasso a seguito dell'undicesima battaglia dell'Isonzo, i
tedeschi decisero di intervenire in aiuto dei loro alleati in modo
da alleggerire la pressione italiana. Hindenburg e Ludendorff,
comandanti della 3ª armata tedesca, si accordarono con Arthur
Arz von Straussenburg per l'organizzazione dell'offensiva
combinata399. Alle 2:00 in punto del 24 ottobre 1917 le artiglierie
austro-germaniche iniziarono a colpire le posizioni italiane dal
monte Rombon all'alta Bainsizza alternando lanci di gas a granate
convenzionali, colpendo in particolare tra Plezzo e l'Isonzo400.
Subito dopo la fanteria austro-tedesca sfondò le linee
italiane sia sulle montagne sia nella valle dell'Isonzo, dove una
divisione germanica raggiunse fin dal pomeriggio del 24 ottobre la
città di Caporetto; quindi gli austro-tedeschi avanzarono per
150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro
giorni, mentre l'esercito italiano ripiegava disordinatamente con
fenomeni di disgregazione e collasso tra le truppe. Cadorna, venuto
a sapere della caduta di Cornino il 2 novembre e di Codroipo il 4,
ordinò all'intero esercito di ripiegare sul fiume Piave, sul
quale nel frattempo si erano fatti significativi passi avanti
nell'impostazione di una linea difensiva grazie agli episodi di
resistenza sul Tagliamento. La disfatta di Caporetto provocò
il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la conseguente
ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana,
oltre alle perdite umane e di materiale; in due settimane andarono
perduti 350.000 soldati fra morti, feriti, dispersi e prigionieri,
ed altri 400.000 si sbandarono verso l'interno del paese401.
La svolta (1918)
Nonostante fossero sempre state superiori in termini numerici alle
potenze centrali, le forze dell'Intesa, a causa dello spreco di
forze e del collasso della Russia, all'inizio del 1918 videro
ribaltarsi la situazione: avrebbero dovuto passare parecchi mesi
prima che le forze statunitensi facessero pendere nuovamente l'ago
della bilancia a loro favore. Alla conferenza di Rapallo di
novembre, fu decisa la costituzione di un consiglio supremo di
guerra dove i maggiori esponenti dei governi alleati sarebbero stati
affiancati da rappresentanti militari402. Di fatto questi ultimi non
avevano però il potere esecutivo in quanto i capi di stato
maggiore erano subordinati al potere politico e agli interessi
economici. Nel frattempo i tedeschi iniziarono a trasferire decine
di divisioni da oriente ad occidente, e alla fine di gennaio le
divisioni tedesche divennero 177, con altre 30 in arrivo, mentre il
potenziale alleato indebolito dalle enormi perdite nel pantano di
Passchendaele, scese a 172 divisioni, formate ognuna da nove, invece
che dai soliti dodici, battaglioni403.
Erich Ludendorff cogliendo il momento favorevole e cercando di
anticipare l'arrivo in forze delle truppe statunitensi, ripose le
speranze di vittoria in una nuova fulminea e imponente offensiva ad
occidente. Per poter utilizzare tutte le truppe disponibili
riuscì ad estorcere una pace definitiva con il governo
bolscevico e analoga pace impose alla Romania; inoltre per
assicurare per quanto possibile una base economica alla sua
offensiva fece occupare gli immensi campi di grano dell'Ucraina,
incontrando solo una misera resistenze da truppe cecoslovacche
prigioniere dei russi404.
L'ultimo grande assalto tedesco
Dal gennaio 1918 truppe statunitensi sbarcavano settimanalmente in
Francia: dopo quarantadue mesi e mezzo dall'inizio della guerra la
presenza delle truppe di Pershing sul campo di battaglia era un dato
di fatto. Il 23 febbraio per la prima volta le truppe statunitensi
presero parte ad un'azione a Chevregny insieme ai francesi, con due
ufficiali e 24 soldati. Mentre le truppe tedesche dilagavano ad
oriente il 21 marzo Ludendorff lanciò una grande offensiva
che, in caso di successo, avrebbe consentito alla Germania di
vincere la guerra405.
Le conquiste fatte dai tedeschi durante l'offensiva furono
impressionanti per gli standard del fronte occidentale: 90.000
prigionieri catturati, 1.300 cannoni presi, 212.000 soldati nemici
morti o feriti e l'intera quinta armata britannica messa fuori
combattimento. Le perdite tra i tedeschi furono comunque alte
(239.000 tra ufficiali e soldati); alcune divisioni furono ridotte
alla metà dei loro effettivi, molte compagnie poterono
contare solo 40 o 50 uomini406. Ad inizio agosto lo slancio tedesco
su tutto il fronte cessò, mentre quasi un milione di soldati
americani erano giunti in Francia a dar manforte agli Alleati. Le
truppe tedesche erano ad un soffio dalla vittoria, ma esauste e
dissanguate dalle enormi perdite smisero di avanzare, anzi,
cominciarono lentamente a indietreggiare, in una lenta ritirata che
terminò solo l'11 novembre 1918407.
L'offensiva austro-ungarica
Gli austro-tedeschi chiusero il 1917 sul fronte italiano con le
offensive sul Piave, sull'Altipiano di Asiago e sul monte Grappa; la
ritirata sul fronte del Grappa-Piave però consentì
all'esercito italiano, ora in mano ad Armando Diaz, di concentrare
le sue forze su di un fronte più breve e soprattutto, con un
mutato atteggiamento tattico, più orgoglioso e determinato.
Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera
del 1918, preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a
penetrare nella pianura veneta. La fine della guerra contro la
Russia fece sì che la maggior parte dell'esercito impiegato
sul fronte orientale potesse spostarsi a ovest.
L'offensiva austro-ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito
dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella cosiddetta
battaglia del solstizio, che vide gli italiani resistere all'assalto
e infliggere al nemico pesantissime perdite. Gli austro-ungarici,
per i quali la battaglia del solstizio era l'ultima
possibilità per dare una svolta al conflitto e ribaltarne le
sorti, persero le loro speranze408.
Le controffensive Alleate
In luglio il comandante supremo Alleato Ferdinand Foch diede inizio
alla prevista controffensiva sulla Marna prodottasi in seguito agli
attacchi tedeschi. In agosto il saliente era stato sgomberato, e
grazie allo slancio e alla presenza ormai massiccia delle truppe
fresche di Pershing gli Alleati continuarono le controffensive. L'8
agosto partì la seconda offensiva, lanciata due giorni dopo
la precedente. L'attacco interessò truppe franco-britanniche,
e vide l'impiego di 600 carri e 800 aerei; ebbe successo, tanto che
Ludendorff definì l'8 agosto come "il giorno nero
dell'esercito tedesco"409. L'assalto fu il primo di quelli che Foch
chiamava "attacchi di liberazione" contro la nuova linea tedesca,
che proseguirono il 15 agosto con un nuovo contrattacco sulla Somme,
mentre a Parigi si riuniva il neocostituito Consiglio Interalleato
per gli approvvigionamenti, che gettò i piani per la
continuazione della guerra almeno fino al 1919410. Su tutto il
fronte gli Alleati continuavano ad avanzare cacciando i tedeschi da
Compiègne, Antheuil-Portes, Lassigny, sulla Somme
conquistarono Thiepval e bosco Mametz mentre il 27 le truppe
tedesche iniziarono ad evacuare le Fiandre abbandonando i territori
conquistati quattro mesi prima. Ludendorff aveva optato per una
strategia difensiva cercando in tutti i modi di tenere la Linea
Hindenburg, ma ormai il morale delle truppe tedesche era a terra. A
fine agosto i tedeschi lasciarono l'Aisne sotto i colpi del generale
Mangin, ad inizio settembre i canadesi iniziarono i primi assalti
alla Hindenburg e il 3 settembre Foch diede l'ordine perentorio di
attaccare senza sosta per tutta la lunghezza del fronte occidentale.
L'11 agosto gli statunitensi attaccarono Saint-Mihiel che venne
conquistata il 13, liberando un saliente in mano nemica da quattro
anni411. Il 25 settembre iniziò poi l'offensiva della
Mosa-Argonne a cui parteciparono dieci divisioni americane; le due
operazioni insieme valsero la conquista di oltre 500 chilometri
quadrati di territorio412.
Sul fronte italiano l'impero asburgico era ormai a un passo dal
baratro, assillato dall'impossibilità di continuare a
sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e soprattutto su
quello morale, data l'incapacità della monarchia di farsi
garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico,
e con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione.
L'Italia anticipò ad ottobre l'offensiva prevista per il
1919, impedendo la prosecuzione dell'offensiva413. Da Vittorio
Veneto il 23 ottobre partì l'omonima offensiva in condizioni
climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto,
Friuli e Cadore e il 29 ottobre l'Austria-Ungheria si arrese. Il 3
novembre, a Villa Giusti, presso Padova l'esercito dell'Impero
firmò l'armistizio; i soldati italiani entrarono a Trento
mentre i bersaglieri sbarcarono a Trieste, chiamati dal locale
comitato di salute pubblica, che però aveva richiesto lo
sbarco di truppe dell'Intesa414.
Il collasso degli Imperi centrali
Il collasso degli imperi centrali si concluse con il 4 novembre
1918, quando l'impero austro-ungarico, la Germania, la Bulgaria e la
Turchia offrirono l'armistizio a Wilson assieme alle loro note
diplomatiche415.
La Bulgaria fuori dal conflitto
Nei Balcani il 1917 si era chiuso con un'ulteriore situazione di
stallo: un'offensiva lanciata tra aprile e maggio dal comandante
dell'armata alleata di Salonicco, il francese Maurice Paul Emmanuel
Sarrail, si era conclusa con due sconfitte nella seconda battaglia
di Doiran e nella battaglia del Crna, obbligando il generale a
sospendere le operazioni lungo tutto il fronte; gli Alleati
ottennero invece un successo sul piano diplomatico quando il 29
giugno 1917 la Grecia dichiarò guerra agli Imperi centrali,
dopo che il filo-tedesco re Costantino I era stato costretto ad
abdicare416. Entrambe le parti avevano poco interesse a portare
avanti grosse operazioni su questo teatro: l'attenzione degli
Alleati era diretta principalmente al fronte occidentale, e la
Bulgaria era riluttante a continuare la guerra, avendo già
occupato tutti i territori cui era interessata e dovendo sopportare
una profonda crisi economica ed agricola interna che lasciò
intere regioni praticamente alla fame417.
A metà del 1918 il nuovo comandante delle forze alleate, il
francese Louis Franchet d'Espèrey, preparò i piani per
una risolutiva offensiva lungo tutto il fronte macedone, convinto
che la Bulgaria fosse ormai al collasso418. Dopo lunghi preparativi
l'offensiva scattò il 14 settembre 1918: mentre i reparti
britannici e greci attaccavano verso est ottenendo un successo nella
terza battaglia di Doiran (18-19 settembre), le truppe francesi,
serbe e italiane sfondarono il fronte bulgaro ad ovest dopo la
decisiva vittoria nella battaglia di Dobro Pole (15 settembre)419.
La ritirata provocò il collasso dell'esercito bulgaro, mentre
il paese era scosso da tumulti e manifestazioni contro la guerra: il
29 settembre, mentre le forze francesi entravano a Skopje, la
Bulgaria accettò l'offerta di un armistizio avanzata dagli
Alleati, uscendo ufficialmente dal conflitto il 30 settembre
seguente; mentre le forze britanniche proseguivano la marcia verso
est in Tracia alla volta di Istanbul, i franco-serbi mossero verso
nord raggiungendo il Danubio il 19 ottobre e liberando Belgrado
dall'occupazione austroungarica il 1º novembre, giusto due
giorni prima che anche l'Austria-Ungheria si arrendesse420.
La resa dell'Impero ottomano
Nel teatro del Medio Oriente le forze dell'Impero ottomano stavano
ormai cedendo su tutti i fronti. Nella penisola araba, le litigiose
tribù locali avevano infine trovato una certa guida unitaria
sotto lo sharif Al-Husayn ibn Ali, insorgendo contro la dominazione
ottomana; rifornite di armi e munizioni dagli Alleati, e raggiunte
da una missione di addestratori britannici capitanati dal colonnello
Thomas Edward Lawrence (poi passato alla storia come "Lawrence
d'Arabia"), le forze arabe iniziarono una massiccia campagna di
guerriglia contro gli ottomani, prima interrompendo la ferrovia
dell'Hegiaz e poi catturando l'importante porto di Aqaba sul Mar
Rosso421. Gli irregolari arabi di Lawrence si spinsero poi verso
nord per appoggiare gli sforzi finali dei britannici in Palestina.
La situazione sul fronte palestinese era rimasta sostanzialmente
statica per gran parte del 1918, con l'attenzione degli Alleati
concentrata sul fronte occidentale; l'offensiva finale poté
iniziare solo il 19 settembre 1918: mentre gli irregolari arabi
mettevano in atto azioni diversive ad est per attirare l'attenzione
degli ottomani, le forze britanniche del generale Allenby
attaccarono da ovest lungo la zona costiera, potendo contare su una
netta superiorità numerica, una migliore situazione logistica
ed un assoluto dominio del cielo422. Le forze Alleate ottennero una
decisiva vittoria nella battaglia di Megiddo (19 settembre – 31
ottobre 1918) con una perfetta azione combinata423: la fanteria
sfondò il fronte ed aprì un varco per la cavalleria
che, appoggiata da unità di autoblindo ed attacchi dei
bombardieri, inseguì con decisione il nemico impedendogli di
attestarsi su nuove posizioni; la ritirata ottomana si
trasformò in rotta e le forze Alleate dilagarono verso nord,
penetrando in Siria ed occupando Damasco (2 ottobre) ed Aleppo (25
ottobre).
In Mesopotamia, ormai un fronte secondario, le preponderanti forze
britanniche iniziarono la loro offensiva sul finire di settembre,
dilagando nella zona di Mossul - Kirkuk ed ottenendo infine una
vittoria decisiva nella battaglia di Sharqat (23 – 30 ottobre
1918)424. Ormai in ritirata su tutti i fronti e con il proprio
esercito ridotto ad un sesto della forza originaria, all'Impero
ottomano non restò altro che trattare la propria resa: il 30
ottobre 1918 i rappresentati dell'Impero siglarono l'armistizio di
Mudros, ed il 13 novembre seguente una forza d'occupazione Alleata
si installò ad Istanbul.
Il collasso dell'Austria-Ungheria
Il 28 ottobre l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati l'armistizio:
l'impero che aveva aperto le ostilità contro la Serbia nel
1914 era giunto alla fine del suo percorso politico e militare.
Quello stesso giorno gli italiani catturarono 3000 austriaci sul
Piave. In serata l'esercito asburgico ricevette l'ordine di
ritirarsi425. L'impero era al collasso, oramai i diversi movimenti
indipendentisti stavano facendo di tutto per sfruttare la
situazione. A Praga la richiesta di armistizio provocò una
decisa reazione dei cechi; il Consiglio nazionale cecoslovacco si
riunì a palazzo Gregor, dove si era costituito tre mesi
prima, e assunse le funzioni di un vero e proprio governo,
impartendo agli ufficiali austriaci nel castello di Hradčany
l'ordine di trasferire i poteri, assumendo il controllo della
città e proclamando l'indipendenza dello stato ceco. Quella
sera le truppe austriache nel castello deposero le armi; senza
confini, senza riconoscimento internazionale e senza l'approvazione
di Vienna era nata un'entità nazionale ceca426. Sempre quello
stesso giorno, il Parlamento croato dichiarò che da quel
momento, Croazia e Dalmazia avrebbero fatto parte di uno "Stato
nazionale sovrano di sloveni, croati e serbi". Analoghe
dichiarazioni pronunciate a Laibach (Lubiana) e Sarajevo, legavano
queste regioni all'emergente Stato slavo meridionale della
Jugoslavia427.
Il 30 ottobre vennero fatti prigionieri più di 33.000 soldati
austriaci, mentre a Vienna, il governo austro-ungarico continuava ad
adoperarsi per giungere all'armistizio con gli Alleati428. Il
1º novembre Sarajevo si dichiarò parte dello "Stato
sovrano degli slavi meridionali". A Vienna e a Budapest era ormai
scoppiata la rivoluzione; il giorno precedente il conte Tisza fu
ucciso dalle guardie rosse nella capitale ungherese429. Il 3
novembre l'Austria firmò l'armistizio che sarebbe entrato in
vigore il giorno successivo, mentre a Vienna continuava la
rivoluzione rossa. Lo stesso giorno gli italiani entrarono a Trento
e la Regia Marina sbarcò a Trieste, mentre sul fronte
occidentale gli Alleati accolsero la richiesta formale di armistizio
sul fronte francese avanzata dal governo tedesco430.
La fine ad occidente
« La guerra è finita, certo in modo completamente
diverso da quanto avevamo pensato »
(Affermazione fatta da Guglielmo II al suo seguito negli ultimi
giorni della guerra431)
La Germania aveva visto il proprio potenziale umano gravemente
compromesso da quattro anni di guerra, trovandosi d'altronde in
gravi difficoltà dal punto di vista economico e sociale. Il
1º ottobre i britannici si apprestavano a superare la
Hindenburg lungo il canale di St. Quentin e gli statunitensi a
sfondare nelle Argonne; Ludendorff si recò direttamente dal
Kaiser per chiedergli di avanzare immediatamente una proposta di
pace, dando grossa parte della colpa alle «idee spartachiste e
socialiste che avvelenavano l'esercito tedesco»432. Le
battaglie infuriavano ancora quando il 2 ottobre la prima
rivoluzione tedesca scoppiò. Il 4 ottobre il principe
Maximilian di Baden telegrafò a Washington per richiedere
l'armistizio433. La Germania pur essendo nello scompiglio non era
precipitata nell'anarchia né aveva deciso di arrendersi: l'8
ottobre Wilson respinse la proposta, e l'11 i tedeschi iniziarono a
ritirarsi su tutto il fronte senza però rinunciare a
combattere434.
Ludendorff confidava nel continuare la lotta nella speranza che
un'efficace difesa della frontiera tedesca potesse alla lunga
smorzare la determinazione degli Alleati. Ma la situazione era
oramai sfuggita di mano; il 3 novembre l'alleato austriaco
capitolò rendendo vulnerabile il fronte sud-orientale della
Germania, la rivoluzione dilagava, alimentata dalla riluttanza del
Kaiser ad abdicare. La sola via d'uscita poteva essere raggiunta con
un accordo con i rivoluzionari, così il 9 novembre il
principe Max lasciò il posto a Ebert, rispondendo
implicitamente alle richieste del popolo ed esplicitamente a Woodrow
Wilson, di far cadere i capi che avevano portato la Germania alla
rovina a favore della Repubblica435.
L'offensiva dei cento giorni diede il colpo finale, e dopo questa
serie di sconfitte le truppe tedesche iniziarono ad arrendersi in
numero sempre crescente. Quando finalmente gli Alleati ruppero il
fronte tedesco, la monarchia imperiale tedesca giunse al collasso, e
i due comandanti dell'esercito, Hindenburg e Ludendorff, dopo aver
tentato invano di convincere il Kaiser a combattere ad oltranza, si
fecero da parte436. Di fronte alla rivoluzione interna e alla
minaccia delle forze Alleate ormai in vista del confine tedesco, i
delegati tedeschi che si recarono a Compiègne già il 7
novembre, non ebbero altra scelta che quella di accettare le
drastiche condizioni armistiziali imposte dagli Alleati.
L'armistizio entrò in vigore alle ore 11:00 dell'11 novembre
1918, la guerra era finalmente finita437.
Conseguenze
Con la fine del conflitto, non solo le nazioni sconfitte, ma anche
quelle vincitrici si trovarono davanti una situazione disastrosa. I
quattro imperi vinti si dissolsero in nuovi Stati e il presidente
degli Stati Uniti Wilson si prese la responsabilità di
organizzare un nuovo sistema globale, fondato sulla risoluzione
delle controversie per vie pacifiche e sull'autodeterminazione dei
popoli. In un discorso che tenne davanti al Senato degli Stati Uniti
l'8 gennaio 1919 riassunse i suoi propositi in quattordici punti,
sui quali vigeva il pensiero che dovesse esserci una «pace
senza vincitori», poiché a suo parere una pace imposta
avrebbe contenuto il germe di un nuovo conflitto438.
Il 18 gennaio 1919 iniziò la conferenza di Parigi che vide i
quattro paesi vincitori impegnati nel delineare il nuovo "profilo
europeo". In base al principio di autodeterminazione dei popoli
sorsero direttamente dalle ceneri degli antichi imperi nuovi Stati
indipendenti (quali la Cecoslovacchia e il Regno dei Serbi, Croati e
Sloveni), che si trascinarono dietro nuove tensioni a causa dei loro
confini e dell'eterogeneità della loro popolazione. In
realtà il trattato di Versailles ebbe anche numerose
ripercussioni negative. La Germania, costretta ad ammettere la
propria colpevolezza, cominciò a convincersi che la loro
disfatta fosse stata dovuta a dei contrasti interni. I nazionalisti
puntarono il dito contro i fautori della Repubblica di Weimar, i
comunisti e la comunità ebraica, accusandoli di non aver
creduto o almeno sostenuto il governo precedente. Ma lo scontento
non si diffuse solo tra i vinti, ma anche tra i vincitori, come il
Belgio, che si ritrovò negati i possedimenti in Africa, o
l'Italia, che invece vide sfumare le possibilità accordate
durante il Patto di Londra439.
L'Unione Sovietica, non più in guerra dal 1917, ebbe delle
difficoltà nel far aderire gli stati confinanti (l'unico che
riuscirono ad annettere fu l'Ungheria, che aveva comunque resistito
sino all'agosto del 1919). Inoltre minacciava la sicurezza interna
la Polonia, tornata indipendente, che voleva mantenere i propri
confini. Sempre nel 1919 scoppiò la guerra sovietico-polacca
che terminò con la pace di Riga. In seguito al trattato di
Rapallo del 1922, l'Unione Sovietica venne ufficialmente
riconosciuta.
Durante gli anni successivi alla guerra si presentò anche la
prima crisi del colonialismo europeo. Alcuni stati, sotto il giogo
delle grandi potenze da lungo tempo, cominciarono a rivendicare la
propria indipendenza, causando non pochi problemi, specialmente
riguardo al commercio di materie prime, agli stati europei. Ancora
una volta Wilson assunse il ruolo di mediatore e inaugurò una
missione di civilizzazione volta a migliorare le nazioni più
arretrate, in modo da concedere loro l'indipendenza, non prima di
averle affidate alla guida di potenze quali la Francia o la Gran
Bretagna. Questi movimenti nazionalistici riguardarono in particolar
modo paesi dell'Oriente e del Medio Oriente (come la Cina, l'India,
l'Iraq e il Libano), ma anche africani (quali l'Egitto o la
Cirenaica)440. La guerra ebbe effetti anche sul piano
socio-economico di tutti i paesi. In particolare, i paesi europei
mancarono di spirito collaborativo e preferirono reggersi unicamente
sulle loro forze e possibilità. Però questa decisione
individualista facilitò la diffusione della crisi economica
seguente alla caduta della borsa di Wall Street (1929) in Europa,
facendo aumentare il livello di disoccupazione e povertà441.
La vita sociale, in particolar modo, aveva subito enormi danni:
basti pensare che erano stati inviati al fronte 66 milioni di
uomini, dei quali i superstiti, al loro ritorno, trovarono
condizioni disastrose442.
Crimini di guerra
Il diritto internazionale umanitario e la convenzione dell'Aia del
1907 furono ripetutamente violate durante il conflitto, e solo la
ridotta estensione delle regioni occupate da una potenza avversaria
pose un freno alle stragi466. I dettami di Carl von Clausewitz, che
consigliava una certa pressione sulle popolazioni invase
affinché il governo nemico fosse portato ad arrendersi,
vennero applicati dall'esercito tedesco quando questo irruppe nel
Belgio e nella Francia settentrionale nel primo anno di guerra. Il
22 agosto 1914 il generale Karl von Bülow ammonì gli
abitanti di Liegi di non ribellarsi per evitare di subire la stessa
sorte dei 110 rivoltosi fucilati ad Andenne, che venne anche data
alle fiamme.
Casi simili con parecchie centinaia di civili uccisi, presto
identificati dalla propaganda franco-belga come lo "stupro del
Belgio", si verificarono in altre località belghe come
Sambreville, Seilles, Dinant e Lovanio, oltre che nei distretti
francesi nord-orientali. I soldati tedeschi, terrorizzati dai
franchi tiratori che già li avevano infastiditi durante la
guerra franco-prussiana del 1870, e animati da presunte storie di
loro commilitoni accoltellati alle spalle o torturati mentre erano
feriti e inermi, si ostinarono a combattere con ferocia ogni atto da
loro giudicato "illegale". In quasi un mese, vale a dire il tempo
che durò l'avanzata in Belgio, i soldati del Reich fecero
oltre cinquemila vittime tra i civili. A differenza della seconda
guerra mondiale in cui le stragi vennero commesse da appositi
reparti, in questo caso i massacri vennero compiuti da unità
qualsiasi sparpagliate in tutto l'esercito imperiale467.
Alle città invase venne spiegato che la Germania non era in
grado di fornire adeguate scorte alimentari per via del blocco
navale attuato dall'Intesa, e le popolazioni vennero salvate solo
dai cibi statunitensi distribuiti dalla Commissione di soccorso
guidata dal futuro presidente Herbert Hoover, che si occupò
anche dell'oltre mezzo milione di uomini rimasti disoccupati dopo lo
spostamento delle fabbriche belghe in Germania, dove vennero inviati
anche oltre 60.000 lavoratori coatti e alcune decine di migliaia di
loro colleghi volontari. Altri uomini, donne e ragazzi vennero
obbligati ai lavori agricoli nelle vicinanze del luogo di
coscrizione.468 Per dividere ulteriormente la popolazione, i
tedeschi fecero leva sugli antichi dissapori tra i fiamminghi ed i
valloni, arrivando fino a riconoscere il Governo provvisorio delle
Fiandre guidato dal fiammingo August Borms469.
Crimini di guerra vennero compiuti anche dalla marina tedesca.
Rispetto alla seconda guerra mondiale, nell'ambito della quale il
processo di Norimberga verificò un solo caso di violazione
delle leggi umanitarie da parte di un U-Boot, nei mari dove venne
combattuta la prima guerra mondiale vi furono frequenti
mitragliamenti di naufraghi e siluramenti di navi ospedale470.
Genocidi etnici
La prima guerra mondiale ebbe anche dei suoi genocidi. Il più
noto è quello armeno, perpetrato dai turchi nel biennio
1915-1916. Essendo l'esercito turco impegnato nel Caucaso contro i
russi, le autorità turche decisero di deportare le poco
fedeli popolazioni armene che vivevano alle sue spalle in
Mesopotamia e Siria, ma centinaia di migliaia di armeni morirono
durante le marce per fame, malattia o sfinimento. Dopo la cessazione
delle ostilità da parte dell'Impero ottomano, Mustafa Kemal
sterminò altre decine di migliaia di armeni per rendere
più compatto il ceppo razziale turco471.
Benché vi fossero meno occasioni per infierire sulle
popolazioni nemiche, crimini di guerra furono compiuti anche dalle
potenze dell'Intesa. Gli abitanti che abitavano le terre lungo
l'Isonzo occupate dagli italiani nel 1915 manifestarono in
più di un'occasione i loro sentimenti ostili all'Italia. A
Dresenza venne compiuto un attentato, peraltro fallito, contro il
generale Donato Etna, e per rappresaglia gli italiani uccisero
alcuni abitanti. A Villesse, dopo un attacco della popolazione
contro i bersaglieri, vennero fucilati più di cento civili.
Da queste terre furono deportati nell'Italia meridionale circa
70.000 abitanti, e lo stesso fece l'Austria-Ungheria con i civili di
sentimenti italiani, rumeni o serbi. La Russia invece obbligò
le popolazioni tedesche del Volga a trasferirsi in Siberia472.
Impero ottomano
Tra il 1914 e il 1920 fu intrapresa dall'Impero ottomano un'azione
di sterminio di massa nei confronti dei cristiani della Chiesa
assira d'Oriente, della Chiesa ortodossa siriaca, della Chiesa
cattolica sira e della Chiesa cattolica caldea durante il governo
dei Giovani Turchi: questa operazione passerà alla storia
come "genocidio assiro". Sulla vetta di una montagna, il Ras-el
Hadjar, centinaia di ragazzi tra i sei e quindici anni vennero
sgozzati brutalmente e poi buttati dal precipizio. Questo fu solo
uno dei tanti episodi che seguirono e che continuarono a prendere di
mira i cristiani assiro-caldeo-siriaci. Nell'aprile del 1915 la
stessa sorte toccò agli abitanti del villaggio di Tel Mozilt
e di altri 30 paesi in particolare della provincia di Van. Nel marzo
1918 fu infine assassinato il patriarca Mar Shimun XXI Benyami, che
era allora la somma autorità religiosa in Assiria. Si valuta
che i morti non siano stati meno di 275.000. Nonostante i numeri
enormi questo genocidio non ha mai fatto tantissimo scalpore e
infatti se ne è discusso per la prima volta al Parlamento
europeo solo il 26 marzo 2007473.
Ben più noto è il cosiddetto genocidio greco che,
iniziato nel 1914, si è prolungato sino al 1924. La
persecuzione è stata subita da una popolazione greca
originaria del Ponto, perciò detta, i greci del Ponto. La
ragione anche in questo caso è religiosa, infatti, essendo
una delle poche minoranze cristiane in Medio Oriente, soffrirono un
terribile massacro da parte degli ottomani che passerà alla
storia come genocidio greco. In realtà il termine è
stato oggetto di controversie tra la Turchia e la Grecia. Alla
Grecia, che ha dichiarato nel 1994 il 19 maggio giornata
commemorativa, si sono associati, nel riconoscerlo come genocidio,
vari stati americani. Le vittime, non solo di morte violenta, ma
anche per le conseguenze, dunque malattia e fame, nel giro di sette
anni arrivarono a circa 350.000474.
Impero Russo
Circa 200.000 tedeschi che vivevano in Volinia e circa 600.000 ebrei
furono deportati dalle autorità russe475. Nel 1916, fu
inoltre emesso un ordine di espulsione per circa 650.000 tedeschi
del Volga a est, ma la rivoluzione russa ne impedì
l'attuazione476. Molti pogrom accompagnarono la rivoluzione del 1917
e la conseguente guerra civile russa: tra i 60.000 e i 200.000
civili ebrei vennero uccisi atrocemente in tutto l'Impero russo477.
L'esperienza dei soldati
Guerra e ammutinamento
Nel 1917, dopo quasi tre anni di scontri sanguinosi con risultati
modesti, iniziò a serpeggiare nelle file di molti eserciti un
deciso malcontento, esploso tra gli uomini dell'esercito francese il
27 maggio 1917, quando 30 000 soldati francesi ammutinarono,
lasciando la prima linea lungo lo Chemin des Dames e portandosi
nelle retrovie, rifiutandosi di obbedire agli ordini. Questo
ammutinamento non fu un evento raro: il fenomeno si estese a circa
metà dell'esercito francese, circa 50 divisioni478. Il
1º giugno a Missy-aux-Bois un reggimento di fanteria francese
si impadronì della città e nominò un "governo
pacifista"; per una settimana regnò il caos in tutto il
settore francese del fronte mentre gli ammutinati si rifiutavano di
tornare a combattere. Le autorità militari agirono
tempestivamente, e sotto il pugno di ferro di Pétain
cominciarono gli arresti di massa e si insediarono le corti
marziali. I tribunali francesi giudicarono colpevoli di
ammutinamento 23.395 soldati, di questi, più di 400 furono
condannati a morte, 50 fucilati e gli altri inviati ai lavori
forzati nelle colonie penali. Contemporaneamente Pétain
introdusse miglioramenti, concedendo alle truppe periodi di riposo
più lunghi, congedi più frequenti e rancio migliore;
dopo sei settimane gli ammutinamenti erano cessati479.
Sui campi di battaglia viveva uno stridente contrasto: sul fronte
occidentale come su quello orientale, alla ferocia dei combattimenti
si contrapponevano diserzioni di massa, ammutinamenti e
fraternizzazione. A Pietrogrado il governo provvisorio faceva da
contrappeso alla volontà dei Soviet favorevoli all'immediata
cessazione di ogni ostilità. Ai primi di aprile del 1917
truppe russe fraternizzarono con i tedeschi, ma un'unità di
artiglieria fedele al governo sparò sui ribelli, il cui
leader, il tenente Haust, arrestò due ufficiali che avevano
dato l'ordine di aprire il fuoco. Il 24 aprile i marinai di
Kronštadt si schierarono con i bolscevichi, proclamando che non
avrebbero rispettato gli ordini del governo; a questo si associarono
gli scioperi nell'industria che ridussero la produzione di carbone
di un quarto rispetto al 1916480. Il comandante in capo russo
Michail Vasil'evič Alekseev riferì al ministro della guerra
che «l'esercito si sta sistematicamente sgretolando»; ai
primi di maggio il numero dei disertori in seno all'esercito russo
sfiorava i due milioni; nello stesso mese l'intera 120ª
divisione russa si rifiutò di raggiungere le trincee,
disertando in massa481.
Per tutta l'estate nelle file russe gli episodi di diserzione
andavano aumentando, i primi di settembre ci furono anche degli
scontri tra soldati britannici e la polizia militare del campo di
Étaples, dove i convalescenti soldati britannici era
costretti a marce forzate e un duro riaddestramento alla guerra coi
gas. Ciò causò malcontento, ma dopo alcuni scontri, il
12 settembre il breve ammutinamento britannico fu risolto. Pochi
giorni dopo, a La Courtine - sud di Parigi - una brigata russa
schierata ad occidente issò la bandiera bolscevica e si
rifiutò di andare in trincea482. Di lì a poco tempo,
le sempre più numerose diserzioni tra le file russe
riflettevano l'avanzata della rivoluzione; il 3 novembre le truppe
russe del fronte baltico gettarono le armi e fraternizzarono col
nemico tedesco, il 7 novembre 18 bolscevichi circondarono il palazzo
d'Inverno e in poco tempo il governo provvisorio fu spazzato via a
favore di un governo bolscevico che come primo atto avviò le
trattative di pace con gli Imperi centrali483.
Prigionia
I prigionieri di guerra vissero generalmente in condizioni pietose.
Nell'agosto 1915 i comandi austro-ungarici vennero raggiunti da un
ordine che li obbligava a trattare i prigionieri italiani,
appartenenti ad una nazione traditrice, più duramente dei
prigionieri russi o serbi, considerati avversari "leali". Dei
600.000 italiani finiti in mano austro-ungarica, ne morirono durante
la prigionia almeno 120.000, di cui circa il 65% per tubercolosi,
cachessia o inedia. Sovente i prigionieri italiani vennero mandati
al fronte a scavare trincee484.
L'Impero tedesco occupò i prigionieri "occidentali"
nell'industria di guerra, elargendo piccole paghe e un trattamento
discreto. Russi e rumeni continuarono invece a soffrire la fame nei
campi di prigionia, e forse non più della metà di essi
sopravvissero alla guerra485. All'inizio del 1916 la Russia aveva
sotto controllo 100.000 prigionieri tedeschi e 900.000
austro-ungarici. Questi non furono sottoposti a particolari
vessazioni, ma il freddo e privazioni varie ne avevano già
uccisi, alla fine dell'anno, 70.000486.
Corrispondenza dal fronte
Tra i documenti che ci sono giunti a ricordo della prima guerra
mondiale, abbiamo una buona serie di missive che testimoniano la
terribile situazione sofferta non solo dai militari, ma anche dai
civili dell'epoca. I mittenti sono il più delle volte soldati
semplici che tentano in ogni modo di tenersi in contatto con la
famiglia. Quindi il momento della consegna della posta era sempre
atteso con ansia e gioia ed era forse uno dei pochi pensieri che
sollevava il morale dei soldati. La scrittura utilizzata è
spesso di difficile comprensione, poiché in dialetto o di
scrittura incerta (spesso dovuta alle condizioni improbe): gli
errori di punteggiatura e ortografia erano inevitabili487.
Inviare e ricevere lettere era sempre difficile per varie ragioni.
Innanzitutto bisogna tenere da conto la difficoltà di
procurarsi carta, penna, inchiostro e francobollo. A causa della
scarsità di mezzi di cui disponevano, molti soldati non
avevano la possibilità di dare notizie ai propri cari. Ma non
era l'unico problema: l'ostacolo più grande era sicuramente
rappresentato dalla censura. Spesso inconsapevolmente, i soldati
erano a conoscenza d'informazioni che minacciavano la sicurezza
nazionale, e la censura, per evitare la loro divulgazione,
interveniva aprendo i documenti, controllando il contenuto e, se
ritenuto innocuo, richiudendo le buste con le cosiddette "fascette
di censura", che recavano la scritta "Verificato per censura".
Spesso le lettere venivano fatte passare ma con delle modifiche,
come cancellazioni con l'inchiostro di china. Vietato era inviare
cartoline rappresentanti paesaggi (che potevano rivelare la propria
posizione) o utilizzare sistemi criptati di comunicazione quali la
stenografia o il codice Morse. Sottostava ad ancora più
rigidi controlli la posta dei prigionieri di guerra, che veniva
controllata più volte sia dalla censura nemica, che da quella
del proprio stato488.
Supporto e opposizione alla guerra
Coscrizione e volontari
Le potenze entrate in guerra reclutarono anche le popolazioni
indigene delle colonie per sostenere il proprio sforzo bellico.
Mentre la Germania, subito privata del contatto dalle sue colonie,
usò le popolazioni locali esclusivamente contro i britannici
in Africa, l'Intesa non ebbe limiti nell'arruolare e trasportare gli
uomini del suo vasto impero coloniale nelle trincee europee489.
Durante il conflitto la Francia mobilitò 818.000 coloniali,
449.000 dei quali combatterono nel territorio metropolitano490.
Più consistente fu invece la risposta del Commonwealth
all'appello della Gran Bretagna: Canada, Australia, Nuova Zelanda e
Sud Africa misero a disposizione soldati che vennero poi destinati
al fronte occidentale o al Medio Oriente, mentre le truppe di
colore, per ragioni climatiche, furono impiegate prevalentemente al
di fuori dell'Europa. Nel complesso appartenevano alle colonie
britanniche circa il 50% dei soldati (2.747.000) combattenti
dall'Impero491.
Le colonie francesi non opposero molta resistenza alla coscrizione,
eccetto alcuni tumulti nel Tonchino e a più gravi rivolte in
Algeria nel 1916. Più turbolento fu invece il comportamento
delle colonie britanniche. In Sud Africa scoppiò nel 1914 una
ribellione dei boeri sedata dai boeri fedeli alla Corona, mentre
nell'Impero Anglo-Indiano lo scontento esplose dopo la guerra, nel
1919, con una rivolta nel Punjab, sedata nel sangue con centinaia di
vittime tra gli indiani (strage di Amritsar)492.
Il ruolo degli intellettuali e della stampa
A partire dal 10 agosto 1914, con Louis Gillet, futuro occupante di
un seggio della Académie française, che "invocava che
la Francia diradasse una volta per sempre le nebbie di germanesimo
che l'avevano avvolta e che insozzavano il mondo con una patina di
volgarità"493, il mondo intellettuale francese che visse
durante la prima guerra mondiale fu pressoché unanime (solo
lo scrittore Romain Rolland si discostò dai suoi illustri
colleghi) nell'incitare alla guerra contro il nemico e a combattere
per la civiltà e la vittoria finale, contro un nemico
inferiore di razza (Edmond Perrier, al tempo direttore del Museo
nazionale di storia naturale di Francia, affermò che
«Il cranio del principe di Bismarck richiama quelli degli
uomini fossili di La Chapelle-aux-Saints»494) che andava
contrastato accorrendo ad arruolarsi (così come invitavano a
fare i Nobel per la letteratura Maurice Maeterlinck e Anatole
France). Gli scienziati e le scoperte tedesche vennero screditate
dal fisico Pierre Duhem, dallo zoologo Louis-Félix Henneguy e
dal matematico Émile Picard495. Henri Bergson affermò
che la guerra alla Germania equivaleva a combattere la barbarie;
Frédéric Masson, uno studioso di Napoleone, propose di
abolire la musica di Richard Wagner per evitare la contaminazione
della cultura francese, mentre Action française
auspicò la rimozione del tedesco dalle lingue studiate nelle
scuole; più di tutti spiccò la figura di Maurice
Barrès, acceso nazionalista che arringò il popolo
francese scrivendo che Guglielmo II praticava il culto di Odino e
depositando presso il Parlamento un progetto di legge che istituiva
una festa nazionale dedicata a Giovanna d'Arco. Vi fu anche chi
asserì che la lettera "K" dovesse essere cancellata dai
dizionari perché troppo tedesca e Beethoven non venne
più suonato496.
Anche i tedeschi, almeno fino al 1915, usarono toni simili. Wilhelm
Wundt sostenne che la guerra della Germania contro la Russia era una
guerra di civiltà. Nell'ottobre 1914 novantatré tra
umanisti, scienziati ed intellettuali tedeschi difesero l'operato
dello stato maggiore dell'esercito pubblicando un appello rivolto
«alle nazioni civili»497. Un mese dopo Thomas Mann
scrisse un articolo in cui identificava il militarismo tedesco nella
"Kultur", ossia l'organizzazione spirituale del mondo, sostenendo
che la pace era un elemento che corrompeva la civiltà, a meno
che non fosse stata raggiunta dopo la vittoria della Germania in
Europa. Ernst Haeckel invocò sia la sconfitta della Russia
che della Gran Bretagna, ed Ernst Lissauer fu premiato per aver
composto una "Canzone di odio contro l'Inghilterra" ("Hassgesang
gegen England"). Ancora, il Nobel per la chimica Wilhelm Ostwald si
disse convinto che la Germania avesse tutte le qualità per
meritarsi il predominio in Europa498.
Dal 1915 i chierici tedeschi, visti i lutti di guerra e influenzati
dal gran numero di intellettuali ebrei presenti tra le loro fila, si
accostarono ad una maggiore pacatezza, mentre in Francia il
nazionalismo intellettuale continuò per tutta la durata della
guerra499. Questo è verificabile anche guardando alla stampa
dei due paesi: in Germania i giornali pubblicarono i comunicati
dell'agenzia Havas nonché i bollettini di guerra francesi,
che venivano pubblicati anche ne "La Gazette des Ardennes", unico
giornale autorizzato di lingua francese nella zona occupata dai
tedeschi. Il clima, poi, era in generale più rispettoso: le
opere di Molière non vennero mai vietate e il Frankfurter
Zeitung, ad esempio, rese gli onori al compositore francese Claude
Debussy, morto nel marzo 1918, dedicandogli due colonne di giornale.
La stampa francese era invece colma di roboanti quanto esagerati
racconti di prima linea, pubblicava solo i comunicati tedeschi
favorevoli alla Francia e, soprattutto, era limitata da una forte
censura che calò d'intensità solo con la nomina di
Clemenceau alla presidenza del consiglio (novembre 1917)500.
Più libera era invece la stampa britannica, che tuttavia non
ebbe il permesso di uscire fuori dalla nazione501.
La propaganda e la censura
Uno degli aspetti rilevanti della Grande Guerra fu il sistematico
impiego della propaganda (e della censura) da parte di tutte le
autorità civili, militari e perfino religiose di ogni nazione
belligerante, al fine di giustificare di fronte all'opinione
pubblica e rendere accettabili ai combattenti scelte di ordine
politico, economico, sociale e militare eticamente discutibili.
Propaganda e censura furono istituzionalizzate quasi ovunque,
creando appositi uffici che si occupassero di controllare le
informazioni circolanti e di crearne di nuove secondo gli schemi
prefissati dai Governi e dagli Stati Maggiori.
In Italia l'attività di propaganda a favore dell'intervento,
prima, e della guerra dopo il 24 maggio 1915 si diffuse
pervasivamente attraverso la costituzione sistematica - presto
controllata attraverso decreti ministeriali (dei ministeri degli
Interni e della Guerra) e circolari Prefettizie - di innumerevoli
Comitati nazionali e locali; questi ultimi, promossi dai maggiorenti
del posto o dallo stesso Sindaco, presero vita praticamente in ogni
Comune, raccogliendo l'adesione delle Pro-loco, delle Associazioni,
delle Società Cooperative, dei Circoli, delle Congregazioni
ed orientandone l'attività verso iniziative diverse, come
l'organizzazione di iniziative e manifestazioni per la raccolta di
fondi destinati alle famiglie dei richiamati, l'intrattenimento dei
soldati in licenza, la produzione o la raccolta di generi alimentari
e di abbigliamento (specialmente indumenti di lana) destinati ai
combattenti, l'assistenza ai convalescenti, l'onoranza ai caduti -
le cui salme iniziavano a tornare dalle zone di guerra, e molte
altre.
Soprattutto nei primi mesi fu fervida in ogni luogo l'organizzazione
di intrattenimenti come concerti, recite, giochi di società,
feste e altro, con il corredo di cortei, palchi, discorsi pubblici,
ecc.; spesso gli intrattenimenti facevano uso di materiali
omologati, generalmente banali e di qualità artistica
relativa, presi sia dal repertorio più o meno classico
(monologhi, romanze, commedie, arie classiche, inni, cori)
variamente arrangiato ad uso popolare in marcette, farse, scenette
comiche e canzonette, sia da un repertorio che si andava via via
formando raccogliendo nuova iconografia e nuovi stereotipi legati
all'avvenimento in corso: esempi ne furono l'Inno Interventista di
Italo Compagni o il Soldato Belga morente di Palmabella502.
Erano queste iniziative che, se da un lato erano tese al nobile fine
di alleviare le sofferenze dei combattenti e delle rispettive
famiglie, dall'altro acceleravano il progressivo distacco tra chi la
guerra la vedeva da lontano e chi la viveva sulla propria pelle.
Quando costoro tornavano a casa, in licenza o in convalescenza per
qualche malattia o ferita più o meno grave, vedendo questi
spettacoli non potevano che trovarli insopportabili.
La pace e la memoria
In tutta Europa, su ogni campo di battaglia, in ogni città e
paese in lutto, sorsero monumenti; alcuni piccoli, alcuni grandi e
altri - pochi - come a Vimy, sulla Somme e a Douaumont, immensi503.
Parallelamente si alternavano in tutti i campi di battaglia
cerimonie e commemorazioni; nell'autunno del 1920 il capo della
Commissione imperiale per le tombe di guerra britannica scelse
cinque spoglie tra i caduti senza nome sul fronte occidentale, di
questi cinque venne affidato al tenente colonnello Henry Williams il
compito di sceglierne uno da inumare a Londra per consentire a
centinaia di migliaia di parenti e amici di avere un luogo dove
ricordare e pregare per i propri cari dispersi in battaglia. La
salma fu scortata per tutto il nord della Francia, poi il feretro
salpò per la Gran Bretagna a bordo del cacciatorpediniere
Verdun, e l'11 novembre 1920 ebbe luogo a Londra la solenne
cerimonia funebre del Milite Ignoto504.
Una dopo l'altra le tombe del Milite Ignoto vennero inaugurate in
tutti i paesi partecipanti al conflitto appena concluso. I tedeschi
ne eressero uno a Tannenberg nel 1927 e uno al Neue Wache di Berlino
nel 1931, a Parigi venne posizionata la tomba del Milite Ignoto alla
base dell'Arco di Trionfo505, in Italia venne affidata a Maria
Bergamas, la madre del volontario irredento Antonio Bergamas
disperso in combattimento, la scelta di una salma tra undici bare di
soldati non identificati caduti in vari fronti di battaglia. La bara
prescelta fu deposta in un carro ferroviario che sfilò in
tutta Italia fino a Roma dove il 4 novembre 1921 fu prima deposta
nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, per poi
essere traslata negli anni trenta al Vittoriano506.
Su tutti i campi di battaglia nacquero cimiteri di guerra gestiti
dalle commissioni di guerra dei diversi paesi, che diventarono meta
di pellegrinaggio per chi era alla ricerca di un proprio caro o per
commemorare un camerata. Non passò anno senza che si
celebrasse qualche toccante cerimonia o si inaugurasse un
monumento507 Queste cerimonie ebbero uno stop durante il secondo
conflitto mondiale, quando molti dei campi di battaglia della prima
guerra mondiale vennero occupati dai tedeschi, ma dopo la fine del
conflitto ripresero e ogni anno si ripetono in tutti i paesi
coinvolti nel conflitto.
Repubblica di Weimar
Il periodo della Storia della Germania che va dal 1919 al 1933
è conosciuto come Repubblica di Weimar (Weimarer Republik, in
tedesco). Prende il nome dalla città di Weimar, dove si tenne
un'assemblea nazionale per redigere una nuova costituzione dopo la
sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale.
Il primo tentativo di stabilire una democrazia liberale in Germania
fu un periodo di grande tensione e di conflitto interno, che si
concluse con l'ascesa al potere di Adolf Hitler e del Partito
Nazionalsocialista nel 1933. Anche se tecnicamente la costituzione
del 1919 non venne mai revocata del tutto fino a dopo la seconda
guerra mondiale, le misure legali prese dal governo nazista nel
1933, che sono comunemente conosciute come Gleichschaltung, in
effetti distrussero tutti i meccanismi forniti da un normale sistema
democratico: è quindi comune segnare il 1933 come la fine
della Repubblica di Weimar.
Rivoluzione controllata: la fondazione della Repubblica (1918-1919)
Dal 1916 in poi, l'Impero tedesco era stato all'atto pratico
governato dai militari, guidati dall'Oberste Heeresleitung (OHL,
Comando Supremo dell'Esercito) tramite il Capo di Stato Maggiore
Paul von Hindenburg. Quando divenne evidente che la prima guerra
mondiale era persa, l'OHL richiese che venisse instaurato un governo
civile. Ogni tentativo di continuare la guerra dopo che la Bulgaria
aveva abbandonato gli Imperi Centrali avrebbe provocato
l'occupazione del territorio nazionale. Il nuovo cancelliere del
Reich, principe Maximilian von Baden, offrì quindi un cessate
il fuoco al Presidente statunitense Woodrow Wilson, il 3 ottobre
1918. Il 28 ottobre 1918 la costituzione del 1848 venne emendata per
rendere il Reich una democrazia parlamentare: diversamente da quanto
previsto dalla costituzione del 1871, il Cancelliere avrebbe
risposto al Parlamento, il Reichstag, e non più
all'Imperatore.508
Il piano allora in corso per trasformare la Germania in una
monarchia parlamentare anche de iure divenne ben presto obsoleto,
mentre la nazione scivolava in uno stato di caos quasi completo. La
Germania era inondata da soldati di ritorno dal fronte, molti dei
quali erano feriti sia fisicamente che psicologicamente; la violenza
comune era dilagante, con risse che scoppiavano anche tra gruppi
rivali di sinistra ai funerali dei loro capi assassinati dagli
avversari di destra e viceversaWikipedia:Uso delle fonti.
La ribellione esplose quando, il 29 ottobre, il comando militare,
senza essersi consultato con il governo, ordinò alla Flotta
d'alto mare (Hochseeflotte) una sortita che non solo era senza
speranza da un punto di vista militare, ma che avrebbe anche portato
sicuramente a un arresto dei negoziati di pace. Gli equipaggi di due
navi ormeggiate a Wilhelmshaven si ammutinarono. Quando i militari
arrestarono circa mille marinai e li fecero trasportare a Kiel, la
rivolta locale si trasformò in una ribellione generale, che
dilagò rapidamente in gran parte della Germania. Altri
marinai, soldati e persino operai solidarizzarono con gli arrestati,
iniziando a eleggere consigli di lavoratori e soldati modellati sui
soviet della Rivoluzione Russa del 1917 e presero il potere civile e
militare in molte città. Il 7 novembre la rivoluzione aveva
raggiunto Monaco di Baviera, provocando la fuga di Ludwig III di
Baviera in qualità di primo monarca di Germania decaduto.
Inizialmente le richieste dei consigli erano modeste, limitandosi
alla liberazione dei marinai arrestati. Contrariamente alla Russia
dell'anno precedente, i consigli non erano controllati da un partito
comunista. Nonostante ciò, con il vicino sorgere della Russia
bolscevica, la ribellione causò grande tensione dalle classi
medie in su che temevano una prossima trasformazione della nazione
in una Repubblica SocialistaWikipedia:Uso delle fonti.
A quel tempo la rappresentanza politica della classe operaia era
divisa; una fazione si era separata dai Socialdemocratici, si
chiamava "Social Democratici Indipendenti" (USPD, da
Unabhängige Sozialdemokratische Partei Deutschlands) e spingeva
verso un sistema socialista. I restanti "Social Democratici
Maggioritari" (MSPD), che appoggiavano un sistema parlamentare,
decisero di mettersi alla testa del movimento allo scopo di non
perdere la loro influenza e, sempre il 7 novembre, chiesero
all'Imperatore Guglielmo II di abdicare. Il 9 novembre 1918 la
Repubblica venne proclamata da Philipp Scheidemann, affacciatosi ad
una finestra del palazzo del Reichstag di Berlino. Due ore dopo una
"Repubblica Socialista" venne proclamata, a poche centinaia di
metri, da un balcone del Castello di Berlino da Karl Liebknecht.
Sempre il 9 novembre, con un atto discutibile dal punto di vista
legale, il Reichskanzler, principe Maximilian von Baden,
trasferì i propri poteri a Friedrich Ebert, il capo della
MSPD. Fu evidente che questo atto non sarebbe stato sufficiente a
soddisfare le masse, sicché il giorno dopo, venne eletto un
governo rivoluzionario chiamato "Consiglio dei Commissari del
Popolo" (Rat der Volksbeauftragten), composto da membri della MSPD e
della USPD, guidato da Ebert per la MSPD e da Hugo Haase per la
USPD. Anche se il nuovo governo venne confermato dal consiglio dei
lavoratori e dei soldati di Berlino, fu avversato dagli
spartachisti, l'ala sinistra della USPD guidata da Rosa Luxemburg e
Karl Liebknecht. Ebert chiese la convocazione di un Congresso
Nazionale dei Consigli, che ebbe luogo dal 16 al 20 dicembre 1918, e
nel quale la MSPD aveva la maggioranza. Ebert riuscì a
imporre rapide elezioni per un'Assemblea Nazionale che doveva dar
vita a una costituzione per un sistema parlamentare, marginalizzando
così il movimento che richiedeva una Repubblica Socialista.
Per assicurarsi che il suo governo fosse in grado di mantenere il
controllo sulla nazione, Ebert fece un patto con l'OHL, ora guidato
dal successore di Ludendorff, il generale Wilhelm Groener. Il Patto
Ebert-Groener essenzialmente stabiliva che il governo non avrebbe
cercato di riformare l'esercito fino a quando l'esercito giurava di
difendere il governo. Da una parte, questo accordo simboleggiava
l'accettazione di un nuovo governo da parte dei militari, calmando
le preoccupazioni della classe media; dall'altra parte, venne
considerato un tradimento degli interessi dei lavoratori da parte
della sinistra; inoltre stabiliva l'Esercito come un gruppo
indipendente e conservatore all'interno dello stato, in grado di
influenzare il destino della neonata Repubblica. Questo fu uno dei
tanti passi che determinò la permanente suddivisione della
rappresentanza politica della classe operaia in SPD e comunisti. La
divisione divenne definitiva dopo che Ebert fece richiesta all'OHL
di truppe per sedare un altro ammutinamento di soldati a Berlino, il
23 novembre 1918, nel quale i soldati in rivolta avevano catturato
il comandante della città e chiuso la Reichskanzlei, nella
quale il Consiglio dei Deputati del Popolo risiedeva. L'intervento
fu brutale, con parecchi morti e feriti. Ciò indusse
l'estrema sinistra a invocare la scissione dalla MSPD che, nella
loro visione, era sceso a patti con i militari controrivoluzionari
per sopprimere la rivoluzione. La USPD lasciò quindi il
Consiglio dei Deputati del Popolo dopo solo sette settimane. La
spaccatura si approfondì quando, nel mese di dicembre, la
Kommunistische Partei Deutschlands (KPD) venne formata da un certo
numero di gruppi di sinistra, inclusa l'ala sinistra della USPD e i
gruppi Spartachisti.
In gennaio ci furono ulteriori tentativi di stabilire uno stato
socialista da parte dei lavoratori nelle strade di Berlino, ma
questi tentativi vennero soffocati nel sangue dalle unità
paramilitari dei Freikorps, truppe composte da ex-soldati e
volontari solitamente di estrema destra. Gli scontri culminarono il
15 gennaio con la morte di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht. Con
l'affermazione di Ebert, gli assassini non vennero processati
davanti a una corte civile, ma davanti a una militare, il che
portò alla comminazione di pene molto lievi, che non
portarono precisamente a una maggiore accettazione di Ebert da parte
della sinistra. Le elezioni dell'Assemblea Nazionale avvennero il 19
gennaio 1919. In questa occasione i nuovi partiti della sinistra,
inclusi la USPD e la KPD, furono a malapena in grado di
organizzarsi, permettendo la costituzione di una solida maggioranza
delle forze moderate. Per evitare le continue lotte a Berlino,
l'Assemblea Nazionale si riunì nella città di Weimar,
motivo per cui il nascente stato veniva in seguito soprannominato
Repubblica di Weimar (in tedesco: Weimarer Republik). La
Costituzione di Weimar creò una repubblica con un sistema
semi-presidenziale, nel quale il Reichstag era eletto da una
rappresentanza proporzionale. Durante i dibattiti di Weimar, le
lotte continuarono. Una Repubblica Sovietica venne dichiarata a
Monaco di Baviera, solo per essere abbattuta dai Freikorps e da
unità dell'esercito regolare; combattimenti sporadici
continuarono a scoppiare in giro per il paese.
Ci furono scontri anche nelle province orientali della Germania, che
erano fedeli all'Imperatore e non volevano far parte della
Repubblica: la Grande Sollevazione Polacca nella Provincia di Posen
e tre sollevazioni slesiane nella Slesia Superiore. Nel frattempo,
la delegazione di pace tedesca in Francia firmava il Trattato di
Versailles, accettando pesanti riduzioni dell'esercito tedesco,
pesanti pagamenti per le riparazioni, e la cosiddetta clausola della
"Germania come unica responsabile dello scoppio della guerra", che
venne inserita su insistenza francese nonostante la
contrarietà del presidente americano Wilson. Particolarmente
pesanti sul piano morale risultavano l'articolo 227, in forza del
quale l'ex imperatore Guglielmo II veniva messo in stato d' accusa
di fronte a un venturo Tribunale Internazionale "per offesa suprema
alla morale internazionale" e l'art. 231, in cui appunto "la
Germania riconosce che essa e i suoi alleati sono responsabili per
aver causato tutti i danni subìti dai Governi Alleati e
associati e dai loro cittadini a seguito della guerra, che a loro
è stata imposta dall'aggressione della Germania e dei suoi
alleati".
L'accettazione del Trattato rappresenta una sorta di "peccato
originale" della Repubblica di Weimar, che alienò subito il
favore di gran parte della popolazione tedesca, e che infine
favorì l'impetuosa ascesa elettorale dei nazisti. A
testimonianza dell'odio che il Trattato suscitò in terra
tedesca può ricordarsi che nel 1921 furono assassinati
Matthias Erzberger (politico cattolico che materialmente lo aveva
firmato) e Walther Rathenau (ministro degli esteri di Weimar
impegnatosi a pagare regolarmente le riparazioni di guerra alla
Francia). Adolf Hitler avrebbe più tardi dato la colpa alla
Repubblica e alla sua democrazia per questo trattato. Il Primo
Presidente della Germania, Friedrich Ebert della MSPD, firmò
la nuova costituzione tedesca l'11 agosto 1919.
I primi anni: conflitto interno (1919-1923)
Fin dall'inizio, la Repubblica fu posta sotto grande pressione tanto
dagli estremisti di destra quanto da quelli di sinistra. La sinistra
accusava i Socialdemocratici al potere di aver tradito gli ideali
del movimento operaio, patteggiando con i poteri del vecchio stato
invece di mettere in atto una rivoluzione comunista. La destra si
opponeva a un sistema democratico, perché avrebbe preferito
mantenere uno stato autoritario come l'Impero del 1871. Per minare
la credibilità della Repubblica, la destra, specialmente i
militari, la accusavano di essere responsabile della sconfitta della
prima guerra mondiale propagandando il mito sociale della
Dolchstoßlegende.
Il 13 marzo 1920 ebbe luogo il "Putsch di Kapp", che coinvolse la
presa di Berlino da parte di un gruppo di truppe dei Freikorps e
l'insediamento di Wolfgang Kapp, un giornalista di destra, come
Cancelliere del nuovo governo. I Freikorps, che avevano propri
progetti per il potere, gli si rivoltarono contro. Ebert poté
solo ritirare il suo parlamento da Berlino e riunirlo a Dresda, da
dove il governo indisse uno sciopero generale. Questo ebbe successo
nel fermare completamente l'economia e il governo Kapp
collassò già il 17 marzo.
Il 6 giugno 1920 si tenne la seconda tornata di elezioni della
Repubblica, la prima dall'emanazione della Costituzione: esse
confermarono Ebert alla guida del governo e, nonostante un calo di
consensi, la supremazia dei socialdemocratici. Ispirate dal successo
dello sciopero generale, nel 1920 si ebbero alcune sollevazioni
comuniste nella Ruhr, quando 50.000 persone formarono un'Armata
Rossa e presero il controllo della regione. L'esercito regolare e i
Freikorps misero fine alla sollevazione senza ricevere ordini dal
governo. Altre ribellioni comuniste vennero inscenate nel marzo 1921
in Sassonia e nella città di Amburgo.
Per il 1923 la Repubblica non poteva più permettersi di tener
fede ai pagamenti delle riparazioni di guerra stabilite a Versailles
e il nuovo governo divenne insolvente. Come risposta, nel gennaio
del 1923, le truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr, la regione
a quell'epoca più importante dal punto di vista industriale,
prendendo il controllo delle industrie minerarie e manifatturiere.
Nel gennaio del 1923 vennero di nuovo indetti alcuni scioperi e
venne incoraggiata la resistenza passiva. Gli scioperi durarono per
otto mesi, causando grave sofferenza all'economia e determinando la
necessità di importazioni.
Poiché anche gli operai in sciopero venivano pagati dallo
stato, venne stampata valuta aggiuntiva che innescò un
processo di iperinflazione. Il valore del Papiermark crollò
da 4,2 per ogni dollaro statunitense a 1.000.000 di marchi per
dollaro nell'agosto 1923 e a 4.200.000.000.000 per dollaro il 20
novembre. Il 1º dicembre venne introdotta una nuova valuta con
il tasso di cambio di 1.000.000.000.000 di vecchi marchi per 1 nuovo
marco, il Rentenmark. I pagamenti delle riparazioni vennero ripresi,
e la Ruhr restituita alla Germania.
Il 1923 vide anche un attacco dalla destra che prese forma nel
Putsch della Birreria, messo in piedi da Adolf Hitler a Monaco di
Baviera. Nel 1920 il Partito dei Lavoratori Tedesco (DAP) si
trasformò nel Partito dei Lavoratori Tedesco
Nazionalsocialista (NSDAP) — il partito nazista — che sarebbe
divenuto la forza motrice del collasso della Repubblica di Weimar.
Hitler divenne Segretario del partito nel luglio 1921. Nel novembre
di quell'anno vennero fondate le SA (Sturmabteilung), che avrebbero
agito come l'esercito personale di Hitler nella sua lotta per il
potere.
Quindi, l'8 novembre 1923, il Kampfbund in combutta con Erich
Ludendorff assunse la direzione di un incontro del Primo Ministro
bavarese, Gustav von Kahr, in una birreria di Monaco. Ludendorff e
Hitler dichiararono un nuovo governo e pianificarono di prendere il
controllo di Monaco il giorno seguente. I 3.000 rivoltosi vennero
fermati da cento poliziotti e Hitler venne arrestato e condannato a
cinque anni di prigione, ma ne scontò solo uno, una sentenza
molto lieve. Dopo il fallimento del Putsch della Birreria, il suo
imprigionamento e il successivo rilascio, Hitler si concentrò
sui metodi legali per ottenere il potere.
L'epoca d'oro di Stresemann (1923-1929)
Gustav Stresemann era il leader del Partito Popolare Tedesco, di
formazione democratico-liberale. Fu cancelliere per un breve periodo
nel 1923 e ricoprì il ruolo di Ministro degli Esteri
(1923-1929). Formò un governo di grande coalizione con il
Zentrum e i socialisti. Questo periodo fu di relativa
stabilità per la Repubblica di Weimar, con un minor numero di
sollevazioni e l'inizio di un'apparente ripresa economica.
La politica di Stresemann aveva come fine la riapertura del dialogo
con le potenze straniere e il risollevamento economico della
nazione. La sua prima mossa fu quella di emettere una nuova valuta,
il Rentenmark, per arrestare l'iperinflazione che stava paralizzando
la società e l'economia tedesca. Questo scopo fu raggiunto e
Stresemann si rifiutò ripetutamente di emettere altra valuta,
che era stata la causa iniziale della precedente spirale inflattiva.
Per stabilizzare ulteriormente l'economia, ridusse le spese e la
burocrazia e al tempo stesso aumentò le tasse.
Il governò cercò anche di mettere fine al conflitto
con la Francia e risolse la questione della resistenza passiva della
Ruhr. Inoltre, represse senza mezzi termini tutti i tentativi di
opposizione degli estremisti di destra e sinistra. Durante questo
periodo venne creato anche il piano Dawes per permettere alla
Germania di mantenersi in grado di pagare le riparazioni di guerra.
La maggior parte dei finanziamenti necessari a far ripartire
l'industria produttiva tedesca sarebbero stati messi a disposizione
proprio dagli Stati Uniti che, in questo modo, avrebbero potuto
collocare i capitali eccedenti, investendoli in Germania in cambio
di grandi profitti.
Nel 1925, dunque, l'economia e il sistema finanziario tedesco
sembravano aver superato il momento più difficile. Intanto,
Stresemann strinse con il ministro degli esteri francese Briand una
serie di accordi che normalizzarono finalmente i rapporti tra le due
nazioni. Nell'ottobre del 1925, infatti, si giunse alla firma degli
Accordi di Locarno, cui aderirono anche Inghilterra, Italia, Belgio
e Polonia. Con questo trattato la Germania riconosceva la perdita
dell'Alsazia e della Lorena, accettava la smilitarizzazione della
Renania ma non assumeva impegni riguardo alle frontiere orientali.
Questo fu un vero e proprio successo per la Germania di Stresemann,
la quale non veniva più considerata come una nazione
sconfitta, ma come un interlocutore a livello internazionale.
La Germania fu ammessa nella Società delle Nazioni,
firmò un patto di neutralità con l'Unione Sovietica e
il disarmo venne fermato. Infine, il 24 luglio 1929 entrò in
vigore il Patto Briand-Kellog, per il quale i sottoscrittori (tra
cui, oltre alla Germania, alla Francia e agli Stati Uniti, anche il
Giappone, la Russia e l'Italia) si impegnavano a rinunciare alla
guerra e risolvere i contrasti per via diplomatica. Quello stesso
anno, la morte di Stresemann segnò la fine dell'"epoca d'oro"
della Repubblica di Weimar.
Il collasso della Repubblica di Weimar e l'ascesa di Hitler
Gli ultimi anni della Repubblica di Weimar furono caratterizzati da
un'instabilità politica superiore a quella degli anni
precedenti. Il 29 marzo 1930 l'esperto di finanza Heinrich
Brüning fu nominato da Paul von Hindenburg successore del
Cancelliere Müller dopo mesi di lobbismo politico del generale
Kurt von Schleicher in favore dei militari. Ci si aspettava che il
nuovo governo portasse a uno spostamento verso il conservatorismo,
basato sui poteri speciali garantiti dal Reichspräsident in
base alla costituzione, in quanto non godeva del supporto della
maggioranza nel Reichstag.
Dopo che un decreto impopolare per risanare le finanze del Reich non
trovò l'appoggio del Reichstag, Hindenburg stabilì un
provvedimento di emergenza basato sull'articolo 48 della
costituzione. Il decreto venne di nuovo invalidato il 18 luglio 1930
da un'esigua maggioranza del Reichstag con il supporto di SPD, KPD e
delle allora piccole NSDAP e DNVP. Immediatamente dopo, Brüning
sottomise al Reichstag il decreto presidenziale con il quale veniva
sciolto.
Le successive elezioni generali del Reichstag, il 14 settembre 1930,
risultarono un terremoto politico: il 18,3% dei voti andarono alla
NSDAP, cinque volte in più della percentuale del 1928. Questo
ebbe conseguenze devastanti per la Repubblica: non c'era una
maggioranza nel Reichstag neanche per la Grande Coalizione e questo
incoraggiò i sostenitori della NSDAP a manifestare le loro
richieste di potere con una violenza e un terrore crescenti. A
partire dal 1930 la Repubblica scivolò sempre più in
uno stato di guerra civile.
Dal 1930 al 1933 Brüning tentò di risanare lo stato che
si trovava in una situazione disastrosa e senza una maggioranza in
parlamento, governando con l'aiuto dei decreti presidenziali di
emergenza. In quel periodo la grande depressione raggiunse il
culmine. In linea con le teorie economiche liberali rivelatesi poi
disastrose, secondo cui una minore spesa pubblica avrebbe avviato la
ripresa economica, Brüning tagliò drasticamente le spese
statali. Si aspettava e si accettava che la crisi economica sarebbe
per un certo tempo peggiorata prima di iniziare a migliorare. Tra le
altre cose il Reich bloccò completamente tutte le concessioni
pubbliche per l'assicurazione obbligatoria sulla disoccupazione che
era stata introdotta solo nel 1927, il che risultò in
maggiori contributi da parte dei lavoratori e minori benefici per i
disoccupati, non esattamente una misura popolare.
Il rovescio economico durò fino alla seconda metà del
1932. Per quel tempo, la Repubblica di Weimar aveva perso tutta la
credibilità nei confronti della maggioranza dei tedeschi.
Mentre gli studiosi sono in grande disaccordo sulla valutazione da
dare alla politica di Brüning, si può tranquillamente
dire che contribuì al declino della RepubblicaWikipedia:Uso
delle fonti. Se a quell'epoca esistessero o meno alternative rimane
oggetto di ampio dibattito, quel che è certo è che a
causa del taglio drastico della spesa effettuato in uno stato
già in crisi, il livello di disoccupazione in soli 3 anni
peggiorò incredibilmente, arrivando a sfiorare il 40%,
giustificando il tutto con la promessa di una ripresa economica che
mai ci fu. Il disastro sociale così causato può
considerarsi uno dei motivi principali che crearono l'humus adatto
all'ascesa successiva del partito nazional-socialista di Hitler.
Nell'aprile del 1932, Hindenburg venne rieletto
Reichspräsident, superando al secondo turno Hitler per sei
milioni di voti. Nonostante Brüning avesse appoggiato
fortemente la rielezione di Hindenburg, ne perse la fiducia e
dovette dimettersi il 30 maggio.
Hindenburg incaricò quindi come nuovo Reichskanzler Franz von
Papen, che aveva il supporto di Hitler, ma a prezzo di una serie di
richieste:
il Reichstag sarebbe stato sciolto di nuovo per
indire nuove elezioni;
il bando delle SA, imposto dopo gli scontri di
strada, doveva essere tolto;
il governo socialista della Prussia sarebbe stato
dismesso con decreto d'emergenza.
Le elezioni generali per il Reichstag del 31 luglio 1932 portarono
il 37,2% dei voti alla NSDAP. Hitler ora richiedeva di essere
nominato cancelliere, ma la richiesta venne rifiutata da Hindenburg
il 13 agosto. Non c'era ancora una maggioranza al Reichstag per
nessun governo; come risultato, il Reichstag fu sciolto nuovamente e
si rifecero le elezioni con la speranza che ne risultasse una
maggioranza stabile.
Non fu così. Il 6 novembre 1932 le elezioni diedero il 33,0%
dei voti alla NSDAP, che perse più del 4%. Il 3 dicembre
Franz von Papen si dimise, sostituito come Reichskanzler, dal
generale von Schleicher. Il suo audace piano di formare una
maggioranza all'interno del Reichstag, riunendo i sindacalisti di
sinistra dei vari partiti, compresi quelli della NSDAP guidati da
Gregor Strasser, non ebbe successo.
Il 4 gennaio 1933, Hitler si incontrò in segreto con von
Papen in casa del banchiere di Colonia Kurt von Schroeder. Si
accordarono sulla formazione di un governo di coalizione: oltre a
Hitler, solo altri due membri della NSDAP avrebbero fatto parte del
governo del Reich (Wilhelm Frick come Ministro degli Interni e
Hermann Göring come Commissario per la Prussia), con von Papen
come Vicecancelliere di Hitler. Del nuovo gabinetto avrebbe fatto
parte anche l'influente magnate dei media Alfred Hugenberg, che era
segretario dell'altro partito di destra dell'epoca, la DNVP.
Quando il piano venne finalmente presentato a Hindenburg, questi
nominò Hitler come il nuovo Reichskanzler il 30 gennaio 1933.
Anche se von Hindenburg diffidava di Hitler e disapprovava
fortemente la violenza politica dei nazisti, e aveva sconfitto
Hitler nelle elezioni presidenziali del 1932, condivise, sia pure
con riluttanza, la teoria di von Papen secondo cui, con il supporto
popolare ai nazisti che stava scemando, Hitler poteva essere
controllato come Cancelliere. Questa data viene comunemente
considerata come l'inizio della Germania Nazista e venne di
conseguenza battezzata Machtergreifung ("presa del potere") dalla
propaganda nazista.
Il nuovo governo instaurò la dittatura con una serie di
misure in rapida successione seguendo la filosofia della
Gleichschaltung. Il 27 febbraio 1933 l'edificio del Reichstag venne
ridotto in cenere, della qual cosa i nazisti si avvantaggiarono con
il Decreto dell'incendio del Reichstag. Le successive elezioni del
Reichstag, il 5 marzo 1933, portarono il 43,9% dei voti alla NSDAP;
vennero piantati gli ultimi chiodi nella bara della Repubblica di
Weimar, con l'approvazione della Ermächtigungsgesetz, la legge
dei pieni poteri, del 23 marzo 1933, che diede formalmente a Hitler
il potere di governare per decreto e di smantellare a tutti gli
effetti i resti della costituzione di Weimar. Alla morte di
Hindenburg, il 2 agosto 1934, Hitler fuse assieme gli uffici di
Reichspräsident e di Reichskanzler e si reinsediò con il
nuovo titolo di Führer und Reichskanzler.
Ragioni del fallimento della Repubblica di Weimar
L'individuazione delle ragioni per le quali la Repubblica di Weimar
sia crollata in maniera così catastrofica a favore della
dittatura nazista è ancora oggi oggetto di molti dibattiti.
Da un lato Hitler divenne Reichskanzler in modo legale attraverso i
meccanismi impostati dalla costituzione e la NSDAP aveva guadagnato
la maggioranza relativa dei seggi nelle due elezioni del 1932.
D'altra parte Hitler venne nominato Reichskanzler in un momento in
cui il supporto al "movimento" si era dimostrato insufficiente per
prendere il potere.
Molti tentativi sono stati fatti dagli studiosi per dare varie
motivazioni e, a seconda delle opinioni politiche individuali,
un'analisi può dare più enfasi a una ragione specifica
piuttosto che a un'altra. La situazione è complicata dal
fatto che durante la cosiddetta guerra fredda l'analisi storica fu
offuscata dai tentativi di giustificare una certa
ideologiaWikipedia:Uso delle fonti.
Risulta solamente frutto di una ipotesi sostenere che il nazismo
poteva essere evitato se non fossero state prese certe decisioni.
Per esempio, un'interessante speculazione di questo tipo si chiede
quali risultati avrebbe conseguito la NSDAP nelle consultazioni
elettorali del 1933 se Hitler non avesse avuto il vantaggio di
essere già al governo.
Si può comunque affermare che nessuna ragione, da sola,
è sufficiente per spiegare l'ascesa del nazismo, ed è
dunque più opportuno, probabilmente, parlare di una serie di
concause. I tentativi più comunemente utilizzati si possono
raggruppare in tre correnti principali di seguito sviluppate:
ragioni economiche, istituzionali e personali.
Problemi economici
La Repubblica di Weimar ebbe alcuni tra i più gravi problemi
economici mai sperimentati nella storia di una democrazia
occidentale. L'iperinflazione rampante, la massiccia disoccupazione
e il grave abbassamento della qualità della vita, confrontati
con il periodo precedente alla prima guerra mondiale, furono i
fattori principali del collasso. Con la grande depressione degli
anni trenta, le istituzioni della Repubblica in quanto tali vennero
incolpate da molti per i problemi economici; questo è
evidente nei risultati elettorali, dove i partiti politici che
volevano lo smantellamento completo della Repubblica, sia a destra
che a sinistra dell'arco costituzionale, resero impossibile la
formazione di una maggioranza stabile in parlamento.
In questo contesto, il Trattato di Versailles era considerato dal
popolo tedesco come un documento punitivo e degradante, che
costringeva la nazione a cedere aree ricche di risorse e a pagare
somme enormi a titolo di riparazione di guerra. Queste riparazioni
punitive non solo danneggiarono pesantemente l'economia tedesca, ma
causarono anche grande costernazione e risentimento da parte della
popolazione.
Oggi molti storici concordano che molti industriali identificarono
la Repubblica con i sindacati e i socialdemocratici, poiché
furono questi che stabilirono le concessioni sociali del 1918 e del
1919. Ma anche se alcuni videro Hitler come un mezzo per abolirle,
la Repubblica era instabile ancor prima che certi industriali
iniziassero ad appoggiare Hitler. A parte ciò, anche chi
sostenne la nomina di Hitler non voleva il nazismo nella sua
interezza e considerava Hitler solo come una soluzione temporanea
nella propria ricerca dell'abolizione della Repubblica. Certamente,
il supporto dell'industria non è sufficiente da solo a
spiegare l'appoggio a Hitler da parte di consistenti fette della
popolazione, che comprendevano molti operai che si erano allontanati
dai partiti di sinistra. L'appoggio a Hitler dalle parti socialmente
più deboli della popolazione fu guadagnato dal fuhrer grazie
a una politica economica fortemente espansiva, totalmente contraria
rispetto a quella di Bruning, in cui grazie all'aumento della spesa
pubblica e di interventi statali mirati si ridusse notevolmente il
tasso di disoccupazione, creando lavoro per molti e avvicinandosi a
livelli da piena occupazione.
Problemi istituzionali
Viene comunemente accettato che la costituzione del 1919 aveva una
serie di debolezze fondamentali, che resero l'instaurazione di una
dittatura troppo facile. Che una costituzione differente avrebbe
potuto evitare il Terzo Reich è però discutibile; in
ogni caso, la costituzione del 1949 (il Grundgesetz) riconobbe
queste critiche e può essere vista come una risposta forte a
quelle pecche.
L'istituzione del Reichspräsident veniva
frequentemente vista come un surrogato, un tentativo di rimpiazzare
l'Imperatore ("Ersatzkaiser", sostituto Imperatore), che aveva
abdicato nel 1918, con un'istituzione similarmente forte e
autoritaria. Questo risulta molto evidente nell'articolo 48 della
costituzione, che dava al Presidente il potere di "fare tutti i
passi necessari" se "l'ordine pubblico e la sicurezza fossero state
seriamente disturbati o in pericolo". Anche se era inteso solo come
clausola d'emergenza, questo articolo venne usato anche in anni
precedenti al 1933 per emanare decreti senza il supporto del
parlamento e rese la Gleichschaltung più facile. Per esempio,
il Decreto dell'incendio del Reichstag venne emanato in base
all'articolo 48.
L'uso della rappresentanza proporzionale, senza
alcun sistema di sbarramento, significava che ogni partito con un
minimo di supporto era in grado di ottenere l'ingresso nel
Reichstag, il parlamento della Repubblica. Questo portò a un
grande numero di piccoli partiti, alcuni dei quali avevano
un'ideologia estremista; creò anche una necessità di
coalizione con tali partiti, evidenziata dal fatto che nessuno era
in grado di ottenere una maggioranza completa.
L'SPD, avendo costruito quella che viene definita
"Democrazia Contrattata", tentava di non scontentare nessuna delle
componenti di questo contratto formale, riducendosi a
un'amministrazione senza svolte o prese di posizioni decisive, e
suscitando di conseguenza l'ostilità delle fazioni più
estremiste: i conservatori, che vedevano nell'SPD socialista un
fallimento, e i socialisti stessi, alcuni dei quali si divisero dal
partito per creare il KPD, nel 1919 protagonista, poco dopo, del
biennio di conflitti sociali ispirati anche all' esperienza
sovietica e che diedero adito ai Frei Corps, le future SS, di
imporre l'ordine pubblico con l'uso della forza.
Il Reichstag poteva rimuovere il Reichskanzler
dal suo ufficio anche se non era in grado di accordarsi su un
successore. Questo voto di sfiducia "distruttivo" portò a
molti Cancellieri in rapida successione e aggiunse un altro fattore
di instabilità politica alla Repubblica. Come risultato, il
Grundgesetz del 1949 stabilì che un Cancelliere poteva essere
dimesso dal Parlamento solo se un successore veniva eletto
contestualmente; la cosiddetto sfiducia costruttiva.
La costituzione prevedeva che in caso di
dimissioni o morte del Presidente, il Reichskanzler (Cancelliere) ne
avrebbe assunto l'ufficio (e, soprattutto, ne avrebbe avuto i
poteri) fino all'elezione di un nuovo Presidente. Questo permise a
Hitler di unire di fatto gli uffici di Reichskanzler e
Reichspräsident dopo la morte di Hindenburg nel 1934. Comunque,
per quell'epoca, l'impianto della futura dittatura si stava
già radicando, e questa clausola non può quindi essere
considerata, da sola, come unica causa dell'affermazione del potere
del nazismo.
Visioni personalistiche
Alcuni storici preferiscono sostare lo sguardo analitico dai grandi
eventi, ricercando piuttosto le cause dell'ascesa del nazismo negli
individui e nelle decisioni che presero.
Per esempio, la politica economica di Brüning nel 1930-1933
è stata oggetto di un ampio dibattito. Si può
affermare che essa abbia portato molti a identificare la Repubblica
con i tagli alla spesa sociale e a un'economia estremamente
liberista, peraltro simile in alcuni principi ideologici a quella
perseguita dalla governance europea anche al giorno d'oggi, dopo
l'aggravamento dell'attuale crisi economica in Europa negli anni
successivi al 2010.
Un'altra focalizzazione è su Paul von Hindenburg, che divenne
Reichspräsident nel 1925. Egli era certamente rappresentativo
del vecchio e autoritario Impero del 1871, ed è difficile
etichettarlo come un democratico che sosteneva la Repubblica del
1919. Hindenburg era molto anziano, avendo passato gli 80 anni
d'età negli anni trenta, e ciò fa sorgere dei dubbi
sulla sua lucidità. Egli non fu, comunque, un nazista. Ci si
può chiedere se un presidente differente, con solide
convinzioni democratiche avrebbe permesso al Parlamento di essere
così evidentemente raggirato con l'uso dei decreti permesso
dall'articolo 48; più specificamente, un presidente diverso,
avrebbe firmato il Decreto dell'incendio del Reichstag? Si è
anche speculato sul perché Hindenburg abbia nominato Hitler
come Reichskanzler il 30 gennaio 1933; dopo tutto, Hindenburg attese
un giorno e mezzo prima di prendere la decisione. Alcuni ritengono
che, se Hitler non fosse divenuto Cancelliere, nei mesi seguenti
sarebbe continuato il calo di voti che la NSDAP aveva registrato,
per la prima volta, nelle elezioni del novembre 1932.
Cultura
Durante la Repubblica di Weimar la Germania conobbe un'intensa fase
di espansione artistica, culturale e scientifica. Il nuovo clima di
libertà politica contribuì a fare di Berlino il motore
di una rivoluzione culturale. I 14 anni della Repubblica di Weimar
furono infatti caratterizzati da una notevole produzione
intellettuale: gli artisti tedeschi diedero importanti contributi
nei campi della letteratura, dell'arte, dell'architettura, della
musica, della drammaturgia e nel nuovo mezzo che in quegli anni si
stava affermando, il cinema. Il filosofo Ernst Bloch descrisse quel
periodo come una nuova "età di Pericle".
Fra le opere di tale periodo possono essere segnalate le caricature
politiche di Otto Dix, John Heartfield e George Grosz, il movimento
artistico della Neue Sachlichkeit, film come Metropolis di Fritz
Lang e molte altre opere prodotte dalla Universum Film, il movimento
architettonico del Bauhaus, il teatro epico di Bertolt Brecht, il
funzionalismo di Ernst May e Bruno Taut e il cabaret decadente
documentato da Christopher Isherwood. In campo musicale emergeva la
musica di Kurt Weill e quella atonale e moderna di Alban Berg,
Arnold Schoenberg e Anton Webern, questi ultimi tre peraltro
austriaci, e cresciuti personalmente e musicalmente a Vienna.
Germania nazista
Terzo Reich
Germania nazista o Germania nazionalsocialista e Terzo Reich (in
tedesco Drittes Reich) sono le definizioni con cui comunemente ci si
riferisce alla Germania degli anni tra il 1933 e il 1945, quando si
trovò sotto il regime totalitario del Partito
Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori guidato da Adolf Hitler.
Il termine Terzo Reich intendeva connotare lo stato nazista come il
successore storico del medievale Sacro Romano Impero (962–1806) e
del moderno Impero tedesco (1871–1918). La Germania nazista ebbe due
denominazioni ufficiali, Deutsches Reich (tale denominazione era in
uso sin dal 1871) dal 1933 al 1943, e Großdeutsches Reich (it.
Reich della Grande Germania) dal 1943 al 1945.
Il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler venne nominato Cancelliere del
Reich. Nonostante inizialmente si trovasse a capo di un governo di
coalizione, si liberò velocemente degli alleati di governo.
All'epoca i confini tedeschi erano ancora quelli stabiliti nel
Trattato di Versailles del 1919 tra la Germania e le Potenze Alleate
(Regno Unito, Francia, Stati Uniti d'America, Regno d'Italia, Impero
Giapponese e altri) dopo la fine della prima guerra mondiale; a nord
la Germania era limitata da mare del Nord, mar Baltico e Danimarca;
a est era divisa in due parti e confinava con Lituania, la Libera
Città di Danzica, Polonia e Cecoslovacchia; a sud confinava
con Austria e Svizzera, mentre a ovest toccava Francia, Lussemburgo,
Belgio, Paesi Bassi, Renania e Saarland. Questi confini cambiarono
dopo che la Germania riprese il controllo di Renania, Saarland e
Territorio di Memel e si annesse l'Austria, i Sudeti e la Boemia e
Moravia. Durante la seconda guerra mondiale la Germania si espanse
trasformandosi nella Grande Germania, secondo i principi del
Pangermanismo, già sviluppati nel secolo precedente ma
particolarmente cari a Hitler; tale processo di espansione
iniziò nel 1938 con l'annessione dell'Austria, ma fu
l'occupazione della Polonia che spinse Regno Unito e Francia alla
dichiarazione di guerra.
Nel corso della guerra la Germania e le altre Potenze dell'Asse
europee (Italia, Ungheria, Romania e Slovacchia) conquistarono e
occuparono la maggior parte dell'Europa (con l'eccezione delle Isole
Britanniche, della Svizzera, della Svezia, della Penisola iberica e
della Turchia europea) nonché parte della Russia europea. I
nazisti perseguitarono e assassinarono milioni di ebrei e di
appartenenti ad altre minoranze etniche mettendo in atto il
genocidio noto come Olocausto; questo procedimento di pulizia etnica
era da essi denominato con l'ambiguo termine di "soluzione finale"
(Endlösung in tedesco). Inoltre furono perseguitati o uccisi
diversi esponenti antinazisti (perlopiù socialisti e
comunisti) eseguendo condanne a morte con il Volksgerichtshof
(Tribunale del Popolo), nonché Testimoni di Geova, Rom e
Sinti (quest'altro genocidio è noto come Porajmos),
omosessuali tramite il Paragrafo 175 del codice penale tedesco e
inoltre persone con problemi mentali e genetici tramite il programma
Aktion T4.
Tra il 1943 e il 1945 la Germania subì una continua serie di
pesanti sconfitte da parte degli Alleati, tra i quali spiccavano
Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia e Canada.
Ciò portò all'occupazione del territorio tedesco e
allo smembramento in quattro settori d'occupazione, poi ridotti a
due, uno filo-occidentale (la Germania Ovest) e uno filo-sovietico
(la Germania Est)698.
Storia
La Germania nazista crebbe in una situazione in cui erano diffusi
nel paese sentimenti d'imbarazzo, rabbia e risentimento in seguito
alle condizioni imposte alla nazione dal Trattato di Versailles del
1919699 che aveva imposto ai tedeschi sconfitti:
l'accettazione da parte della Germania di
dichiararsi sola responsabile per lo scoppio della prima guerra
mondiale700
la perdita permanente di diversi territori e la
smilitarizzazione di altre parti del territorio tedesco701
il pagamento da parte della Germania di pesanti
risarcimenti sia in denaro che in natura, giustificati, dal punto di
vista degli Alleati, dalla clausola della responsabilità di
guerra.
il disarmo unilaterale della Germania
nonché severe restrizioni in campo militare702
Altre condizioni che favorirono l'ascesa del Terzo Reich furono il
nazionalismo e il Pangermanismo, le tensioni sociali attribuite
all'azione di gruppi marxisti, la grande depressione globale degli
anni trenta (conseguenza del crollo di Wall Street del 1929),
l'iperinflazione, la reazione contro l'anti-tradizionalismo e il
liberalismo della Repubblica di Weimar e la crescita del comunismo
in Germania, con la nascita del KPD.
Molti elettori, cercando uno sfogo per le loro frustrazioni, e come
espressione del loro rifiuto della democrazia parlamentare che
appariva incapace di mantenere un governo in carica per più
di pochi mesi, iniziarono a scegliere partiti politici di estrema
destra e di estrema sinistra, appoggiando estremisti proprio come il
Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP).
I nazisti promettevano un governo forte e autoritario al posto del
sistema repubblicano e della pace civile (concetti da loro ritenuti
logori), politiche economiche radicali (tra cui il raggiungimento
del pieno impiego), il riscatto dell'orgoglio nazionale
(principalmente ripudiando l'odiato Trattato di Versailles) e la
pulizia razziale con la soppressione di ebrei e marxisti; il tutto
in nome dell'unità e della solidarietà nazionale,
preferite alle divisioni partigiane della democrazia e alla
divisione in classi sociali del marxismo. I nazisti promettevano
inoltre un risveglio culturale nazionale basato sulla tradizione del
Movimento völkisch e proponevano il riarmo, il rifiuto di
continuare a pagare i debiti di guerra e la rivendicazione dei
territori persi con il Trattato di Versailles.
Il partito nazista sosteneva che, con la firma del Trattato, la
liberal democrazia della Repubblica di Weimar e i cosiddetti
"traditori criminali di novembre" avevano rinunciato all'orgoglio
nazionale tedesco in quanto ispirati dagli ebrei e loro conniventi,
il cui obiettivo era il rovesciamento della nazione e
l'avvelenamento del sangue tedesco. Per far accettare tale
interpretazione della recente storia tedesca, la propaganda nazista
si servì efficacemente della leggenda della pugnalata alle
spalle (Dolchstoßlegende), spiegando in quel modo l'insuccesso
militare della Germania. A partire dal 1925 e per tutti gli anni
trenta il governo tedesco continuò ad evolversi
trasformandosi da una democrazia de jure in uno stato autoritario
conservator-nazionalista, trasformazione avvenuta sotto la guida del
presidente-eroe di guerra Paul von Hindenburg, al quale non piaceva
la liberal democrazia della Repubblica di Weimar e voleva rendere la
Germania uno stato autoritario703. L'alleato naturale per
l'imposizione di una svolta autoritaria era il Deutschnationale
Volkspartei (DNVP), ovvero i "nazionalisti", ma, dopo il 1929, con
l'economia tedesca che stava stentando, i nazionalisti più
giovani e radicali furono attratti dalla natura rivoluzionaria del
partito nazionalsocialista, anche come sfida contro il crescente
consenso popolare per il comunismo. Inoltre, i partiti politici
della classe media persero il sostegno del loro elettorato, che
confluì verso le ali estreme dello spettro politico tedesco,
rendendo sempre più difficile la creazione di un governo di
maggioranza in un sistema parlamentare.
Nelle elezioni federali tedesche del 1928, quando l'economia era
migliorata dopo l'iperinflazione del periodo del 1922-23, i nazisti
ottennero solo 12 seggi.
L'avvento al potere
Solo due anni dopo, nelle Elezioni federali tedesche del 1930,
tenutesi qualche mese dopo il crollo della borsa statunitense, il
partito nazista ne ottenne 107, trasformandosi dal piccolo gruppetto
rappresentante il nono partito per numero di parlamentari nella
seconda forza politica del Reichstag.
Le elezioni federali tedesche del luglio 1932 rappresentarono la
svolta: i nazisti diventarono il primo partito rappresentato al
Reichstag, aggiudicandosi 230 seggi704; il Presidente Hindenburg era
restio ad affidare ad Hitler il potere esecutivo, ma l'ex
cancelliere Franz von Papen e Hitler strinsero un'alleanza tra
partiti NSDAP–DNVP che avrebbe permesso ad Hitler stesso di ottenere
il cancellierato sotto il controllo di un partito conservatore
tradizionale, e ad Hindenburg di sviluppare uno stato autoritario.
Hitler fece notevoli pressioni per essere nominato Cancelliere,
promettendo in cambio a Hindenburg che il partito nazista avrebbe
appoggiato qualsiasi tipo di governo avesse nominato.
Il 30 gennaio 1933 il presidente Paul von Hindenburg nominò
così Adolf Hitler Cancelliere della Germania dopo il
fallimento del generale Kurt von Schleicher nel tentativo di formare
un governo in grado di reggere. Nominato Vice cancelliere, il
generale Von Schleicher credeva di poter controllare Hitler e
mantenere i nazisti in minoranza all'interno del governo. Hitler,
sia tramite il figlio Oskar von Hindenburg sia tramite gli intrighi
dell'ex cancelliere Von Papen, fece pressioni su Hindenburg, che era
il capo del Centro Cattolico e la cui linea politica era in parte
dettata dal suo anticomunismo. Anche se i nazisti avevano ottenuto
la maggioranza relativa nelle due elezioni del 1932 non avevano una
reale maggioranza, ma solo una leggera maggioranza parlamentare
grazie all'alleanza con la NSDAP-DNVP che governò per decreto
presidenziale in forza dell'articolo 48 della costituzione di
Weimar705.
Il trattamento che il nazionalsocialisti riservarono agli ebrei nei
primi mesi del 1933 rappresentò il primo passo del loro
processo di eliminazione dalla società tedesca706. Tale
progetto rappresentava uno dei pilastri della "rivoluzione
culturale" ideata da Adolf Hitler707.
Consolidamento del potere
Il nuovo governo instaurò rapidamente in Germania una
dittatura totalitaria, istituendo con provvedimenti legislativi un
governo centrale allineato, un processo chiamato Gleichschaltung. La
notte del 27 febbraio 1933 il Palazzo del Reichstag andò a
fuoco mentre al suo interno veniva trovato il comunista
consiliarista olandese Marinus van der Lubbe; l'uomo venne
arrestato, accusato di incendio doloso, processato e quindi
decapitato. Tali fatti provocarono la reazione immediata di migliaia
di anarchici, socialisti e comunisti in tutto il paese; definiti i
loro discorsi e comizi come un'insurrezione, i nazisti ne
imprigionarono molti nel campo di concentramento di Dachau.
L'opinione pubblica temette che l'incendio fosse un segnale per dare
il via a una rivoluzione comunista in Germania, come quella del
1919, così i nazisti lo sfruttarono emanando il Decreto
dell'incendio del Reichstag (27 febbraio 1933), con cui abrogavano
la maggior parte delle libertà civili, tra cui l'habeas
corpus, in modo di eliminare i loro avversari politici. Nel marzo
1933, con il Decreto dei pieni poteri, votato dal Parlamento con 444
favorevoli e 94 contrari (i socialdemocratici rimasti), il Reichstag
conferì per decreto poteri dittatoriali al cancelliere Adolf
Hitler; per quattro anni avrebbe avuto un potere politico assoluto
che lo autorizzava a non rispettare più i principi della
Costituzione di Weimar; da quel momento, per tutto il 1934 il
partito nazista si dedicò alla brutale eliminazione
dell'opposizione politica; il Decreto dei pieni poteri aveva
già messo fuori legge i comunisti (KPD) mentre i
socialdemocratici (SPD) vennero messi al bando in giugno nonostante
avessero accettato le richieste di Hitler. Nel periodo che
andò da giugno a luglio anche nazionalisti (DVNP), Partito
Popolare (DVP) e Partito dello Stato tedesco (DStP) vennero
obbligati a sciogliersi in vari modi. In seguito, su pressione di
Franz von Papen, anche il rimasto Centro cattolico fu sciolto il 5
luglio 1933 dopo aver ottenuto dai nazisti garanzie riguardo al
sistema educativo cattolico e i gruppi giovanili. Il 14 luglio 1933
la Germania venne dichiarata ufficialmente un paese monopartitico.
Istituito il Terzo Reich, il regime nazista abolì i simboli
della Repubblica di Weimar, tra cui la bandiera tricolore
nero-rosso-oro, adottando un simbolismo riferibile sia al vecchio
che al nuovo impero, che rappresentava la natura duplice del terzo
impero tedesco. Il tricolore imperiale nero-bianco-rosso, caduto per
lo più in disuso durante la Repubblica di Weimar, venne
ripristinato come una delle due bandiere ufficiali nazionali della
Germania; la seconda fu la bandiera con la svastica del partito
nazista, che poi diventò bandiera nazionale tedesca nel 1935.
L'inno nazionale rimase Das Lied der Deutschen (noto anche come
Deutschland über Alles), ma i nazisti ne modificarono il testo
mantenendo solo la strofa iniziale, a cui seguiva
l'Horst-Wessel-Lied accompagnato dal saluto nazista.
Il 30 gennaio 1934 il presidente del Reich e Cancelliere Hitler
concentrò formalmente il potere esecutivo su se stesso con il
Gesetz über den Neuaufbau des Reichs (it. Decreto per la
ricostruzione del Reich), sciogliendo i parlamenti dei Länder e
trasferendone i poteri legislativi e amministrativi al governo
centrale di Berlino. Il processo di centralizzazione era iniziato
poco dopo il marzo 1933 con la promulgazione del Decreto dei pieni
poteri, quando i governi regionali erano stati sostituiti dai
Reichsstatthalter (governatori del Reich). Anche le amministrazioni
locali furono rimosse; i governatori del Reich nominarono
direttamente i sindaci delle città e paesi con popolazione
inferiore ai 100.000 abitanti; il Ministero degli Interni nominava
invece i sindaci delle città con popolazione superiore; per
quanto riguardava le città di Berlino, Amburgo e Vienna (dopo
l'Anschluss del 1938) Hitler ne nominava i sindaci a propria
discrezione.
Entro la primavera del 1934 solo il Reichswehr (le forze armate
tedesche) rimaneva indipendente dal governo; per tradizione era
infatti considerato un'entità politica a sé stante,
separata dal governo nazionale. La milizia paramilitare nazista
Sturmabteilung (SA) si aspettava di poter assumere il comando
dell'esercito tedesco, ma il Reichswehr si oppose all'ambizione del
capo delle SA Ernst Röhm di annettere l'esercito alle SA
stesse. Inoltre Röhm intendeva varare una "rivoluzione
socialista" per completare la "rivoluzione nazionalista" attuata con
l'ascesa al potere di Hitler. Röhm e i capi delle SA volevano
che il regime mettesse in atto le sue promesse di promulgare una
legislazione socialista per i tedeschi di ascendenza ariana.
Dal momento che il suo potere, senza il controllo del Reichswehr,
era assoluto solo sulla carta e volendo mantenere buoni rapporti con
esso e con determinati politici e industriali (seccati dalla
violenza politica delle SA), Hitler ordinò alle Schutzstaffel
(SS) e alla Gestapo di assassinare i suoi avversari politici sia
all'esterno che all'interno del partito nazista durante la notte dei
lunghi coltelli. L'eliminazione di Ernst Röhm, delle sue SA,
degli strasseristi, della corrente di sinistra dei nazisti, e degli
altri avversari politici durò dal 30 giugno al 2 luglio 1934.
Subito dopo la morte di Paul von Hindenburg, il 2 agosto 1934, il
Reichstag controllato dai nazisti rafforzò i poteri del
Presidente e del cancelliere e rinominò Hitler Führer e
cancelliere del Reich. Fino alla morte di Hindenburg il Reichswehr
non aveva seguito Hitler, in parte perché l'associazione
delle SA, che comprendeva molti milioni di uomini, era più
grande dell'esercito (limitato a 100.000 effettivi dal Trattato di
Versailles), ma anche perché i capi delle SA si proponevano
dapprima di inglobare l'esercito nelle SA e quindi lanciare la
rivoluzione nazi-socialista. L'assassinio di Ernst Röhm e degli
altri capi SA misero il Reichswehr nella posizione di essere l'unica
forza armata della Germania e le promesse del Führer riguardo
all'espansione dell'impero gli garantirono la sua fedeltà. La
scomparsa di Hindenburg agevolò il mutamento del giuramento
di fedeltà dei sodati tedeschi dalla fedeltà al Reich
e alla Repubblica di Weimar in uno di fedeltà ad Adolf
Hitler, il Führer della Germania708.
Il risultato fu che i nazisti sancirono la fine dell'alleanza
ufficiale di governo NSDAP–DNVP e iniziarono a imporre l'ideologia e
il simbolismo nazista in tutti gli aspetti della vita pubblica e
privata in Germania; i manuali scolastici vennero sottoposti a
revisione o riscritti completamente per promuovere la visione
razzista pangermanista della Großdeutschland (It. Grande
Germania) che doveva essere fondata dall'Herrenvolk nazista; gli
insegnanti che si opposero ai nuovi programmi di studi nazificati
vennero licenziati. Inoltre, per forzare l'obbedienza del popolo
verso lo stato, i nazisti fondarono la Gestapo, una polizia segreta
di stato indipendente dalle autorità civili. La Gestapo mise
sotto controllo il popolo tedesco grazie a 100.000 spie e
informatori, che riferivano di chiunque manifestasse posizioni
critiche o antinaziste.