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Benito Mussolini
Uomo politico italiano (Dovia di Predappio, Forlì, 1883-Giulino di
Mezzegra, Como, 1945).
Figlio di Alessandro, fabbro ferraio, e di Rosa Maltoni, maestra
elementare, visse un'infanzia modesta. Studiò nel collegio salesiano
di Faenza (1892-93) e poi nel collegio Carducci di Forlimpopoli,
conseguendo nel 1901 il diploma di maestro elementare. Iscrittosi al
Partito Socialista Italiano sin dal 1900, mostrò subito un acceso
interesse per la politica attiva stimolato tra l'altro dall'esempio
del padre, esponente di un certo rilievo del socialismo anarcoide e
violentemente anticlericale di Romagna.
Emigrato in Svizzera (1902) per sottrarsi al servizio militare,
entrò in rapporto con G. M. Serrati, A. Balabanov e altri
rivoluzionari, ponendo contemporaneamente le basi della propria
cultura politica, in cui si mescolavano contraddittoriamente gli
influssi di Marx, Proudhon e Blanqui insieme a quelli di Nietzsche e
Pareto.
Ripetutamente espulso da un cantone all'altro per il suo esasperato
attivismo anticlericale e antimilitarista, rientrò in Italia nel
1904 approfittando di un'amnistia che gli permise di sottrarsi alla
pena prevista per la renitenza alla leva e compì il servizio
militare nel reggimento bersaglieri di stanza a Verona. Dopo aver
insegnato qualche tempo a Tolmezzo e a Oneglia (1908), dove
collaborò attivamente al periodico socialista La lima, tornò a
Dovia. Imprigionato per 12 giorni per aver capeggiato uno sciopero
di braccianti, ricoprì quindi la carica di segretario della Camera
del Lavoro di Trento (1909) e diresse il quotidiano L'avventura del
lavoratore. Presto in urto con gli ambienti moderati e cattolici,
dopo sei mesi di frenetica attività propagandistica, non priva di
successo, fu espulso anche da qui tra le proteste dei socialisti
trentini, suscitando una vasta eco in tutta la sinistra italiana.
Tornato a Forlì, Mussolini si unì, senza vincoli matrimoniali né
civili né religiosi, con Rachele Guidi, la figlia della nuova
compagna del padre e da essa ebbe, nel settembre 1910, la prima
figlia Edda (Vittorio sarebbe nato nel 1916, Bruno nel 1918, Romano
nel 1927, Anna Maria nel 1929, mentre nel 1915 sarebbe stato
celebrato il matrimonio civile e nel 1925 quello religioso).
Contemporaneamente la federazione socialista forlivese gli offriva
la direzione del nuovo settimanale Lotta di classe e lo nominava
proprio segretario. Nei tre anni in cui conservò tali incarichi,
Mussolini dette al socialismo romagnolo una sua impronta precisa,
fondata su istanze rivoluzionarie e volontaristiche, ben lontane
dalla tradizione razionale e positivista del marxismo così come era
interpretato dagli uomini più rappresentativi del PSI.
Dopo il congresso socialista di Milano dell'ottobre 1910 ancora
dominato dai riformisti, Mussolini pensò di scuotere la minoranza
massimalista, anche a rischio di spaccare il partito, provocando
l'uscita dal PSI della federazione socialista forlivese, ma nessun
altro lo seguì nell'iniziativa.
L'impatto sulle grandi masse
Quando sopraggiunse la guerra di Libia a mutare i rapporti di forza
tra le correnti del socialismo italiano, Mussolini (che del resto
era stato condannato a un anno, poi ridotto a cinque mesi e mezzo,
di reclusione per le manifestazioni organizzate in Romagna contro la
guerra in Africa) apparve come l'uomo più adatto a impersonare il
rinnovamento ideale e politico del partito. Protagonista del
congresso di Reggio nell'Emilia, assunta la direzione dell'Avanti!
alla fine del 1912, Mussolini diventò l'ascoltato portavoce di tutte
le insoddisfazioni e le frustrazioni di una società caduta in una
crisi economica e ideale, trascinando masse sempre più vaste verso
esplosioni insurrezionali senza chiare prospettive, che culminarono
nella “settimana rossa” del giugno 1914.
Lo scoppio del conflitto mondiale trovò il direttore dell'Avanti!
allineato sulle posizioni ufficiali del partito, di radicale
neutralismo. Nel giro di qualche mese, tuttavia, in Mussolini maturò
il convincimento – comune ad altri settori dell'“estremismo” di
sinistra – che l'opposizione alla guerra avrebbe finito per
trascinare il PSI a un ruolo sterile e marginale, mentre sarebbe
stato opportuno sfruttare l'occasione offerta da questo
sconvolgimento internazionale per far percorrere alle masse quella
via verso il rinnovamento rivoluzionario dimostratasi altrimenti
impossibile.
Dimessosi perciò dalla direzione dell'organo socialista il 20
ottobre, due giorni dopo la pubblicazione di un articolo dal titolo
chiaramente indicatore del suo mutato programma, Dalla
neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante,
Mussolini pensò di realizzare un suo quotidiano. Il 15 novembre
pertanto, accettando disinvoltamente l'aiuto di un gruppo di
finanziatori facenti capo a Filippo Naldi, pubblicò Il Popolo
d'Italia, ultranazionalista, radicalmente schierato su posizioni
interventiste a fianco dell'Intesa e in grado di conseguire
immediatamente un clamoroso successo di vendite. Espulso di
conseguenza dal PSI (24-29 novembre 1914) e richiamato alle armi
(agosto 1915), dopo essere stato seriamente ferito durante
un'esercitazione (febbraio 1917) Mussolini poté ritornare alla
direzione del suo giornale, dalle colonne del quale, tra Caporetto e
i primi mesi del 1918, ruppe gli ultimi legami ideologici con
l'originaria matrice socialista, in nome di un superamento dei
tradizionali antagonismi di classe, prospettando l'attuazione di una
società produttivistico-capitalistica capace di soddisfare le
legittime aspirazioni economiche di tutti i ceti.
Con la fine della guerra, le fortune di Mussolini parvero però
fatalmente destinate a tramontare.
Il fascismo
La fondazione dei fasci di combattimento avvenuta a Milano il 23
marzo 1919, benché facesse appello alle simpatie di elementi quanto
mai eterogenei e si basasse su un ambiguo programma mescolante in
modo spregiudicato istanze radicali di sinistra e fermenti di acceso
nazionalismo, non ebbe inizialmente successo. Tuttavia, man mano che
la situazione italiana si andava deteriorando e il fascismo si
caratterizzava come forza organizzata in funzione antisocialista e
antisindacale, Mussolini otteneva crescenti adesioni e favori da
agrari e industriali e quindi dai ceti medi.
Ottenuto l'incarico di formare un governo dopo la cosiddetta “marcia
su Roma” dell'ottobre 1922, costituì un gabinetto di larga
coalizione che lasciò sperare a molti nell'avvento dell'attesa
“normalizzazione”. Consolidato ulteriormente il potere dopo le
elezioni del 1924, Mussolini fu messo per un momento in grave
difficoltà dall'assassinio del deputato socialista G. Matteotti. Il
discorso del 3 gennaio 1925 con cui egli rivendicò spavaldamente a
sé ogni responsabilità politica e morale dell'accaduto segnò però la
sua controffensiva e la pratica liquidazione del vecchio Stato
liberale.
Alla fine di quello stesso anno Mussolini fu fatto oggetto di una
serie di attentati. Il primo fu ideato (novembre 1925) dal
socialista e massone T. Zaniboni, ma le spie dell'OVRA (Opera di
Vigilanza e di Repressione dell'Antifascismo) sventarono
tempestivamente la minaccia. Il 7 aprile 1926 un'anziana signora
irlandese, Violet Gibson, definita poi una squilibrata, sparò a
Mussolini durante una cerimonia al Campidoglio, ma il proiettile gli
sfiorò appena il volto. Nel settembre dello stesso anno l'anarchico
G. Lucetti lanciò una bomba contro l'auto del capo del fascismo;
l'ordigno scivolò sul tetto della vettura ed esplose a terra ferendo
lievemente soltanto un passante. Sempre in quell'anno, nell'ottobre,
un altro attentato fu attribuito a un giovane (Anteo Zamboni) che
avrebbe sparato, senza successo, sfiorando appena il bersaglio, e
che fu subito dopo pugnalato a morte dai legionari fascisti.
Mussolini si salvò da altri due attentati progettati e non eseguiti
per ingenuità o per mancanza di determinazione nel 1931 e nel 1932
rispettivamente dagli anarchici Schirru e Sbardellotto, che furono
condannati a morte solo perché avevano avuto l'intenzione di
commettere il reato.
Nonostante l'affermazione d'un regime ostentatamente dittatoriale,
Mussolini seppe però conservare e accrescere la sua popolarità
sfruttando abilmente alcune iniziative genericamente populistiche e
successi di rilievo come la composizione dell'annoso capitolo della
cosiddetta questione romana e realizzando attraverso i Patti
Lateranensi del 1929 la conciliazione fra lo Stato italiano e la
Santa Sede. Un'incessante e soffocante propaganda cominciò così a
esaltare in maniera spesso grottesca le doti di “genio” del “duce
supremo” (il titolo dux fu attribuito a Mussolini dopo la marcia su
Roma), trasfigurandone la personalità in una sorta di semidio
“insonne” che aveva “sempre ragione” ed era l'unico in grado di
interpretare i destini della patria.
Perduta però in tal modo la dimensione del reale, ossia il contatto
diretto con i problemi quotidiani da affrontare con tattica
spregiudicata – nella quale era maestro – ed erettosi a protagonista
della scena internazionale, Mussolini rivelò drammaticamente i suoi
limiti di capo di Stato incapace di lungimiranti e ferme decisioni,
di una strategia a lungo termine non legata agli eventi contingenti.
In politica estera, desiderando rinnovare la potenza e il prestigio
della nazione in uno strano miscuglio di cauto realismo
imperialistico e di letterario culto della romanità, tenne una
condotta a lungo incerta e contraddittoria. Dopo lo sconcertante
episodio di Corfù occupata dalle truppe italiane nel 1923 e la
decisa presa di posizione contro la minaccia tedesca di annessione
dell'Austria, cui fece seguito il Convegno di Stresa con Francia e
Gran Bretagna (1935) che parve delineare un comune fronte
antihitleriano, Mussolini si gettò nella conquista dell'Etiopia: il
3 ottobre 1935 le truppe italiane varcarono il confine con
l'Abissinia e il 9 maggio 1936 Mussolini annunciò la fine della
guerra e la nascita dell'Impero italiano d'Etiopia.
L'impresa, se da un lato segnò il punto più alto della sua
popolarità in patria, dall'altro lo inimicò con la Gran Bretagna, la
Francia e la Società delle Nazioni, costringendolo a un lento ma
fatale avvicinamento alla Germania, con la quale nel 1939 firmò il
“patto d'acciaio” legandosi definitivamente a essa.
Nel 1940 Mussolini scelse di entrare in guerra benché impreparato e
contro le idee dei suoi più vicini collaboratori (Badoglio, Grandi,
Ciano), assumendo il comando supremo delle truppe operanti
nell'illusione di un veloce e facile trionfo. In realtà ottenne solo
insuccessi che ridiedero spazio a tutte le energie contrarie al
fascismo precedentemente represse: fino a che, dopo l'invasione
anglo-americana della Sicilia e il suo ultimo colloquio con Hitler
(19 luglio 1943), fu sconfessato da un voto del Gran Consiglio (24
luglio) e fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III (25 luglio).
Trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine a Campo Imperatore
sul Gran Sasso, il 12 settembre fu liberato dai paracadutisti
tedeschi di Otto Skorzeny e portato in Germania, da dove il 15
proclamò la ricostituzione del Partito Fascista Repubblicano. Ormai
stanco e malato e in completa balia delle decisioni di Hitler, si
insediò quindi a Salò, capitale della nuova Repubblica Sociale
Italiana (fondata il 23 settembre 1943), inutilmente cercando di far
rivivere le parole d'ordine del fascismo della “prima ora”.
Sempre più isolato e privo di credibilità, quando le ultime
resistenze tedesche in Italia furono fiaccate Mussolini,
trasferitosi a Milano, propose ai capi del CLNAI (Comitato di
Liberazione Nazionale Alta Italia) un assurdo passaggio di poteri,
che fu respinto.
Travestito da militare tedesco, tentò allora, insieme alla compagna
Claretta Petacci, la fuga verso la Valtellina. Riconosciuto a Dongo
dai partigiani, fu arrestato e il 28 aprile 1945 giustiziato per
ordine del CLN presso Giulino di Mezzegra.
Tra gli scritti di Mussolini figurano, nell'ordine di comparizione:
La mia vita (1911-12), Giovanni Huss il veridico
(1913), Vita di Arnaldo (1932), Scritti e discorsi
(1934-40, 13 vol.), Parlo con Bruno (1941).