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La battaglia di Novara (23 marzo 1849) fu lo scontro decisivo della Prima guerra di indipendenza italiana durante il Risorgimento e si concluse con la completa vittoria dell'esercito austriaco guidato dal maresciallo Josef Radetzky contro l'armata piemontese comandata dal generale polacco Wojciech Chrzanowski. È conosciuta anche come battaglia della Bicocca, dal nome del sobborgo sud-est di Novara, dove si combatterono gli scontri più importanti.

La battaglia fu combattuta al termine della breve seconda fase della guerra; la campagna fu caratterizzata inizialmente dall'offensiva austriaca a sorpresa attraverso il Ticino e dalla sconfitta piemontese nella battaglia di Mortara. L'esercito piemontese, dopo questi insuccessi, fu quindi concentrato a Novara dove venne attaccato il 23 marzo 1849 solo da una parte dell'esercito austriaco. A causa dell'indecisione e di gravi errori del comando dell'esercito piemontese, il maresciallo Radetzky ebbe il tempo di concentrare progressivamente tutte le sue forze a Novara e, disponendo di una chiara superiorità numerica locale, poté sconfiggere e costringere alla capitolazione l'armata avversaria.

Nella notte stessa della battaglia il re di Sardegna Carlo Alberto, presente sul campo, decise di abdicare e fu il figlio Vittorio Emanuele II a concludere il 24 marzo 1849 un armistizio definitivo con il maresciallo Radetzky.

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Bilancio e conseguenze

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La disfatta di Novara, oltre a segnare la conclusione disastrosa della cosiddetta "guerra regia", ebbe decisive conseguenze in tutta la penisola e segnò la fine di ogni speranza di esito vittorioso della lotta per l'unificazione nazionale; entro aprile 1849 vennero schiacciate dagli austriaci le rivolte in Lombardia mentre si sgretolarono rapidamente i governi democratici insediatesi negli altri stati d'Italia. In Toscana il granduca Leopoldo II, rientrò a Firenze il 25 maggio insieme alle truppe austriache; già alla metà di maggio i Borboni di Napoli avevano restaurato la loro autorità sulla Sicilia, mentre anche la Repubblica Romana e la Repubblica di San Marco terminavano la loro esistenza rispettivamente il 3 luglio e il 23 agosto 1849 dopo aver combattuto strenuamente contro gli eserciti delle potenze straniere.

In Piemonte dopo la sconfitta di Novara, il nuovo re Vittorio Emanuele sembrò deciso in un primo momento ad instaurare un regime reazionario; venne costituito un nuovo governo guidato dal generale Claudio Gabriele de Launay e fu violentemente repressa la rivolta popolare scoppiata a Genova. In maggio 1849 invece, con la nomina di Massimo d'Azeglio a nuovo Presidente del Consiglio, il sovrano decise di mantenersi nel quadro della lealtà costituzionale allo Statuto e di continuare una politica nazionale e patriottica, pur rimanendo in acceso contrasto con la maggioranza democratica del Parlamento di Torino.

Dopo il proclama di Moncalieri e con l'ascesa al potere del Conte di Cavour il Regno di Sardegna riprese la politica unitaria e nazionale che avrebbe finalmente raggiunto risultati positivi nel successivo decennio dell'Ottocento.