Cap. V

Revisionisti e Social-democratici

 

Revisionisti

K. Kautsky (1854 – 1939)

Filosofo e uomo politico tedesco. Compiuti gli studi a Vienna si diede al giornalismo, lavorando per la stampa socialista. Nel 1883 fondò «Die Zeit», che diresse sino al 1917 e che divenne la più importante rivista marxista dell'epoca. Nel 1914 prese netta posizione contro la guerra e diede quindi la sua adesione al gruppo dei socialisti indipendenti; nel 1918, in veste di direttore dell'Archivio del ministero degli esteri, promosse la pubblicazione di documenti segreti sull'origine della guerra.

Fortemente influenzato dall'evoluzionismo darwiniano, convinto dell'assoluta esattezza delle analisi marxiane, Kautsky è il maggiore esponente dell'ortodossia marxista, in polemica con l'ala revisionista facente capo a E. Bernstein. Sostenitore della naturalità e della necessità delle leggi dell'economia, riteneva inevitabile la fine del ca­pitalismo e il suo superamento nel socialismo, an­che se vedeva in questo «passaggio» termini di evoluzione, più che di rottura rivoluzionaria. A ciò lo portava il suo totale rifiuto della violenza, che spiega la sua polemica con i metodi di gover­no di Lenin e Trockij dopo la rivoluzione d'otto­bre. Riteneva inoltre valida la teoria dell'impove­rimento crescente delle masse popolari, e in base a questa teoria giudicava auspicabile l'aggravarsi della condizione di miseria dei contadini tedeschi in funzione di una possibile crisi capitalistica. Sino all'instaurarsi del socialismo, cioè fino a quando non si fosse trasformata in senso rivoluzionario la produzione agricola, non vi era per Kautsky al­cun interesse comune tra proletariato industriale e contadini.

Le tesi da lui sostenute in Etica e con­cezione materialistica della storia (1906) risentono del clima culturale del tempo, caratterizzato da un «ritorno a Kant» che aveva convinto anche intel­lettuali marxisti. Contro l'universalità etica della massima kantiana «Agisci in modo da trattare l'u­manità sempre come fine e mai come mezzo», Kautsky ribadisce il materialismo marxiano e ri­conduce l'etica a espressione di «istinti sociali» spiegabili in senso darwiniano. In quanto derivati dall'origine di classe, questi istinti danno luogo per Kautsky a un'etica che esprime i valori uni­versali di liberazione del proletariato, in antitesi con i ristretti confini della morale borghese. Altre opere: Le dottrine economiche di Carlo Marx (1887); Il programma di Erfurt (1892); La rivolu­zione sociale (1909); La concezione materialistica della storia (1927).

E. Bernstein (1850 – 1932)

Uomo po­litico e filosofo tedesco. È stato uno degli iniziato­ri della corrente revisionistica in seno al marxi­smo. Membro del Partito socialdemocratico tede­sco dal 1872, fu delegato al congresso di unifica­zione di Gotha; nel 1878 andò esule a Zurigo, do­ve fu editore dell'organo illegale del partito, il «Sozialdemokrat», e mantenne stretti rapporti di collaborazione con Marx ed Engels. Rientrato in Germania nel 1902, fu più volte deputato al Reichstag: in questa sede votò, nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, per l'approvazione dei crediti di guerra, contribuendo così alla scis­sione della Seconda internazionale. A partire dal 1919, condusse una decisa polemica contro il leni­nismo e lo stato sovietico, accentuando le posizio­ni revisionistiche già manifestate nel 1899, con / presupposti del socialismo e i compiti della social­democrazia.

Il revisionismo di Bernstein muove dal presuppo­sto che il socialismo è un compito etico, più che l'inevitabile conseguenza della crisi del capitali­smo: quest'ultimo, anzi, non soltanto è in grado di superare le proprie crisi, ma si dimostra capace di migliorare le condizioni del proletariato. Abban­donato quindi il terreno dello scontro tra le classi, il socialismo si deve porre il compito di sviluppare la loro collaborazione mediante riforme interne alle istituzioni borghesi, che favoriscano la pro­gressiva integrazione dei lavoratori nella struttura produttiva. Bernstein rinunciava così all'imposta­zione dialettica dell'analisi marxiana, e si orienta­va verso una filosofia della storia di tipo evoluzio­nistico.

Oltre all'opera fondamentale, già citata, si ricordano Per la storia e la teoria del socialismo (1901) e una monografia su Ferdinand Lassalle (1914).

R. Luxemburg (1870 – 1919)

Rivoluzionaria comunista polacca di origine ebraica, nata il 5 marzo 1971 a Zamoshc, la più giovane di cinque fratelli. Aderì ancora liceale a Proletariat, formazione clandestina di orientamento rivoluzionario socialista; costretta ad abbandonare la Polonia russa per sfuggire ad un arresto, studiò economia politica e legge (1889-1896) a Zurigo, sostenendo posizioni decisamente internazionaliste fra i gruppi socialisti polacchi in esilio. Nel 1898 ottenne la cittadinanza tedesca, grazie al matrimonio di comodo con l’operaio Gustav Lübeck. Trasferitasi a Berlino aderì al Partito socialdemocratico, prendendo posizione, assieme a Karl Kautsky, contro il revisionismo teorico di E. Bernstein e rappresentando, con Karl Liebknecht, l’ala sinistra del partito. A Bernstein – contro Bernstein – è dedicato lo scritto Riforma sociale o rivoluzione? del 1899: mentre la Luxemburg appoggiava l’attività riformista (come mezzo della lotta di classe) lo scopo delle riforme era per lei quello di condurre verso una completa rivoluzione. Dal suo punto di vista l’incessante attività riformista non avrebbe fatto che appoggiare la borghesia dominante.

Dopo aver ricevuto il suo dottorato nel 1898, la Luxemburg ebbe modo di incontrare e conoscere molti socialdemocratici russi (prima che il R.S.D.L.P. si spaccasse); e tra questi anche i leader del partito: Georgy Plechanov e Pavel Axelrod. Non molto tempo più tardi ella espresse forti differenze teoriche con il partito russo, innanzitutto sulla questione dell’autodeterminazione polacca. La Luxemburg era convinta infatti che l’autodeterminazione potesse solo indebolire il movimento socialista internazionale, aiutando la borghesia a rafforzare il suo ruolo di classe dominante sulle nuove nazioni indipendenti. Su quest’argomento ella si distaccò tanto dal partito russo che da quello polacco, i quali erano d’accordo nel considerare legittimi i sentimenti di autodeterminazione delle minoranze nazionali all’interno dell’impero russo. In opposizione a questi partiti la Luxemburg partecipò alla costruzione del Partito socialdemocratico polacco.

In questo periodo la Luxemburg incontrò Leo Jogiches, colui che sarà suo compagno per tutto il resto della sua vita e col quale condividerà un’intensa relazione tanto personale quanto politica.

Nel 1902-04 lavorò alla Gazeta ludowa (Giornale del popolo). Non appena, nel 1905, scoppiò in Russia una rivoluzione che presto si espanse alla Polonia russa e a tutti gli angoli dell’impero zarista, la Luxemburg espresse il suo più pieno appoggio al partito bolscevico contro menscevichi e socialrivoluzionari e rivolse le sue attenzioni ed i suoi sforzi nell’appoggio al partito socialdemocratico di Polonia e Lituania (SDKPiL); pur non riuscendo a lasciare la Germania fino al dicembre 1905 svolse ugualmente il suo ruolo di principale analista politico del SDKPiL, scrivendo per esso un vasto numero di opuscoli; fu inoltre molto occupata dal problema di fornire un’educazione marxista di base alle migliaia di nuovi attivisti del partito, che nel giro di meno di un anno passarono da poche centinaia ad oltre 30.000. Non appena giunta a Varsavia, nel 1906, venne però arrestata.

Sempre nel 1906 scrisse Sciopero di massa, partito politico e sindacato, in cui esaltava l’importanza dello sciopero generale, in alternativa alla visione leninista di un partito di rivoluzionari di professione rigidamente strutturato, ed attaccava con violenza il conservatorismo della burocrazia istituzionalizzata dei sindacati. A causa di questa sua visione dello sciopero di massa come il più importante strumento rivoluzionario nelle mani del proletariato, scaturì un duro conflitto nella socialdemocrazia tedesca, soprattutto con August Bebel e Karl Kautsky. Per la sua appassionata ed implacabile azione agitatoria, la Luxemburg si guadagnò il soprannome di “Rosa la sanguinaria”.

Dal 1907 al 1914 insegnò economia politica alla scuola di partito di Berlino, pubblicando una delle sue opere fondamentali, L’accumulazione del capitale (1913), lavoro volto a spiegare l’inesorabile movimento del capitalismo verso la sua fase imperialistica.

Trovandosi sempre più a sinistra in seno ad una socialdemocrazia tedesca, che andava sempre più accentuando il suo carattere opportunistico, finì per polemizzare, sul tema della riforma elettorale allora in discussione, col vecchio amico di un tempo, quel Karl Kautsky che era ancora erroneamente considerato all’interno dell’Internazionale il rappresentante della più pura ortodossia marxista, quel Karl Kautsky con cui neanche Lenin aveva ancora rotto i ponti (cosa che avvenne nel 1914, dopo che Kautsky ebbe dato il suo appoggio all’imperialismo tedesco).

Sui rapporti tra la Luxemburg e Kautsky, Trotsky (ne La mia vita) enfatizza come questi fossero ormai incrinati da tempo: “poco dopo la rivoluzione del 1905, apparirono i primi segni di crescente freddezza tra i due. Kautsky simpatizzava calorosamente con la rivoluzione russa, ed era capace di interpretarla piuttosto bene da lontano. Ma egli era per natura ostile all’ipotesi di un trasferimento dei metodi rivoluzionari in suolo tedesco. Quando andai a casa sua prima della dimostrazione del parco di Treptow, trovai Rosa impegnata in una lite accesa con lui. Per quanto loro continuassero a darsi del ‘tu’ e parlassero come intimi amici, nelle repliche di Rosa si poteva sentire una soppressa indignazione, e nelle risposte di Kautsky si avvertiva un profondo imbarazzo interiore, mascherato da battute piuttosto incerte. Andammo alla manifestazione insieme con Rosa, Kautsky e sua moglie, Hilferding, il vecchio Gustav Eckstein, ed io. Durante il tragitto non mancarono scontri taglienti tra i due. Kautsky voleva rimanere uno spettatore, mentre Rosa era ansiosa di unirsi alla manifestazione.

L’antagonismo tra i due è scoppiato definitivamente nel 1910, sulla questione della battaglia per il suffragio in Prussia. Kautsky sviluppò a quel tempo la strategia del ‘logorare il nemico’ (Ermattungsstrategie) come opposta a quella di ‘abbattere il nemico’ (Niederwerfungsstrategie). Si trattava di un caso di due irriconciliabili tendenze”.

Allo scoppio della prima guerra mondiale la Luxemburg si oppose ardentemente alle posizione social-scioviniste assunte dalla socialdemocrazia tedesca, che appoggiò apertamente l’aggressione tedesca e le sue annessioni. Insieme a Karl Liebknecht (l’unico parlamentare socialdemocratico che aveva spezzato la fedeltà al partito rifiutando di votare a favore della concessione dei crediti di guerra), abbandonò il partito socialdemocratico ed partecipò alla formazione del Gruppo Internazionale (che presto muterà nome in Lega Spartaco) allo scoppio di contrastare il socialismo nazional-sciovinista e di incitare i soldati tedeschi a rivoltare i loro fucili contro il loro governo per abbatterlo.

A causa di questa loro agitazione rivoluzionaria, la Luxemburg e Liebknecht vennero arrestati e imprigionati. In carcere la Luxemburg scrisse quella disamina del movimento socialista, nota come Junius Pamphlet (1916), che suscitò le critiche di Lenin, discorde sul ruolo del partito guida. Il Junius Pamphlet divenne il fondamento teorico della Lega di Spartaco.

Sempre dal carcere la Luxemburg scrisse il suo famoso libro La Rivoluzione Russa, nel quale ammonisce il potere dittatoriale del partito bolscevico. In questo testo la Luxemburg spiega il suo punto di vista a proposito della teoria della dittatura proletaria:

“Sì alla dittatura! Ma questa dittatura consiste in un modo di applicare la democrazia, non nella sua eliminazione, in un energetico e risoluto attacco ai ben-consolidati diritti e relazioni sociali della società borghese, senza i quali la trasformazione socialista non può essere realizzata. Ma questa dittatura dev’essere opera della classe, e non di una piccola minoranza che agisce in nome della classe – cioè, essa deve procedere passo dopo passo per mezzo dell’attiva partecipazione delle masse; essa dev’essere sotto la loro diretta influenza, completamente soggetta al controllo dell’attività pubblica; essa deve scaturire dalla crescente consapevolezza politica della massa del popolo”.

In ogni caso, pur attaccando l’eccessivo dominio del partito bolscevico sul governo sovietico, la Luxemburg riconobbe il fatto che, sotto le pressioni della violenta guerra civile in corso in Russia, tale atteggiamento dei bolscevichi risultava necessario:

“Si chiederebbe qualcosa di sovrumano a Lenin ed ai suoi compagni se ci si aspettasse da essi che facciano apparire d’incanto, in tali condizioni, la più raffinata democrazia, la più esemplare dittatura del proletariato e la più fiorente economia socialista. Con la loro determinata posizione rivoluzionaria, la loro esemplare forza nell’azione e la loro indistruttibile lealtà al socialismo internazionale, essi hanno contribuito nel miglior modo possibile data la diabolicamente ardua situazione nella quale imperversa la Russia. Il pericolo inizia solo quando essi fanno di necessità virtù e vogliono cristallizzare in un completo sistema teorico tutte quelle tattiche che essi sono costretti a sostenere a causa di queste fatali circostanze, raccomandando così il medesimo atteggiamento al proletariato internazionale come modello di tattica socialista”.

La Luxemburg successivamente si oppose allo sforzo compiuto dal governo sovietico per raggiungere la pace su tutti, sforzo ‘terminato’ con la firma del Trattato di Brest-Litovsk con la Germania.

Nel novembre 1918 il governo tedesco ridiede, con riluttanza, libertà alla Luxemburg; al che ella poté riprendere immediatamente la sua attività rivoluzionaria, formando con Karl Liebknecht e Wilhelm Pieck il Partito comunista tedesco e ponendosi alla direzione del Die Rote Fahne.

Con Liebknecht e Pieck venne catturata e condotta presso l’hotel Adlon di Berlino. I primi due vennero scoratati in stato di incoscienza fuori dall’edificio dai soldati tedeschi. Mentre i corpi inermi della Luxemburg e di Liebknecht venivano silenziosamente trasportati lontano su una jeep militare, fucilati e gettati in un fiume, Pleck riuscì a trovare la via della fuga, era il 15 gennaio 1919.

Fu una grande e brillante teorica del socialismo, Lenin stesso, nonostante i numerosi scontri teorici avvenuti in precedenza tra i due, la definì “un’aquila”, sostenendo che “i suoi scritti […] serviranno da utili manuali nella formazione delle future generazioni di comunisti di tutto il mondo” (Lenin, Note di un pubblicista).

Anche Trotsky non manca di lodare il carattere, la coerenza e l’intelligenza politica della Luxemburg, così, per esempio, sempre ne La mia vita scrive di lei: “Era una donna piccola, fragile, e all’apparenza pure malaticcia, ma con un volto nobile e occhi bellissimi che radiavano intelligenza; affascinava l’assoluto coraggio della sua mente e del suo carattere. Il suo stile, che era insieme preciso, intenso e spietato, sarà sempre lo specchio del suo spirito eroico. La sua era una natura complessa e multiforme, ricca di sfumature sottili. La Rivoluzione e le sue passioni, uomini ed arte, natura, uccelli e floricoltura, tutte queste cose avrebbe potuto suonare le innumerevoli corde della sua anima. ‘Vorrei avere qualcuno’, scrisse un giorno a Luise Kautsky, ‘che mi credesse quando dico che è solo per mezzo di incomprensioni ch’io mi trovo nel bel mezzo di questo vortice della storia umana, laddove in realtà io sono nata per guardare oltre le oche, nei campi’. I miei rapporti con Rosa non erano segnati da nessun tipo di amicizia personale; i nostri incontri erano troppo brevi e troppo infrequenti. Io la ammiravo da lontano. Eppure, probabilmente non la apprezzavo ancora abbastanza all’epoca”… ma, ‘all’epoca’, era ancora il 1907.

Austromarxismo

Adler Victor (1852-1918)

Fondatore e leader della socialdemocrazia austriaca e membro dell'Internazionale socialista. Durante la prima guerra mondiale assunse posizioni social-scioviniste, dando il suo appoggio al conflitto.

Con queste parole Trotsky parla di lui ne La mia vita: "Victor Adler era sotto ogni rispetto ben al di sopra dei suoi colleghi; ma egli era stato a lungo uno scettico. Nella baruffa austriaca il suo temperamento combattivo era sprecato in piccole questioni. Le prospettive sul futuro erano oscure, ed Adler girava loro le spalle, qualche volta in modo dimostrativo. "Quello del profeta è un mestiere ingrato, specialmente in Austria", questo era il costante ritornello delle sue orazioni [...] Victor Adler era uno scettico, e come tale tollerava tutto ed adattava se stesso a tutto, specialmente allo spirito nazionalista che aveva corroso la socialdemocrazia austriaca fino al suo centro vitale".

R. Hilferding (1877 –1941)

Socialdemocratico tedesco, fu redattore della Neue Zeit e del Vorwärts tra gli anni 1907 e 1915 e direttore dal ‘18 al ‘22 della Freiheit. Divenuto dirigente dell’USPD (i socialdemocratici indipendenti staccatisi dal SPD in quanto avversi allo scontro bellico mondiale) si schierò a favore di una riunificazione con la socialdemocrazia. Tornato all’interno della socialdemocrazia fu deputato al Reichstag dal ‘23 al ‘29, ricoprendo a più riprese la carica di Ministro delle Finanze di governi borghesi. Morì in un campo di concentramento nazista durante la seconda guerra mondiale.

‘Durante i negoziati di pace di Brest [Litovsk]’, Trotsky, La mia vita, ‘ricevetti una lettera da Hilferding. Da lui non c’era da attendersi nulla di significativo, nondimeno aprii la lettera con interesse. Dopo la rivoluzione d’ottobre, questa era la prima voce diretta proveniente dal socialismo occidentale. E cosa ho trovato? Nella sua lettera Hilferding mi chiedeva di liberare alcuni prigionieri di guerra, una delle tante varietà di ‘dottori’ viennesi. Sulla rivoluzione la lettera non conteneva una singola parola. E ciò malgrado lui si rivolgeva ancora a me dandomi del ‘tu’. Sapevo abbastanza bene che razza di persona egli fosse, non mi facevo illusioni su di lui. Ma in quell’occasione non potevo credere veramente ai miei occhi’.

Bauer Otto (noto anche come Heinrich Weber) (1881-1938)

Leader della socialdemocrazia austriaca e della II Internazionale, maggior teorico dell’Austro-Marxismo; con il suo saggio Die Akkumulation des Kapitals ebbe un ruolo non trascurabile nella controversia sul crollo del capitalismo. Prese parte attiva alla repressione dei moti rivoluzionari del ’18. Ministro degli esteri nel primo governo repubblicano, membro del parlamento austriaco (1920-1934). Privato della cittadinanza austriaca dal governo Dollfuss. Emigrò in Cecoslovacchia, dove diresse l’attività illegale del partito socialista rivoluzionario austriaco.

L'idea portante della corrente austro-marxista era l'autonomia culturale in uno Stato multinazionale, attraverso l'organizzazione delle nazionalità in corporazioni giuridiche pubbliche, dotate di attributi culturali, amministrativi e legali. L'obiettivo di Otto Bauer. Karl Renner, e dei loro amici del partito socialdemocratico era di mantenere il quadro sovranazionale dello Stato austro-ungarico, riconoscendo il diritto all'autonomia culturale di tutte le nazionalità (ungherese, ceca, slovacca, croata, ecc.).

Adler Friedrich (1879-1960)

Figlio di Victor Adler, fu segretario del Partito socialdemocratico austriaco dal 1911 al 1916, anno in cui assassinò il Primo Ministro austriaco conte Stuergkh. Condannato alla pena di morte, la sua pena venne poi commutata all'imprigionamento. Liberato a seguito della Rivoluzione del 1918, fu tra i fondatori e capi dell'Internazionale due e mezzo.