CAPITOLO LXIII - UNA GOCCIA D'ACQUA

 

 

Appena uscito Rochefort, entrò la signora Bonacieux che trovò Milady col viso sorridente. "Ebbene" domandò la giovane donna. E' avvenuto quello che temevate? Questa sera o domani, il Cardinale manderà a prendervi?" "Chi ve l'ha detto, bimba cara?" domandò Milady. "L'ho udito dalla bocca dello stesso messaggero." "Venite a sedervi qui, vicino a me" disse Milady. "Eccomi." "Aspettate che mi accerti se nessuno ci ascolta." "Perché tante precauzioni?" "Lo saprete." Milady si alzò, andò alla porta, l'aprì, guardò nel corridoio e tornò a sedersi vicino alla signora Bonacieux. "Allora" disse "ha recitato bene la sua parte?" "Chi?" "L'uomo che si è presentato alla badessa come l'inviato del Cardinale." "Recitava dunque una commedia?" "Sì, figliuola mia." "Quell'uomo non è quindi…" "Quell'uomo" disse Milady abbassando la voce "è mio fratello!" "Vostro fratello!" esclamò la signora Bonacieux. "Voi sola siete a parte di questo segreto, bimba mia; e se lo confidaste a chicchessia sarei perduta e forse anche voi." "Oh, mio Dio!" "Ascoltate, ecco ciò che è successo: mio fratello, che veniva in mio aiuto per portarmi via con la forza, se era necessario, ha incontrato l'emissario del Cardinale che veniva a cercarmi e lo ha seguito. "Arrivati a un punto della strada solitaria e fuori mano, ha posto mano alla spada e ha ordinato al messaggero di consegnargli le carte di cui era latore; il messaggero volle difendersi, e mio fratello l'uccise." "Oh!" esclamò la signora Bonacieux, fremendo. "Non cera altro mezzo, pensateci. Allora mio fratello ha pensato di sostituire l'astuzia alla forza: ha preso le carte, si è presentato qui come se fosse l'emissario del Cardinale, e fra un'ora o due una carrozza verrà a prendermi per ordine di Sua Eminenza." "Capisco, questa carrozza vi sarà inviata da vostro fratello." "Proprio così; ma non è tutto: quella lettera che voi avete ricevuto e che credete della signora di Chevreuse…" "Ebbene?…" "E' falsa." "Ma come?" "Sì, falsa: è una trappola perché non facciate resistenza quando si verrà a prendervi." "Ma colui che deve venire è d'Artagnan." "Disingannatevi, d'Artagnan e i suoi amici sono trattenuti all'assedio di La Rochelle." "Come lo sapete?" "Mio fratello ha incontrato degli emissari del Cardinale, travestiti da moschettieri. Costoro vi avrebbero chiamata alla porta, voi avreste creduto che si trattasse di amici, li avreste seguiti, ed essi vi avrebbero ricondotta a Parigi." "Oh, mio Dio! la mia testa si confonde in questo caos di nequizie. Sento che se ciò dovesse durare" continuò la signora Bonacieux portando le mani alla fronte "diventerei pazza." "Aspettate…" "Che cosa?" "Sento il passo di un cavallo, è quello di mio fratello che riparte; voglio dargli un ultimo saluto, venite." Milady aprì la finestra e fece segno alla signora Bonacieux di affacciarsi con lei. La giovane l'assecondò. Rochefort passò al galoppo. "Addio, fratello!" gridò Milady. Il cavaliere alzò il capo, vide le due giovani donne e, senza fermarsi, fece a Milady un cenno amichevole con la mano. "Quel bravo Giorgio" disse Milady rinchiudendo la finestra con un viso che esprimeva l'affetto e la malinconia. Poi tornò a sedere al suo posto, come se fosse immersa in profonde riflessioni affatto personali. "Cara signora" disse la signora Bonacieux "perdonatemi se v'interrompo! ma che cosa mi consigliate di fare. Mio Dio! Voi avete più esperienza di me; parlate, vi ascolto." "Per cominciare" disse Milady "può darsi ch'io m'inganni e che d'Artagnan e i suoi amici vengano veramente in vostro aiuto." "Oh! sarebbe stato troppo bello!" esclamò la signora Bonacieux. "Tanta felicità non è per me!" "Allora voi capite che tutto si ridurrebbe a una questione di tempo, a una specie di gara a chi arriva primo. Se i vostri amici superano in rapidità i satelliti del Cardinale, siete salva; se avviene il contrario, siete perduta." "Oh, sì; perduta e senza misericordia! Che debbo dunque fare?" "Ci sarebbe un mezzo semplicissimo, naturale…" "Quale? Ditemelo." "Aspettare nascosta nelle vicinanze e vedere chi siano gli uomini che verranno a cercarvi." "Ma dove potrei aspettare?" "Oh, non in ciò è la difficoltà; io stessa mi fermerò a qualche lega di qui, aspettando che mio fratello venga a raggiungermi. Ebbene, vi porto con me, ci nasconderemo e aspetteremo insieme." "Ma non mi sarà permesso di partire, qui io sono quasi prigioniera." "Poiché si crederà che io parto per ordine del Cardinale. Nessuno potrà pensare che abbiate molta fretta di seguirmi." "E poi?" "E poi, la carrozza è alla porta, voi mi dite addio, salite sul predellino e mi stringete nelle vostre braccia per l'ultima volta; il servo di mio fratello, che viene a prendermi, è avvisato, fa un segno al postiglione e noi partiamo al galoppo." "Ma d'Artagnan, d'Artagnan, se arriva?" "Lo sapremo." "Come?" "Niente di più facile. Noi rimandiamo a Béthune il servo di mio fratello, del quale, come vi ho detto, ci possiamo fidare; egli cambia d'abito e prende alloggio di fronte al convento: se quelli che arrivano sono gli emissari del Cardinale, non si muove, se sono d'Artagnan e i suoi amici, li guida dove noi siamo." "Ma li conosce?" "Certamente, non ha forse visto d'Artagnan in casa mia?" "Oh, si, sì, avete ragione; così tutto va bene, tutto è per il meglio; ma non allontaniamoci troppo da qui." "Sette o otto leghe, al più; ci sistemeremo sulla frontiera francese, per esempio, e al primo allarme usciamo dalla Francia." "Ma fino a quel momento, che fare?" "Aspettare." "Ma se intanto arrivano?" "La carrozza di mio fratello arriverà prima di loro." "E se quando verranno a prendervi io sarò lontana da voi, a pranzo o a cena, per esempio?" "Fate una cosa." "Quale?" "Dite alla vostra buona superiora che, per lasciarmi il meno possibile, le chiedete il permesso di mangiare in mia compagnia." "Lo permetterà?" "Che impedimento volete che ci sia?" "Benissimo, in questo modo non ci lasceremo più." "Ebbene, scendete da lei per fare la vostra domanda. Io mi sento la testa pesante, vado a fare un giro in giardino." "Andate; ma dove vi ritroverò?" "Qui, fra un'ora." "Qui, fra un'ora. Oh! Voi siete buona e io vi ringrazio." "Come potrei non interessarmi a voi? Quand'anche non foste così bella e graziosa, non siete forse l'amica d'uno dei miei migliori amici?" "Caro d'Artagnan, quanto vi sarà grato!" "Lo spero. Ma ora che tutto è deciso, scendiamo." "Andate in giardino?" "Sì." "Percorrete questo corridoio, scendete una scaletta e ci sarete." "Benissimo, grazie." E le due donne si lasciarono scambiando un delizioso sorriso. Milady aveva detto il vero, aveva la testa pesante, perché i suoi progetti, non ancora ordinati, vi si urtavano come in un caos. Aveva bisogno di essere sola per mettere ordine nei suoi pensieri. Essa vedeva vagamente nell'avvenire, ma le erano necessari un po' di silenzio e di quiete per dare a tutte le sue idee, ancora confuse, una forma distinta sistemandole in un piano coerente. Per il momento, ciò che più urgeva era di portar via la signora Bonacieux e di chiuderla in un luogo sicuro, per usarne, in caso di bisogno, come di un ostaggio. Milady cominciava a temere la conclusione di questo terribile duello, nel quale i suoi nemici mettevano tanta perseveranza quant'era l'accanimento che vi metteva lei. D'altronde, così come si sente giungere l'uragano, ella sentiva che questa conclusione era prossima e che non poteva non essere terribile. La cosa principale, come abbiamo detto, era per lei di aver fra le mani la signora Bonacieux. La signora Bonacieux era la vita di d'Artagnan, più della sua vita, forse era la vita della donna che amava; era, in caso di disgrazia, un mezzo per trattare e per ottenere senza dubbio buone condizioni. Ciò era ormai certo; la signora Bonacieux l'avrebbe seguita senza diffidare e una volta ch'esse si fossero nascoste ad Armentières, era facile farle credere che d'Artagnan non era stato visto a Béthune. Fra quindici giorni al massimo, Rochefort sarebbe stato di ritorno; e durante questi quindici giorni ella avrebbe pensato a ciò che le convenisse fare per vendicarsi dei quattro amici. Non si sarebbe annoiata, grazie a Dio, perché avrebbe avuto il già dolce passatempo che gli eventi possono accordare a una donna del suo carattere: una buona vendetta da perfezionare. Pur essendo tutta presa dai suoi pensieri, Milady si guardava intorno e fissava nella sua mente la topografia del giardino. Essa era come un buon generale, che prevede nello stesso tempo la vittoria e la sconfitta, ed è pronto, a seconda delle vicissitudini della battaglia, ad avanzare o a battere in ritirata. In capo a un'ora, udì una dolce voce che la chiamava: era la signora Bonacieux. La buona badessa aveva naturalmente acconsentito a tutte le richieste e, per cominciare, avrebbero cenato assieme. Giunte nel cortile sentirono il rumore di una carrozza che si fermava alla porta. "Sentite?" disse Milady. "Sì, il rumore di una vettura." "E' quella che mi manda mio fratello. "Oh, Dio mio!" "Suvvia, un po' di coraggio!" Qualcuno suonò alla porta del convento. Milady non si era ingannata. "Salite in camera vostra" disse alla signora Bonacieux "avrete pure qualche gioiello che vorrete portare con voi." "Ho le sue lettere!" "Ebbene, andate a prenderle e venite a raggiungermi in camera mia; ceneremo in fretta, forse dovremo viaggiare buona parte della notte, e dobbiamo essere forti." "Dio mio" disse la signora Bonacieux mettendosi una mano sul petto "il cuore mi soffoca, non posso camminare." "Coraggio, suvvia, coraggio! Pensate che fra un quarto d'ora sarete salva e pensate che ciò che state per fare, lo fate per lui!" "Oh, sì, tutto per lui! Con queste sole parole mi avete ridato coraggio; andate, sarò subito da voi." Milady salì di corsa in camera sua, vi trovò il domestico di Rochefort e gli dette gli ordini necessari. Egli doveva aspettare alla porta; e se, per combinazione, i moschettieri fossero arrivati, doveva partire al galoppo con la vettura, fare il giro del convento e andar ad attendere Milady in un villaggetto ch'era dall'altra parte del bosco. In questo caso, Milady avrebbe attraversato il giardino e raggiunto a piedi il villaggio; lo abbiamo detto, ella conosceva benissimo quella parte della Francia. Se i moschettieri non fossero comparsi, tutto si sarebbe svolto come era stato deciso: la signora Bonacieux sarebbe salita in carrozza col pretesto di salutarla, e Milady avrebbe rapito la signora Bonacieux. La signora Bonacieux entrò, e per toglierle ogni sospetto, semmai ne avesse, Milady ripeté davanti a lei al servitore tutta l'ultima parte delle sue istruzioni. Milady fece qualche domanda sulla carrozza: era tirata da tre cavalli, guidati da un postiglione; il servitore di Rochefort doveva precederla come corriere, la poveretta era troppo pura per immaginare tanta perfidia in un'altra donna; d'altra parte il nome della contessa di Winter, che aveva sentito pronunziare dalla badessa le era del tutto ignoto ed ella non sospettava certo che quella creatura avesse avuto tanta parte nelle sciagure della sua vita. "Come vedete" disse Milady dopo che il servo fu uscito "tutto è pronto. La badessa non ha sospetti e crede che si sia venuti a prendermi per ordine del Cardinale. Quell'uomo sta dando gli ultimi ordini; prendete il puro necessario, bevete un dito di vino e partiamo." "Sì, partiamo" disse macchinalmente la signora Bonacieux. Milady le fece segno di sedersi di fronte a lei, le versò un piccolo bicchiere di vin di Spagna e le servì un poco di petto di pollo. "Vedete un po' se tutto non ci è propizio" le disse "ecco che scende la notte; e all'alba saremo arrivate nel nostro rifugio dove nessuno ci scoverà. Coraggio dunque e mangiate qualche cosa." La signora Bonacieux mangiò macchinalmente qualche boccone e si inumidì le labbra nel suo bicchiere. "Suvvia, dunque" la incitò Milady avvicinando il suo alle labbra "fate come me." Ma nel momento in cui lo avvicinava alla bocca, la sua mano restò sospesa a mezz'aria; aveva udito sulla strada come il rombo di una galoppata lontana che si avvicinasse, poi, quasi contemporaneamente, le parve di udire un nitrito di cavalli. Questo rumore la strappò alla sua gioia come un rumore di uragano ci risveglia a metà di un bel sogno; impallidì e corse alla finestra, mentre la signora Bonacieux si levava tremando e si appoggiava alla sedia per non cadere. Non si vedeva ancora niente, ma si sentiva il rumore del galoppo che si avvicinava. "Oh, mio Dio!" disse la signora Bonacieux "che cos'è questo rumore?" "Sono i nostri amici o i nostri nemici" disse col suo terribile sangue freddo Milady. "Restate dove siete; vi dirò di che si tratta." La signora Bonacieux rimase in piedi, muta, immobile e pallida come una statua. Il rumore aumentava, i cavalli non potevano essere lontani più di centocinquanta passi; se non si vedevano ancora era perché la strada faceva un gomito. Ad ogni modo, il rumore diventava così distinto che sarebbe stato possibile contare i cavalli dal ritmo scandito dei loro zoccoli. Milady guardava con tutta la forza della sua attenzione, c'era abbastanza luce perché potesse riconoscere coloro che stavano per arrivare. A un tratto, alla svolta della strada, vide splendere i cappelli gallonati e ondeggiare le piume; contò prima due, poi cinque, poi otto cavalieri, uno precedeva gli altri di due lunghezze di cavallo. Milady gettò un ruggito soffocato; nell'uomo che stava in testa alla cavalcata aveva riconosciuto d'Artagnan. "Oh, mio Dio! mio Dio!" esclamò la signora Bonacieux. "Che c'è?" "E' l'uniforme delle guardie del Cardinale, non c'è un minuto da perdere. Fuggiamo! Fuggiamo!" "Sì, sì, fuggiamo!" ripeté la signora Bonacieux senza poter fare un passo, inchiodata dallo spavento al suo posto. Si udirono i cavalieri passare sotto la finestra. "Venite dunque, venite!" gridava Milady cercando di trascinare la giovane donna per le braccia. "Grazie al giardino, possiamo fuggire ancora, ho la chiave; ma spicciamoci: fra cinque minuti sarà troppo tardi." La signora Bonacieux cercò di camminare, ma fece due passi e cadde in ginocchio. Milady tentò di alzarla e di trasportarla, ma non poté venirne a capo. In quel momento si udì il rumore della vettura che, alla vista dei moschettieri, partiva al galoppo. Poi risuonarono tre o quattro colpi di pistola. "Un'ultima volta, volete venire?" esclamò Milady. "Oh, mio Dio, mio Dio! Vedete bene che le forze mi abbandonano; vedete bene che non posso camminare; fuggite sola." "Fuggire sola! Lasciarvi qui! Questo mai!" esclamò Milady. A un tratto, un livido lampo passò nei suoi occhi: con un balzo, come smarrita, corse alla tavola e versò nel bicchiere della signora Bonacieux il contenuto di un castone d'anello che aprì con una singolare prontezza. Era un grano rossiccio che subito si sciolse. Poi prese con una mano sicura il bicchiere e, porgendolo alla poveretta, disse: "Bevete, questo vino vi ridarà forza, bevete." E avvicinò il bicchiere alle labbra della giovane donna che bevette macchinalmente. "Ah! non era così che volevo vendicarmi" mormorò Milady posando, con un sorriso infernale, il bicchiere sulla tavola; "in fede mia, si fa quel che si può." E si slanciò fuori della camera. La signora Bonacieux la guardò fuggire senza poterla seguire; essa era nella condizione di chi sogna d'essere inseguito e non può muovere un passo. Passò qualche minuto; si udiva picchiare furiosamente alla porta. A ogni istante la signora Bonacieux si aspettava di vedere ricomparire Milady che invece non compariva. Certo per il terrore che la dominava, la sua fronte ardente era bagnata a tratti da un freddo sudore. Infine sentì stridere i cancelli che venivano aperti; un rumore di stivali e di speroni risuonò sulle scale; c'era un grande mormorio di voci che si avvicinavano e in mezzo al quale le parve di sentir pronunciare il suo nome. A un tratto essa gettò un grido e si precipitò verso la porta; aveva riconosciuta la voce di d'Artagnan. "D'Artagnan! d'Artagnan!" esclamò. "Siete voi? Da questa parte, da questa parte." "Costanza! Costanza!" rispose il giovanotto. "Dove siete, dove siete, mio Dio?" Nello stesso momento, la porta della cella si aprì o, meglio, cedette a un urto; parecchi uomini si precipitarono nella camera; la signora Bonacieux si era lasciata cadere su una poltrona senza poter fare un movimento. D'Artagnan gettò una pistola ancora fumante che stringeva nel pugno e cadde in ginocchio ai piedi della sua amante; Athos rimise la sua alla cintura; Porthos ed Aramis, che avevano le spade in mano, le ringuainarono. "Ah, d'Artagnan, mio adorato d'Artagnan! finalmente sei venuto, non mi avevi ingannato, sei proprio tu." "Siamo finalmente riuniti, Costanza mia!" "Oh! Ella aveva un bel dire che non saresti venuto, ma segretamente io speravo; non son voluta fuggire: come ho fatto bene, come sono felice!" Alla parola 'ella' Athos, che si era seduto tranquillamente, si levò di scatto. "Ella? Ella chi?" domandò d'Artagnan. "La mia compagna, quella che, per amicizia verso di me, voleva sottrarmi ai miei persecutori; quella che è fuggita or ora perché vi aveva scambiati per guardie del Cardinale." "La vostra compagna!" esclamò d'Artagnan, diventando più bianco del bianco velo della sua amante "di che compagna volete dunque parlare?" "Di quella di cui c'era la vettura alla porta, di una donna che dice d'essere amica vostra, di una donna alla quale avete raccontato tutto." "Il suo nome, il suo nome!" gridò d'Artagnan; "Dio mio! Non sapete dunque il suo nome?" "Sì, esso è stato pronunciato dinanzi a me; aspettate… è strano.Oh, mio Dio! La mia testa si confonde, non ci vedo più." "Correte, amici, correte! Le sue mani sono gelate!" esclamò d'Artagnan "ella sta male! Gran Dio! sviene!" Mentre Porthos chiamava aiuto con tutta la potenza della sua voce, Aramis corse alla tavola per prendere un bicchier d'acqua, ma si fermò vedendo l'orribile alterazione del viso di Athos; egli era in piedi davanti alla tavola, coi capelli irti, gli occhi sbarrati per lo stupore; fissava uno dei bicchieri e sembrava in preda al più orribile dei dubbi. "Oh, no" diceva Athos "no, non è possibile! Dio non permetterebbe un simile delitto!" "Un po' d'acqua! Un po' d'acqua!" gridò d'Artagnan. "Povera donna, povera donna!" mormorava Athos con voce spezzata. La signora Bonacieux riapri gli occhi sotto i baci di d'Artagnan. "Ritorna in sé!" esclamò il giovanotto. "Oh, mio Dio, mio Dio, ti ringrazio!" "Signora" disse Athos "signora, in nome del cielo, di chi è questo bicchiere vuoto?" "Mio, signore…" rispose la giovane con voce morente. "Ma chi vi ha versato il vino che era in questo bicchiere?" "Lei." "Ma chi dunque lei?" "Ah! me ne ricordo" disse la signora Bonacieux "la contessa di Winter…" I quattro uomini dettero in un solo grido, ma quello di Athos dominò quello di tutti gli altri. In quel momento il viso della signora Bonacieux diventò livido, un sordo dolore l'atterrò, ella cadde ansimante fra le braccia di Porthos e di Aramis. D'Artagnan afferrò le mani di Athos con un'angoscia indescrivibile. "Come? Tu credi…" La voce gli si spense in un singhiozzo. "Credo tutto" rispose Athos mordendosi a sangue le labbra. "D'Artagnan, d'Artagnan!" esclamò la signora Bonacieux "dove sei? Non abbandonarmi, vedi bene che sto per morire." D'Artagnan lasciò le mani di Athos che stringeva ancora nelle sue contratte e corse a lei. Il suo viso così bello era tutto sconvolto, gli occhi vitrei non avevano già più sguardo, un tremito convulso agitava il suo corpo, la sua fronte era bagnata di sudore. "In nome del cielo, correte, chiamate! Porthos, Aramis, chiedete aiuto!" "E' inutile" disse Athos "per il veleno ch'ella versa non ci sono contravveleni." "Sì, sì, aiutatemi! aiutatemi!" mormorò la signora Bonacieux "aiutatemi!" Poi, chiamando a raccolta tutte le sue forze, prese la testa del giovanotto tra le mani, lo guardò per un attimo come se tutta la sua anima fosse passata nei suoi sguardi e, con un grido singhiozzante, appoggiò le sue labbra su quelle di lui. "Costanza! Costanza!" esclamò d'Artagnan. Un sospiro sfuggì dalla bocca della signora Bonacieux, sfiorando quella di d'Artagnan; questo sospiro era quell'anima così casta e amorosa che risaliva al cielo. D'Artagnan stringeva tra le braccia un cadavere. Il giovanotto gettò un grido e cadde accanto all'amante, pallido e gelato come lei. Porthos pianse, Aramis mostrò i pugni al cielo e Athos si fece il segno della croce. In quel momento, un uomo apparve sulla porta, pallido quasi come quelli che erano nella camera; si guardò intorno e vide la signora Bonacieux morta e d'Artagnan svenuto. Egli appariva proprio in quel momento di stupore che segue le grandi catastrofi. "Non m'ero ingannato" disse "questi è il signor d'Artagnan e voi siete i suoi tre amici, Athos, Porthos e Aramis." Coloro i cui nomi erano stati pronunciati guardarono con meraviglia lo sconosciuto; pareva a tutti e tre di riconoscerlo. "Signori" riprese il nuovo venuto "voi, come me, cercate una donna che" aggiunse con un sorriso terribile "deve essere certamente passata di qui, poiché vedo un cadavere!" I tre amici non dissero parola, soltanto la voce come il viso ricordavano loro un uomo già visto; tuttavia non riuscivano a ricordarsi in quali circostanze. "Signori" continuò lo straniero "poiché voi non volete riconoscere un uomo che probabilmente vi deve due volte la vita, bisognerà pure che vi dica il mio nome: sono lord Winter, il cognato di quella donna." I moschettieri gettarono un grido di sorpresa. Athos si alzò e gli tese la mano. "Siate il benvenuto, milord" disse "voi siete dei nostri." "Sono partito da Portsmouth" disse lord Winter "cinque ore dopo di lei; sono arrivato a Boulogne tre ore dopo il suo arrivo, a Saint-Omer mi precedeva di soli venti minuti; infine a Lilliers persi la sua traccia. Andavo a caso, chiedendo indicazioni a tutti, allorché vi scorsi passare di galoppo e riconobbi il signor d'Artagnan. "Vi chiamai, ma non mi rispondeste; volli seguirvi, ma il mio cavallo era troppo stanco per reggere all'andatura dei vostri. Eppure, nonostante la vostra sollecitudine, sembra che anche voi siate arrivati troppo tardi!" "Come vedete!" disse Athos indicando a lord Winter la signora Bonacieux morta e d'Artagnan che Porthos e Aramis cercavano di richiamare in vita. "Sono dunque morti tutti e due?" domandò freddamente lord Winter. "No, per fortuna" rispose Athos "d'Artagnan non è che svenuto." "Ah! Tanto meglio!" esclamò Winter. Infatti, in quel momento d'Artagnan riaprì gli occhi. Si svincolò dalle braccia dei suoi amici e si gettò come un pazzo sul corpo dell'amante. Athos si alzò, mosse con passo lento e solenne verso il suo amico, lo abbracciò teneramente e, siccome questi scoppiò in singhiozzi, gli disse con la sua voce così dolce e persuasiva: "Amico, sii uomo: le donne piangono i loro morti, ma gli uomini li vendicano." "Oh!, sì" disse d'Artagnan. "Se è per vendicarla, sono pronto a seguirti." Athos approfittò di quel momento di energia che la speranza della vendetta restituiva al suo povero amico per far cenno a Porthos e ad Aramis di andar a cercar la superiora. I due amici l'incontrarono nel corridoio ancora tutta turbata e tutta smarrita per tanti e sì terribili avvenimenti; essa chiamò alcune suore, che, contro ogni consuetudine monastica, si trovarono in presenza di cinque uomini. "Signora" disse Athos passando il braccio di d'Artagnan sotto il suo "lasciamo alle vostre cure pietose il corpo di questa disgraziata donna. Ella fu un angelo sulla terra prima di esserlo in cielo. Trattatela come una delle vostre sorelle, un giorno torneremo a pregare sulla sua tomba." D'Artagnan nascose il volto sul petto di Athos e scoppiò in singhiozzi. "Piangi, piangi" mormorò Athos "cuore pieno d'amore, di giovinezza e di vita! Ahimè! Vorrei anch'io piangete come te!" E trascinò via l'amico, affettuoso come un padre, consolatore come un prete, e con la grandezza di un uomo che ha molto sofferto. Tutti e cinque, seguiti dai servi che tenevano i cavalli alla briglia, si diressero verso la città di Béthune della quale si scorgeva il sobborgo e si fermarono al primo albergo che incontrarono. "Ma non inseguiamo quella donna?" domandò d'Artagnan. "Più tardi" rispose Athos "debbo prendere certe precauzioni." "Essa ci sfuggirà" ribatté il giovanotto "ci sfuggirà, Athos, e sarà per colpa tua." "Io rispondo di lei" disse Athos. D'Artagnan aveva una tale fiducia nella parola del suo amico che abbassò la testa ed entrò nell'albergo senza aggiungere sillaba. Porthos e Aramis si scambiarono un'occhiata perché non capivano nulla della sicurezza di Athos. Lord Winter credette che avesse parlato così per addormentare il dolore di d'Artagnan. "E ora, signori" disse Athos quando si fu assicurato che nell'albergo c'erano cinque camere disponibili "ritiriamoci ciascuno nella nostra stanza; d'Artagnan ha bisogno di essere solo per piangere e voi per dormire. Io m'incarico di tutto, state tranquilli." "Mi sembra tuttavia che se si deve prendere qualche misura contro la contessa, la cosa riguardi me" disse Winter "è mia cognata." "Ma è anche mia moglie!" ribatté Athos. D'Artagnan trasalì, poiché comprese ch'era sicuro della vendetta, visto che svelava un simile segreto; Porthos e Aramis si guardarono impallidendo; lord Winter pensò che Athos fosse impazzito. "Andate dunque ognuno nelle vostre stanze" disse Athos "e lasciatemi fare. Vedete bene che, nella mia qualità di marito, la cosa riguarda me. Soltanto, d'Artagnan, se non l'avete perso, datemi quel foglio che è sfuggito dal cappello di quell'uomo e sul quale era scritto il nome della città." "Ah, ora capisco " disse d'Artagnan "scritto dalla sua mano…" "Vedi bene" disse Athos "che c'è un Dio in cielo!"

 

 

 

 

 

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