CAPITOLO LVII - UN MEZZO DA TRAGEDIA CLASSICA

 

 

Dopo un momento di silenzio, che Milady impiegò a osservare il giovane che l'ascoltava, essa continuò il suo racconto: "Erano quasi tre giorni che non avevo né bevuto né mangiato e soffrivo torture atroci; tratto tratto mi passavano davanti nuvole che mi stringevano la fronte, mi velavano gli occhi: era il delirio. "Venne la sera: ero così debole che ad ogni istante svenivo e, ogni volta che svenivo, ringraziavo Dio perché credevo di morire. "Durante uno di questi svenimenti, udii aprirsi la porta; il terrore mi richiamò in vita. "Il mio persecutore entrò seguito da un uomo mascherato; era mascherato anch'egli, ma io riconobbi il suo passo, riconobbi la sua voce e riconobbi quell'aria imponente che l'inferno gli ha dato per la disgrazia dell'umanità. "Ebbene" mi disse "siete decisa a farmi il giuramento che vi ho domandato?" "Voi lo avete detto, i puritani non hanno che una parola; la mia l'avete udita, è di perseguitarvi, in terra dinanzi al tribunale degli uomini, in cielo dinanzi al tribunale di Dio." "Cosicché persistete?" "Lo giuro davanti a Dio che mi sente: io prenderò il mondo intero a testimone del vostro delitto fino a quando non avrò trovato chi mi vendichi." "Voi siete una prostituta" disse lui con voce tonante "e subirete il castigo delle prostitute! Infamata agli occhi del mondo che invocherete, tentate pure di provare che non siete né colpevole né pazza." "Poi, rivolgendosi all'uomo che lo accompagnava: "Carnefice" disse "fai il tuo dovere!" "Oh! Il suo nome! Il suo nome!" esclamò Felton; "ditemi il suo nome!" "Allora, nonostante le mie grida e la mia resistenza, perché cominciavo a capire che si trattava per me di qualche cosa peggiore della morte, il boia mi afferrò, mi rovesciò sul pavimento, mi martoriò con le sue strette brutali, e io, soffocata dai singhiozzi, quasi svenuta, invocando Dio che non m'ascoltava, improvvisamente gettai uno spaventevole grido di dolore e di vergogna: un ferro incandescente, il ferro del boia, si era impresso sulla mia spalla." Felton ebbe un ruggito. "Guardate" disse Milady alzandosi allora con maestà regale "guardate, Felton, quale nuovo martirio sia stato inventato per la giovanetta pura e tuttavia vittima della brutalità di uno scellerato. Imparate a conoscere il cuore degli uomini, da ora innanzi, cercate di essere meno facilmente lo strumento delle loro ingiuste vendette." Milady, con gesto rapido, aprì la sua veste, strappò la batista che le copriva il seno e, rossa di finta collera e di ben recitata vergogna, mostrò al giovanotto l'impronta incancellabile che disonorava quella spalla così bella. "Ma questo è un fiordaliso!" esclamò Felton. "Ed ecco appunto dov'è l'infamia" rispose Milady. "Il marchio d'Inghilterra!… sarebbe stato necessario dimostrare che un tribunale me l'aveva inflitto, e io mi sarei appellata pubblicamente a tutti i tribunali del regno; ma il marchio di Francia… oh! con questo ero veramente infamata." Tutto ciò era troppo per Felton. Pallido, immobile, schiacciato da questa spaventosa confessione, abbagliato dalla bellezza sovrumana di quella donna che si svelava a lui con una impudicizia ch'egli trovava sublime, finì per caderle ai piedi come facevano i primi cristiani davanti alle sante e pure martiri che la persecuzione degli imperatori abbandonava nel circo alla sanguinaria lubricità del popolaccio. Il marchio infame sparì, non restò che la bellezza. "Perdonatemi!" esclamò Felton. "Perdonatemi!" Milady lesse nei suoi occhi: Amore, amore! "Di che mi chiedete perdono?" domandò. "Di essermi unito ai vostri persecutori." Milady gli tese la mano. "Così bella, così giovane!" esclamò Felton coprendo di baci quella mano. Milady lasciò cadere su di lui uno di quegli sguardi che di uno schiavo fanno un Re. Felton era puritano: lasciò la mano di quella donna per baciare i suoi piedi. Egli non l'amava più, l'adorava. Quando questa crisi fu passata, quando Milady parve aver ricuperato il proprio sangue freddo, che, d'altronde, non aveva mai perduto, quando ebbe visto scomparire sotto il velo della castità quei tesori d'amore che gli venivano nascosti soltanto per far sì che li desiderasse più ardentemente, Felton disse: "E ora, non debbo chiedervi più che una cosa, ed è il nome del vostro vero carnefice, perché per me ce n'è uno solo; l'altro non è che uno strumento, ecco tutto." "Come, fratello!" esclamò Milady. "Debbo nominartelo! Non l'hai ancora indovinato?" "Come!" riprese Felton. "Lui!… ancora lui!… sempre lui?… Il vero colpevole…" "Il vero colpevole" disse Milady "è il saccheggiatore dell'Inghilterra, il persecutore dei veri credenti, il vile insidiatore dell'onore di tante donne, colui che per un capriccio del suo cuore corrotto sta per far versare tanto sangue a due regni, colui che oggi protegge i protestanti e domani li tradirà…" "Buckingham è il carnefice di questa angelica creatura! E tu, mio Dio, non l'hai fulminato! E tu lo hai lasciato nobile, potente e onorato per la perdita di noi tutti!" "Dio abbandona chi s'abbandona" disse Milady. "Ma egli vuol dunque attirare sul suo capo il castigo dei maledetti!" continuò Felton sempre più esaltato. "Vuole dunque che la vendetta umana preceda quella divina!" "Gli uomini lo temono e lo risparmiano." "Oh! Ma io non lo temo e non lo risparmierò!" Milady sentì la propria anima inondata da una gioia infernale. "Ma come mai, lord Winter, il mio protettore, mio padre" domandò Felton "si trova immischiato in tutto ciò?" "Ascoltatemi, Felton" riprese Milady "perché accanto ai miserabili e ai vili, ci sono anche esseri grandi e generosi. Io avevo un fidanzato, un uomo che mi amava e che amavo; un cuore come il vostro, Felton, un uomo come voi. Andai da lui e gli raccontai tutto; egli, che mi conosceva, non dubitò neppure per un attimo. Era un gran signore, in tutto l'eguale di Buckingham. Non parlò, cinse la spada, si avviluppò nel mantello e andò al palazzo di Buckingham." "Sì, sì" disse Felton "lo capisco, sebbene con certa gente non è la spada che si deve adoperare, ma il pugnale." "Buckingham era partito il giorno prima, era stato mandato in Spagna come ambasciatore per chiedere la mano dell'Infanta per il re Carlo Primo, che allora era soltanto principe di Galles. Il mio fidanzato tornò. "Sentite" mi disse "quell'uomo è partito e per il momento, quindi, sfugge alla mia vendetta; ma nell'attesa stiamo uniti; e per difendere l'onore di lord Winter e di sua moglie, fidatevi di me." "Lord Winter!" esclamò Felton. "Sì" disse Milady "lord Winter; e ora capite tutto, è vero? Buckingham rimase assente per più di un anno. Otto giorni prima ch'egli tornasse, lord Winter morì improvvisamente lasciandomi sua unica erede. Da chi veniva il colpo? Dio, che sa tutto, lo sa certamente, io non accuso nessuno…" "Oh! quale abisso! quale abisso!" esclamò Felton. "Lord Winter era morto senza dir nulla a suo fratello. Il segreto terribile doveva rimaner nascosto a tutti, fino a che non scoppiasse come la folgore sulla testa del colpevole. Il vostro protettore aveva visto con dolore il matrimonio del suo primogenito con una giovanetta povera. Sentii che nessun aiuto potevo aspettarmi da un uomo deluso nelle sue speranze di eredità. Andai in Francia decisa a rimanervi per tutto il resto della mia vita. Ma tutta la mia fortuna è in Inghilterra; quando per causa della guerra, le comunicazioni fra i due Paesi furono chiuse, tutto mi venne a mancare, dovetti quindi ritornare; sei giorni fa sbarcai a Portsmouth." "E allora?" disse Felton. "Allora Buckingham seppe senza dubbio del mio ritorno, ne parlò a lord Winter, già prevenuto contro me, e gli disse che sua cognata non era che una prostituta, bollata a fuoco. Non c'era più, per difendermi, la voce pura e nobile di mio marito. Lord Winter credette a quanto gli fu detto con tanta maggior facilità per quanto grande era il suo interesse a crederlo. Mi fece arrestare, mi condusse qui, mi pose sotto la vostra guardia. Il resto lo sapete; dopodomani mi esilierà, mi deporterà, mi relegherà insieme con le donne infami. Oh! La trama è ben ordita, il complotto è abile e il mio onore non sopravviverà a tutto ciò. Vedete bene che è necessario che io muoia, Felton, datemi il coltello." E, dopo queste parole, come se le forze le venissero meno, Milady si lasciò cadere, debole e languente, fra le braccia del giovane ufficiale, che, pazzo d'amore, di collera e di voluttà sconosciute, la strinse sul proprio cuore, rabbrividendo tutto al soffio di quella bocca così bella e come perduto al contatto di quel seno palpitante. "No, no" disse "voi vivrete onorata e pura, vivrete per trionfare sui vostri nemici." Milady lo respinse lentamente con la mano mentre lo attirava con lo sguardo; ma Felton, a sua volta, s'impadronì di lei implorandola come una divinità. "Oh, la morte, la morte!" diss'ella velando la voce e abbassando le palpebre "oh, la morte piuttosto che la vergogna, Felton, fratello mio, amico mio, ve ne scongiuro." "No" esclamò Felton "voi vivrete e sarete vendicata!" "Felton, io porto disgrazia a chi mi avvicina! Felton, abbandonatemi! Felton, lasciatemi morire!" "E allora morremo assieme!" esclamò egli appoggiando le proprie labbra su quelle della prigioniera. Molti colpi risonarono sulla porta; questa volta Milady lo respinse realmente. "Ascoltate" disse "qualcuno ci ha udito; vengono! finita! Siamo perduti!" "No" disse Felton "è la sentinella che mi avverte dell'arrivo di una ronda." "Allora correte alla porta e aprite voi stesso." Felton obbedì; quella donna era già tutto il suo pensiero, tutta l'anima sua. Si trovò di faccia a un sergente che comandava la pattuglia di sorveglianza. "Ebbene, che c'è?" chiese il giovane tenente. "Mi avevate detto di aprire la porta se avessi udito gridare aiuto" rispose il soldato "ma avete dimenticato di darmi la chiave; vi ho udito gridare senza capire che cosa dicevate, ho tentato di aprire la porta, era chiusa dal di dentro, allora ho chiamato il sergente." "Ed eccomi qui" disse il sergente. Felton, smarrito, quasi pazzo, non diceva parola. Milady capì che stava a lei salvare la situazione; corse alla tavola e prese il coltello che Felton vi aveva posato. "E con qual diritto volete impedirmi di morire?" gridò. "Gran Dio!" esclamò Felton vedendo il coltello luccicare nella sua mano. In quel momento uno scoppio di risa ironiche risonò nel corridoio. Il barone, attirato dal rumore, in veste da camera, la spada sotto il braccio, stava ritto sulla soglia. "Ah, ah! eccoci all'ultimo atto della tragedia" disse "vedete bene, Felton, il dramma ha seguito tutte le fasi che io avevo predetto; ma state tranquillo, il sangue non scorrerà." Milady capì che era perduta se non dava a Felton la prova immediata e terribile del suo coraggio. "Vi sbagliate, Milord" disse a il sangue scorrerà, e possa questo sangue ricadere su coloro che lo hanno fatto scorrere." Felton gettò un grido e si precipitò verso di lei, ma era tardi, Milady si era colpita. Ma il coltello aveva fortunatamente, dovremmo dire abilmente, urtato contro le stecche di ferro che a quell'epoca difendevano come una corazza, il petto delle donne, era scivolato strappando l'abito ed era penetrato di sbieco tra la carne e le costole. L'abito di Milady fu ugualmente macchiato di sangue in un secondo. La giovine era caduta riversa e sembrava svenuta. Felton strappò il coltello. "Vedete, milord" disse cupamente "ecco una donna che era sotto la mia custodia e che si è uccisa." "State tranquillo" disse lord Winter "che non è morta; i diavoli non muoiono con tanta facilità; state tranquillo e andate ad aspettarmi nella mia stanza." "Ma, milord…" "Andate, ve l'ordino." A questa ingiunzione del suo superiore, Felton obbedì; ma uscendo, prese il coltello e se lo nascose sul petto. Quanto a Lord Winter, egli si limitò a far chiamare la donna che serviva Milady e quando questa giunse, le raccomandò la prigioniera che era ancora svenuta e la lasciò sola con lei. Tuttavia, siccome, tutto sommato, nonostante i suoi sospetti, la ferita poteva essere grave, mandò subito un uomo a cavallo a cercare un medico.

 

 

 

 

 

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