CAPITOLO LIV - TERZO GIORNO DI PRIGIONIA

 

 

Felton era accorso; ma occorreva fare di più, occorreva trattenerlo, o, meglio, bisognava far sì che rimanesse solo; e Milady ancora non intravvedeva se non oscuramente con quali mezzi sarebbe giunta a questo risultato. Era anche necessario farlo parlare, perché fosse possibile parlargli; Milady sapeva bene che la sua più grande seduzione era nella voce, che percorreva tanto agilmente tutta la gamma dei toni, dalla parola umana al linguaggio celeste. Tuttavia, ad onta di tutte queste seduzioni, il piano di Milady poteva naufragare, giacché Felton era prevenuto, contro il più inaspettato degli scogli. Essa, dunque, si sforzò di controllare tutte le proprie azioni, tutte le proprie parole, persino il più semplice sguardo dei propri occhi, persino i propri gesti e la propria respirazione, che poteva essere interpretata come un abile sospiro. Insomma, essa studiò tutto di sé, come un abile commediante al quale è stata affidata una parte nuova diversa da quelle che recita abitualmente. Con lord Winter la sua condotta era più facile, per cui l'aveva fissata sin dal giorno prima: restare dignitosamente muta in sua presenza, di tanto in tanto irritarlo con un affettato disprezzo, con una parola sdegnosa; indurlo a minacciare e a usarle violenza, cose che avrebbero posto in maggior evidenza la sua rassegnazione; tale il suo progetto. Felton avrebbe visto: forse non avrebbe detto nulla, ma avrebbe visto. La mattina dopo Felton venne come al solito; Milady lo lasciò disporre tutto per la colazione, senza rivolgergli la parola. Così, nel momento in cui stava per andarsene, essa ebbe un barlume di speranza perché credette ch'egli stesse per parlare; ma le sue labbra si mossero senza che ne uscisse alcun suono, e con uno sforzo evidente su se stesso, egli chiuse nel proprio cuore le parole che stavano per sfuggirgli, e uscì. Verso mezzogiorno entrò lord Winter. Era una bella giornata d'inverno e un raggio di quel pallido sole inglese che rischiara ma non riscalda filtrava attraverso le sbarre della prigione. Milady guardava fuori dalla finestra e finse di non sentire che la porta si apriva. "Ah! ah!" disse lord Winter "dopo la commedia, dopo la tragedia, ora è la volta della malinconia." La prigioniera non rispose. "Sì, sì" continuò lord Winter "voi vorreste essere libera su quella riva; vorreste solcare questo bel mare verde come uno smeraldo su una buona nave e vorreste, o in terra o sull'oceano, tendermi uno di quei piccoli, deliziosi tranelli che sapete così ben combinare. Pazienza, pazienza! Fra quattro giorni la riva sarà tutta vostra, il mare vi sarà aperto, più aperto di quanto possiate desiderare, perché fra quattro giorni l'Inghilterra sarà sbarazzata di voi." Milady giunse le mani e, levando i suoi begli occhi al cielo: "Signore! Signore!" disse con un'angelica soavità di atteggiamento e d'intonazione "perdonate a quest'uomo come io gli perdono." "Prega, prega, maledetta!" esclamò il barone "la tua preghiera è tanto più generosa in quanto che sei nelle mani di un uomo il quale non ti perdonerà certamente." E uscì. Nel momento ìn cui egli usciva, uno sguardo penetrante scivolò oltre la porta semiaperta, ed essa scorse Felton che si faceva rapidamente in disparte per non essere visto da lei. Allora cadde ginocchioni e si mise a pregare. "Mio Dio! mio Dio!" esclamò "voi che sapete per quale santa causa io soffra, datemi la forza per soffrire!" La porta si aprì silenziosamente, la bella supplice finse di non aver udito e con voce piena di lacrime continuò: "Dio vendicatore! Dio di bontà! Lascerai tu che si compiano i terribili progetti di un tal uomo?" Solo allora ella finse di udire il rumore dei passi di Felton e, rialzandosi, rapida come il pensiero, arrossì quasi si vergognasse di essere stata sorpresa in ginocchio. "Non mi piace disturbare coloro che pregano, signora" disse gravemente Felton "non scomodatevi quindi per me, ve ne scongiuro." "Come potete sapere che pregavo, signore?" chiese Milady con voce soffocata dai singhiozzi. "Vi siete ingannato, io non pregavo." "Credete dunque, signora" continuò l'ufficiale con lo stesso tono grave, ma con accento più dolce "che io mi ritenga in diritto di impedire a una creatura di prosternarsi al suo Creatore? Dio non voglia! D'altra parte, il pentimento conviene bene ai colpevoli; quale che sia il delitto che ha commesso, un colpevole ai piedi di Dio mi è sacro." "Io colpevole!" esclamò Milady con un sorriso che avrebbe disarmato l'angelo del giudizio finale. "Io colpevole! Mio Dio, tu sai se lo sono! Ditemi che sono condannata, signore, alla buon'ora! Ma voi lo sapete, Dio, che ama i martiri, permette qualche volta che gli innocenti siano condannati." "Se foste condannata, o se foste una martire" rispose Felton "sarebbe una ragione di più per pregare e io stesso vi aiuterei con le mie preghiere." "Oh! Voi siete un giusto" esclamò Milady precipitandosi ai suoi piedi "ma io, vedete, non posso reggere più a lungo, perché temo che mi manchi la forza nel momento della lotta, quando dovrò confessare la mia fede; ascoltate dunque la supplica di una donna disperata. Voi siete ingannato, signore, ma non è di questo che mi preoccupo, io non voglio chiedervi che una grazia, e se me l'accorderete vi benedirò in questo mondo e nell'altro." "Parlate al padrone, signora" disse Felton; "io, per fortuna, non ho il potere né di perdonare, né di punire; Dio ha affidato questa responsabilità a qualcuno più in alto di me." "No, egli l'ha data a voi, a voi solo. Ascoltatemi, piuttosto che contribuire alla mia perdita, piuttosto che contribuire alla mia ignominia." "Se avete meritato quest'onta, signora, se siete incorsa in quest'ignominia, vi conviene subirla e offrirla in olocausto a Dio." "Ma che dite? Oh, voi non mi capite! Quando parlo di ignominia, voi pensate che io parli di castigo, della prigione o della morte! Piacesse al cielo! Che cosa volete m'importi della prigione o della morte?" "Sono io che non vi capisco più, signora." "O che fingete di non capirmi, signore" rispose la prigioniera con un sorriso di dubbio. "No, signora, sul mio onore di soldato e sulla mia fede di cristiano!" "Come! Voi non conoscete ciò che vuol fare di me lord Winter?" "Lo ignoro." "Impossibile, siete il suo confidente!" "Io non mento mai, signora." "Eppure egli finge tanto poco che non è difficile indovinare il suo pensiero." "Io non cerco di indovinare nulla, signora, aspetto che mi si dica quanto si vuole che io sappia, e all'infuori di quanto mi ha detto in vostra presenza, lord Winter nulla mi ha confidato." "Ma" esclamò Milady con un indescrivibile accento di sincerità "voi dunque non siete il suo complice, voi non sapete che egli mi destina a un'onta della quale tutti i castighi della terra non potrebbero uguagliare l'orrore?" "Vi ingannate, signora" proruppe Felton arrrossendo "lord Winter non è capace di un simile delitto!" "Bene" disse fra sé Milady "non sa di che si tratti e lo chiama già delitto." Poi aggiunse ad alta voce: "Chi è amico di un infame è capace di tutto." "Chi chiamate un infame?" domandò Felton. "Ci sono forse due uomini in Inghilterra ai quali si possa dare tale appellativo?" "Voi volete parlare di Giorgio Villiers?" disse Felton "e i suoi occhi si infiammarono. "Che i pagani i gentili e gli infedeli chiamano duca di Buckingham" riprese Milady. "Non avrei mai creduto che in tutta l'Inghilterra ci fosse un solo Inglese che avesse bisogno di una così lunga spiegazione per capire di chi volessi parlare." "Il Signore ha stesa la mano su di lui" disse Felton "egli non sfuggirà al giusto castigo." Felton non faceva che esprimere nei riguardi del duca il sentimento di esecrazione che tutti gli Inglesi avevano votato a colui che i cattolici stessi chiamavano l'esattore, il concussionario, il vizioso, e che i puritani chiamavan semplicemente Satana. "Oh! Dio mio! Dio mio!" esclamò Milady "quando io vi supplico di inviare a quell'uomo il castigo che gli è dovuto, voi sapete che non perseguo una mia vendetta personale, ma imploro per la libertà di tutto un popolo." "Lo conoscete forse?" domandò Felton. "Finalmente mi interroga" disse fra sé Milady al colmo della gioia per essere arrivata così presto a un sì buon risultato. "Se lo conosco!" esclamò poi. "Oh, sì, lo conosco bene, per mia disgrazia, per mia eterna disgrazia!" E Milady si torse le braccia come se fosse giunta a un parossismo di dolore. Felton sentì certamente che la forza stava per abbandonarlo, perché fece qualche passo verso la porta; la prigioniera, che non lo perdeva di vista, balzò dietro di lui e lo fermò. "Signore!" gridò "siate buono e siate clemente, ascoltate la mia preghiera: quel coltello, che la fatale prudenza del barone mi ha tolto, perché egli ben sapeva l'uso che ne avrei fatto… Oh! Ascoltatemi fino alla fine!… Quel coltello, restituitemelo, solo per un minuto, per grazia, per pietà! Io abbraccio le vostre ginocchia; poi ve ne andrete, chiuderete la porta… io non ho niente contro di voi. Dio mio! Perché dovrei odiarvi? Voi siete l'unico uomo giusto, buono, compassionevole che lo abbia incontrato. Voi sarete forse il mio salvatore! Datemi quel coltello per un minuto, per un solo minuto, poi ve lo restituirò attraverso lo spioncino della porta; per un solo minuto, signor Felton, e… mi avrete salvato l'onore!" "Volete uccidervi!" esclamò Felton con terrore, dimenticando di ritirare le sue mani da quelle della prigioniera. "Volete uccidervi!" "Ho detto il mio segreto, signore" mormorò Milady abbassando la voce e lasciandosi cadere come accasciata sul pavimento "egli sa tutto! Dio mio, io sono perduta!" Felton restava in piedi, immobile, indeciso. "Dubita ancora" pensò Milady "non sono stata abbastanza vera." Si sentì camminare nel corridoio; Milady riconobbe il passo di lord Winter. Anche Felton lo riconobbe e mosse verso la porta. Milady si slanciò: "Oh, non una parola" disse con voce concentrata "non una parola di quanto ho detto a quell'uomo o sono perduta, e sarete stato voi… voi…" Poi, siccome i passi si avvicinavano, ella tacque per tema di essere udita e appoggiò con un gesto di terrore infinito la sua bella mano sulla bocca di Felton; Felton respinse dolcemente Milady che andò a cadere su una poltrona a sdraio. Lord Winter passò davanti alla porta senza fermarsi, e s'udì il rumore dei suoi passi che si allontanavano. Felton, pallido come un morto, restò per qualche attimo in ascolto, poi, quando ogni rumore fu spento, respirò come un uomo che si sveglia da un incubo e si precipitò fuori dalla camera. "Ah!" esclamò Milady ascoltando a sua volta il rumore dei passi di Felton che si allontanava nella direzione opposta a quella di lord Winter "sei mio, finalmente!" Poi la sua fronte si corrugò. "Se parla al barone" disse "sono perduta poiché mio cognato, il quale sa benissimo che io non mi ucciderei, mi metterà dinanzi a lui con un coltello nelle mani e Felton vedrà così che tutta la mia disperazione non era che finzione." Si mise davanti al suo specchio e si guardò; mai era stata tanto bella. "Questo è vero" disse sorridendo "ma egli non parlerà." La sera lord Winter venne insieme con la cena. "Signore" gli disse Milady "la vostra presenza è forse un accessorio obbligato della prigonia, e non potreste risparmiarmi l'accrescimento di tortura che mi procurano le vostre visite?" "Ma come, cara sorella" disse Winter "non mi avete forse sentimentalmente annunciato voi stessa, con quella bella bocca oggi così crudele per me, che siete venuta in Inghilterra col solo scopo di vedermi comodamente, godimento del quale, a quanto dicevate, sentivate talmente la privazione, che avete affrontato tutto per ritrovarlo: mal di mare, tempesta, prigionia? Ebbene, eccomi qui, siete soddisfatta; d'altronde, questa volta la mia visita ha un motivo." Milady fremette poiché ebbe paura che Felton avesse parlato; mai forse in tutta la sua vita questa donna che aveva provate tante emozioni possenti e diverse, aveva sentito il proprio cuore battere così violentemente. Essa era seduta; lord Winter prese una poltrona, la tirò accanto a lei, sedette, poi, levando di tasca una carta che spiegò lentamente: "Ecco" disse "volevo mostrarvi questa specie di passaporto che ho redatto io stesso e che, da ora innanzi, vi servirà da numero d'ordine nella vita che acconsento a lasciarvi." Poi, riportando gli occhi da Milady sulla carta, lesse : "Ordine di condurre a… Il nome è in bianco" disse lord Winter "se avete qualche preferenza me la comunicherete; e purché sia lontana un miglio di leghe da Londra, sarete accontentata. Dunque: Ordine di condurre a… la nominata Carlotta Backson, bollata dalla giustizia del regno di Francia, ma liberata dopo il castigo; ella abiterà in cotesta residenza senza mai potersene allontanare per più di tre leghe. In caso di tentativo di evasione, le sarà applicata la pena di morte. Ella avrà cinque scellini al giorno per l'alloggio e il vitto." "Quest'ordine non mi concerne" rispose freddamente Milady "poiché è intestato a un nome che non è mio." "Il nome! Ma ne avete forse uno?" "Ho quello di vostro fratello." "Vi sbagliate, mio fratello non è che il vostro secondo marito e il primo vive ancora. Ditemi il suo nome e lo metterò invece di quello di Carlotta Backson. No?… Non volete?… Non volete parlare?… Va bene! Manterremo allora il nome di Carlotta Backson." Milady restò silenziosa; non era più per partito preso, ma per terrore: credette che l'ordine fosse per essere eseguito immediatamente, pensò che lord Winter avesse anticipato la sua partenza, si ritenne condannata a partire la sera stessa. Per un attimo pensò che tutto fosse perduto, ma di colpo s'accorse che l'ordine non era firmato. La gioia che provò per questa scoperta fu così grande che non poté nasconderla. "Sì, sì" disse lord Winter che intuì ciò che passava in lei "voi cercate la firma e pensate: tutto non è perduto poiché quest'ordine non è firmato; egli me lo fa vedere per spaventarmi, ecco tutto. Ma vi ingannate: domani quest'ordine sarà mandato a lord Buckingham; dopodomani tornerà firmato di suo pugno e col suo sigillo, e ventiquattro ore dopo, me ne rendo garante io, ne sarà iniziata l'esecuzione. Addio, signora, ecco tutto quanto dovevo dirvi." "E io vi risponderò, signore, che quest'abuso di potere e quest'esilio impostomi sotto un falso nome sono un'infamia." "Preferite forse essere impiccata col vostro vero nome, Milady? Voi lo sapete, le leggi inglesi sono inesorabili dinanzi agli abusi matrimoniali. Ditemi francamente ciò che desiderate: sebbene il mio nome, o meglio quello di mio fratello si trovi mescolato in tutto ciò, io affronterò lo scandalo di un processo pubblico per essere sicuro di sbarazzarmi di voi, di un sol colpo." Milady non rispose, ma divenne pallida come un cadavere. "Oh, vedo bene che preferite peregrinare. Benissimo, signora, c'è un vecchio proverbio che dice che i viaggi formano il carattere. Ma, in fede mia, tutto sommato, non avete torto, la vita è buona. Ed è appunto per questo che non desidero che me la togliate. Non ci resta dunque che regolare la faccenda dei cinque scellini; io mi mostro alquanto parsimonioso, non è vero? Ma non voglio che corrompiate i vostri guardiani; d'altronde vi restano sempre le vostre grazie per sedurli. Fatene uso se il vostro insuccesso con Felton non vi ha disgustata dei tentativi di questo genere." "Felton non ha parlato" pensò Milady "allora nulla è perduto." "E ora, signora, arrivederci. Domani verrò ad annunciarvi la partenza del mio messaggero." Lord Winter si alzò, salutò ironicamente Milady, e uscì. Milady respirò: aveva ancora quattro giorni davanti a sé; quattro giorni sarebbero stati sufficienti per portare a compimento la seduzione di Felton. Ma allora un'idea terribile le attraversò la mente, e cioè che lord Winter avrebbe forse mandato Felton per far firmare l'ordine a Buckingham; in questo caso Felton le sarebbe sfuggito ed ella per riuscire aveva bisogno di tenerlo sotto la magia di una seduzione continua. Tuttavia, come abbiamo detto, una cosa la rassicurava: Felton non aveva parlato. Essa non volle mostrarsi preoccupata per le minacce di lord Winter; sedette a tavola e mangiò. Poi, come aveva fatto il giorno prima, s'inginocchiò e ripeté ad alta voce le sue preghiere. Come il giorno prima, il soldato cessò di camminare e si fermò per ascoltare. Poco dopo ella sentì dei passi più leggeri di quelli della sentinella che venivano dal fondo del corridoio e si arrestavano alla porta. "E' lui" disse. E cominciò lo stesso canto religioso che la sera prima aveva tanto violentemente esaltato Felton. Ma, sebbene la sua voce dolce, piena e sonora vibrasse più armoniosa e straziante che mai, la porta restò chiusa. Parve tuttavia a Milady, in uno degli sguardi furtivi che lanciava verso lo spioncino, di scorgere attraverso la fitta grata gli occhi ardenti del giovanotto; ma, fosse visione o realtà, questa volta egli ebbe la forza di non entrare. Soltanto pochi secondi dopo che ella ebbe terminato il suo canto religioso, le parve di udire un profondo sospiro; poi gli stessi passi che aveva udito avvicinarsi, si allontanarono lentamente e come a malincuore.

 

 

 

 

 

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