CAPITOLO LII - PRIMO GIORNO DI PRIGIONIA

 

 

Torniamo a Milady che uno sguardo gettato sulle coste di Francia ci ha fatto perdere di vista. La ritroveremo nella stessa posa di disperazione in cui la lasciammo, intenta a scavarsi un abisso di cupe riflessioni, cupo inferno sulla soglia del quale ha quasi lasciato ogni speranza, giacché per la prima volta ella dubita, per la prima volta ella teme. In due occasioni la fortuna le è mancata, in due occasioni si è vista smascherata e tradita, e in queste due occasioni ha urtato contro il genio fatale inviato senza dubbio dal Signore per combatterla; d'Artagnan l'ha vinta, ha vinta lei, invincibile incarnazione del male. Egli l'ha raggirata nel suo amore, l'ha umiliata nel suo orgoglio, l'ha ingannata nella sua ambizione, ed ecco che ora distrugge la sua fortuna, la priva della libertà e minaccia persino la sua vita. Peggio ancora, egli ha sollevato un lembo della maschera che la rendeva forte. D'Artagnan ha allontanato da Buckingham, ch'ella odia come odia tutto ciò che ha amato, la tempesta di cui lo minacciava Richelieu nella persona della regina. D'Artagnan si è fatto passare per di Wardes per il quale essa aveva uno di quei capricci da tigre, indomabili, come ne hanno le donne della sua specie. D'Artagnan conosce il suo terribile segreto, quel segreto che, essa l'ha giurato, nessuno deve conoscere senza morire. Infine, nel momento in cui ha ottenuto un foglio in bianco per mezzo del quale si dispone a vendicarsi del suo nemico, quel foglio le è strappato dalle mani, ed è d'Artagnan che la tiene prigioniera e che minaccia di farla inviare in qualche immonda Botany-Bay o in qualche infame Tyburn dell'oceano Indiano{44}. Tutto ciò, essa lo deve a d'Artagnan, non c'è dubbio; da chi può provenire tanta vergogna accumulata nel suo capo, se non da lui? Egli solo ha potuto svelare a lord Winter gli spaventosi segreti che ha scoperti l'uno dopo l'altro per una specie di fatalità. Egli conosce suo cognato, egli deve avergli scritto. Quanto odio essa distilla! Immobile, con gli occhi ardenti e fissi, nella sua camera deserta, oh, come lo scoppio dei suoi sordi ruggiti, che a tratti sfuggono con i respiri dal fondo del suo petto, accompagna bene il rumore dell'onda che sale, brontola, muggisce e viene a infrangersi, come una disperazione eterna e impotente, contro le rocce sulle quali è fabbricato quel cupo e orgoglioso castello. E come, alla luce dei lampi che la sua collera tempestosa fa brillare nel suo spirito, le sorridono, contro la signora Bonacieux, contro Buckingham e soprattutto contro d'Artagnan, magnifici progetti di vendetta perduti nelle lontananze dell'avvenire! Ma per vendicarsi bisogna essere liberi, e per essere liberi quando si è prigionieri, occorre forare un muro, segare inferriate, bucare un pavimento, operazioni tutte che può compiere un uomo forte e paziente, ma dinanzi alle quali sono destinate a fallire le irritazioni febbrili di una donna. E poi, per fare tutto ciò occorre molto tempo, mesi, anni, ed essa… non dispone che di dieci o dodici giorni, secondo quanto le ha detto lord Winter, il suo fraterno e terribile carceriere. Eppure, se essa fosse uomo, tenterebbe tutto ciò e forse riuscirebbe. Perché dunque il cielo si è talmente ingannato mettendo un'anima virile in un corpo fragile e delicato? Così, dunque, i primi momenti di prigionia sono stati terribili; alcune convulsioni di rabbia che non ha potuto reprimere hanno pagato il debito della debolezza femminile alla natura. Ma a poco a poco, essa ha domato gli scoppi della sua inutile collera, i fremiti nervosi che hanno agitato il suo corpo sono scomparsi, e ora essa si è ripiegata su se stessa come un serpe stanco che si riposa. "Suvvia, suvvia; ero pazza a lasciarmi trasportare dalla collera" dice sprofondando nel suo specchio, che riflette nei suoi occhi uno sguardo ardente col quale essa sembra interrogare se stessa. "Niente violenza, la violenza è una prova di debolezza. Prima di tutto, con questo mezzo io non sono mai riuscita a nulla; forse, se usassi la mia forza contro le donne avrei qualche probabilità di trovarle più deboli di me e per conseguenza di vincerle; ma io lotto contro degli uomini, e per loro non sono che una donna. Lottiamo dunque da donna, nella debolezza è la mia forza." Allora, quasi per rendersi conto dei cambiamenti ch'essa poteva imporre alla sua fisionomia così mobile ed espressiva, fece assumere al suo viso tutte le espressioni: da quella della collera che contraeva i suoi lineamenti, sino a quella del più affettuoso, del più dolce e del più affascinante dei sorrisi. Poi i suoi capelli presero sotto le sue mani sapienti le ondulazioni che, a suo parere, potevano aggiungere qualche cosa alla grazia del suo volto. Infine soddisfatta, mormorò: "Suvvia, nulla è perduto; sono ancora bella!" Erano circa le otto di sera. Milady scorse un letto; pensò che un riposo di qualche ora avrebbe rinfrescato non solo la sua testa e le sue idee, ma anche il suo colorito. Tuttavia, prima di coricarsi, ebbe un'idea migliore. Aveva sentito parlare della cena. Essa era già da un'ora chiusa in quella camera, chi doveva portarle da mangiare non poteva tardare. La prigioniera non volle perdere tempo e risolvette di fare qualche tentativo per sondare il terreno quella stessa sera, studiando il carattere di coloro ai quali era stata data in custodia. Una luce filtrò di sotto alla porta; quella luce annunciava il ritorno dei suoi carcerieri. Milady, che s'era alzata, si lasciò ricadere nella poltrona con la testa rovesciata indietro, i bei capelli sciolti e sparsi, il seno seminudo sotto i merletti sgualciti, una mano sul cuore e l'altra penzoloni. I catenacci furono tirati, la porta cigolò sui cardini, alcuni passi risonarono nella stanza e si avvicinarono. "Mettete là quel tavolo" ordinò una voce che la prigioniera riconobbe per quella di Felton. L'ordine fu eseguito. "Portate dei candelieri e cambiate la sentinella" continuò Felton. Questi due ordini dati agli stessi individui dal giovane tenente provarono a Milady che coloro che la servivano erano gli stessi uomini che la custodivano, vale a dire dei soldati. Gli ordini di Felton erano d'altronde eseguiti con una silenziosa rapidità che dava un'ottima idea del come era mantenuta la disciplina. Infine Felton, che non aveva ancora guardato Milady, si volse verso di lei. "Ah! dorme!" esclamò "va bene, mangerà quando si sveglierà." E fece qualche passo per uscire. "Ma, signor tenente" disse un soldato che, meno stoico del suo capo, si era avvicinato a Milady "questa donna non dorme." "Non dorme? Che cosa fa dunque?" domandò Felton. "E' svenuta; il suo volto è pallidissimo e, per quanto stia in ascolto, non la sento respirare." "Avete ragione" disse Felton dopo aver guardato Milady dal punto in cui si trovava, senza fare un passo verso di lei; "andate ad avvertire lord Winter che la sua prigioniera è svenuta. Io non so che fare, il caso non era previsto." Il soldato uscì per ubbidire agli ordini dell'ufficiale: Felton sedette su una poltrona che si trovava per caso vicino alla porta e attese senza dir parola, senza fare un gesto. Milady possedeva la grande arte, tanto studiata dalle donne, di vedere attraverso le sue lunghe ciglia senza aver l'aria di sollevare le palpebre; vide dunque che Felton le voltava le spalle; per dieci minuti circa l'osservò fissamente e per dieci minuti l'impassibile guardiano non si voltò neppure una volta. Allora pensò che lord Winter stava per venire e per dare, con la sua presenza, una nuova forza al suo carceriere: il suo primo esperimento era fallito, ed essa accettò la sconfitta da donna che non dubita dei suoi mezzi; di conseguenza, alzò la testa, aprì gli occhi e sospirò debolmente. Udendo sospirare Felton finalmente si volse. "Ah, eccovi risvegliata, signora" disse. "Non ho dunque più nulla da fare qui. Se avrete bisogno di qualche cosa chiamate." "Dio mio! Dio mio! quanto ho sofferto!" mormorò Milady con la sua voce armoniosa, che, simile a quella delle incantatrici antiche, affascinava coloro che essa voleva perdere. E raddrizzandosi sulla poltrona essa prese una posizione più graziosa e più piena di abbandono di quella che aveva quand'era distesa. Felton si alzò. "Voi sarete servita così tre volte al giorno, signora" disse; "la mattina alle nove, durante la giornata all'una e la sera alle otto. Se questo non vi va, potete dire le ore che vi convengono meglio e, a questo riguardo, faremo come desiderate." "Ma starò dunque sempre sola in questa grande e triste camera?" domandò Milady. "Una donna dei dintorni è stata avvisata e verrà domani al Castello; tutte le volte che lo vorrete sarà ai vostri ordini." "Grazie, signore" rispose umilmente la prigioniera. Felton fece un cenno di saluto e si diresse alla porta; nel momento in cui stava per varcarne la soglia, lord Winter apparve nel corridoio seguito dal soldato che era andato ad avvertirlo dello svenimento di Milady. Aveva in mano una boccetta di sali. "Ebbene, che c'è? Che cosa succede qui?" chiese ironicamente vedendo la prigioniera in piedi e Felton che stava per uscire. "La morta è dunque risuscitata? Perdio, Felton, ragazzo mio, non ti sei accorto che ti hanno preso per un novizio e che ti hanno rappresentato il primo atto di una commedia di cui avremo senza dubbio il piacere di seguire gli sviluppi?" "L'ho pensato, milord" disse Felton "ma poiché, dopo tutto, la prigioniera è una donna, ho voluto usarle i riguardi che un uomo ben nato deve sempre a una donna, se non per lei, per rispetto verso se stesso." Milady rabbrividì in tutto il corpo; le parole di Felton la colpivano direttamente al cuore. "Cosicché" riprese ridendo lord Winter "questi bei capelli, così sapientemente sparsi, questa pelle bianca e questi languidi occhi, non ti hanno ancora sedotto, cuore di pietra?" "No, milord" rispose l'impassibile giovanotto "e, credetemi, ci vuol altro che qualche maneggio e qualche civetteria di donna per corrompermi!" "In tal caso, mio caro tenente, lasciamo che Milady escogiti qualche altro mezzo, e andiamo a cena; ma stai tranquillo, essa ha l'immaginazione feconda, e il secondo atto della commedia non tarderà molto a seguire il primo." E così dicendo lord Winter prese sottobraccio Felton e lo condusse via ridendo. "Oh! Saprò ben trovare ciò che ti occorre" mormorò Milady fra i denti "stai tranquillo, povero monaco mancato, povero soldato convertito che ti sei tagliato l'uniforme in una tonaca." "A proposito" riprese Winter fermandosi sulla soglia "non voglio che questo scacco ti tolga l'appetito, Milady. Assaggiate questo pollo e questo pesce che non sono avvelenati, parola d'onore. Io sono contento del mio cuoco e poiché non deve ereditare da me, ho in lui piena e intera fiducia. Imitatemi. Addio, sorella cara, al vostro prossimo svenimento." Era più di quanto Milady potesse sopportare; le sue mani abbrancarono i bracciali della poltrona, i suoi denti stridettero, i suoi occhi seguirono il moto della porta che si chiudeva dietro a lord Winter e a Felton. Quando fu sola, una nuova crisi di disperazione la colse; gettò gli occhi sulla tavola, vide brillare un coltello, si lanciò, lo afferrò, ma la sua delusione fu grande: la lama era rotonda e d'argento flessibile. Uno scoppio di risa risonò dietro la porta malchiusa che si riaprì prontamente. "Ah, ah!" esclamò lord Winter "ah, ah, ah! vedi bene, mio caro Felton, vedi quel che ti avevo detto; quel coltello era per te; ragazzo mio, essa t'avrebbe ucciso; vedi, è una delle sue manie quella di sbarazzarsi così, in un modo o nell'altro, delle persone che l'incomodano. Se t'avessi dato ascolto, quel coltello sarebbe stato d'acciaio, e allora niente più Felton, essa ti avrebbe sgozzato e, dopo di te, tutti gli altri. Guarda come lo sa bene maneggiare." Infatti Milady stringeva ancora la sua arma offensiva nella mano contratta, ma queste ultime parole, questo supremo insulto, allentarono le sue mani, le sue forze e persino la sua volontà. Il coltello cadde a terra. "Avevate ragione, milord" disse Felton con un accento di profondo disgusto che risuonò sino in fondo al cuore di Milady "avevate ragione e io avevo torto." Ed entrambi uscirono di nuovo. Ma questa volta Milady stette in orecchi finché udì il rumore dei passi che si allontanavano e si smorzavano in fondo al corridoio. "Sono perduta" mormorò "eccomi in potere di persone sulle quali non avrò maggior influenza che su delle statue di bronzo o di granito; essi mi conoscono a fondo e sono corazzati contro tutte le mie armi. Eppure è impossibile che la cosa finisca come vogliono." Infatti, come dimostrava quest'ultima riflessione, questo ritorno istintivo alla speranza, in quell'anima profonda il timore e i sentimenti deboli non imperavano a lungo. Milady sedette a tavola, mangiò un po' di tutte le pietanze, bevette un po' di vino di Spagna, e sentì rinascere tutta la sua risolutezza. Prima di coricarsi ella aveva già esaminato, analizzato, voltato su tutte le facce, esaminato da tutti i punti di vista, le parole, i passi, i gesti, i segni e persino il silenzio dei suoi carcerieri, e da questo studio profondo, abile e sapiente aveva tratto la conclusione che, tutto sommato, Felton era il più vulnerabile fra i suoi due persecutori. Una frase specialmente le era fissa in mente: lord Winter aveva detto a Felton: "Se ti avessi ascoltato!" Dunque Felton aveva parlato in suo favore, visto che lord Winter non aveva voluto ascoltarlo. "Debole o forte che sia" diceva Milady "quell'uomo ha dunque nell'animo un barlume di pietà; di questo barlume io farò un incendio che lo divorerà. Quanto all'altro, egli mi conosce, mi teme e sa che cosa può aspettarsi da me se gli sfuggo, è dunque inutile ch'io faccia dei tentativi su di lui. Ma Felton è un'altra cosa; è un giovanotto ingenuo, puro e che sembra virtuoso; c'è dunque modo di perderlo." E Milady si coricò e si addormentò col sorriso sulle labbra; chi l'avesse veduta addormentata, l'avrebbe creduta una giovanetta sognante la corona di fiori che deve mettere sulla sua fronte in una festa imminente.

 

 

 

 

 

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