CAPITOLO XLVII - IL CONSIGLIO DEI MOSCHETTIERI

 

 

Come Athos aveva previsto, il bastione non era occupato che da una decina di morti, parte Francesi parte Rochellesi. "Signori" disse Athos che aveva preso il comando della spedizione "mentre Grimaud prepara la tavola, cominciamo col raccogliere i fucili e le cartucce; possiamo d'altronde chiacchierare mentre compiamo questo lavoro. Questi signori" continuò indicando i morti "non staranno ad ascoltarci." "Potremmo tuttavia gettarli nel fossato" disse Porthos "beninteso, dopo esserci assicurati che non hanno nulla in tasca." "Sì" convenne Athos "la cosa riguarda Grimaud." "Bene" disse d'Artagnan "allora Grimaud li perquisisca e li getti al di là del parapetto." "Guardatevene bene!" disse Athos. "Essi possono esserci utili." "Utili questi morti?" disse Porthos. "Ma voi diventate pazzo, mio caro." "Non giudicate temerariamente, dicono il Vangelo e monsignor Cardinale" disse Athos, e aggiunse: "Quanti fucili, signori?". "Dodici" rispose Aramis. "Quanti colpi?" "Un centinaio." "E' quanto ci abbisogna; carichiamo le armi." I quattro amici si misero all'opera; avevano appena finito di caricare l'ultimo fucile, quando Grimaud fece segno che la colazione era servita. Athos rispose, sempre con un gesto, che la cosa gli faceva piacere e indicò a Grimaud una specie di garitta e il domestico comprese che doveva mettervisi di sentinella. Solamente, per alleggerirgli la noia della fazione, Athos gli permise di portar seco del pane, due costolette e una bottiglia di vino. "E ora a tavola" disse Athos. I quattro amici sedettero per terra, incrociando le gambe come i Turchi e i sarti. "Adesso che non temi più di essere udito" disse d'Artagnan "spero che ci metterai a parte del tuo segreto, Athos!" "Spero di procurarvi insieme un po' di divertimento" rispose Athos "e un po' di gloria, signori. Vi ho fatto fare una passeggiata piacevole; qui c'è una succulenta colazione e laggiù, come potete vedere attraverso le feritoie, ci sono cinquecento persone che ci considerano pazzi o eroi; due categorie di imbecilli che hanno molti punti di rassomiglianza." "Ma questo segreto?" insistette d'Artagnan. "Il segreto" disse Athos "è che ho veduto Milady ieri sera." D'Artagnan stava per bere, ma al nome di Milady la mano gli tremò così forte che fu costretto a posare in terra il bicchiere per non versarne il vino contenuto. "Tu hai veduta tua mo…" "Zitto" lo interruppe Athos "dimenticate che i nostri amici non sono iniziati come voi al segreto delle mie faccende private; ho veduta Milady." "Dove?" domandò d'Artagnan. "Circa a due leghe da qui, all'albergo del Colombo Rosso." "In tal caso sono perduto" disse d'Artagnan. "Non ancora interamente" riprese Athos "perché a quest'ora ella deve avere lasciato le coste della Francia." D'Artagnan respirò. "Ma alla fine dei conti" domandò Porthos "chi è dunque questa Milady?" "Una donna deliziosa" disse Athos sorseggiando un bicchiere di vino spumante. "Canaglia di un oste!" esclamò. "Ci ha dato del vino di Angiò invece di champagne e crede che ci lasceremo imbrogliare! Sì, una donna deliziosa" continuò "che è stata molto compiacente col nostro amico d'Artagnan, il quale l'ha ricompensata con non so quale mala azione di cui essa ha tentato di vendicarsi un mese fa cercando di farlo uccidere a colpi di moschetto, otto giorni or sono tentando di avvelenarlo, e ieri domandando la sua testa al Cardinale." "Come! Domandando la mia testa al Cardinale?" esclamò d'Artagnan pallido di terrore. "Questo è vero come il Vangelo" disse Porthos. "L'ho intesa con le mie orecchie." "Anch'io" fece Aramis. "Allora" mormorò d'Artagnan scoraggiato, lasciando cadere il braccio "è inutile lottare più a lungo; tanto vale che la faccia finita facendomi saltare le cervella." "E' l'ultima sciocchezza da fare" disse Athos "visto che è la sola alla quale non ci sia rimedio." "Ma riuscirò mai a salvarmi con simili nemici?" disse d'Artagnan. "Prima lo sconosciuto di Meung, poi di Wardes al quale ho dato tre colpi di spada, poi Milady della quale ho scoperto il segreto, infine il Cardinale al quale ho mandato a monte la vendetta." "Ebbene" disse Athos "presi tutti insieme non sono che quattro, e anche noi siamo quattro: uno contro uno. Perdio, se dobbiamo credere ai segni che ci fa Grimaud, stiamo per aver a che fare con un numero ben maggiore di persone Che c'è di nuovo, Grimaud? Vista la gravità del momento, vi permetto di parlare, amico mio, ma siate laconico, ve ne prego. Che cosa vedete?" "Una pattuglia." "Di quante persone?" "Di venti uomini." "Di che uomini?" "Sedici zappatori e quattro soldati." "Quanto sono distanti da noi?" "Cinquecento passi." "Bene, abbiamo ancora il tempo di finire questo pollo e di bere un bicchiere di vino alla vostra salute, d'Artagnan!" "Alla vostra salute!" ripeterono Porthos e Aramis. "E sia, alla mia salute! Sebbene non speri che questi auguri servano a qualche cosa." "Dio è grande" disse Athos "come dicono i fedeli d Maometto, e l'avvenire è nelle sue mani." Poi, tracannato il contenuto del suo bicchiere, che posò accanto a sé, Athos si alzò con noncuranza, prese il primo fucile che gli venne sottomano e si avvicinò ad una feritoia. Porthos, Aramis e d'Artagnan fecero altrettanto. Quanto a Grimaud, egli ricevette l'ordine di mettersi dietro ai quattro amici per ricaricare le armi. In capo a un momento, si vide comparire la pattuglia; questa camminava lungo una specie di budello che congiungeva la città al bastione. "Perdio!" disse Athos "non valeva proprio la pena che ci scomodassimo per una ventina di semplicioni armati di picconi e di pale! Sarebbe bastato che Grimaud facesse loro cenno di ritirarsi, e sono convinto che ci avrebbero lasciati tranquilli." "Ne dubito" fece d'Artagnan "perché vengono avanti arditamente. E poi, con gli zappatori ci sono quattro soldati e un brigadiere armati di moschetto." "E' perché non ci hanno visto" osservò Athos. "Parola d'onore" disse Aramis "confesso che mi fa pena sparare sopra quei poveri diavoli di borghesi." "Cattivo prete" bofonchiò Porthos "che ha pietà degli eretici." "In verità, Aramis ha ragione" disse Athos "ora li avverto." "Che diavolo fate?" gridò d'Artagnan "vi farete prendere a fucilate, mio caro." Ma Athos non gli dette retta e salì sulla breccia col fucile in una mano e il cappello nell'altra: "Signori" disse ai soldati e agli zappatori, che, meravigliati della sua apparizione si erano arrestati a una cinquantina di passi dal bastione, salutandoli cortesemente. "Signori, io e qualche amico mio stiamo facendo colazione dentro questo bastione. Ora, voi dovete sapere che nulla è più spiacevole che essere disturbati mentre si fa colazione; quindi vi preghiamo, dato che abbiate assoluta necessità di venire dove noi siamo, di aspettare che abbiamo finito o di ripassare un poco più tardi; a meno che non abbiate la lodevole idea di abbandonare il partito della ribellione e di venir a bere con noi alla salute del Re di Francia." "Attento, Athos!" esclamò d'Artagnan "non vedete che vi prendono di mira?" "E' vero, è vero" disse Athos. "Ma sono borghesi che tirano malissimo e non mi colpiranno." Infatti nello stesso momento risuonarono quattro colpi, e le palle vennero a schiacciarsi intorno ad Athos senza che nessuna lo toccasse. Quattro colpi di fucile risposero quasi contemporaneamente, ma questi erano meglio diretti poiché tre soldati caddero morti stecchiti e un operaio rimase ferito. "Un altro moschetto, Grimaud!" ordinò Athos sempre sulla breccia. Grimaud obbedì immediatamente. Dal canto loro, i tre amici avevano ricaricato le armi, e una seconda scarica seguì la prima: il brigadiere e due operai caddero morti, gli altri si diedero alla fuga. "Suvvia, signori, facciamo una sortita" disse Athos. E i quattro amici, slanciandosi fuori dal forte, raggiunsero il campo di battaglia, raccolsero i quattro moschetti, la picca del brigadiere e, persuasi che i fuggiaschi si sarebbero arrestati solo in città, ripresero la via del bastione, portandovi i trofei della loro vittoria. "Ricaricate le armi. Grimaud" ordinò Athos "e noi, signori, continuiamo la colazione e riprendiamo la nostra conversazione. Dov'eravamo rimasti?" "Io me lo ricordo" disse d'Artagnan che era molto preoccupato dell'itinerario che doveva seguire Milady. "Milady va in Inghilterra" continuò Athos. "A quale scopo?" "Per assassinare o far assassinare Buckingham." D'Artagnan gettò un grido di sorpresa e di indignazione: "Ma è un'infamia!" "Oh, quanto a questo" disse Athos "vi prego di credere che la cosa non mi preoccupa granché. Ora che avete finito, Grimaud" continuò Athos "prendete la mezza-picca del nostro brigadiere, attaccatevi un tovagliuolo e piantatela in cima al bastione perché i Rochellesi vedano che hanno a che fare con coraggiosi e leali soldati del Re." Grimaud obbedì senza rispondere. Un momento dopo, la bandiera bianca sventolava sulle teste dei nostri amici; una tempesta d'applausi salutò la sua apparizione: mezzo accampamento era alle barriere. "Come!" esclamò d'Artagnan. "Tu non ti preoccupi che Milady uccida o faccia uccidere Buckingham? Eppure il duca è nostro amico." "Il duca è inglese e combatte contro di noi; Milady può dunque farne quello che vuole, me ne importa tanto come di una bottiglia vuota!" E Athos gettò a quindici passi da sé una bottiglia che aveva in mano e della quale aveva versato il contenuto nel suo bicchiere. "Un momento" disse d'Artagnan "io non abbandono Buckingham così facilmente; ci aveva regalato dei così bei cavalli!" "E soprattutto delle belle selle!" aggiunse Porthos, che proprio allora portava sul mantello il gallone della sua. "E Dio" osservò Aramis "vuole la conversione, non la morte del peccatore." "Amen" fece Athos. "Di questo discuteremo poi, se vi farà piacere; ma ciò che per il momento mi preoccupava di più (e sono certo che tu mi capirai, d'Artagnan) era di riprendere a quella donna una specie di documento in bianco ch'ella aveva strappato al Cardinale e col quale si sarebbe potuta sbarazzare impunemente di te e forse anche di noi." "Ma è dunque un demonio questa creatura?" chiese Porthos porgendo il suo piatto ad Aramis che tagliava un pollo. "E questo documento in bianco" disse d'Artagnan "questo documento in bianco è ancora in mano sua?" "No, è passato nelle mie mani. E non dirò che la cosa sia stata facile, perché mentirei." "Mio caro Athos" disse d'Artagnan "io non conto più le volte che vi debbo la vita!" "Allora fu per andare da lei che ci avete lasciati?" chiese Aramis. "Precisamente." "E tu hai la lettera del Cardinale?" disse d'Artagnan. "Eccola!" rispose Athos. E trasse il foglio prezioso dalla tasca della sua casacca. D'Artagnan lo spiegò con mano di cui non tentava neppure di dissimulare il tremito, e lesse: E' per mio ordine e per il bene dello Stato che il portatore del presente biglietto ha fatto ciò che ha fatto. 3 dicembre 1627 Richelieu. "Questa è un'assoluzione in piena regola" osservò Aramis. "Bisogna strappare questa carta!" disse d'Artagnan che sembrava leggere la propria sentenza di morte. "Al contrario" disse Athos "bisogna conservarla preziosamente, e io non darei questo biglietto quand'anche lo si ricoprisse d'oro." "E ora che farà quella donna?" domandò il giovanotto. "Ma" disse con noncuranza Athos "scriverà probabilmente al Cardinale che un dannato moschettiere, di nome Athos, gli ha strappato a forza il suo salvacondotto e lo consiglierà di sbarazzarsi di lui e dei suoi amici Porthos e Aramis; il Cardinale ricorderà che sono gli stessi uomini che trova sempre sulla propria strada e allora, un bel giorno, farà arrestare d'Artagnan e, perché non si annoi troppo alla Bastiglia, ci manderà a tenergli compagnia." "Però" disse Porthos "mi sembra che stiate scherzando in modo ben triste." "Non scherzo" affermò Athos. "Ma sapete" disse Porthos "che torcere il collo a questa dannata Milady sarebbe minor peccato che torcerlo a poveri diavoli di Ugonotti che non hanno mai commesso altro delitto che di cantare in francese i salmi che noi cantiamo in latino!" "Che ne pensa l'abate?" domandò tranquillamente Athos. "Dico che sono del parere di Porthos" rispose Aramis "Pensate, io…" esclamò d'Artagnan. "Per fortuna essa è lontana" osservò Porthos "perché confesso che se fosse qui mi darebbe fastidio." "A me dà fastidio in Inghilterra non meno che in Francia" disse Athos. "A me dà fastidio ovunque sia" continuò d'Artagnan. "Ma, visto che l'avevate fra le mani" disse Porthos "perché non l'avete annegata, strozzata o impiccata? Solo i morti non possono ritornare." "Ho un'idea" disse d'Artagnan. "Sentiamola" risposero i moschettieri. "Allarmi!" gridò Grimaud. I giovani balzarono in piedi e afferrarono i loro fucili. Questa volta veniva verso di loro un drappello di venti o venticinque uomini; ma non erano più operai, erano soldati della guarnigione. "Se tornassimo al campo?" propose Porthos. "Mi sembra che la partita non sia pari." "E' impossibile, per tre ragioni" rispose Athos "la prima è che non abbiamo finito di far colazione; la seconda è che abbiamo da dirci ancora delle cose importanti; la terza è che mancano ancora dieci minuti perché sia trascorsa l'ora fissata." "Allora" disse Aramis "bisogna stabilire un piano di battaglia." "E' semplicissimo" rispose Athos; "non appena il nemico sarà a portata dei nostri moschetti, facciamo fuoco; se continua ad avanzare, facciamo ancora fuoco, facciamo fuoco sin che avremo fucili carichi; se ciò che rimarrà del drappello vorrà ancora salire all'attacco, lasceremo gli assedianti discendere nel fossato e faremo crollar loro sulla testa quel pezzo di muro che sta ritto per un miracolo di equilibrio." "Bravo!" esclamò Porthos "decisamente, Athos, voi eravate nato per essere generale e il Cardinale, che si crede un grand'uomo di guerra, è ben poca cosa al vostro confronto." "Signori" disse Athos "state bene attenti a prendere di mira ognuno il vostro uomo." "Io ho già scelto il mio" disse d'Artagnan. "E io il mio" disse Porthos. "E io idem" disse Aramis. "Allora fuoco!" ordinò Athos. I quattro colpi fecero una sola detonazione e quattro uomini caddero. Subito i tamburi rullarono e il piccolo drappello si avanzò al passo di carica. Allora i colpi di fucile si succedettero senza regolarità, ma sempre ugualmente mortali. Però, come se avessero intuito la debolezza numerica dei nostri amici, i Rochellesi continuarono ad avanzare a passo di corsa. Tre colpi di fucile fecero cadere ancora due uomini, ma la marcia di quelli restati in piedi non si arrestò. Arrivati ai piedi del bastione, i nemici erano ancora dodici o quindici; un'ultima scarica li accolse, ma non li fermò: essi saltarono nel fossato e si prepararono a scalare la breccia. "Suvvia, amici miei! finiamola una volta per tutte!" gridò Athos. "Alla muraglia! Alla muraglia!" E i quattro amici, aiutati da Grimaud, si misero a spingere con la canna dei loro fucili un enorme blocco di muro che s'inclinò come se il vento lo spingesse e, staccandosi dalla sua base, cadde nel fossato con orribile fracasso. Si udì un grande urlo, una nube di polvere salì verso il cielo, e tutto fu finito. "Li avremo schiacciati tutti?" chiese Athos. "In fede mia, si direbbe!" rispose d'Artagnan. "No" disse Porthos "eccone due o tre che scappano malconci." Infatti tre o quattro di quei disgraziati, coperti di fango e di sangue, che fuggivano lungo il passaggio incassato in direzione della città, era tutto quanto restava della pattuglia. Athos guardò l'orologio. "Signori" disse "è un'ora che siamo qui e la scommessa è vinta; ma bisogna essere buoni giocatori; d'altra parte d'Artagnan non ci ha detto ancora quale sia la sua idea." E il moschettiere, col suo abituale sangue freddo, si sedette davanti ai resti della colazione. "La mia idea?" fece d'Artagnan. "Sì, stavate dicendo che avevate un'idea." "Ah, ecco" disse d'Artagnan "io torno in Inghilterra per la seconda volta, vado a trovare il duca di Buckingham e lo avverto del complotto tramato contro di lui." "Voi non farete ciò" disse Athos freddamente. "Perché? Ci sono già stato una volta, mi pare." "Sì, ma allora non eravamo in guerra. Allora il signor di Buckingham era un alleato, non un nemico; ciò che vorreste fare sarebbe considerato un tradimento." D'Artagnan capì la forza di questo ragionamento, e tacque. "Ma" disse Porthos "credo di avere un'idea anch'io." "Silenzio, e fuori l'idea del signor Porthos!" esclamò Aramis. "Chiedo un congedo al signor di Tréville, con un pretesto qualunque che voi mi troverete perché io non sono granché abile per trovare dei pretesti. Milady non mi conosce, io mi avvicino a lei senza che mi tema, e, quando mi capita l'occasione propizia, la strangolo." "Bene" approvò Athos "non sono lontano dall'accettare l'idea di Porthos." "Evvia!" disse Aramis. "Uccidere una donna! No, guardate, l'idea migliore è venuta a me." "Fuori la vostra idea, Aramis" disse Athos che aveva molta deferenza per il giovane moschettiere. "Bisogna avvertire la Regina." "Oh! sì, in fede mia" esclamarono Porthos e d'Artagnan "credo che questo sia il mezzo migliore." "Avvertire la Regina" ripeté Athos. "Ma come? Abbiamo forse delle relazioni a corte? Possiamo mandare qualcuno a Parigi senza che si sappia al campo? D'altra parte, Parigi dista di qui centoquaranta leghe e la nostra lettera non sarebbe ancora giunta ad Angers che noi ci troveremmo in prigione." "In quanto al modo di far pervenire sicuramente una lettera a Sua Maestà" disse Aramis arrossendo a me ne incarico io. Conosco a Tours una persona molto abile…" Aramis tacque vedendo sorridere Athos. "Ebbene, voi non approvate la proposta di Aramis, Athos?" chiese d'Artagnan. "Non la respingo del tutto" disse Athos "volevo soltanto far osservare al nostro amico ch'egli non può allontanarsi dal campo, che non ci si può fidare di nessuno all'infuori di noi, che due ore dopo che il messaggero sarà partito, tutti i cappuccini, tutte le guardie, tutti i berretti neri del Cardinale sapranno a memoria la vostra lettera e che voi e la vostra persona abile sarete arrestati." "Senza contare" disse Porthos "che la Regina salverà il duca di Buckingham ma noi non ci salverà affatto." "Signori" disse d'Artagnan "l'obiezione di Athos è piena di buon senso." "Ma che cosa sta succedendo nella città?" chiese Athos. "Si batte l'adunata." I quattro amici stettero in ascolto; il suono dei tamburi giunse infatti sino ad essi. "Vedrete che ci manderanno contro un intero reggimento" fece Athos. "Non farete conto di resistere contro un reggimento, spero?" osservò Porthos. "E perché no?" disse il moschettiere. "Mi sento in vena e credo che terrei duro di fronte a un intero esercito, se solo avessimo avuto la precauzione di prender con noi una dozzina di bottiglie in soprannumero." "I tamburi si avvicinano" disse d'Artagnan. "Lasciateli avvicinare" rispose Athos. "C'è un buon quarto d'ora di strada di qui alla città, e quindi dalla città a qui. E' più di quanto ci occorra per preparare un piano; se ce ne andassimo di qui, non troveremmo mai più un posto che ci convenisse così bene. E proprio ora, signori, mi viene la buona idea." "Ditela." "Permettete che dia qualche ordine indispensabile a Grimaud." Athos fece al suo servo il cenno di avvicinarsi. "Grimaud" gli disse indicando i morti che giacevano nel bastione "voi prenderete quei signori, li metterete ritti contro il parapetto con un cappello in testa e un fucile in mano." "O grand'uomo! Ti capisco" esclamò d'Artagnan. "Voi capite?" domandò Porthos. "E tu, Grimaud, hai capito?" chiese Aramis. Grimaud fece un cenno affermativo. "Non occorre altro; allora torniamo alla mia idea" disse Athos. "Ma prima vorrei capire" interruppe Porthos. "E' inutile." "Sì, sì, l'idea di Athos" dissero insieme Aramis e d'Artagnan. "Questa Milady, questa donna, questa creatura, questo demonio, ha un cognato a quanto mi avete detto, d'Artagnan." "Sì, e io lo conosco bene e credo non abbia molta simpatia per la cognata." "Non c'è nulla di male in ciò" disse Athos "se la detestasse sarebbe ancora meglio." "Allora abbiamo ciò che desideriamo." "Tuttavia" interruppe Porthos "vorrei capire che cosa fa Grimaud." "Zitto, Porthos!" disse Aramis. "Come si chiama questo cognato?" "Lord Winter." "Dove è ora?" "E' tornato a Londra alle prime voci di guerra." "Ebbene, ecco proprio l'uomo di cui abbiamo bisogno" disse Athos "ed è lui che dobbiamo avvertire; gli faremo sapere che sua sorella sta per assassinare qualcuno e lo pregheremo di non perderla di vista. Spero che a Londra ci sia qualche istituzione sul genere delle Madelonnettes o delle Ragazze Pentite{39}; egli vi fa rinchiudere sua cognata e poi siamo tranquilli." "Sì" disse d'Artagnan "fino a quando non ne uscirà." "Oh! in fede mia, voi chiedete troppo, mio caro d'Artagnan" rispose Athos "vi ho dato tutto ciò che avevo, e vi avverto che la borsa è vuota." "Trovo che è quanto di meglio ci resti da fare" disse Aramis. "Noi avvertiremo contemporaneamente la Regina e lord Winter." "Sì, ma da chi faremo portare la lettera a Tours e la lettera a Londra?" "Io mi rendo garante di Bazin" disse Aramis. "E io di Planchet" aggiunse d'Artagnan. "Infatti" disse Porthos "se noi non possiamo allontanarci dal campo, possono farlo i nostri servi." "Certamente" disse Aramis. "E oggi stesso scriviamo le lettere, diamo loro del denaro e li facciamo partire." "Diamo loro del denaro!" esclamò Athos. "Allora vuol dire che voi avete del denaro?" I quattro amici si guardarono, una nube oscurò le loro fronti che si erano illuminate per un momento. "All'erta!" gridò d'Artagnan. "Vedo laggiù dei punti neri e dei punti rossi che si agitano; parlavate di un reggimento, caro Athos? quello è un vero esercito." "In fede mia, è proprio così" disse Athos "ma vedete un po' questi sornioni che vengono senza tamburi né trombe. Ah! ah! Hai finito, Grimaud?" Grimaud fece un cenno affermativo e indicò una dozzina di morti che aveva collocato nelle pose più pittoresche: quali col fucile imbracciato, quali nell'atto di prendere la mira, quali, infine, con la spada alla mano. "Bravo!" riprese Athos "ecco qualcosa che fa onore alla tua immaginazione." "Eppure, vorrei proprio capire" disse Porthos. "Prima andiamocene" interruppe d'Artagnan. "Capirai dopo." "Un momento, un momento, signori; lasciamo a Grimaud il tempo di sparecchiare." "Ah!" disse Aramis. "Ecco che i punti neri e i punti rossi ingrandiscono. Credo sia bene seguire il consiglio di d'Artagnan; non c'è tempo da perdere se vogliamo tornare al campo." "In fede mia, non ho più nulla da opporre alla ritirata" disse Athos "abbiamo scommesso per un'ora e siamo restati qui un'ora e mezza; non c'è niente da dire: andiamocene, signori." Grimaud si era già avviato col paniere e gli avanzi. I quattro amici uscirono dietro di lui e fecero una decina di passi. "Ma che diavolo facciamo, signori?" esclamò Athos. "Avete dimenticato qualche cosa?" chiese Aramis. "La bandiera, perbacco! Non bisogna lasciare una bandiera in mano al nemico, anche se la bandiera non è che un tovagliolo!" E Athos si slanciò nel bastione, salì sulla piattaforma e prese la bandiera; però, dato che i Rochellesi erano già a portata di moschetto, scatenarono un fuoco terribile su quell'uomo che si esponeva, come per divertimento, ai loro colpi. Ma si sarebbe potuto credere che un sortilegio proteggesse la persona di Athos; le palle gli passarono intorno fischiando senza che neppure una lo colpisse. Athos sventolò la bandiera volgendo le spalle al nemico e salutando quelli del suo campo. Dalle due parti echeggiarono grandi urla, di collera da una parte, di entusiasmo dall'altra. La seconda scarica seguì la prima e tre palle, bucandolo, fecero del tovagliolo una vera bandiera. Si udirono il clamore di tutto il campo che gridava: "Scendete, scendete!" Il moschettiere scese, e i suoi compagni, che lo aspettavano ansiosi, lo videro comparire con gioia. "Andiamo, andiamo" disse d'Artagnan "allunghiamo il passo, ora che abbiamo trovato tutto tranne il denaro, sarebbe stupido farci uccidere." Ma Athos continuò a camminare maestosamente per quante rimostranze potessero fargli i suoi compagni, i quali, alla fine, vista inutile ogni osservazione, regolarono i loro passi con quello di lui. Grimaud e il suo paniere avevano proseguito così alacremente che erano ormai fuori di tiro. Dopo un attimo, si intese il crepitìo di una fucileria indiavolata. "Che cosa succede? Su chi sparano?" chiese Porthos. "Non sento fischiare le palle e non vedo nessuno." "Tirano sui nostri morti?" disse Athos. "Ma i nostri morti non risponderanno!" "Appunto, e così essi crederanno a un'imboscata; terranno consiglio e manderanno un parlamentare; e quando si accorgeranno dello scherzo, noi saremo ben lontani. Ecco perché è inutile buscarsi una polmonite correndo." "Adesso capisco!" mormorò Porthos alzando le spalle. Dal canto loro, i Francesi, vedendo i quattro amici tornarsene al passo, gettavano grida d'entusiasmo. Ma altre fucilate crepitarono, e le palle, questa volta, vennero a schiacciarsi sui sassi intorno ai quattro amici, sibilando lugubremente al loro orecchio. I Rochellesi s'erano finalmente impadroniti del bastione. "Che gente maldestra!" esclamò Athos. "Quanti ne abbiamo uccisi in tutto? Dodici?" "O quindici!" "Quanti ne abbiamo schiacciati?" "Otto o dieci." "E in cambio di ciò, non una graffiatura! Ah! ma sì; che cosa avete in quella mano, d'Artagnan? mi sembra sangue." "Non è nulla" disse d'Artagnan. "Una palla di rimbalzo?" "No." "Che cos'è allora?" Lo abbiamo già detto, Athos amava d'Artagnan come un figlio, e quel carattere cupo e inflessibile aveva a volte per il giovanotto sollecitudini paterne. "Una scorticatura" riprese d'Artagnan "le mie dita sono rimaste strette tra due pietre, quella del muro e quella del mio anello, e la pelle s'è lacerata." "Ecco che cosa vuol dire avere dei diamanti, signor mio" disse sdegnosamente Athos. "E' vero!" esclamò Porthos. "C'è un diamante! Allora perché, disponendo di un diamante, ci lamentiamo di non aver denaro?" "Infatti!" fece Aramis. "Alla buon'ora, Porthos; questa è un'idea." "Certamente" disse Porthos, inorgoglito per il complimento di Athos "poiché c'è un diamante, vendiamolo." "Ma è il diamante della Regina!" esclamò d'Artagnan. "E' una ragione di più" riprese Athos "la Regina salva il signor di Buckingham, il suo amante: niente di più giusto; la Regina salva noi, suoi amici: nulla di più morale! Vendiamo dunque il diamante. Che ne pensa il signor abate? Non chiedo il parere di Porthos, perché lo ha già dato." "Ma io penso" disse Aramis arrossendo "che, poiché il suo anello non gli è stato donato da un'amante, e per conseguenza non è un pegno d'amore, d'Artagnan può venderlo." "Mio caro, voi parlate come la teologia in persona. Quindi, la vostra opinione è?…" "Di vendere il diamante" disse Aramis. "Ebbene" fece allegramente d'Artagnan "vendiamolo e non ci si pensi più." Le fucilate continuavano, ma gli amici erano ormai fuori tiro e i Rochellesi sparavano ancora unicamente per scrupolo di coscienza. "In fede mia, era tempo che a Porthos venisse questa idea. Eccoci al campo. Dunque, signori, non più una parola di questa faccenda. I camerati ci osservano, ci vengono incontro, credo che ci porteranno in trionfo!" Infatti, come abbiamo detto, tutto il campo era in subbuglio; più di duemila persone avevano assistito, come ad uno spettacolo, alla fortunata spavalderia dei quattro amici, spavalderia di cui erano ben lontani dal sospettare il vero motivo. Non si udivano che grida di: "Viva le guardie! Viva i moschettieri!". Il signor di Busigny era venuto per primo a stringere la mano ad Athos e a riconoscere di aver perduto la scommessa; il dragone e lo svizzero lo avevano seguito; tutti gli altri avevano seguito il dragone e lo svizzero. Erano felicitazioni prolungate, strette di mano e abbracci a non finire, risate inestinguibili all'indirizzo dei Rochellesi; infine un tumulto così grande che monsignor Cardinale, temendo che si trattasse di un ammutinamento, mandò La Houdinière, capitano delle sue guardie, per vedere che cosa stesse accadendo. La cosa fu raccontata al messaggero con tutta la fioritura dell'entusiasmo. "Ebbene?" chiese il Cardinale, al ritorno di La Houdinière. "Ebbene, Monsignore" rispose il capitano "sono tre moschettieri e una guardia che hanno scommesso col signor di Busigny di andare a far colazione nel bastione di San Gervasio, e che, mentre facevano colazione, hanno resistito per due ore agli assalti nemici, e hanno ucciso non si sa quanti Rochellesi." "Vi siete informato dei nomi di questi tre moschettieri?" "Sì, monsignore." "Come si chiamano?" "I signori Athos, Porthos e Aramis." "Sempre i miei tre valorosi!" mormorò il Cardinale. "E la guardia?" "Il signor d'Artagnan." "Sempre il mio mattacchione! Decisamente è necessario che questi quattro uomini siano miei!" La sera stessa, il Cardinale parlò al signor di Tréville dell'episodio della mattina che era il soggetto di conversazione di tutto il campo. Il signor di Tréville, che aveva saputo la cosa dalla bocca stessa di coloro che ne erano stati gli eroi, la raccontò coi più minuti particolari a Sua Eminenza, senza dimenticare l'episodio del tovagliolo. "Bene, signor di Tréville" disse il Cardinale "fatemi avere quel tovagliolo, ve ne prego! Vi farò ricamare tre gigli d'oro e lo darò alla vostra compagnia come gagliardetto." "Monsignore" disse il signor di Tréville "sarebbe una ingiustizia verso le guardie; il signor d'Artagnan non fa parte della mia compagnia, ma di quella del signor Des Essarts." "Ebbene, prendetelo nella vostra" rispose il Cardinale. "Non è giusto che quattro valorosi soldati legati da una così salda amicizia non servano nella stessa compagnia." La sera stessa, il signor di Tréville dette questa lieta notizia ai tre moschettieri e a d'Artagnan, invitandoli tutti a colazione per il mattino seguente. D'Artagnan era fuori di sé dalla gioia. Si sa che quello di essere moschettiere era stato il sogno di tutta la sua vita. Anche i tre amici erano molto contenti. "Hai avuto una meravigliosa idea, parola d'onore!" disse d'Artagnan ad Athos "e, come avevi predetto, abbiamo conquistato la gloria e potuto tenere una conversazione della più alta importanza." "E che ora potremo riprendere senza destare sospetti, poiché d'ora innanzi, per grazia di Dio, saremo considerati come seguaci del Cardinale." La sera stessa, d'Artagnan andò a presentare i suoi omaggi al signor Des Essarts e a comunicargli l'avanzamento ottenuto. Il signor Des Essarts, che amava molto d'Artagnan, gli offrì d'aiutarlo in tutto quanto poteva, giacché quel cambiamento di corpo avrebbe portato con sé nuove spese per l'equipaggiamento. D'Artagnan rifiutò, ma, trovando buona l'occasione, lo pregò di far stimare il suo diamante che gli consegnò dicendo che desiderava venderlo. Il giorno dopo, alle otto del mattino, il cameriere del signor Des Essarts entrò da d'Artagnan e gli consegnò un sacchetto d'oro contenente settemila lire. Era il prezzo del diamante della Regina.

 

 

 

 

 

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