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Gramsci
le sue idee nel nostro tempo
Editrice l'Unità, Roma 1987

Scuola e principio educativo

Lo sappiamo tutti: in Gramsci non è isolabile un argomento pedagogia, perché «il rapporto pedagogico esiste in tutta la società nel suo complesso» (Quaderno 10,31), e investe egualmente i livelli «universali», cioè Stato e società, rapporto uomo-natura, e livelli «molecolari», cioè famiglia, rapporto genitori-figli. La scuola, e con essa le «altre vie» educative o «strutture materiali dell'ideologia» o «servizi pubblici intellettuali» con gli uomini che in essi operano, si configurano come sedi e strumenti organizzati di quell'universale rapporto.

Nella ricerca su questo rapporto e le sue sedi e strumenti, Gramsci si serve di concetti chiave, come quello leniniano di «egemonia» con le sue articolazioni e opposizioni (direzione, persua­sione, consenso; e dominio, coercizione, dogmatismo ecc.), e quello soreliano di «blocco storico», con la sua incerta complessità (tra natura e uomo, tra struttura e sovrastruttura, tra governanti e governati ecc.), inquadrando il tutto in una considerazione dell'uo­mo come formazione storica e non come dato di natura.

Il discorso specifico sulla scuola è parte della sua ricerca sulla natura e la funzione degli intellettuali, che sono lo strumento attraverso il quale ciascuna classe tende a esercitare la propria «egemonia» sulla società civile, per formare un «blocco storico» tra governanti e governati {Q. 12,1-6). Tuttavia, anche se non c'è nessun a capo, c'è un curioso stacco tra i due discorsi: quello sulla scuola, dimenticando per un po' gli intellettuali, prende le mosse dallo sviluppo della società moderna, dove divenendo le tecniche più complesse e legandosi la scienza alla pratica, c'è un nuovo intreccio di cultura e lavoro. La risposta «spontanea» della società a questo intreccio è nella moltiplicazione delle scuole tecniche professionali e nella specializzazione degli individui. Per Gramsci, invece, si apre la prospettiva «razionale», cioè conforme alla situazione sociale e al fine umano, di una scuola unica novennale, che contemperi per tutti la capacità di operare industrialmente e intellettualmente. Un futuro per lui, che si è venuto in parte attuando ai nostri tempi. Dopo aver definito i particolari organizzativi e didattici della nuova scuola, Gramsci ritorna ai temi sociali del rapporto cultura-lavoro dai quali aveva preso le mosse: «L'avvento di questa scuola unitaria significa l'inizio di nuovi rapporti tra lavoro intellettuale e lavoro industriale non solo nella scuola ma in tutta la vita sociale» (Q. 12,8). Tra questi due possenti richiami alla società si colloca dunque la sua riflessione sulla scuola.

A questo nesso di problemi si aggiunge la sua ricerca sul «principio educativo». Riguardo ai contenuti culturali, sembra a Gramsci che nella scuola elementare le scienze della natura e le scienze della società, cioè l'ordine naturale e l'ordine sociale, siano già presenti; ma per la scuola secondaria egli ritiene che al principio dell'umanesimo tradizionale, fondato sul greco e il latino, si debba sostituire un «nuovo umanesimo» (Q. 12,9-11) che «dalla tecnica- lavoro giunga alla tecnica-scienza e alla concezione umanistico- storica» (Q. 4,30). E a questa esigenza culturale egli affianca l'esigenza metodologica di una didattica rigorosa, fondata su un «dogmatismo dinamico» (Q. 12,8a), che contesta sia il vecchio nozionismo sia le mode spontaneistiche e attivistiche.

È, la sua, una concezione pedagogica severa, che ci richiama alla sua generale riflessione sui temi del «conformismo» sociale, dal quale soltanto può sorgere la personalità, «l'uomo attuale alla sua epoca» (Q. 1,81): «Battere l'accento sulla... socialità e tuttavia pretendere... personalità, perché proprio sulla necessità s'innalza l'edificio della libertà» (Q. 14,30).

Il senso più profondo di questo discorso di Gramsci è nel suo storicismo. Uno storicismo non idealistico, ma tutto fondato sulla concezione unitaria della storia umana come lavoro, cioè «partecipa­zione alla vita della natura per trasformarla e socializzarla» (Q. 12,9a). Si osservi il perfetto parallelismo di espressioni riguardanti l'industrialismo come «continua vittoria sull'animalità dell'uomo» (Q. l,99bis) e l'educazione come «lotta contro gli istinti e la natura» (£)• 1,81). Gramsci sapeva, marxianamente, fondare sull'attività produttiva della vita i probemi della coscienza. Quanti neo-marxisti se ne ricordano oggi? Quanti tra quelli che si credono suoi eredi?

Mario Alighiero Manacorda

docente di storia della pedagogia all'Università di Roma «La Sapienza»