da

Gramsci
le sue idee nel nostro tempo
Editrice l'Unità, Roma 1987

Egemonia

Il concetto gramsciano di egemonia si contrappone, nei Quaderni del carcere, all'idea di «dominio». È solo in una fase rozza e primitiva che si può pensare ad una nuova formazione economica sociale come dominio di una parte sull'altra della società. In realtà è un comples­so sistema di relazioni e di mediazioni che stabilisce una egemonia e cioè una compiuta capacità di direzione. Gramsci fa una serie di esempi storici: in particolare quello della egemonia dei moderati nella Francia ottocentesca o in Italia. Non vi sarebbe stata organiz­zazione del potere moderato solo attraverso la forza. È un complesso di attività culturali e ideali — di cui sono protagonisti gli intellettuali — che organizza il consenso e consente lo svolgimento della direzio­ne moderata.

Questa nozione del concetto di egemonia viene da una ben precisa interpretazione del pensiero di Marx. Gramsci sottolinea a più riprese che solo una lettura schematica può lasciar ritenere che in Marx quelle che egli definisce le sovrastrutture abbiano un rapporto di dipendenza meccanica con le strutture. Il fatto che in Marx si parli delle sovrastrutture come «apparenze» va dunque visto come un bisogno divulgativo, come una forma di discorso «metafori­co» per un dialogo e una comprensione di massa della nuova analisi della società. Con la parola «apparenza» Marx vuole indicare — dice Gramsci — la «storicità» delle «sovrastrutture» etico-politiche, culturali e ideali, contro le concezioni dogmatiche che tendono a considerarle come assolute.

Di conseguenza, Gramsci non respinge la visione proposta da Benedetto Croce sulla esigenza di uno studio della storia dal punto di vista etico-politico. Ma — e qui viene la polemica con Croce — non si può interpretare la storia solo da questo punto di vista: l'aspetto etico-politico può spiegare, appunto, il processo dell'affer­marsi della egemonia dell'una o dell'altra formazione economico- sociale, ma non dà conto dell'insieme del processo storico.

Per Gramsci il grande merito di Lenin è appunto quello di avere colto, di contro alle degenerazioni e semplificazioni economicistiche e deterministiche, il valore straordinario e decisivo della lotta culturale e ideale al fine della affermazione delle classi subalterne e della afférmazione di un nuovo sistema economico-sociale.

L'idea di egemonia, in Lenin, non va dunque intesa — nella interpretazione di Gramsci — come affermazione di un dominio, ma come affermazione di una superiore capacità di interpretazione della storia e di soluzione dei problemi che essa pone.

È proprio l'idea di egemonia così intesa che distacca radical­mente Gramsci da ogni forma di meccanicismo nella interpretazione del corso storico e da ogni visione riduttiva o autoritaria della funzione delle vecchie o nuove classi dirigenti. Se queste perdono egemonia culturale, ideale, morale cessano di essere dirigenti e passano all'esercizio di un dominio destinato a decadere o a crollare. Gramsci si distacca così da ogni concezione di tipo tirannico della espressione «dittatura del proletariato».

Il concetto di egemonia in Gramsci — e la particolare lettura di Marx e di Lenin che esso comporta — si distinguono in modo radicale dalle interpretazioni di Marx e di Lenin che in quel periodo si affermavano nella terza internazionale. Del concetto di egemonia è stata sovente fornita una lettura distorta, a scopi di polemica politica. Il concetto di egemonia è stato sovente attaccato come se volesse esprimere l'idea di una dittatura di partito. Ma ciò non corrisponde in alcun modo alla tesi gramsciana, anzi la nega e la contraddice.

Aldo Tortorella

membro della Segreteria del Pei – deputato

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da

Dominique Grisoni, Robert Maggiori
Guida a Gramsci
BUR, Milano 1975

 EGEMONIA

Il concetto di egemonia, in Gramsci, è in stretto rapporto con quello leninista di «dittatura del proletariato», che Gramsci estende fino a definirlo come l'insieme delle funzioni di dominio, di educazione e di direzione esercitate dalla classe sociale dominante in un dato periodo storico, su un'altra classe sociale, e anche sull'insieme delle classi che compongono la società, con la mediazione della società civile.

Lenin aveva limitato la nozione di egemonia, senza impiegare il termine, al posto del quale egli usa sempre quello di «dittatura», alla fase post-rivoluzionaria successiva alla presa del potere cioè alla conquista dello Stato (nel senso in cui lo intende Marx, come apparato repressivo burocratico e militare) da parte del proletariato, che in questo modo diventa classe dominante ed egemonica. Per Lenin, l'egemonia del proletariato prima della rivoluzione era un problema che si presentava in termini semplici, ma incompleti, come vedremo, perché si riassumeva nella conquista dell'apparato di potere dello Stato.

Gramsci, che nella sua analisi dello Stato distingue due sfere: società politica e società civile, mette in evidenza che gli schemi leninisti potevano applicarsi solo a un tipo di società determinato: la società russa del 1917 (e in linea più generale le società orientali), che possedeva una organizzazione statuale semplice, composta della sola sfera politica (società politica) estremamente sviluppata, mentre la sfera ideologica (società civile) era a livello embrionale e in cui la classe che deteneva il potere esercitava un semplice dominio, cioè una dittatura, una coercizione non egemonica. Per questo, la rivoluzione d'ottobre era stata un colpo di forza militare diretto alla conquista degli strumenti di governo. Ma nei paesi occidentali, in cui la struttura economica è più elaborata e più complessa, le due sfere, politica e ideologica, coesistono e ciò implica una trasformazione della strategia rivoluzionaria che deve implicare due tappe, distinte e contemporanee: lotta egemonica che corrisponde alla conquista della società civile e lotta militare che corrisponde alla presa del potere nella società politica.

Questo è il primo livello di significato del concetto di egemonia come «critica reale di una filosofia» (MS, EI p. 75, ER p. 87). Egemonia nel suo senso originale, per Gramsci, prima di tutto significa: critica. Il proletariato prende coscienza di se stesso come «classe per sé»: diventa egemone elaborando la propria filosofia, il marxismo, la cui caratteristica determinante è proprio di essere la critica della Weltanschauung della borghesia. Nel corso del processo dialettico di autoemancipazione, che fa passare il proletariato dallo statuto di «classe subalterna» e di gruppo disorganico a quello di «classe egemone», possiamo distinguere il secondo livello del significato del concetto, che è di educazione e direzione, funzione duplice, corrispondente a una funzione organizzativa, dato che il proletariato può esercitare la sua egemonia solo attraverso una organizzazione, cioè attraverso il partito.

Il partito rivoluzionario deve dunque adempiere a una duplice funzione: di direzione, preparando un sistema di alleanze con le classi subalterne e i gruppi ausiliari, assicurandosi la direzione «della coalizione» e, nello stesso tempo, di educazione, assumendosi l'educazione dell'intero blocco così costituito. Questo secondo «momento» dell'egemonia, che è costitutivo, implica necessariamente l'elaborazione continua, da parte degli intellettuali del partito, di un supporto ideologico critico, cioè di un affinamento e un adattamento della filosofia della prassi che deve progressivamente soppiantare il «senso comune» prodotto dalla Weltanschauung borghese. In altri termini, questa seconda determinazione dell'egemonia consiste nella conquista del «consenso attivo» delle masse che riconoscono come propria questa nuova concezione del mondo e «confondono» i loro interessi con quelli della classe egemone partecipando alla formazione di una «volontà collettiva nazional-popolare».

Gramsci dimostra così che l'egemonia agisce prima della fase propriamente rivoluzionaria della presa del potere dello Stato (conquista della società politica) come fase rivoluzionaria sovrastrutturale, cioè è immediatamente diretta alla sfera ideologica dello Stato, la società civile. Esercitare l'egemonia per il proletariato in periodo prerivoluzionario significa dunque, prima di tutto, conquistare la società civile, superare le mere rivendicazioni econo-mico-corporative per affermarsi come iniziatore e portatore di un proprio ordine e di una concezione del mondo che ha valore universale; per assumere dunque la direzione culturale e morale della società.

Ma durante la seconda fase della rivoluzione, dopo la conquista dello Stato, il proletariato, per garantirsi e conservare il dominio, dovrà ricorrere all'elemento «dittatura» della nozione di egemonia, di cui Lenin ha fornito le principali caratteristiche ', collegandolo all'elemento «direzione». Gramsci mette in evidenza che il rapporto dialettico che unisce dominazione e direzione nell'ambito della dittatura del proletariato stabilisce una volta per tutte che il legame organico fra struttura e sovrastruttura (che rivela la finalità ultima di questo rapporto dialettico: l'estinzione dello Stato) è un rapporto necessario senza il quale l'egemonia è semplice coercizione, priva di ogni efficacia «politico-morale», incapace di fondare il «nuovo Stato» e di iniziare l'era di una «civiltà» nuova.

L'elaborazione del concetto di egemonia, da parte di Gramsci, costituisce dunque un apporto teorico-pratico importante per la teoria marxista. Egli pone l'accento sulla fase della «direzione intellettuale e morale» che precede la presa del potere, quindi sul fatto che il proletariato, per «essere alla testa» degli altri gruppi e delle classi alleate, e per restarlo, per essere egemone, deve essere in grado di legarli a sé attraverso la «persuasione permanente», ma anche di creare una nuova classe intellettuale «educata nel mondo della produzione» che raggiunga u-na «concezione umanistica storica senza la quale si rimane "specialista" e non si diventa "dirigente" (specialista + politico)» (I, EI, p. 7, ER p. 18).

L'egemonia non agisce dunque solo nella fase della rivoluzione, ma la prepara grazie alla «direzione cosciente» del proletariato organizzato nel partito. Dopo la realizzazione della rivoluzione, l'egemonia permette e assicura l'instaurazione di un «nuovo tipo di Stato» articolando dialetticamente i due momenti: dominazione e direzione. Attraverso l'egemonia, Gramsci determina così più fasi del processo rivoluzionario che si organizzano intorno alla conquista e alla utilizzazione della società civile, perciò a livello sovrastrutturale:

—Presa di coscienza riflessiva del proletariato come «classe per sé» (emergenza degli intellettuali organizzatori).

—Elaborazione di una concezione del mondo che superi il «senso comune».

—Educazione e direzione da parte del proletariato organizzato dei gruppi ausiliari e delle classi alleate.

—Dominio e direzione del proletariato diventato classe «fondamentale».