da

Gramsci
le sue idee nel nostro tempo
Editrice l'Unità, Roma 1987

Economico-corporativo

Il concetto di economico-corporativo ha in Gramsci una collocazione strategica. Esso ricorre in più luoghi dei Quaderni per rappresentare e descrivere situazioni assai differenti fra loro: compare come ostacolo alla costituzione di una volontà nazionale-popolare nella storia italiana, come segno di una aggregazione ristretta di interessi immediati da superarsi nell'unità politica di un partito, e in generale come indicativo di una situazione dove alla scarsità degli elementi sovrastrutturali (di coscienza, di cultura, di politica, di egemonia) corrisponde il dominio immediato di una situazione strutturale elementare, ristretta, incapace di espansione.

Di là dagli usi differenti, dai diversi campi di applicazione in cui compare, esso sembra mostrarsi come l'esatto rovescio del concetto di egemonia. Una forza (uno Stato, un partito, una filosofia) attraversa e vive una fase economico-corporativa in quanto non è ancora giunta alla fase egemonica o di espansione attiva. Se Stato o partito, in quanto riflesso di un primitivismo economico che impedi­sce la liberazione e l'espansione di una coscienza generale; se idea o filosofia, il carattere «corporativo» che per traslato le si può applica­re sta nel carattere meccanico della interpretazione che essa dà di sé, nel vedersi come un dato meccanico immediato riflesso delle cose nel loro fatale evolversi e non in quegli elementi di volontà e di divenire che costruiscono il suo possibile rapporto attivo e storico con la realtà.

Ogni aggregazione storico-umana sembra dover attraversare necessariamente una fase economico-corporativa, e cioè una fase in cui la struttura economica riproduce solo se stessa e la forma di coscienza relativa è estremamente elementare: «un commerciante», scrive Gramsci per esemplificare questo momento, «sente di dover essere solidale con un altro commerciante, un fabbricante con un altro fabbricante, ecc., ma il commerciante non si sente ancora solidale col fabbricante; è cioè sentita l'unità omogenea, e il dovere di organizzarla, del gruppo professionale, ma non ancora del gruppo sociale più vasto».

Si può dire che la fase economico-corporativa non tocca ancora la sfera schiettamente politica. Questa sfera segna infatti il passaggio dalla struttura alla sfera delle sovrastrutture complesse, dove il livello di unificazione dei gruppi e della società è ben più alto e universale. Un vero progetto statale non può non essere, ad esempio, un progetto egemonico; una filosofia che realizzi un terreno di unificazione storica generale, non può non svincolarsi dal meccanici­smo che costituisce la sua fase primitiva per porsi anch'essa il compito di una lotta per l'egemonia. Stato e filosofia sono i momenti essenziali di quelle sovrastrutture complesse che emergono e diventa­no atto storico concreto quando i gruppi sociali corporativi (e anche le classi in Gramsci attraversano questa fase) giungono alla lotta politica e si stabiliscono su un terreno che è in qualche misura universale. Nessuno Stato vincerebbe se non avesse in sé questa dimensione.

Ma come avviene questo svincolarsi dal terreno dell'economico- corporativo? Come si immette, una forza, nella dimensione politica, generale? Come una filosofia (e in particolare come la filosofia della prassi) vince il fatalismo, e si fa attivo atto storico, e divenire, e unità storica di teoria e prassi? Qui il tema del superamento dell'economi- co-corporativo incontra la questione degli intellettuali e della costitu­zione di quella forza giacobina efficiente che suscita e organizza la volontà collettiva nazionale-popolare e ha fondato gli Stati moderni. Questo è un passaggio necessario per giungere alla dimensione egemonica: tutta la riflessione dei Quaderni può essere stretta intorno a questo passaggio, con particolare appassionata attenzione per i compiti del moderno Principe e per la fondazione dello Stato operaio, di quello Stato operaio che nella sua prima forma storica, sovietica, stenta ad andare oltre il primitivismo economico-corporativo: che è illuminante giudizio di Gramsci sugli esiti della Rivoluzione d'otto­bre.

Da qui, dal raggiunto punto dell'egemonia, la stessa ristretta base economico-corporativa si modifica e si amplia. L'egemonia implica anzitutto forti atti strutturali, e in una sola espressione la fondazione di quella economia storicamente adeguata al senso storico dell'egemonia che altrimenti rischia di rimaner campata per aria. Ma questa economia che discende e si lega a una situazione egemonica, è già altra cosa da quel ristretto terreno che ha dato vita all'idea di economico-corporativo. E il terreno di analisi si apre verso altri orizzonti.

Biagio de Giovanni

docente di storia delle dottrine politiche all'Istituto universitario orientale di Napoli