da
Dominique Grisoni, Robert Maggiori
Guida a Gramsci
BUR, Milano 1975
DIALETTICA
A proposito del concetto di immanenza, Gramsci spiegherà che
bisogna intendere il termine metaforicamente, cioè: esso
rimane come «significante» ma assumendo un altro
significato rispetto a quello tradizionalmente fissato dalla
filosofia idealistica. Con la dialettica, siamo di fronte allo
stesso problema. In Platone, questo concetto traduceva un processo
dello spirito che, dalle apparenze del mondo sensibile, perveniva
alle Idee del mondo intelligibile. La dialettica era quindi un
processo ontologico. Divenne una logica nel Medioevo e solo con Kant
ritrovò il significato di ricerca di un fondamento nelle
apparenze e nelle opinioni «illusorie».
Hegel per primo sconvolse radicalmente il concetto. Per lui la
dialettica è un movimento del pensiero che, attraverso una
serie di crisi e di conflitti risolti, determina
«momenti» di verità insufficienti a costituire la
totalità ma che attraverso il conflitto, la contraddizione
fra identico e altro da sé permette un
«superamento» di tali momenti e permette allo spirito di
prendere possesso di sé attraverso una serie di tappe
successive.
«Per Hegel» osserva Marx «il processo del
pensiero, che egli trasforma addirittura in soggetto indipendente
con il nome di Idea, è il demiurgo del reale che costituisce
a sua volta solo il fenomeno esterno dell'idea o processo del
pensiero. Per me, viceversa, l'elemento ideale non è altro
che l'elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli
uomini» '. Così, la critica di Marx che, secondo le sue
stesse parole, rimette la dialettica hegeliana «sui
piedi» ha per effetto immediato di «rendere
materialistica» la dialettica, che non è più un
«movimento del pensiero» ma il movimento reale, il
movimento della storia, cioè, come dice Engels, «il
processo ininterrotto del divenire e della trasformazione».
Con Marx, la dialettica si stacca dalla sfera speculativa e diventa
uno strumento di conoscenza e un modo di comprendere la
realtà nel suo movimento che, superando la concezione formale
e statica di Hegel, instaura il primato del «contenuto»
sulla forma (perché è «esplorazione»),
analizza il movimento di tale contenuto e costruisce così
l'oggetto della storia. Come metodo di analisi, esclude ogni
costituzione a priori del reale e introduce alla comprensione del
divenire in generale e delle leggi «universali» dello
sviluppo storico.
Gramsci non metterà mai in discussione questa
«definizione» di Marx, ma indirizzerà le sue
ricerche verso la critica alle deviazioni meccanicistiche e
dogmatiche, prodotte soprattutto da Bucharin che, nel suo Manuale
popolare, elude il problema della dialettica supponendola
«nota» al lettore. Secondo Gramsci, questa omissione
può avere origine solo da una concezione erronea della
filosofia della prassi, che Bucharin presume «scissa in due
elementi: una teoria della storia e della politica concepita come
sociologia, cioè da costruirsi secondo il metodo delle
scienze naturali (sperimentale nel senso grettamente positivismo), e
una filosofia propriamente detta che poi sarebbe il materialismo
filosofico o metafisico o meccanico (volgare)» (MS, EI p. 132,
ER pp. 155-56), anche se quest'ultima viene definita come
«materialismo dialettico». Enunciare il problema
dell'unità e dell'integralità della filosofia della
prassi non può non avere come presupposto teorico e
metodologico l'accentuazione della «importanza e significato
della dialettica» che è «sostanza midollare della
storiografia e della scienza della politica» (MS, EI p. 132,
ER p. 156). Altrimenti si riduce a «una logica formale, a una
scolastica elementare» (MS, EI, p. 132, ER p. 156). Partendo
da questi presupposti, la dialettica riacquista tutto il suo
significato perché permette di ricomporre la frattura fra
filosofia e politica, perché «supera (e superando ne
include in sé gli elementi vitali)» nella nuova
filosofia del marxismo, «sia l'idealismo che il materialismo
tradizionali, espressioni della vecchia società» (MS,
EI p. 132, ER p. 156).
La funzione fondamentale che Gramsci affida alla dialettica
giustifica dunque le molte sfumature di significato in cui il
concetto torna nei suoi testi come accade, in genere, nei testi
degli autori marxisti. Si possono distingue-A re, in special modo,
due sensi: «l'azione reciproca» e il «processo per
tesi antitesi e sintesi». Il primo ricorre nelle espressioni
che indicano un legame o un rapporto, il secondo quando si tratta di
un movimento o di uno sviluppo. «Azione reciproca» in
linguaggio marxista significa che fra due realtà sussiste una
relazione bilaterale, per cui l'una, trasformando l'altra, trasforma
anche se stessa: con il lavoro, per esempio, l'uomo modifica la
natura che, reciprocamente, lo modifica. La dialettica fra uomo e
natura esprime questa interazione. L'azione reciproca è
quindi una relazione biunivoca. Il «processo dialettico»
implica invece l'idea di negazione. Quando due modi di produzione si
susseguono non interagiscono, ma si negano: la società
borghese è, in questo senso, l'antitesi, la negazione, della
società feudale e non deriva da un
«sovvertimento» di questa. Mettendo in evidenza questo
duplice uso del concetto di dialettica, si può meglio
comprendere il senso originale che Gramsci attribuisce sia al
«legame dialettico» fra intellettuali e massa, struttura
e sovrastruttura, teoria e pratica ecc. che corrisponde al primo
livello di significati, sia al «movimento dialettico»
del divenire, del progresso, della catarsi ecc. che si riferisce
invece al secondo livello.
Ma, osserva Gramsci, la novità radicale di «pensare
dialetticamente» cioè di concepire «la
storicizzazione completa della filosofia e la sua identificazione
con la storia» (MS, EI p. 133, ER p. 157) è qualcosa di
«molto arduo», di «molto difficile»
perché questo metodo «va contro il volgare senso comune
che è dogmatico, avido di certezze perentorie ed ha la logica
formale come espressione» (MS, EI p. 132-33, ER p. 157). Il
passo essenziale, necessario presupposto per l'elaborazione della
filosofia della prassi, è costituito dalla chiara esposizione
del principio dialettico (proprio ciò che manca nel testo di
Bucharin) senza un'adeguata comprensione del quale questa filosofia
diventa un «oggetto di ludibrio o di scetticismo
caricaturale» (MS, EI p. 133, ER p. 157).