da
http://digilander.libero.it/moses/gramsci05.html
Una rivoluzione contro il "Capitale"?
di Antonio Gramsci
AVANTI! 24 novembre 1917
La rivoluzione dei
bolsceviki si è definitivamente innestata nella rivoluzione
generale del popolo russo. I massimalisti che erano stati fino a
due mesi fa il fermento necessario perché gli avvenimenti
non stagnassero, perché la corsa verso il futuro non si
fermasse, dando luogo ad una forma definitiva di assestamento -
che sarebbe stato un assestamento borghese, - si sono impadroniti
del potere, hanno stabilito la loro dittatura, e stanno elaborando
le forme socialiste in cui la rivoluzione dovrà finalmente
adagiarsi per continuare a svilupparsi armonicamente, senza troppi
grandi urti, partendo dalle grandi conquiste realizzate ormai.
La rivoluzione dei
bolsceviki è materiata di ideologie più che di
fatti. (perciò, in fondo, poco ci importa sapere più
di quanto sappiamo). Essa è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia,
il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la
dimostarzione critica della fatale necessità che in Russia
si formasse una borghesia, si iniziasse un'era capitalistica, si
instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il
proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue
rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno
superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi
critici entro i quali la storia della Russia avebbe dovuto
svolgersi secondo i canoni del materialismo storico. I bolsceviki
rinnegano Carlo Marx, affermano con la testimonianza dell'azione
esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del
materialismo storico non sono così feroci come si potrebbe
pensare e come si è pensato.
Eppure c'è una
fatalità anche in questi avvenimenti, e se i bolsceviki
rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente vivificatore. Essi
non sono "marxisti", ecco tutto; non hanno compilato sulle opere
del Maestro una dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche e
indiscutibili. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore
mai, che è la continuazione del pensiero idealistico
italiano e tedesco, e che in Marx si era contaminato di
incrostazioni positivistiche e naturalistiche. E questo pensiero
pone sempre come massimo fattore di storia non i fatti economici,
bruti, ma l'uomo, ma la società degli uomini, degli uomini
che si accostano fra di loro, si intendono fra loro, sviluppano
attraverso questi contatti (civiltà) una volontà
sociale, collettiva, e comprendono i fatti economici e li
giudicano e li adeguano alla loro volontà, finché
questa diventa la motrice dell'economia, la plasmatrice della
realtà oggettiva, che vive, e si muove, e acquista
carattere di materia tellurica in ebollizione, che può
essere incanalata dove alla volontà piace.
Marx ha preveduto il
prevedibile. Non poteva prevedere la guerra europea, o meglio non
poteva prevedere che questa guerra avrebbe avuta la durata e gli
effetti che ha avuto. Non poteva prevedere che questa guerra, in
tre anni di sofferenze indicibili, avrebbe suscitato in Russia la
volontà collettiva popolare che ha suscitata. Una
volontà di tal fatta normalmente ha bisogno per formarsi
di un lungo processo di infiltrazioni capillari; di una larga
serie di esperienze di classe. Gli uomini sono pigri, hanno
bisogno di organizzarsi, prima esteriormente, in corporazioni, in
leghe, poi intimamente, nel pensiero, nella volontà [...]
di una incessante continuità e molteplicità di
stimoli esteriori. Ecco perché, normalmente, i canoni di critica
storica del marxismo colgono la realtà, la irretiscono e la
rendono evidente e distinta. Normalmente, è attraverso la
lotta di classe sempre più intensificata, che le due classi
del mondo capitalistico creano la storia. Il proletariato sente la
sua miseria attuale, è continuamente in istato di disagio e
preme sulla borghesia per migliorare le proprie condizioni. Lotta,
obbliga la borghesia a migliorare la tecnica della produzione, a
rendere più utile la produzione perché sia possibile
il soddisfacimento dei suoi bisogni più urgenti. E' una
corsa affannosa verso il meglio, che accelera il ritmo della
produzione, che dà continuo incremento alla somma dei beni
che serviranno alla collettività. E in questa corsa molti
cadono, e rendono più urgente il desiderio dei rimasti, e
la massa è sempre in sussulto, e da caos-popolo diventa
sempre più ordine nel pensiero, diventa sempre più
cosciente della propria potenza, della propria capacità ad
assumersi la responsabilità sociale, a diventare l'arbitro
dei propri
destini.
Ciò normalmente, quando i fatti si ripetono con un certo
ritmo. Quando la storia si sviluppa per momenti sempre più
complessi e ricchi di signficato e di valore, ma pure simili. Ma
in Russia la guerra ha servito a splotrire le volontà.
Esse, attraverso le sofferenze accumulate in tre anni, si sono
trovate all'unisono molto rapidamente. La carestia era imminente,
la fame, la morte per fame poteva cogliere tutti, maciullare d'un
colpo diecine di milioni di uomini. Le volontà si sono
messe all'unisono, meccanicamente prima, attivamente,
spiritualmente dopo la prima rivoluzione [di febbraio].
La predicazione socialista ha messo il popolo russo a contatto con
le esperienze degli altri proletariati. La predicazione socialista
fa vivere drammaticamente in un istante la storia del
proletariato, le sue lotte contro il capitalismo, la lunga serie
degli sforzi che deve fare per emanciparsi idealmente dai vincoli
del servilismo che lo rendevano abietto, per diventare coscienza
nuova, testimonio attuale di un mondo da venire. La predicazione
socialista ha creato la volontà sociale del popolo russo.
Perché dovrebbe egli aspettare che la storia
dell'Inghilterra si rinnovi in Russia, che in Russia si formi una
borghesia, che la lotta di classe sia suscitata, perché
nasca la coscienza di classe e avvenga finalmente la catastrofe
del mondo capitalistico? Il popolo russo è passato
attraverso queste esperienze col pensiero, e sia pure col pensiero
di una minoranza. Ha superato queste esperienze. Se ne serve per
affermarsi ora, come si servirà delle esperienze
capitalistiche occidentali per mettersi in breve tempo all'altezza
di produzione del mondo occidentale. L'America del Nord è
capitalisticamente più progredita dell'Inghilterra,
perché nell'America del Nord gli anglosassoni hanno
cominciato di un colpo dallo stadio in cui l'Inghilterra era
arrivata dopo lunga evoluzione.
Il proletariato russo, educato socialisticamente,
incomincerà la sua storia dallo stadio massimo di
produzione cui è arrivata l'Inghilterra oggi, perché
dovendo incominciare, incomincerà dal già perfetto
altrove, e da questo perfetto riceverà l'impulso a
raggiungere quella maturità economica che secondo Marx
è condizione necessaria del collettivismo. I rivoluzionari
creeranno essi stessi le condizioni necessarie per la
realizzazione completa e piena del loro ideale. Le
creeranno in meno tempo di quanto avrebbe fatto il capitalismo. Le
critiche che i socialisti hanno fatto al sistema borghese, per
mettere in evidenza le imperfezioni, le dispersioni di ricchezza,
serviranno ai rivoluzionari per far meglio, per evitare quelle
dispersioni, per non cadere in quelle deficienze. Ma le stesse
condizioni di miseria e di sofferenza sarebbero ereditate da un
regime borghese.
Il capitalismo non potrebbe subito fare in Russia
più di quanto potrà fare il collettivismo. Farebbe
oggi molto meno, perché avrebbe subito di contro un
proletariato scontento, frenetico, incapace ormai di sopportare
per altri i dolori e le amarezze che il disagio economico
porterebbe. Anche da un punto di vista assoluto, umano, il
socialismo immediato ha in Russia la sua giustificazione. La
sofferenza che terrà dietro alla pace potrà essere
solo sopportata in quanto i proletari sentiranno che sta nella
loro volontà, nella loro tenacia al lavoro di sopprimerla
nel minor tempo possibile.
Si ha l'impressione che i massimalisti siano stati in questo
momento la espressione spontanea, biologicamente necessaria,
perché l'umanità russa non cada nello sfacelo
più orribile, perché l'umanità russa,
assorbita nel lavoro gigantesco, autonomo, della propria
rigenerazione, possa sentir meno gli stimoli del lupo affamato e
la Russia non diventi un carnaio enorme di belve che si sbranano a
vicenda.