Senso comune

 

(CF, cit)

“L'ordine e il disordine sono le due parole che più frequentemente ricorrono nelle polemiche di carattere politico. Partiti dell'ordine, uomini dell'ordine, ordine pubblico... Tre parole avvicinate ad un cardine unico: l'ordine, sul quale le parole si basano e girano con maggiore o minore aderenza a seconda della concreta forma storica che gli uomini, i partiti e lo stato assumono nella molteplice possibile loro incarnazione. La parola ordine ha un potere taumaturgico; la conservazione degli istituti politici è affidata in gran parte a questo potere. L'ordine presente si presenta come qualcosa di armonicamente coordinato, di stabilmente coordinato; e la moltitudine dei cittadini esita e si spaura nell'incertezza di ciò che un cambiamento radicale potrebbe apportare. Il senso comune, il balordissimo senso comune, predica al solito che è meglio un uovo oggi che una gallina domani. E il senso comune è un terribile negriero degli spiriti. Tanto più quando per aver la gallina bisogna rompere il guscio dell'uovo.

Si forma nella fantasia l'immagine di qualcosa di lacerato violentemente; non si vede l'ordine nuovo possibile, meglio organizzato del vecchio, più vitale del vecchio, perché al dualismo contrappone l'unità, all'immobilità statica dell'inerzia la dinamica della vita semoventesi. Si vede solo la lacerazione violenta, e l'animo pavido arretra nella paura di tutto perdere, di aver dinanzi a sé il caos, il disordine ineluttabile.”

 

Q1 §16

Bruno Barilli in un articolo della "Nuova Antologia" (16 giugno 1929) chiama l'uniforme del bagno penale "quella specie di ignobile pijama". Ma forse già molti modi di vedere e di pensare a proposito delle cose carcerarie sono andati mutando. Quando ero nel carcere di Milano ho letto nella "Domenica del Corriere" una "Cartolina del pubblico" che press'a poco diceva: "In treno due si incontrano e uno dice che è stato 20 anni in carcere. - "Certo per ragioni politiche" dice l'altro". Ma la punta epigrammatica non è in questa risposta, come potrebbe apparire nel riferimento.
Dalla "cartolina" appare che l'essere stato in carcere non desta più repulsione, perché si può esservi stati per ragioni politiche. E le "cartoline del pubblico" sono uno dei documenti più tipici del senso comune popolare italiano.

 

Q1 §65

Ogni corrente filosofica lascia una sedimentazione di "senso comune": è questo il documento della sua effettualità storica. Il senso comune non è qualcosa di irrigidito e immobile, ma si trasforma continuamente, arricchendosi di nozioni scientifiche e opinioni filosofiche entrate nel costume. Il "senso comune" è il folklore della "filosofia" e sta di mezzo tra il "folklore" vero e proprio (cioè come è inteso) e la filosofia, la scienza, l'economia degli scienziati. Il "senso comune" crea il futuro folklore, cioè una fase più o meno irrigidita di un certo tempo e luogo.

 

Q1 §89

Il folklore, mi pare, è stato finora studiato (in realtà finora è stato solo raccolto materiale grezzo) come elemento "pittoresco". Bisognerebbe studiarlo come "concezione del mondo" di determinati strati della società, che non sono toccati dalle correnti moderne di pensiero. Concezione del mondo non solo non elaborata e sistemizzata, perché il popolo per definizione non può far ciò, ma molteplice, nel senso che è una giustapposizione meccanica di parecchie concezioni del mondo, se addirittura non è un museo di frammenti di tutte le concezioni del mondo e della vita che si sono succedute nella storia. Anche il pensiero e la scienza moderna danno elementi al folklore, in quanto certe affermazioni scientifiche e certe opinioni, avulse dal loro complesso, cadono nel dominio popolare e sono "arrangiate" nel mosaico della tradizione (la Scoperta dell'America di Pascarella mostra come le nozioni diffuse dai manuali delle scuole elementari su Cristoforo Colombo e su altri personaggi siano assimilate bizzarramente). Il folklore può esser capito solo come riflesso delle condizioni di vita del popolo, sebbene spesso esso si prolunghi anche quando le condizioni siano modificate in combinazioni bizzarre.

 

Q7 §83

Ciò che si chiama "opinione pubblica" è strettamente connesso con l’egemonia politica, è cioè il punto di contatto tra la "società civile" e la "società politica", tra il consenso e la forza. Lo Stato quando vuole iniziare un’azione poco popolare crea preventivamente l’opinione pubblica adeguata, cioè organizza e centralizza certi elementi della società civile. 

Storia dell’"opinione pubblica": naturalmente elementi di opinione pubblica sono sempre esistiti, anche nelle satrapie asiatiche; ma l’opinione pubblica come oggi si intende è nata alla vigilia della caduta degli Stati assoluti, cioè nel periodo di lotta della nuova classe borghese per l’egemonia politica e per la conquista del potere. 

L’opinione pubblica è il contenuto politico della volontà politica pubblica che potrebbe essere discorde: perciò esiste la lotta per il monopolio degli organi dell’opinione pubblica: giornali, partiti, parlamento, in modo che una sola forza modelli l’opinione e quindi la volontà politica nazionale, disponendo i discordi in un pulviscolo individuale e disorganico.

 


Q8 §131

Ogni uomo tende ad avere una sola concezione del mondo organica e sistematica, ma poiché le differenziazioni culturali sono molte e profonde, la società assume una bizzarra variegazione di correnti che presentano un colorito religioso o un colorito politico a seconda della tradizione storica.

 

Q8 §173

Gli elementi principali del senso comune sono dati dalle religioni, e non solo dalla religione attualmente dominante, ma dalle religioni precedenti, da movimenti ereticali popolari, da concezioni scientifiche passate ecc. Nel senso comune predominano gli elementi "realistici, materialistici", ciò che non è in contraddizione con l’elemento religioso, tutt’altro; ma questi elementi sono "acritici", "superstiziosi". […] Il senso comune è un aggregato incomposto di concezioni filosofiche e vi si può trovare tutto ciò che si vuole.

 

Q10 §48

In che consiste esattamente il pregio di quello che suol chiamarsi "senso comune" o "buon senso?" Non solamente nel fatto che, sia pure implicitamente, il senso comune impiega il principio di causalità, ma nel fatto molto più ristretto, che in una serie di giudizi il senso comune identifica la causa esatta, semplice e alla mano, e non si lascia deviare da arzigogolature e astruserie metafisiche, pseudo-profonde, pseudo-scientifiche ecc. Il "senso comune" non poteva non essere esaltato nei secoli XVII e XVIII, quando si reagì al principio di autorità rappresentato dalla Bibbia e da Aristotele: si scoprì infatti che nel "senso comune" c’era una certa dose di "sperimentalismo" e di osservazione diretta della realtà, sia pure empirica e limitata. Anche oggi, in rapporti simili, si ha lo stesso giudizio di pregio del senso comune, sebbene la situazione sia mutata e il "senso comune" odierno abbia molta più limitatezza nel suo pregio intrinseco.

 

Q11 §13

Il senso comune è un concetto equivoco, contradditorio, multiforme, e che riferirsi al senso comune come riprova di verità è un non senso. Si potrà dire con esattezza che una certa verità è diventata di senso comune per indicare che essa si è diffusa oltre la cerchia dei gruppi intellettuali, ma non si fa altro in tal caso che una constatazione di carattere storico e un’affermazione di razionalità storica; in questo senso, e purché sia impiegato con sobrietà, l’argomento ha un suo valore, appunto perché il senso comune è grettamente misoneista e conservatore ed essere riusciti a farci penetrare una verità nuova è prova che tale verità ha una bella forza di espansività e di evidenza. […]

Un accenno al senso comune e alla saldezza delle sue credenze si trova spesso in Marx. Ma si tratta di riferimento non alla validità del contenuto di tali credenze ma appunto alla loro formale saldezza e quindi alla loro imperatività quando producono norme di condotta. Nei riferimenti è anzi implicita l’affermazione della necessità di nuove credenze popolari, cioè di un nuovo senso comune e quindi di una nuova cultura e di una nuova filosofia che si radichino nella coscienza popolare con la stessa saldezza e imperatività delle credenze tradizionali.

 

Q11 §12

Quale è l’idea che il popolo si fa della filosofia? Si può ricostruire attraverso i modi di dire del linguaggio comune. Uno dei più diffusi è quello di "prendere le cose con filosofia", che, analizzato, non è poi da buttar via del tutto. È vero che in esso è contenuto un invito implicito alla rassegnazione e alla pazienza, ma pare che il punto più importante sia invece l’invito alla riflessione, a rendersi conto e ragione che ciò che succede è in fondo razionale e che come tale occorre affrontarlo, concentrando le proprie forze razionali e non lasciandosi trascinare dagli impulsi istintivi e violenti. Si potrebbero raggruppare questi modi di dire popolari con le espressioni simili degli scrittori di carattere popolare -- prendendole dai grandi vocabolari - - in cui entrano i termini di "filosofia" e "filosoficamente" e si potrà vedere che questi hanno un significato molto preciso, di superamento delle passioni bestiali ed elementari in una concezione della necessità che dà al proprio operare una direzione consapevole.

È questo il nucleo sano del senso comune, ciò che appunto potrebbe chiamarsi buon senso e che merita di essere sviluppato e reso unitario e coerente. Così appare che anche perciò non è possibile disgiungere quella che si chiama filosofia "scientifica" da quella filosofia "volgare" e popolare che è solo un insieme disgregato di idee e opinioni. Ma a questo punto si pone il problema fondamentale di ogni concezione del mondo, di ogni filosofia, che sia diventata un movimento culturale, una "religione", una "fede", cioè che abbia prodotto un’attività pratica e una volontà e in esse sia contenuta come "premessa" teorica implicita (una "ideologia" si potrebbe dire, se al termine ideologia si dà appunto il significato più alto di una concezione del mondo che si manifesta implicitamente nell’arte, nel diritto, nell’attività economica, in tutte le manifestazioni di vita individuali e collettive), cioè il problema di conservare l’unità ideologica in tutto il blocco sociale che appunto da quella determinata ideologia è cementato e unificato.

 

Q11 §37

Il senso comune afferma l’oggettività del reale in quanto la realtà, il mondo, è stato creato da dio indipendentemente dall’uomo, prima dell’uomo; essa è pertanto espressione della concezione mitologica del mondo; d’altronde il senso comune, nel descrivere questa oggettività, cade negli errori più grossolani, in gran parte è ancora rimasto alla fase dell’astronomia tolemaica, non sa stabilire i nessi reali di causa ed effetto ecc., cioè afferma "oggettiva" una certa "soggettività" anacronistica, perché non sa neanche concepire che possa esistere una concezione soggettiva del mondo e cosa ciò voglia o possa significare.

 

Q17 §35

Per molti essere "originali" significa solo capovolgere i luoghi comuni dominanti in una certa epoca: per molti questo esercizio è il massimo dell’eleganza e dello snobismo intellettuale e morale. Ma il luogo comune rovesciato rimane sempre un luogo comune, una banalità. Forse il luogo comune rovesciato è ancora più banale del semplice luogo comune. Il bohémien è più filisteo del mercante di campagna. Da ciò quel senso di noia che viene col frequentare certi circoli che credono essere di eccezione, che si pongono come una aristocrazia distaccata dal vivere solito. Il democratico è stucchevole, ma quanto più stucchevole il sedicente reazionario che esalta il boia, e magari i roghi.

 

Q27 §1

Si può dire che finora il folclore sia stato studiato prevalentemente come elemento "pittoresco" (in realtà finora è stato solo raccolto materiale da erudizione e la scienza del folclore è consistita prevalentemente negli studi di metodo per la raccolta, la selezione e la classificazione di tale materiale, cioè nello studio delle cautele pratiche e dei principii empirici necessari per svolgere proficuamente un aspetto particolare dell’erudizione, né con ciò si misconosce l’importanza e il significato storico di alcuni grandi studiosi del folclore).

Occorrerebbe studiarlo invece come "concezione del mondo e della vita", implicita in grande misura, di determinati strati (determinati nel tempo e nello spazio) della società, in contrapposizione (anch’essa per lo più implicita, meccanica, oggettiva) con le concezioni del mondo "ufficiali" (o in senso più largo delle parti colte della società storicamente determinate) che si sono successe nello sviluppo storico. (Quindi lo stretto rapporto tra folclore e "senso comune" che è il folclore filosofico).

Concezione del mondo non solo non elaborata e sistematica, perché il popolo (cioè l’insieme delle classi subalterne e strumentali di ogni forma di società  finora esistita) per definizione non può avere concezioni elaborate, sistematiche e politicamente organizzate e centralizzate nel loro sia pur contraddittorio sviluppo, ma anzi molteplice - non solo nel senso di diverso, e giustapposto, ma anche nel senso di stratificato dal più grossolano al meno grossolano - se addirittura non deve parlarsi di un agglomerato indigesto di frammenti di tutte le concezioni del mondo e della vita che si sono succedute nella storia, della maggior parte delle quali, anzi, solo nel folclore si trovano i superstiti documenti mutili e contaminati.  

Anche il pensiero e la scienza moderna danno continuamente nuovi elementi al "folclore moderno", in quanto certe nozioni scientifiche e certe opinioni, avulse dal loro complesso e più o meno sfigurate, cadono continuamente nel dominio popolare e sono "inserite" nel mosaico della tradizione […].

Così è vero che esiste una "morale del popolo", intesa come un insieme determinato (nel tempo e nello spazio) di massime per la condotta pratica e di costumi che ne derivano o le hanno prodotte, morale che è strettamente legata, come la superstizione, alle credenze reali religiose: esistono degli imperativi che sono molto più forti, tenaci ed effettuali che non quelli della "morale" ufficiale. Anche in questa sfera occorre distinguere diversi strati: quelli fossilizzati che rispecchiano condizioni di vita passata e quindi conservativi e reazionari, e quelli che sono una serie di innovazioni, spesso creative e progressive, determinate spontaneamente da forme e condizioni di vita in processo di sviluppo e che sono in contraddizione, o solamente diverse, dalla morale degli strati dirigenti.

 

Q27 §2

Le correnti popolari del "diritto naturale", cioè quell’insieme di opinioni e di credenze sui "proprii" diritti che circolano ininterrottamente nelle masse popolari, […] si rinnovano di continuo sotto la spinta delle condizioni reali di vita e dello spontaneo confronto tra il modo di essere dei diversi ceti. La religione ha molto influsso su queste correnti, la religione in tutti i sensi, da quella come è realmente sentita e attuata a quella quale è organizzata e sistematizzata dalla gerarchia, che non può rinunziare al concetto di diritto popolare. Ma su queste correnti influiscono, per meati intellettuali incontrollabili e capillari, anche una serie di concetti diffusi dalle correnti laiche del diritto naturale e ancora diventano "diritto naturale", per contaminazioni le più svariate e bizzarre, anche certi programmi e proposizioni affermati dallo "storicismo".  

Esiste dunque una massa di opinioni "giuridiche" popolari, che assumono la forma del "diritto naturale" e sono il "folclore" giuridico. Che tale corrente abbia importanza non piccola è stato dimostrato dalla organizzazione delle "Corti d’Assisi" e di tutta una serie di magistrature arbitrali o di conciliazione, in tutti i campi dei rapporti individuali e di gruppo, che appunto dovrebbero giudicare tenendo conto del "diritto" come è inteso dal popolo, controllato dal diritto positivo o ufficiale. Né è da pensare che l’importanza di questa quistione sia sparita con l’abolizione delle giurie popolari, perché nessun magistrato può in una qualsiasi misura prescindere dall’opinione: è anzi probabile che la quistione si ripresenti in altra forma e in misura ben più estesa che nel passato, ciò che non mancherà di sollevare pericoli e nuove serie di problemi da risolvere.