Q1 §11
Dell’originalità nella scienza. Einaudi: «Una teoria non va
attribuita a chi la intuì, o per incidente la enunciò o espose
un principio da cui poteva essere dedotta o raccontò
slegatamente le diverse nozioni, le quali aspiravano ad essere
ricomposte in unità». Manca la parte positiva accennata in
seguito nella frase: «in quale altro libro fu assunto come
oggetto “voluto” di “partitolare” trattato la seguente
proposizione, ecc.?» Il Croce: «Altro è metter fuori
un’osservazione incidentale, che si lascia poi cadere senza
svolgerla, ed altro stabilire un principio di cui si sono scorte
le feconde conseguenze; altro enunciare un pensiero generico ed
astratto ed altro pensarlo realmente e in concreto; altro,
finalmente, inventare, ed altro ripetere di seconda o di terza
mano». L’enunziazione dell’Einaudi è molto difettosa e piena di
curiose improprietà linguistiche, ma è derivata dal Croce
(Einaudi, «Riforma Sociale», 1929, p. 277; Croce, Mat. storico
IV, p. 26).
Q4 §7
Porre la scienza a base della vita, fare della scienza una
concezione del mondo significa ricadere nel concetto che il
materialismo storico abbia bisogno di un altro sostegno
all’infuori di se stesso. La scienza è anch’essa una
superstruttura. Ma nello studio delle superstrutture la scienza
occupa un posto a sé, per il fatto che la sua reazione sulla
struttura ha un carattere di maggiore estensione e continuità di
sviluppo, specialmente a partire dal 700, da quando fu fatto
alla scienza un posto a parte nell’apprezzamento generale. Che
la scienza sia una superstruttura è dimostrato dal fatto che
essa ha avuto periodi interi di eclisse scacciata da
un’ideologia dominante, la religione soprattutto: la scienza e
la tecnica degli arabi apparivano come stregoneria ai cristiani.
La scienza non si presenta come nuda nozione obbiettiva mai;
essa appare sempre rivestita da una ideologia e concretamente è
scienza l’unione del fatto obbiettivo e dell’ipotesi o di un
sistema di ipotesi che superano il mero fatto obbiettivo. In
questo campo però è diventato relativamente facile scindere la
nozione obbiettiva dal sistema di ipotesi, con un processo di
astrazione che è insito nella stessa metodologia scientifica e
appropriarsi l’una respingendo l’altro. In tal modo una classe
può appropriarsi la scienza di un’altra classe senza accettarne
l’ideologia (l’ideologia del progresso è stata creata dal
progresso scientifico).
Q4 §8
[...] La innovazione fondamentale introdotta da Marx nella
scienza politica e storica in confronto del Machiavelli è la
dimostrazione che non esiste una «natura umana» fissa e
immutabile e che pertanto la scienza politica deve essere
concepita nel suo contenuto concreto (e anche nella sua
formulazione logica?) come un organismo storicamente in
isviluppo.
Q4 §18
[...] Se può esistere un artista che non conosce nulla dell’elaborazione tecnica precedente, non si può dire lo stesso nella sfera della scienza e del pensiero, in cui esiste progresso e deve esistere progresso metodico e di tecnica proprio come nelle scienze sperimentali.
Q4 §41
La scienza. Definizioni della scienza: 1°) Studio dei fenomeni e delle loro leggi di somiglianza (regolarità), di coesistenza (coordinazione), di successione (causalità). 2°) Un’altra tendenza, tenendo conto dell’ordinamento più comodo che la scienza stabilisce tra i fenomeni, in modo da poterli meglio far padroneggiare dal pensiero e dominarli per i fini dell’azione, definisce la scienza come la descrizione più economica della realtà.
La quistione più importante riguardo alla scienza è quella della esistenza obbiettiva della realtà. Per il senso comune la quistione non esiste neppure: ma da che cosa è data questa certezza del senso comune? Essenzialmente dalla religione (almeno dalle religioni occidentali, specialmente dal cristianesimo): essa è quindi una ideologia, l’ideologia più diffusa e radicata. Mi pare che sia un errore domandare alla scienza come tale la prova dell’obbiettività del reale: questa è una concezione del mondo, una filosofia, non un dato scientifico. Cosa può dare la scienza in questa direzione? La scienza fa una selezione tra le sensazioni, tra gli elementi primordiali della conoscenza: considera certe sensazioni come transitorie, come apparenti, come fallaci perché dipendono unicamente da speciali condizioni individuali e certe altre come durature, come permanenti, come superiori alle condizioni speciali individuali.
Il lavoro scientifico ha due aspetti: uno che instancabilmente rettifica il metodo della conoscenza, e rettifica o rafforza gli organi delle sensazioni e l’altro che applica questo metodo e questi organi sempre più perfetti a stabilire ciò che di necessario esiste nelle sensazioni da ciò che è arbitrario e transitorio. Si stabilisce così ciò che è comune a tutti gli uomini, ciò che tutti gli uomini possono vedere e sentire nello stesso modo, purché essi abbiano osservato le condizioni scientifiche di accertamento. In quanto si stabilisce questa oggettività, la si afferma: si afferma l’essere in sé, l’essere permanente, l’essere comune a tutti gli uomini, l’essere indipendente da ogni punto di vista che sia meramente particolare. Ma anche questa è una concezione del mondo, è un’ideologia.
Il materialismo storico accetta questo punto di vista, non quello che pure è uguale materialmente, del senso comune. Il senso comune afferma l’oggettività del reale in quanto questa oggettività è stata creata da Dio, è quindi un’espressione della concezione del mondo religiosa: d’altronde nel descrivere questa oggettività cade nei più grossolani errori, in gran parte è ancora all’astronomia tolemaica, non sa stabilire i nessi reali di causa ed effetto ecc., cioè in realtà non è realmente "oggettivo", perché non sa concepire il "vero" oggettivo; per il senso comune è "vero" che la terra è ferma e il sole con tutto il firmamento le gira intorno ecc. Eppure fa l’affermazione filosofica della oggettività del reale. Ma tutto ciò che la scienza afferma è "oggettivamente vero"? In modo definitivo? Non si tratta invece di una lotta per la conoscenza dell’oggettività del reale, per una rettificazione sempre più perfetta dei metodi d’indagine e degli organi di osservazione, e degli strumenti logici di selezione e di discriminazione? Se è così, ciò che più importa non è dunque l’oggettività del reale come tale ma l’uomo che elabora questi metodi, questi strumenti materiali che rettificano gli organi sensori, questi strumenti logici di discriminazione, cioè la cultura, cioè la concezione del mondo, cioè il rapporto tra l’uomo e la realtà. Cercare la realtà fuori dell’uomo appare quindi un paradosso, così come per la religione è un paradosso [peccato] cercarla fuori di Dio.
Ricordo una affermazione di Bertrando Russell: si può immaginare sulla terra, anche senza l’uomo, non Glasgow e Londra, ma due punti della superficie della terra uno più a Nord e uno più a Sud (o qualcosa di simile: è contenuta in un libretto filosofico di Russell tradotto in una collezioncina Sonzogno di carattere scientifico). Ma senza l’uomo come significherebbe Nord e Sud, e "punto", e "superficie" e "terra"? Non sono queste espressioni necessariamente legate all’uomo, ai suoi bisogni, alla sua vita, alla sua attività? Senza l’attività dell’uomo, creatrice di tutti i valori anche scientifici, cosa sarebbe l’"oggettività"? Un caos, cioè niente, il vuoto, se pure così si può dire, perché realmente se si immagina che non esista l’uomo, non si può immaginare la lingua e il pensiero.
Per il materialismo storico non si può staccare il pensare
dall’essere, l’uomo dalla natura, l’attività (storia) dalla
materia, il soggetto dall’oggetto: se si fa questo distacco si
cade nel chiacchericcio, nell’astrazione senza senso.
Q4 §47
La oggettività del reale e Engels. In un certo punto (credo
dell’Antidühring) Engels afferma, su per giù, che l’oggettività
del mondo fisico è dimostrata dalle ricerche successive degli
scienziati (cfr il testo esatto). Questa asserzione di Engels
dovrebbe, secondo me, essere analizzata e precisata. Si intende
per scienza l’attività teorica o l’attività pratico‑sperimentale
degli scienziati? Io penso che deve essere intesa in questo
secondo senso e che Engels voglia affermare il caso tipico in
cui si stabilisce il processo unitario del reale, cioè
attraverso l’attività pratica, che è la mediazione dialettica
tra l’uomo e la natura, cioè la cellula «storica» elementare.
Engels si riferisce alla rivoluzione che ha apportato nel mondo
scientifico in generale, e anche nell’attività pratica,
l’affermarsi del metodo sperimentale, che separa veramente due
mondi della storia e inizia la dissoluzione della teologia e
della metafisica e la nascita del pensiero moderno, la cui
ultima e perfezionata espressione filosofica è il materialismo
storico.L’"esperienza" scientifica è la prima cellula del nuovo
processo di lavoro, della nuova forma d’unione attiva tra l’uomo
e la natura: lo scienziato-sperimentatore è un "operaio", un
produttore industriale e agricolo, non è puro pensiero: è
anch’egli, anzi egli è il primo esempio di uomo che il processo
storico ha tolto dalla posizione di camminare sulla testa, per
farlo camminare sui piedi.
Q4 §71
La scienza. Accanto alla più superficiale infatuazione per la scienza, esiste in realtà la più grande ignoranza dei fatti e dei metodi scientifici, che sono cose molto difficili e lo diventano sempre più per il progressivo specializzarsi di nuovi rami della conoscenza. Superstizione scientifica che porta con sé illusioni ridicole e concezioni più infantili ancora di quelle religiose. Nasce una specie di aspettazione del paese di Cuccagna, in cui le forze della natura, con quasi nessunintervento della fatica umana, daranno alla società in abbondanza il necessario per soddisfare i suoi bisogni. Contro questa infatuazione i cui pericoli ideologici sono evidenti (la superstiziosa fede nella forza dell’uomo porta paradossalmente a isterilire le basi di questa forza stessa), bisogna combattere con vari mezzi, di cui il più importante dovrebbe essere una maggiore conoscenza delle nozioni scientifiche essenziali, divulgando la scienza per opera di scienziati e di studiosi seri e non più di giornalisti onnisapienti e di autodidatti presuntuosi.
Si aspetta «troppo» dalla scienza, e perciò non si sa valutare ciò che di reale la scienza offre.
Q4 §77
Riviste tipo. Una rubrica permanente sulle correnti
scientifiche. Ma non per divulgare nozioni scientifiche. Per
esporre, criticare e inquadrare le «idee scientifiche» e le loro
ripercussioni sulle ideologie e sulle concezioni del mondo e per
promuovere il principio pedagogico‑didattico della «storia della
scienza e della tecnica come base dell’educazione
formativa‑storica nella nuova scuola».
Q6 §180
Che cosa è "scientifico"? L’equivoco intorno ai termini
"scienza" e "scientifico" è nato da ciò che essi hanno assunto
il loro significato da un gruppo determinato di scienze e
precisamente dalle scienze naturali e fisiche. Si chiama
"scientifico" ogni metodo che fosse simile al metodo di ricerca
e di esame delle scienze naturali, divenute le scienze per
eccellenza le scienze-feticcio. Non esistono scienze per
eccellenza e non esiste un metodo per eccellenza, "un metodo in
sé". Ogni ricerca scientifica si crea un metodo adeguato, una
propria logica, la cui generalità e universalità consiste solo
nell’essere "conforme al fine". La metodologia più generica e
universale non è altro che la logica formale o matematica, cioè
l’insieme di quei congegni astratti del pensiero che si sono
venuti scoprendo, depurando, raffinando attraverso la storia
della filosofia e della cultura.
Q 7 § 5
I principali "strumenti" del progredire delle scienze sono di
ordine intellettuale, metodologico e giustamente Engels ha detto
che gli "strumenti intellettuali" non sono nati dal nulla, non
sono innati, ma sono acquisiti e si sono sviluppati e si
sviluppano storicamente. Del resto con gli strumenti "materiali"
della scienza, si è sviluppata una "scienza degli strumenti",
strettamente legata allo sviluppo generale della produzione.
Q 8 § 202
Si può dire che non è scienziato chi dimostra poca sicurezza
nei suoi criteri, colui che non ha una piena intelligenza dei
concetti adoperati, che ha scarsa intelligenza dello stato
precedente dei problemi trattati, che non ha molta cautela nelle
sue affermazioni, che non progredisce in modo necessario ma
arbitrario e senza concatenamento, che non sa tener conto delle
lacune che esistono nelle cognizioni raggiunte ma le sottace e
si accontenta di soluzioni o nessi puramente verbali invece di
dichiarare che si tratta di posizioni provvisorie che potranno
essere riprese e sviluppate ecc.
Q 11 § 15
Credere di poter far progredire una ricerca scientifica
applicandole un metodo tipo, scelto perché ha dato buoni
risultati in altra ricerca alla quale era connaturato, è uno
strano abbaglio che ha poco che vedere con la scienza. Ci sono
però anche dei criteri generali che si può dire costituiscano la
coscienza critica di ogni scienziato, qualunque sia la sua
"specializzazione" e che devono sempre essere spontaneamente
vigili nel suo lavoro. Così si può dire che non è scienziato chi
dimostra scarsa sicurezza nei suoi criteri particolari, che non
ha una piena intelligenza dei concetti adoperati, che ha scarsa
informazione e intelligenza dello stato precedente dei problemi
trattati, che non è molto cauto nelle sue affermazioni, che non
progredisce in modo necessario ma arbitrario e senza
concatenamento, che non sa tener conto delle lacune che esistono
nelle cognizioni raggiunte ma le sottace e si accontenta di
soluzioni o nessi puramente verbali invece di dichiarare che si
tratta di posizioni provvisorie che potranno essere riprese e
sviluppate ecc.
Q 10 § 37
L’economia critica ha cercato un giusto contemperamento tra il
metodo deduttivo e il metodo induttivo, cioè di costruire
ipotesi astratte non sulla base indeterminata di un uomo in
generale, storicamente indeterminato e che da nessun punto di
vista può essere riconosciuto astrazione di una realtà concreta,
ma sulla realtà effettuale, "descrizione storica", che dà la
premessa reale per costruire ipotesi scientifiche, cioè per
astrarre l’elemento economico o quelli tra gli aspetti
dell’elemento economico su cui si vuole attrarre l’attenzione ed
esercitare l’esame scientifico. In tal modo non può esistere
l’homo oeconomicus generico, ma può astrarsi il tipo di ognuno
degli agenti o protagonisti dell’attività economica che si sono
successi nella storia; il capitalista, il lavoratore, lo
schiavo, il padrone di schiavi, il barone feudale, il servo
della a gleba. Non per nulla la scienza economica è nata
nell’età moderna, quando il diffondersi del sistema
capitalistico ha diffuso un tipo relativamente omogeneo di uomo
economico, cioè ha creato le condizioni reali per cui
un’astrazione scientifica diveniva relativamente meno arbitraria
e genericamente vacua di quanto fosse prima possibile.
Q 10 § 57
Impostare il problema se può esistere una scienza economica e in che senso. Può darsi che la scienza economica sia una scienza sui generis, anzi unica nel suo genere. Si può vedere in quanti sensi è impiegata la parola scienza, dalle varie correnti filosofiche, e se qualcuno di questi sensi si possa applicare alle ricerche economiche. A me pare che la scienza economica stia a sé, cioè sia una scienza unica, poiché non si può negare che sia scienza e non solo nel senso "metodologico", cioè non solo nel senso che i suoi procedimenti sono scientifici e rigorosi. Mi pare anche che non possa avvicinarsi l’economia alla matematica, sebbene tra le varie scienze la matematica forse si avvicini più di tutte all’economia. In ogni modo l’economia non può essere ritenuta una scienza naturale (qualunque sia il modo di concepire la natura o il mondo esterno, soggettivistico od oggettivistico) né una scienza "storica" nel senso comune della parola, ecc. Uno dei pregiudizi contro i quali bisogna forse ancora lottare è che per essere "scienza" una ricerca debba aggrupparsi con altre ricerche in un tipo e che tale "tipo" sia la "scienza". Può invece avvenire che l’aggruppamento sia impossibile non solo, ma che una ricerca sia "scienza" in un certo periodo storico e non in un altro: infatti altro pregiudizio è che se una ricerca è "scienza" avrebbe potuto esserlo sempre e sempre lo sarà. (Non lo fu perché mancarono gli "scienziati", non la materia della scienza). Per l’economia appunto questi elementi critici sono da esaminare: c’è stato un periodo in cui non poteva esserci "scienza" non solo perché mancavano gli scienziati, ma perché mancavano certe premesse che creavano quella certa "regolarità" o quel certo "automatismo", il cui studio dà origine appunto alla ricerca scientifica.
Ma la regolarità o l’automatismo possono essere di tipi diversi
nei diversi tempi e ciò creerà diversi tipi di "scienze". Non è
da credere che essendo sempre esistita una "vita economica"
debba sempre essere esistita la possibilità di una "scienza
economica", così come essendo sempre esistito un movimento degli
astri è sempre esistita la "possibilità" di un’astronomia, anche
se gli astronomi si chiamavano astrologi ecc. Nell’economia
l’elemento "perturbatore" è la volontà umana, volontà
collettiva, diversamente atteggiata a seconda delle condizioni
generali in cui gli uomini vivevano, cioè diversamente
"cospirante" o organizzata.
Q 11 § 22
Una scienza nuova raggiunge la prova della sua efficienza e
vitalità feconda quando mostra di saper affrontare i grandi
campioni delle tendenze opposte, quando risolve coi propri mezzi
le quistioni vitali che essi hanno posto o dimostra
perentoriamente che tali quistioni sono falsi problemi. È vero
che un’epoca storica e una data società sono piuttosto
rappresentate dalla media degli intellettuali e quindi dai
mediocri, ma l’ideologia diffusa, di massa, deve essere distinta
dalle opere scientifiche, dalle grandi sintesi filosofiche che
ne sono poi le reali chiavi di volta e queste devono essere
nettamente superate o negativamente, dimostrandone
l’infondatezza, o positivamente, contrapponendo sintesi
filosofiche di maggiore importanza e significato.
Q 11 § 37
Tutto ciò che la scienza afferma è "oggettivamente" vero? In
modo definitivo? Se le verità scientifiche fossero definitive,
la scienza avrebbe cessato di esistere come tale, come ricerca,
come nuovi esperimenti e l’attività scientifica si ridurrebbe a
una divulgazione del già scoperto. Ciò che non è vero, per
fortuna della scienza. Ma se le verità scientifiche non sono
neanche esse definitive e perentorie, anche la scienza è una
categoria storica, è un movimento in continuo sviluppo. Solo che
la scienza non pone nessuna forma di "inconoscibile" metafisico,
ma riduce ciò che l’uomo non conosce a un’empirica "non
conoscenza" che non esclude la conoscibilità, ma la condiziona
allo sviluppo degli elementi fisici strumentali e allo sviluppo
della intelligenza storica dei singoli scienziati. Se è così,
ciò che interessa la scienza non è tanto dunque l’oggettività
del reale, ma l’uomo che elabora i suoi metodi di ricerca, che
rettifica continuamente i suoi strumenti materiali che
rafforzano gli organi sensori e gli strumenti logici (incluse le
matematiche) di discriminazione e di accertamento, cioè la
cultura, cioè la concezione del mondo, cioè il rapporto tra
l’uomo e la realtà con la mediazione della tecnologia.
Anche nella scienza cercare la realtà fuori degli uomini, inteso
ciò nel senso religioso o metafisico, appare niente altro che un
paradosso. Senza l’uomo, cosa significherebbe la realtà
dell’universo? Tutta la scienza è legata ai bisogni, alla vita,
all’attività dell’uomo. Senza l’attività dell’uomo, creatrice di
tutti i valori, anche scientifici, cosa sarebbe l’"oggettività"?
Un caos, cioè niente, il vuoto, se pure così si può dire, perché
realmente, se si immagina che non esiste l’uomo, non si può
immaginare la lingua e il pensiero. Per la filosofia della
praxis l’essere non può essere disgiunto dal pensare, l’uomo
dalla natura, l’attività dalla materia, il soggetto
dall’oggetto; se si fa questo distacco si cade in una delle
tante forme di religione o nell’astrazione senza senso.
Q 11 § 38
Porre la scienza a base della vita, fare della scienza la
concezione del mondo per eccellenza, quella che snebbia gli
occhi da ogni illusione ideologica, che pone l’uomo dinanzi alla
realtà così come essa è, significa ricadere nel concetto che la
filosofia della praxis abbia bisogno di sostegni filosofici
all’infuori di se stessa. Ma in realtà anche la scienza è una
superstruttura, una ideologia. Si può dire, tuttavia, che nello
studio delle superstrutture la scienza occupi un posto
privilegiato, per il fatto che la sua reazione sulla struttura
ha un carattere particolare, di maggiore estensione e continuità
di sviluppo, specialmente dopo il Settecento, da quando alla
scienza fu fatto un posto a parte nell’apprezzamento generale?
Che la scienza sia una superstruttura è dimostrato anche
dal fatto che essa ha avuto dei periodi interi di ecclisse,
oscurata come essa fu da un’altra ideologia dominante, la
religione, che affermava di aver assorbito la scienza stessa:
così la scienza e la tecnica degli arabi apparivano ai cristiani
pura stregoneria. Inoltre: la scienza, nonostante tutti gli
sforzi degli scienziati, non si presenta mai come nuda nozione
obbiettiva: essa appare sempre rivestita da una ideologia e
concretamente è scienza l’unione del fatto obbiettivo con
un’ipotesi o un sistema d’ipotesi che superano il mero fatto
obbiettivo. È vero però che in questo campo è relativamente
facile distinguere la nozione obbiettiva dal sistema d’ipotesi,
con un processo di astrazione che è insito nella stessa
metodologia scientifica, in modo che si può appropriarsi
dell’una e respingere l’altro. Ecco perché un gruppo sociale può
appropriarsi la scienza di un altro gruppo senza accettarne
l’ideologia (l’ideologia dell’evoluzione volgare, per esempio).
Q 11 § 39
È da notare che accanto alla più superficiale infatuazione per
le scienze, esiste in realtà la più grande ignoranza dei fatti e
dei metodi scientifici, cose molto difficili e che sempre più
diventano difficili per il progressivo specializzarsi di nuovi
rami di ricerca. La superstizione scientifica porta con sé
illusioni così ridicole e concezioni così infantili che la
stessa superstizione religiosa ne viene nobilitata. Il progresso
scientifico ha fatto nascere la credenza e l’aspettazione di un
nuovo tipo di Messia, che realizzerà in questa terra il paese di
Cuccagna; le forze della natura, senza nessun intervento della
fatica umana, ma per opera di meccanismi sempre più
perfezionati, daranno alla società in abbondanza tutto il
necessario per soddisfare i suoi bisogni e vivere agiatamente.
Contro questa infatuazione, i cui pericoli sono evidenti
(la superstiziosa fede astratta nella forza taumaturgica
dell’uomo, paradossalmente porta ad isterilire le basi stesse di
questa stessa forza e a distruggere ogni amore al lavoro
concreto e necessario, per fantasticare, come se si fosse fumato
una nuova specie di oppio) bisogna combattere con vari mezzi,
dei quali il più importante dovrebbe essere una migliore
conoscenza delle nozioni scientifiche essenziali, divulgando la
scienza per opera di scienziati e di studiosi seri e non più di
giornalisti onnisapienti e di autodidatti presuntuosi. In
realtà, poiché si aspetta troppo dalla scienza, la si concepisce
come una superiore stregoneria, e perciò non si riesce a
valutare realisticamente ciò che di concreto la scienza offre.
Q 15 § 10
La scienza non è essa stessa "attività politica" e
pensiero politico, in quanto trasforma gli uomini, li rende
diversi da quelli che erano prima? Se tutto è "politico"
occorre, per non cadere in un frasario tautologico e noioso,
distinguere con concetti nuovi la politica che corrisponde a
quella scienza che tradizionalmente si chiama "filosofia", dalla
politica che si chiama scienza politica in senso stretto. Se la
scienza è "scoperta" di realtà ignorata prima, questa
realtà non viene concepita come trascendente in un certo
senso? e non si pensa che esiste ancora qualcosa di "ignoto" e
quindi di trascendente? E il concetto di scienza come
"creazione" non significa poi come "politica"? Tutto sta nel
vedere se si tratta di creazione "arbitraria" o razionale, cioè
"utile" agli uomini per allargare il loro concetto della vita,
per rendere superiore (sviluppare) la vita stessa.
Q 17 § 52
Logica formale e mentalità scientifica. Per comprendere quanto sia superficiale e fondata su deboli basi la mentalità scientifica moderna (ma forse occorrerà fare distinzione tra paese e paese) basta ricordare la recente polemica sul così detto "homo oeconomicus", concetto fondamentale della scienza economica, altrettanto plausibile e necessario quanto tutte le astrazioni su cui si basano le scienze naturali (e anche, sebbene in forma diversa, le scienze storiche o umanistiche). Se fosse ingiustificato, per la sua astrattezza, il concetto distintivo di homo oeconomicus, altrettanto ingiustificato sarebbe il simbolo H2O per l’acqua, dato che nella realtà non esiste nessuna acqua H2O ma un’infinita quantità di "acque" individuali. L’obbiezione nominalista volgare riprenderebbe tutto il suo vigore ecc. La mentalità scientifica è debole come fenomeno di cultura popolare, ma è debole anche nel ceto degli scienziati, i quali hanno una mentalità scientifica di gruppo tecnico, cioè comprendono l’astrazione nella loro particolare scienza, ma non come "forma mentale" e ancora: comprendono la loro particolare "astrazione", il loro particolare metodo astrattivo, ma non quello delle altre scienze (mentre è da sostenere che esistono vari tipi di astrazione e che è scientifica quella mentalità che riesce a comprendere tutti i tipi di astrazione e a giustificarli). Il conflitto più grave di "mentalità" è però tra quella delle così dette scienze esatte o matematiche, che del resto non sono tutte le scienze naturali, e quelle "umanistiche" o "storiche", cioè quelle che si riferiscono all’attività storica dell’uomo, al suo intervento attivo nel processo vitale dell’universo. (Q. 17)