Religione e Chiesa


Q1 §1

Ricordare la risposta data da un operaio cattolico francese all'autore di un libretto su Ouvriers et Patrons, memoria premiata nel 1906 dall'Accademia di scienze morali e politiche di Parigi. La risposta rispondeva in modo epigrammatico all'obbiezione mossagli che, secondo l'affermazione di Gesù Cristo, ci devono essere sempre ricchi e poveri: "vuol dire che lasceremo almeno due poveri, perché Gesù Cristo non abbia ad aver torto". Questa quistione generale dovrebbe essere esaminata in tutta la tradizione e la dottrina della Chiesa Cattolica. Affermazioni principali fatte nelle encicliche degli ultimi papi, cioè di quelli più importanti da quando la quistione ha assunto una importanza storica: 1° La proprietà privata, specialmente quella "fondiaria", è un "diritto naturale", che non si può violare neanche con forti imposte (da questa affermazione sono derivati i programmi delle tendenze "democratiche cristiane", per la distribuzione delle terre, con indennità, ai contadini poveri e le loro dottrine finanziarie); 2° I poveri devono contentarsi della loro sorte, poiché le distinzioni di classe e la distribuzione della ricchezza sono disposizioni di dio, e sarebbe empio cercare di eliminarle; 3° L' elemosina è un dovere cristiano e implica l'esistenza della povertà; 4° La quistione sociale è anzitutto morale e religiosa, non economica, e dev'essere risolta con la carità cristiana e con i dettami della moralità e il giudizio della religione. (Vedi Codice sociale e Sillabo).

Q1 §4

Gli attuali polemisti contro il diritto naturale si guardano bene dal ricordare che esso è parte integrante del cattolicismo e della sua dottrina. Sarebbe interessante una ricerca che dimostrasse lo stretto rapporto tra la religione e gli "immortali principii". I cattolici stessi ammettono questi rapporti quando affermano che con la rivoluzione francese è cominciata una "eresia", riconoscono cioè che si tratta della scissione dottrinale di una stessa mentalità e concezione generale. Si potrebbe dire, pertanto, che non i principii della rivoluzione francese superano la religione, ma le dottrine che superano questi principii, cioè le dottrine della forza contrapposte al diritto naturale.

Q1 §38

Un movimento storico complesso si scompone nel tempo e nello spazio da una parte e in piani diversi (problemi speciali) [dall'altro,] anch'essi scomponibili nel tempo e nello spazio. Un esempio: l'Azione Cattolica. Essa ha avuto sempre una direttiva centrale e centralizzata, ma anche una grande varietà di atteggiamenti regionali nei diversi tempi.

L'Azione Cattolica nata specificatamente dopo il '48 era molto diversa da quella attuale riorganizzata da Pio XI. La posizione dell'A. C. subito dopo il '48 può essere caratterizzata con la stessa osservazione che uno storico ha fatto a proposito di Luigi XVIII: Luigi XVIII non riusciva a persuadersi che nella Francia dopo il 1815 la monarchia dovesse avere un partito politico specifico per sostenersi.

Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici per spiegare la nascita dell'A. C. e i tentativi per riallacciare questa nuova formazione a movimenti e attività precedenti, sono fallacissimi. Dopo il '48 in tutta Europa (in Italia la crisi finale assume la forma specifica di fallimento del neoguelfismo) è superata vittoriosamente per il liberalismo (inteso come concezione della vita oltre che come azione politica positiva) la lotta con la concezione "religiosa" della vita. Prima si formavano dei partiti contro la religione, più o meno effimeri; ora la religione "deve" avere un partito suo, non può più parlare (altro che ufficialmente, perché non confesserà mai questo stato di cose) come se sentisse ancora di essere la premessa necessaria, universale di ogni modo di pensare e di agire.

Molti oggi non riescono più neanche a persuadersi che così potesse essere una volta. Per dare un'idea di questo fatto si potrebbe dare questo modello: -- oggi nessuno pensa sul serio a fondare un partito contro il suicidio (è possibile che esista in qualche parte qualche associazione contro il suicidio, ma è un'altra cosa), perché non esiste un partito che cerchi [persuadere] gli uomini che bisogna suicidarsi in massa (sebbene siano apparsi singoli individui e anche piccoli gruppi che hanno sostenuto forme simili di nichilismo radicale, pare in Ispagna); la "vita" è la premessa necessaria di ogni manifestazione di vita evidentemente.La religione ha avuto una funzione simile e se ne trovano abbondanti tracce nel linguaggio e nei modi di pensare dei contadini: cristiano e uomo significa la stessa cosa ("Non sono cristiano" "E allora cosa sei, un animale?"): i coatti dicono: "cristiani e coatti" (in principio ad Ustica mi maravigliavo perché all'arrivo del vaporetto qualche coatto diceva: "sono tutti cristiani, non ci sono che cristiani, non c'è neanche un cristiano": in carcere invece si dice più comunemente "borghesi e detenuti" o scherzosamente "borghesi e soldati" sebbene i meridionali dicano anche "cristiani e detenuti"), sarebbe interessante studiare tutta la serie di passaggi semantici per cui nel francese da "cristiano" si è venuti a "crétin" (donde il "cretino" italiano) e addirittura a "grédin"; il fenomeno deve essere simile a quello per cui "villano" da "uomo di campagna" ha finito col significare "screanzato" e addirittura "mascalzone", cioè il nome "cristiano" usato dai contadini per indicare se stessi come "uomini" si è, nella forma più popolare, staccato da "cristiano" in senso religioso e ha avuto la stessa sorte di "manant". Forse anche il russo "krestianin", "contadino" ha la stessa origine mentre "cristiano" religioso, forma più colta, ha mantenuto l'aspirazione del CHI greco...

Q1 §52

Origine sociale del clero. L’origine sociale del clero ha importanza per giudicare della sua influenza politica: nel Nord il clero è di origine popolare (artigiani e contadini), nel Sud è più legato ai «galantuomini» e alla classe alta. Nel Sud e nelle isole il clero o individualmente o come rappresentante della chiesa, ha notevoli proprietà terriere e si presta all’usura. Appare al contadino spesso, oltre che come guida spirituale, come proprietario che pesa sugli affitti («gli interessi della chiesa») e come usuraio che ha a sua disposizione le armi spirituali oltre che le temporali. Perciò i contadini meridionali vogliono preti del paese (perché conosciuti, meno aspri, e perché la loro famiglia, offrendo un certo bersaglio, entra come elemento di conciliazione) e qualche volta rivendicano i diritti elettorali dei parrocchiani.

Q1 §72

[...] la religione è sterilità per l’arte, almeno nei religiosi. Cioè non esistono più «anime semplici e sincere» che siano artisti. Il fatto è già antico: risale al Concilio di Trento e alla Controriforma. «Scrivere» era pericoloso, specialmente di cose e sentimenti religiosi. La chiesa da quel tempo ha usato un doppio metro: essere «cattolici» è diventato cosa facilissima e difficilissima nello stesso tempo. È cosa facilissima per il popolo al quale non si domanda che di credere genericamente e di avere ossequio per la chiesa. Nessuna lotta reale contro le superstizioni pagane, contro le deviazioni ecc. In realtà tra un contadino cattolico, uno protestante e uno ortodosso non c’è differenza «religiosa», c’è solo differenza «ecclesiastica». È difficilissimo invece essere intellettuale attivo «cattolico» e artista «cattolico» (romanziere specialmente e anche poeta), perché si domanda un tale corredo di nozioni su encicliche, controencicliche, brevi, lettere apostoliche ecc. e le deviazioni storiche dall’indirizzo chiesastico sono state tante e così sottili che cadere nell’eresia o nella mezza eresia o in un quarto di eresia è facilissimo. Il sentimento religioso schietto è stato disseccato: occorre essere dottrinari per scrivere «ortodossamente». Perciò nell’arte la religione non è più un sentimento, è solo un motivo, uno spunto. E la letteratura cattolica può avere solo padri Bresciani, non più S. Franceschi o Passavanti o Tommaso da Kempis. Può essere «milizia», propaganda, agitazione, non più ingenua effusione di sentimenti. O non è cattolica: vedi la sorte di Fogazzaro.

Q1 §128

Religione come principio e clero come classe-ordine feudale. Quando si esalta la funzione che la chiesa ha avuto nel medio evo a favore delle classi inferiori, si dimentica semplicemente una cosa: che tale funzione non era legata alla chiesa come esponente di un principio religioso-morale, ma alla chiesa come organizzazione di interessi economici molto concreti, che doveva lottare contro altri ordini che avrebbero voluto diminuire la sua importanza. Questa funzione fu dunque subordinata e incidentale: ma il contadino non era meno taglieggiato dalla chiesa che dai signori feudali. Si può forse dire questo: che la «chiesa» come comunità dei fedeli conservò e sviluppò determinati principi politico‑morali in opposizione alla chiesa come organizzazione clericale, fino alla Rivoluzione francese i cui principii sono propri della comunità dei fedeli contro il clero ordine feudale alleato al re e ai nobili: perciò molti cattolici considerano la Rivoluzione francese come uno scisma e un’eresia, cioè una rottura tra pastore e gregge, dello stesso tipo della Riforma, ma storicamente più matura, perché avvenuta sul terreno del laicismo: non preti contro preti, ma fedeli‑infedeli contro preti. Il vero punto di rottura tra democrazia e Chiesa è da porre però nella Controriforma, quando la Chiesa ebbe bisogno del braccio secolare (in grande stile) contro i luterani e abdicò alla sua funzione democratica

Q1 §139

Azione Cattolica. Può farsi un qualsiasi paragone tra l’Azione Cattolica e le istituzioni come i terziari francescani? Credo di no, quantunque sia bene accennarvi introduttivamente, per meglio definire i caratteri dell’A.C. stessa. Certo la creazione dei terziari è molto interessante ed ha un carattere democratico; essa illumina meglio il carattere del francescanesimo, come ritorno alla chiesa primitiva, comunità di fedeli e non solo del clero come era venuta sempre più diventando. Perciò sarebbe bene studiare la fortuna di questa iniziativa, che non è stata grande, perché il francescanesimo non divenne tutta la religione, come era nell’intenzione di Francesco, ma si ridusse a uno dei tanti ordini esistenti. L’A.C. segna l’inizio di un’epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da concezione totalitaria del mondo, diventa solo una parte e deve avere un partito. I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della chiesa (comunità dei fedeli o comunità del clero), dal basso o dall’alto, contro la disgregazione della concezione (eresie, scismi ecc.): l’A.C. rappresenta la reazione contro l’apostasia di masse intiere, cioè contro il superamento di massa della concezione religiosa del mondo. Non è più la Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; deve accettare il terreno impostole dal di fuori e servirsi di armi tolte dall’arsenale dei suoi avversari (l’organizzazione di massa). La Chiesa è sulla difensiva, cioè, ha perduto l’autonomia dei movimenti e delle iniziative, non è più una potenza ideologica mondiale, ma solo una forza subalterna.

Q1 §154

Clero e intellettuali. Esiste uno studio organico sulla storia del clero come «classe‑casta»? Mi pare che sarebbe indispensabile, come avviamento e condizione di tutto il rimanente studio sulla funzione della religione nello sviluppo storico ed intellettuale dell’umanità. La precisa situazione giuridica e di fatto della chiesa e del clero nei vari periodi e paesi, le sue condizioni e funzioni economiche, i dirigenti e con lo Stato ecc. ecc.

Q3 §49

[...] Non si spiegherebbe la posizione conservata dalla Chiesa nella società moderna, se non si conoscessero gli sforzi diuturni e pazienti che essa fa per sviluppare continuamente la sua particolare sezione di questa struttura materiale dell’ideologia. Un tale studio, fatto seriamente, avrebbe una certa importanza: oltre a dare un modello storico vivente di una tale struttura, abituerebbe a un calcolo più cauto ed esatto delle forze agenti nella società. Cosa si può contrapporre, da parte di una classe innovatrice, a questo complesso formidabile di trincee e fortificazioni della classe dominante? Lo spirito di scissione, cioè il progressivo acquisto della coscienza della propria personalità storica, spirito di scissione che deve tendere ad allargarsi dalla classe protagonista alle classi alleate potenziali: tutto ciò domanda un complesso lavoro ideologico, la prima condizione del quale è l’esatta conoscenza del campo da svuotare del suo elemento di massa umana.

Q3 §140

Cattolicismo e laicismo. Religione e scienza, ecc. Leggere il libretto di Edmondo Cione, Il dramma religioso dello spirito moderno e la Rinascenza, Napoli, Mazzoni, 1929, pp. 132. Svolge questo concetto: «la Chiesa, forte della sua autorità, ma sentendo il vuoto aleggiarle nella testa, priva di scienza e di filosofia; il Pensiero, forte della sua potenza, ma anelante invano alla popolarità ed all’autorità della tradizione». Perché «invano?» Intanto non è esatta la contrapposizione di Chiesa e di Pensiero, o almeno nell’imprecisione del linguaggio si annida tutto un modo errato di pensare e di agire, specialmente. Il Pensiero può essere contrapposto alla Religione di cui la Chiesa è l’organizzazione militante. I nostri idealisti, laicisti, immanentisti ecc. hanno fatto del Pensiero una pura astrazione, che la Chiesa ha bellamente preso sottogamba assicurandosi le leggi dello Stato e il controllo dell’educazione. Perché il «Pensiero» sia una forza (e solo come tale potrà farsi una tradizione) deve creare una organizzazione, che non può essere lo Stato, perché lo Stato ha rinunziato in un modo o nell’altro a questa funzione etica quantunque la proclami ad altissima voce, e deve perciò nascere nella società civile.

Q4

§53 Concordati e trattati internazionali. La capitolazione dello Stato moderno che si verifica per i concordati viene mascherata identificando verbalmente concordati e trattati internazionali. Ma un concordato non è un comune trattato internazionale: nel concordato si realizza di fatto un’interferenza di sovranità in un solo territorio statale; tutti gli articoli di un concordato si riferiscono ai cittadini di un solo Stato, sui quali il potere sovrano di uno Stato estero giustifica e rivendica determinati diritti e poteri di giurisdizione. Che poteri ha acquistato la Prussia sulla città del Vaticano in virtù del concordato recente? E ancora: la fondazione dello Stato della città del Vaticano dà un’apparenza di legittimità alla finzione giuridica che il concordato sia un trattato bilaterale. Ma si stipulavano concordati anche prima che la città del Vaticano esistesse, ciò che significa che il territorio non è essenziale per l’autorità pontificia. Un’apparenza, perché mentre il concordato limita l’autorità statale di una parte contraente
nel suo territorio e influisce e determina la sua legislazione e la sua amministrazione, nessuna limitazione è neppure accennata per il territorio dell’altra parte. Il concordato è dunque il riconoscimento di una doppia sovranità, su uno stesso territorio statale. Non è certo più la stessa forma di sovranità supernazionale che era formalmente riconosciuta al papa nel Medio Evo, ma ne è una derivazione di compromesso. D’altronde anche nei periodi più splendidi del papato e del suo potere supernazionale, le cose non andavano così liscie: la supremazia papale, anche se riconosciuta giuridicamente, era contrastata aspramente di fatto e nell’ipotesi migliore si riduceva nei privilegi politici, economici, fiscali dell’episcopato dei singoli paesi. In ogni modo il concordato intacca essenzialmente il carattere di autonomia della sovranità dello Stato moderno. Lo Stato ottiene una contropartita? Certamente, ma la ottiene nel suo territorio, per ciò che riguarda i suoi stessi cittadini. Lo Stato ottiene: che la Chiesa non intralci l’esercizio del potere statale ma anzi lo favorisca e lo sostenga. La Chiesa promette allo Stato di fargli ottenere quel consenso di una parte dei governati che lo Stato riconosce implicitamente di non poter ottenere con mezzi propri: ecco la capitolazione dello Stato, ecco che esso si mette sotto tutela di una sovranità che riconosce superiore. La parola concordato è sintomatica… Gli articoli pubblicati nei «Nuovi Studi» sul concordato sono tra i più interessanti e si prestano più facilmente alla confutazione. Ricordare il «trattato» subito dalla Georgia nel 1920 dopo la sconfitta di Denikin.

Ma anche nel mondo moderno, che cosa significa praticamente la situazione creata in uno Stato dalle stipulazioni concordatarie? Significa riconoscimento pubblico ad una casta di cittadini dello stesso Stato di determinati privilegi politici. La forma non è più quella medioevale, ma la sostanza è la stessa. Nello sviluppo della storia moderna, quella casta aveva visto attaccato e distrutto il monopolio di funzione sociale che spiegava e giustificava la sua esistenza, il monopolio della cultura e dell’educazione. Il concordato riconosce nuovamente questo monopolio, sia pure attenuato e controllato poiché assicura alla casta delle posizioni di partenza che con le sue sole forze, con l’intrinseca adesione alla sua concezione del mondo alla realtà effettuale, non potrebbe mantenere.

Si capisce dunque la lotta sorda e sordida degli intellettuali laici e laicisti contro gli intellettuali di casta per salvare la loro autonomia e la loro funzione. Ma è innegabile la loro intrinseca capitolazione e il loro distacco dallo Stato. Il carattere intellettuale o morale dello Stato concreto, di un determinato Stato, è determinato dalla sua legislazione e non dalle polemiche astratte dei franchi tiratori della cultura. Se questi affermano: siamo noi lo Stato, essi affermano solo che il così detto Stato unitario non è più tale, che in esso esiste una scissione molto grave, tanto più grave in quanto è affermata dagli stessi legislatori e governanti che affermano essere lo Stato nello stesso tempo due cose: quello delle leggi scritte e applicate e quello delle coscienze che quelle leggi intimamente non riconoscono come efficienti e cercano sordidamente di limitare e svuotare di contenuto etico nell’applicazione. È un machiavellismo da bassi politicanti: i filosofi dell’idealismo attuale, specialmente nella sezione pappagalli ammaestrati dei «Nuovi Studi» si possono dire le più illustri vittime di Machiavelli. Un aspetto curioso e interessante della quistione è la divisione del lavoro che si va stabilendo tra la casta degli intellettuali laici: alla prima viene lasciata la formazione intellettuale e morale dei giovanissimi (scuole elementari e medie), agli altri lo sviluppo ulteriore del giovane nell’Università. Ma il campo universitario non è sottoposto allo stesso regime di monopolio cui invece sottostà la scuola elementare e media. Esiste infatti l’Università del Sacro Cuore e potranno essere organizzate altre Università cattoliche equiparate alle Università statali. Le conseguenze sono ovvie: la scuola elementare e media è la scuola popolare e della piccola borghesia, strati sociali che sono interamente monopolizzati educativamente dalla casta, poiché la grande maggioranza dei loro elementi non arrivano all’Università, cioè non conosceranno l’educazione moderna nella sua fase superiore critico-storica: essi educativamente conosceranno solo l’educazione dogmatica. L’Università è la scuola della classe dirigente in proprio ed è il meccanismo attraverso il quale essa selezione gli elementi individuali delle altre classi da incorporare nel suo personale governativo, amministrativo e dirigente. Ma con l’esistenza, a parità di condizioni, delle Università cattoliche, anche la formazione di questo personale dirigente non sarà più unitaria e omogenea. Non solo: ma la casta, nelle Università proprie, realizzerà una concentrazione di cultura laico-religiosa quale da molti decenni non si vedeva più e si troverà di fatto in condizioni molto migliori della concentrazione laica. Non è infatti nemmeno lontanamente paragonabile l’efficienza organizzativa della Chiesa, che sta tutta come un blocco dietro e a sostegno della propria Università, con l’efficienza organizzativa della cultura laica. Se lo Stato, di fatto, non è più questa organizzazione, perché la sua legislazione in materia di religione è quello che è, e la sua equivocità non può non essere favorevole alla Chiesa, data la sua formidabile struttura e il suo peso di massa organizzata omogeneamente, e se i titoli dei due tipi di Università sono equiparati, è evidente che si formerà la tendenza delle Università cattoliche ad essere esse il meccanismo di selezione degli elementi più intelligenti e capaci delle classi inferiori da immettere nella classe dirigente. Favoriranno questa tendenza: il fatto che non c’è discontinuità educativa tra le scuole medie e l’Università cattolica, mentre questa discontinuità c’è con le Università statali e il fatto che la Chiesa in tutta la sua struttura è già attrezzata per questo lavoro di selezione dal basso. La Chiesa, da questo punto di vista, è un organismo perfettamente democratico: il figlio di un contadino o di un artigiano, se intelligente e capace, e se duttile abbastanza per lasciarsi assimilare dalla struttura ecclesiastica e per sentirne il particolare spirito di corpo e di conservazione egli interessi presenti e futuri, può diventare cardinale e papa. Se nell’alta gerarchia ecclesiastica l’origine democratica è meno frequente di quanto si creda, ciò avviene per ragioni complesse, in cui solo parzialmente incide la pressione delle grandi famiglie aristocratiche cattoliche o la ragione di Stato (internazionale): una ragione molto forte è che molti seminari sono molto male attrezzati e non mettono in valore dei giovani intelligenti, mentre il giovane aristocratico, dal suo stesso ambiente famigliare riceve senza sforzo di apprendimento una serie di qualità che sono di primo ordine per la carriera ecclesiastica: la tranquilla sicurezza della propria dignità e autorità e l’arte di trattare e governare gli altri.

Una ragione di debolezza del clero nel passato consisteva nel fatto che la religione dava scarse possibilità di carriera all’infuori della carriera ecclesiastica: il clero stesso era indebolito qualitativamente dalle «scarse» vocazioni o dalle «vocazioni» di soli elementi subalterni intellettualmente. Questa crisi era già visibile prima della guerra: era un aspetto della crisi generale delle carriere a reddito fisso con organici lenti e pesanti, cioè dello strato intellettuale subalterno (maestri, insegnanti medi, preti ecc.) sottoposto alla concorrenza delle professioni liberali legate allo sviluppo dell’industria e dell’organizzazione privata capitalistica in generale (il giornalismo, per es., che assorbe molti insegnanti, ecc.). Già era incominciata l’invasione da parte delle donne delle scuole magistrali e delle Università. Con le donne entrano nell’Università i preti, ai quali la Curia non può proibire di procurarsi un titolo pubblico che permetta di concorrere a un impiego di Stato che aumenti la «finanza» individuale. Molti di questi preti, appena ottenuto il titolo pubblico, abbandonarono la Chiesa (durante la guerra, per causa della mobilitazione, questo fenomeno acquistò una certa ampiezza). L’organizzazione ecclesiastica subiva dunque una crisi costituzionale, che poteva essere fatale alla sua potenza, se lo Stato manteneva integra la sua posizione di laicità, anche senza bisogno di una lotta attiva. Nella lotta tra le forme di vita, la Chiesa stava per essere vinta automaticamente. Lo Stato salvò la Chiesa. La posizione economica del clero fu migliorata a più riprese, mentre il tenore di vita generale, ma specialmente dei ceti medi, peggiorava. Il miglioramento è tale, che le «vocazioni» si sono maravigliosamente moltiplicate, impressionando lo stesso pontefice, che le spiega appunto con la nuova situazione economica. La base della scelta degli idonei al clericato è stata dunque ampliata, permettendo più rigore e una maggiore esigenza di cultura.

Ma la carriera ecclesiastica, se è il fondamento della potenza del Vaticano, non esaurisce le sue possibilità. La nuova situazione scolastica permette l’immissione nella classe dirigente laica di cellule che andranno sempre più rafforzandosi, di elementi laici che dovranno la loro posizione solamente alla Chiesa. Sul terreno di questa scelta, la Chiesa è imbattibile. Controllando i licei e le altre scuole medie, attraverso i suoi fiduciari, essa seguirà con la tenacia che le è caratteristica, i giovani più valenti delle classi povere e li aiuterà a proseguire gli studi nelle Università cattoliche. Borse di studio, fiancheggiate da convitti organizzati con la massima economia accanto alle Università, permetteranno questa azione. La Chiesa, nella sua fase odierna, con l’impulso dato dall’attuale pontefice all’azione cattolica, non può accontentarsi solo di creare dei preti: essa vuole permeare lo Stato (governo indiretto del Bellarmino) e per quest’azione sono necessari dei laici, è necessaria una concentrazione di cultura cattolica rappresentata da laici. Esistono molti giovani che possono diventare preziosi ausiliari della Chiesa più come professori d’Università che come cardinali ecc. Allargata la base delle «vocazioni» questa attività laico‑culturale ha immense possibilità di estendersi.

L’Università del Sacro Cuore e il centro culturale neoscolastico sono solo la prima cellula di questo lavoro. È intanto stato sintomatico il Congresso Filosofico del 1929: vi si scontrarono idealisti assoluti e neoscolastici e questi parteciparono al Congresso animati da spirito battagliero di conquista. Secondo me il gruppo questo voleva ottenere, di apparire battagliero, pugnace, quindi interessante per i giovani. I cattolici sono fortissimi perché si infischiano delle «confutazioni perentorie» dei loro avversari idealisti o materialisti: la tesi confutata essi la riprendono imperturbati e come se nulla fosse. La mentalità «disinteressata» intellettualmente, la lealtà intellettuale essi non la comprendono o la comprendono come una debolezza e dabbenaggine degli avversari. Essi contano sulla potenza della loro organizzazione mondiale e sul fatto che la grande maggioranza della popolazione non è ancora «moderna», è ancora alla fase tolemaica della scienza. Se lo Stato rinunzia a essere centro di cultura propria, autonoma, la Chiesa non può che trionfare.

Tanto più che lo Stato non solo non interviene come centro autonomo, ma distrugge ogni oppositore della Chiesa all’infuori dell’idealismo attuale pappagallizzato.

Le conseguenze di questa situazione saranno della massima importanza; ma le cose non andranno liscie per molto tempo: la Chiesa è uno Shylok anche più implacabile dello Shylok ebreo: essa vorrà la sua libbra di carne e si infischierà del dissanguamento della vittima. Aveva ragione Disraeli: i cristiani sono stati gli ebrei più intelligenti che hanno conquistato il mondo. La Chiesa non sarà ridotta alla sua forza normale con la confutazione in sede filosofica dei suoi postulati teorici (teologici) e con le affermazioni platoniche della autonomia statale: ma con l’azione pratica, con l’esaltazione delle forze umane in tutta l’area sociale.

La quistione finanziaria del centro religioso: l’organizzazione del cattolicismo in America dà la possibilità di raccogliere fondi molto vistosi, oltre alle rendite normali ormai assicurate e all’obolo di S. Pietro. Potrebbero nascere quistioni internazionali a proposito dell’intervento della Chiesa negli affari interni dei singoli paesi, con lo Stato che sussidia permanentemente la Chiesa? La quistione potrebbe essere elegante, come si dice.

La quistione del finanziamento rende anche più interessante il problema della così detta indissolubilità proclamata dal pontefice del trattato e del concordato: ammesso che il pontefice si trovasse nella necessità di ricorrere a questo mezzo politico di pressione sullo Stato, non si porrebbe subito il problema della restituzione delle somme riscosse (somme legate appunto al trattato e non al concordato)? Ma esse sono così ingenti ed è pensabile che saranno spese in gran parte nei primi anni, che la loro restituzione può ritenersi praticamente impossibile. Nessuno Stato farebbe un così gran prestito al pontefice per trarlo d’imbarazzo e tanto meno un privato o una banca: la denunzia del trattato scatenerebbe una tale crisi nella organizzazione pratica della Chiesa, che la solvibilità di questa sia pure a grande scadenza, sarebbe annientata. La convenzione finanziaria deve essere pertanto considerata come la parte essenziale del trattato, come la garanzia di una quasi impossibilità di denunzia del trattato, prospettata per ragioni di polemica e di pressione politica.

Q5 §7

Sul "pensiero sociale" dei cattolici mi pare si possa fare questa osservazione critica preliminare: che non si tratta di un programma politico obbligatorio per tutti i cattolici, al cui raggiungimento sono rivolte le forze organizzate che i cattolici posseggono, ma si tratta puramente e semplicemente di un "complesso di argomentazioni polemiche" positive e negative senza concretezza politica. Ciò sia detto senza entrare nelle quistioni di merito, cioè nell’esame del valore intrinseco delle misure di carattere economico-sociale che i cattolici pongono alla base di tali argomentazioni. In realtà la Chiesa non vuole compromettersi nella vita pratica economica e non si impegna a fondo, né per attuare i principi sociali che afferma e che non sono attuati, né per difendere, mantenere o restaurare quelle situazioni in cui una parte di quei principi era già attuata e che sono state distrutte. Per comprendere bene la posizione della Chiesa nella società moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare solo per difendere le sue particolari libertà corporative (di Chiesa come Chiesa, organizzazione ecclesiastica), cioè i privilegi che proclama legati alla propria essenza divina: per questa difesa la Chiesa non esclude nessun mezzo, né l’insurrezione armata, né l’attentato individuale, né l’appello all’invasione straniera. 

Tutto il resto è trascurabile relativamente, a meno che non sia legato alle condizioni esistenziali proprie. Per "dispotismo" la Chiesa intende l’intervento dell’autorità statale laica nel limitare o sopprimere i suoi privilegi, non molto di più: essa riconosce qualsiasi potestà di fatto, e purché non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accresce i privilegi, la esalta e la proclama provvidenziale. Date queste premesse, il "pensiero sociale" cattolico ha un puro valore accademico: occorre studiarlo e analizzarlo in quanto elemento ideologico oppiaceo, tendente a mantenere determinati stati d’animo di aspettazione passiva di tipo religioso, ma non come elemento di vita politica e storica direttamente attivo. Esso è certamente un elemento politico e storico, ma di un carattere assolutamente particolare: è un elemento di riserva, non di prima linea, e perciò può essere in ogni momento "dimenticato" praticamente e "taciuto", pur senza rinunziarvi completamente, perché potrebbe ripresentarsi l’occasione in cui sarà ripresentato. I cattolici sono molto furbi, ma mi pare che in questo caso siano troppo furbi.

Q5 §58

Una delle misure più importanti escogitate dalla Chiesa per rafforzare la sua compagine nei tempi moderni è l’obbligo fatto alle famiglie di far fare la prima comunione ai sette anni. Si capisce l’effetto psicologico che deve fare sui bambini di sette anni l’apparato cerimoniale della prima comunione, sia come avvenimento familiare individuale, sia come avvenimento collettivo: e quale fonte di terrori divenga e quindi di attaccamento alla Chiesa. Si tratta di "compromettere" lo spirito infantile appena incomincia a riflettere. Si capisce perciò la resistenza che la misura ha trovato nelle famiglie, preoccupate dagli effetti deleteri sullo spirito infantile di questo misticismo precoce e la lotta della Chiesa per vincere questa opposizione...

La misura è stata decretata da Pio X nel 1910.

Q5 §71

Natura dei Concordati. Nella sua lettera al cardinal Gasparri del 30 maggio 1929, Pio XI scrive: «Anche nel Concordato sono in presenza, se non due Stati, certissimamente due sovranità pienamente tali, cioè pienamente perfette, ciascuna nel suo ordine, ordine necessariamente determinato dal rispettivo fine, dove è appena d’uopo soggiungere che la oggettiva dignità dei fini, determina non meno oggettivamente e necessariamente l’assoluta superiorità della Chiesa».

Questo è il terreno della Chiesa: avendo accettato due strumenti distinti nello stabilire i rapporti tra Stato e Chiesa, il Trattato e il Concordato, si è accettato questo terreno necessariamente: il Trattato determina questo rapporto tra due Stati, il Concordato determina i rapporti tra due sovranità nello «stesso Stato», cioè si ammette che nello stesso Stato ci sono due sovranità uguali, poiché trattano a parità di condizioni (ognuna nel suo ordine). Naturalmente anche la Chiesa sostiene che non c’è confusione di sovranità, ma perché sostiene che nello «spirituale» allo Stato non compete sovranità e se lo Stato se l’arroga, commette usurpazione. Anche la Chiesa sostiene inoltre che non ci può essere duplice sovranità nello stesso ordine di fini, ma appunto perché sostiene la distinzione dei fini e si dichiara unica sovrana nel terreno dello spirituale.

Q6 §24

Nozioni enciclopediche. La società civile. Occorre distinguere la società civile come è intesa dallo Hegel e nel senso in cui è spesso adoperata in queste note (cioè nel senso di egemonia politica e culturale di un gruppo sociale sull’intera società, come contenuto etico dello Stato) dal senso che le danno i cattolici, per i quali la società civile è invece la società politica o lo Stato, in confronto della società famigliare e della Chiesa. Dice Pio XI nella sua Enciclica sull’educazione («Civiltà Cattolica» del 1° febbraio 1930): «Tre sono le società necessarie, distinte e pur armonicamente congiunte da Dio, in seno alle quali nasce l’uomo: due società di ordine naturale, quali sono la famiglia e la società civile; la terza, la Chiesa, di ordine soprannaturale. Dapprima la famiglia, istituita immediatamente da Dio al fine suo proprio, che è la procreazione ed educazione della prole, la quale perciò ha la priorità di natura e quindi una priorità di diritti, rispetto alla società civile. Nondimeno, la famiglia è società imperfetta, perché non ha in sé tutti i mezzi per il proprio perfezionamento: laddove la società civile è società perfetta, avendo in sé tutti i mezzi al fine proprio che è il bene comune temporale, onde, per questo rispetto, cioè in ordine al bene comune, essa ha preminenza sulla famiglia, la quale raggiunge appunto nella società civile la sua conveniente perfezione temporale. La terza società, nella quale nasce l’uomo, mediante il Battesimo, alla vita divina della Grazia, è la Chiesa, società di ordine soprannaturale e universale, società perfetta, perché ha in sé tutti i mezzi al suo fine, che è la salvezza eterna degli uomini, e pertanto suprema nel suo ordine».

Per il cattolicismo, quella che si chiama «società civile» in linguaggio hegeliano, non è «necessaria», cioè è puramente storica o contingente. Nella concezione cattolica, lo Stato è solo la Chiesa, ed è uno Stato universale e soprannaturale: la concezione medioevale teoricamente è mantenuta in pieno.

Q6 §81

Egemonia (società civile) e divisione dei poteri. La divisione dei poteri e tutta la discussione avvenuta per la sua realizzazione e la dogmatica giuridica nata dal suo avvento, sono il risultato della lotta tra la società civile e la società politica di un determinato periodo storico, con un certo equilibrio instabile delle classi, determinato dal fatto che certe categorie d’intellettuali (al diretto servizio dello Stato, specialmente burocrazia civile e militare) sono ancora troppo legate alle vecchie classi dominanti. Si verifica cioè nell’interno della società quello che il Croce chiama il «perpetuo conflitto tra Chiesa e Stato», in cui la Chiesa è presa a rappresentare la società civile nel suo insieme (mentre non ne è che un elemento gradatamente meno importante) e lo Stato ogni tentativo di cristallizzare permanentemente un determinato stadio di sviluppo, una determinata situazione. In questo senso la Chiesa stessa può diventare Stato e il conflitto può manifestarsi tra Società civile laica e laicizzante e Stato‑Chiesa (quando la Chiesa è diventata una parte integrante dello Stato, della società politica monopolizzata da un determinato gruppo privilegiato che si aggrega la Chiesa per sostenere meglio il suo monopolio col sostegno di quella zona di società civile rappresentata dalla Chiesa).

Q6 §139

Conflitto tra Stato e Chiesa come categoria eterna storica. Cfr a questo proposito il capitolo corrispondente di Croce nel suo libro sulla politica. Si potrebbe aggiungere che, in un certo senso, il conflitto tra «Stato e Chiesa» simbolizza il conflitto tra ogni sistema di idee cristallizzate, che rappresentano una fase passata della storia, e le necessità pratiche attuali. Lotta tra conservazione e rivoluzione, ecc., tra il pensato e il nuovo pensiero, tra il vecchio che non vuol morire e il nuovo che vuol vivere, ecc.

Q6 §152

Storia degli intellettuali italiani. Il processo di Galileo, di Giordano Bruno, ecc. e l’efficacia della Controriforma nell’impedire lo sviluppo scientifico in Italia. Sviluppo delle scienze nei paesi protestanti o dove la Chiesa era meno immediatamente forte che in Italia. La Chiesa avrebbe contribuito alla snazionalizzazione degli intellettuali italiani in due modi: positivamente, come organismo universale che preparava personale a tutto il mondo cattolico, e negativamente, costringendo ad emigrare quegli intellettuali che non volevano sottomettersi alla disciplina controriformistica.

Q6 §163

Passato e presente. Le encicliche papali. Un esame critico‑letterario delle encicliche papali. Esse sono per il 90% un centone di citazioni generiche e vaghe, il cui scopo pare essere quello di affermare in ogni occasione la continuità della dottrina ecclesiastica dagli Evangeli ad oggi. In Vaticano devono avere uno schedario formidabile di citazioni per ogni argomento: quando si deve compilare un’enciclica, si comincia con il fissare preventivamente le schede contenenti la dose necessaria di citazioni: tante dall’Evangelio, tante dai padri della Chiesa, tante dalle precedenti encicliche. L’impressione che se ne ottiene è di grande freddezza. Si parla della carità, non perché ci sia un tal sentimento verso gli uomini attuali, ma perché così ha detto Matteo, e Agostino, e il «nostro predecessore di felice memoria», ecc. Solo quando il papa scrive o parla di politica immediata, si sente un certo calore.

Q6 §188

Azione Cattolica. Sulle origini dell’Azione Cattolica cfr l’articolo La fortuna del La Mennais e le prime manifestazioni d’Azione Cattolica in Italia («Civiltà Cattolica» del 4 ottobre 1930: è la prima parte dell’articolo; la continuazione appare molto più tardi, come sarà notato), che si riallaccia al precedente articolo su Cesare D’Azeglio ecc. La «Civiltà Cattolica» parla di «quell’ampio moto d’azione e di idee che si manifestò, in Italia come negli altri paesi cattolici di Europa, durante il periodo corso tra la prima e la seconda rivoluzione (1821‑1831), quando furono seminati alcuni di quei germi (se buoni o malvagi non diremo), che dovevano poi dare i loro frutti in tempi più maturi». Ciò significa che il primo moto di Azione Cattolica sorse per l’impossibilità della Restaurazione di essere realmente tale, cioè di ricondurre le cose nei quadri dell’Ancien Régime. Come il legittimismo così anche il cattolicismo, da posizioni integrali e totalitarie nel campo della cultura e della politica, diventano partiti in contrapposto di altri partiti e, di più, partiti in posizione di difesa e di conservazione, quindi costretti a fare molte concessioni agli avversari per meglio sostenersi. Del resto questo è il significato di tutta la Restaurazione come fenomeno complessivo europeo e in ciò consiste il suo carattere fondamentalmente «liberale». L’articolo della «Civiltà Cattolica» pone un problema essenziale: se il Lamennais è all’origine dell’Azione Cattolica, questa origine non contiene il germe del posteriore cattolicismo liberale, il germe che, sviluppandosi in seguito, darà il Lamennais seconda maniera? È da notare che tutte le innovazioni nel seno della Chiesa quando non sono dovute a iniziativa del centro, hanno in sé qualcosa di ereticale e finiscono con assumere esplicitamente questo carattere finché il centro reagisce energicamente, scompigliando le forze innovatrici, riassorbendo i tentennanti ed escludendo i refrattari. È notevole che la Chiesa non ha mai avuto molto sviluppato il senso dell’autocritica come funzione centrale; ciò nonostante la tanto vantata sua adesione alle grandi masse dei fedeli. Perciò le innovazioni sono sempre state imposte e non proposte e accolte solo obtorto collo. Lo sviluppo storico della Chiesa è avvenuto per frazionamento (le diverse compagnie religiose sono in realtà frazioni assorbite e disciplinate come «ordini religiosi»). Altro fatto della Restaurazione: i governi fanno concessioni alle correnti liberali a spese della Chiesa e dei suoi privilegi e questo è un elemento che crea la necessità di un partito della Chiesa ossia dell’Azione Cattolica.

Lo studio delle origini dell’Azione Cattolica porta così a uno studio del Lamennaisismo e della sua diversa fortuna e diffusione.

Q6 §200

Intellettuali italiani. Perché ad un certo punto la maggioranza dei cardinali fu composta di italiani e i papi furono sempre scelti tra italiani? Questo fatto ha una certa importanza nello sviluppo intellettuale nazionale italiano e qualcuno potrebbe anche vedere in esso l’origine del Risorgimento. Esso certamente fu dovuto a necessità interne di difesa e sviluppo della Chiesa e della sua indipendenza di fronte alle grandi monarchie straniere europee, tuttavia la sua importanza nei riflessi italiani non è perciò diminuita. Se positivamente il Risorgimento può dirsi incominci con l’inizio delle lotte tra Stato e Chiesa, cioè con la rivendicazione di un potere governativo puramente laico, quindi col regalismo e il giurisdizionalismo (onde l’importanza del Giannone), negativamente è anche certo che le necessità di difesa della sua indipendenza portarono la Chiesa a cercare sempre più in Italia la base della sua supremazia e negli italiani il personale del suo apparato organizzativo. È da questo inizio che si svilupperanno le correnti neoguelfe del Risorgimento, attraverso le diverse fasi (quella del Sanfedismo italiano per esempio) più o meno retrive e primitive.

Questa nota perciò interessa oltre la rubrica degli intellettuali anche quella del Risorgimento e quella delle origini dell’Azione Cattolica «italiana».

Nello sviluppo di una classe nazionale, accanto al processo della sua formazione nel terreno economico, occorre tener conto del parallelo sviluppo nei terreni ideologico, giuridico, religioso, intellettuale, filosofico, ecc.: si deve dire anzi che non c’è sviluppo sul terreno economico, senza questi altri sviluppi paralleli. Ma ogni movimento della «tesi» porta a movimenti della «antitesi» e quindi a «sintesi» parziali e provvisorie. Il movimento di nazionalizzazione della Chiesa in Italia è imposto non proposto: la Chiesa si nazionalizza in Italia in forme ben diverse da ciò che avviene in Francia col gallicanismo, ecc. In Italia la Chiesa si nazionalizza in modo «italiano», perché deve nello stesso tempo rimanere universale: intanto nazionalizza il suo personale dirigente e questo vede sempre più l’aspetto nazionale della funzione storica dell’Italia come sede del Papato.

Q7 §89

Passato e presente. La religione nella scuola. «Ecco perché nei nuovi programmi per le scuole, secondo la riforma gentiliana, l’arte e la religione sono assegnate alla sola scuola elementare, e la filosofia è largamente attribuita alle scuole secondarie. Nell’intenzione filosofica dei programmi elementari, le parole “l’insegnamento della religione è considerato come fondamento e coronamento di tutta l’istruzione primaria” significano appunto che la religione è una categoria necessaria, ma inferiore, attraverso la quale deve passare l’educazione, giacché, secondo la concezione dell’Hegel, la religione è una filosofia mitologica e inferiore, corrispondente alla mentalità infantile ancora incapace di levarsi alla filosofia pura, nella quale poi la religione deve essere risoluta e assorbita. Notiamo subito che, nel fatto, questa teoria idealistica non è riuscita ad inquinare l’insegnamento religioso nella scuola elementare facendovelo trattare come mitologico, sia perché i maestri o non si intendono o non si curano di tali teorie, sia perché l’insegnamento religioso cattolico è intrinsecamente storico e dogmatico, ed è esternamente vigilato e diretto dalla Chiesa nei programmi, testi, insegnamenti. Inoltre, le parole “fondamento e coronamento” sono state accettate dalla Chiesa nel loro significato ovvio e ripetute nel concordato tra la Santa Sede e l’Italia, secondo il quale (art. 36) l’insegnamento religioso è esteso alle scuole medie. Questo estendimento è venuto a contrariare le mire dell’idealismo, il quale pretendeva di escludere la religione dalle scuole medie e lasciarvi dominare solo la filosofia, destinata a superare e assorbire in sé la religione appresa nelle scuole elementari».

Q7 §97

Nomenclatura politica. Ierocrazia‑teocrazia. «Un governo nel quale hanno partecipazione e ingerenza legale il clero, il papa o altre autorità ecclesiastiche» sarebbe più propriamente ierocratico; ma può anche esserci un governo «che opera per impulsi religiosi e subordina leggi, rapporti di vita civile, costumi e dettami religiosi» senza essere composto di ecclesiastici, ed è teocratico. In realtà elementi di teocrazia sussistono in tutti gli stati dove non esista netta e radicale separazione tra chiesa e Stato, ma il clero eserciti funzioni pubbliche di qualsiasi genere e l’insegnamento della religione sia obbligatorio o esistano concordati.

Q7 §104

Storia degli intellettuali. Lotta tra Stato e Chiesa. Diverso carattere che ha avuto questa lotta nei diversi periodi storici. Nella fase moderna, essa è lotta per l’egemonia nell’educazione popolare; almeno questo è il tratto più caratteristico, cui tutti gli altri sono subordinati. Quindi è lotta tra due categorie di intellettuali, lotta per subordinare il clero, come tipica categoria di intellettuali, alle direttive dello Stato, cioè della classe dominante (libertà dell’insegnamento ‑ organizzazioni giovanili ‑ organizzazioni femminili ‑ organizzazioni professionali).

Q8 §15

Testimonianze cattoliche. «Si insidia e si sovverte lentamente l’unità religiosa della patria; s’insegna la ribellione alla Chiesa, rappresentandola quale semplice società umana, che si arrogherebbe diritti che non ha, e di rimbalzo si colpisce anche la società civile, e si preparano gli uomini all’insofferenza di ogni giogo. Poiché, scosso il giogo di Dio e della Chiesa, quale altro se ne troverà che possa frenare l’uomo, e costringerlo al dovere duro della vita quotidiana?»: «Civiltà Cattolica», 2 gennaio 1932, ultimo periodo dell’articolo Il regno di Dio secondo alcuni filosofi moderni. Espressioni di questo genere sono diventate sempre più frequenti nella «Civiltà Cattolica» (accanto alle espressioni che propongono la filosofia di S. Tomaso come «filosofia nazionale» italiana, come «prodotto nazionale» che deve preferirsi ai prodotti stranieri) e ciò è per lo meno strano, perché è la teorizzazione esplicita della religione come strumento di azione politica.

Q8 §97

Una riflessione che si legge spesso è quella che il cristianesimo si sia diffuso nel mondo senza bisogno dell’aiuto delle armi. Non mi pare giusto. Si potrà dire così fino al momento in cui il cristianesimo non fu religione di Stato (cioè fino a Costantino), ma dal momento in cui divenne il modo esterno di pensare di un gruppo dominante, la sua fortuna e la sua diffusione non può distinguersi dalla storia generale e quindi dalle guerre; ogni guerra è stata anche guerra di religione, sempre.

Q8 §155

L’opinione corrente è questa: che non si deve distruggere la religione se non si ha qualcosa da sostituirle nell’animo degli uomini. Ma come si fa a capire quando una sostituzione è avvenuta e il vecchio può essere distrutto? Altro modo di pensare connesso al primo: la religione è necessaria per il popolo, anzi per il "volgo", come si dice in questi casi. Naturalmente ognuno crede di non essere più "volgo", ma che volgo sia ogni suo prossimo e perciò dice necessario anche per sé fingere di essere religioso, per non turbare lo spirito degli altri e gettarli nel dubbio. Avviene così che siano molti a non credere più, ognuno persuaso di essere superiore agli altri perché non ha bisogno di superstizioni per essere onesto ma ognuno persuaso che occorre mostrare di "credere" per rispetto agli altri.

Q8 §213

I. Il problema dei «semplici». La forza delle religioni e specialmente del cattolicismo consiste in ciò che esse sentono energicamente la necessità dell’unità di tutta la massa religiosa e lottano per non staccare mai gli strati superiori dagli strati inferiori. La chiesa romana è la più tenace nella lotta per impedire che «ufficialmente» si formino due religioni, quella degli intellettuali e quella dei «semplici». La cosa non è stata e non è senza gravi inconvenienti, ma questi «inconvenienti» sono legati al processo storico che trasforma tutta la vita civile, non al rapporto razionale tra intellettuali e «semplici». La debolezza delle filosofie immanentistiche in generale consiste appunto nel non aver saputo creare una unità ideologica tra il basso e l’alto, tra gli intellettuali e la massa (cfr motivo «Rinascimento e Riforma»). I tentativi di movimenti culturali «verso il popolo» – Università popolari e simili – hanno sempre degenerato in forme paternalistiche: d’altronde mancava in essi ogni organicità sia di pensiero filosofico, sia di centralizzazione organizzativa. Si aveva l’impressione che rassomigliassero ai contatti tra i mercanti inglesi e i negri dell’Africa: si dava merce di paccotiglia per avere pepite d’oro. Tuttavia il tentativo va studiato: esso ebbe fortuna, cioè rispondeva a una necessità popolare.

Q8 §220

Il rapporto tra filosofia «superiore» e senso comune è assicurato dalla «politica» così come è assicurato dalla politica il rapporto tra il cattolicismo degli intellettuali e quello dei «semplici». Che la Chiesa debba affrontare un problema dei «semplici» significa appunto che c’è stata rottura nella comunità dei fedeli, rottura che non può essere sanata con l’elevazione dei semplici al livello degli intellettuali (la Chiesa almeno non si propone più questo compito, «economicamente» impari alle sue forze attuali) ma con una «disciplina» di ferro sugli intellettuali perché non oltrepassino certi limiti nella «distinzione» e non la rendano catastrofica e irreparabile. Nel passato queste «rotture» nella comunità dei fedeli determinavano la nascita di nuovi ordini religiosi, intorno a forti personalità (Domenico, Francesco, Caterina ecc.). Dopo la Controriforma questo pullulare di forze nuove è stato isterilito: la Compagnia di Gesù è l’ultimo grande ordine, con carattere però repressivo e «diplomatico», che ha iniziato l’irrigidimento dell’organismo ecclesiastico.

Q11 §12

La forza delle religioni e specialmente della chiesa cattolica è consistita e consiste in ciò che esse sentono energicamente la necessità dell’unione dottrinale di tutta la massa «religiosa» e lottano perché gli strati intellettualmente superiori non si stacchino da quelli inferiori. La chiesa romana è stata sempre la più tenace nella lotta per impedire che «ufficialmente» si formino due religioni, quella degli «intellettuali» e quella delle «anime semplici». Questa lotta non è stata senza gravi inconvenienti per la chiesa stessa, ma questi inconvenienti sono connessi al processo storico che trasforma tutta la società civile e che in blocco contiene una critica corrosiva delle religioni; tanto più risalta la capacità organizzatrice nella sfera della cultura del clero e il rapporto astrattamente razionale e giusto che nella sua cerchia la chiesa ha saputo stabilire tra intellettuali e semplici. I gesuiti sono stati indubbiamente i maggiori artefici di questo equilibrio e per conservarlo essi hanno impresso alla chiesa un movimento progressivo che tende a dare certe soddisfazioni alle esigenze della scienza e della filosofia, ma con ritmo così lento e metodico che le mutazioni non sono percepite dalla massa dei semplici, sebbene esse appaiano «rivoluzionarie» e demagogiche agli «integralisti».

Q11 §12

Che la chiesa debba affrontare un problema dei «semplici» significa appunto che c’è stata rottura nella comunità dei «fedeli», rottura che non può essere sanata innalzando i «semplici» al livello degli intellettuali (la chiesa non si propone neppure questo compito, idealmente ed economicamente impari alle sue forze attuali), ma con una disciplina di ferro sugli intellettuali perché non oltrepassino certi limiti nella distinzione e non la rendano catastrofica e irreparabile. Nel passato queste «rotture» nella comunità dei fedeli erano sanate da forti movimenti di massa che determinavano o erano riassunti nella formazione di nuovi ordini religiosi intorno a forti personalità (Domenico, Francesco). (I movimenti ereticali del Medio Evo come reazione simultanea al politicantismo della chiesa e alla filosofia scolastica che ne fu una espressione, sulla base dei conflitti sociali determinati dalla nascita dei Comuni, sono stati una rottura tra massa e intellettuali nella chiesa «rimarginata» dalla nascita di movimenti popolari religiosi riassorbiti dalla chiesa nella formazione degli ordini mendicanti e in una nuova unità religiosa). Ma la Controriforma ha isterilito questo pullulare di forze popolari: la Compagnia di Gesù è l’ultimo grande ordine religioso, di origine reazionario e autoritario, con carattere repressivo e «diplomatico», che ha segnato, con la sua nascita, l’irrigidimento dell’organismo cattolico. I nuovi ordini sorti dopo hanno scarsissimo significato «religioso» e un grande significato «disciplinare» sulla massa dei fedeli, sono ramificazioni e tentacoli della Compagnia di Gesù o ne sono diventati tali, strumenti di «resistenza» per conservare le posizioni politiche acquisite, non forze rinnovatrici di sviluppo. Il cattolicismo è diventato «gesuitismo». Il modernismo non ha creato «ordini religiosi» ma un partito politico, la democrazia cristiana.

Q11 §12

La religione, e una determinata chiesa, mantiene la sua comunità di fedeli (entro certi limiti, delle necessità dello sviluppo storico generale) nella misura in cui intrattiene permanentemente e organizzatamente la fede propria, ripetendone l’apologetica indefessamente, lottando in ogni momento e sempre con argomenti simili, e mantenendo una gerarchia di intellettuali che alla fede diano almeno l’apparenza della dignità del pensiero. Ogni volta che la continuità dei rapporti tra chiesa e fedeli è stata interrotta violentemente, per ragioni politiche, come è avvenuto durante la Rivoluzione francese, le perdite subite dalla chiesa sono state incalcolabili e se le condizioni di difficile esercizio delle pratiche abitudinarie si fossero protratte oltre certi limiti di tempo, è da pensare che tali perdite sarebbero state definitive e una nuova religione sarebbe sorta, come del resto in Francia è sorta in combinazione col vecchio cattolicismo.

Q11 §13

Ogni religione, anche la cattolica (anzi specialmente la cattolica, appunto per i suoi sforzi di rimanere unitaria "superficialmente", per non frantumarsi in chiese nazionali e in stratificazioni sociali) è in realtà una molteplicità di religioni distinte e spesso contraddittorie: c’è un cattolicismo dei contadini, un cattolicismo dei piccoli borghesi e operai di città, un cattolicismo delle donne e un cattolicismo degli intellettuali anch’esso variegato e sconnesso.

Q13 §37

Il suffragio universale che è stato introdotto in Francia da tanto tempo ha già determinato il fatto che le masse, formalmente cattoliche, politicamente aderiscano ai partiti repubblicani di centro, sebbene questi siano anticlericali e laicisti: il sentimento nazionale, organizzato intorno al concetto di patria, è altrettanto forte, e in certi casi è indubbiamente più forte, del sentimento religioso‑cattolico, che del resto ha caratteristiche proprie. La formula che «la religione è una quistione privata» si è radicata come forma popolare del concetto di separazione della Chiesa dallo Stato.

Q14 §55

[...] il cattolicismo è diventato un partito fra gli altri, è passato dal godimento incontestato di certi diritti, alla difesa di essi e alla rivendicazione di essi in quanto perduti. Che sotto certi aspetti la Chiesa abbia rinforzato certe sue organizzazioni è certo incontestabile, che sia più concentrata, che abbia stretto le file, che abbia fissato meglio certi principii e certe direttive, ma questo significa appunto un suo minore influsso nella società e quindi la necessità della lotta e di una più strenua milizia. È anche vero che molti Stati non lottano più con la Chiesa, ma perché vogliono servirsene e vogliono subordinarla ai propri fini. Si potrebbe fare un elenco di attività specifiche in cui la Chiesa conta molto poco e si è rifugiata in posizioni secondarie; per alcuni aspetti, cioè dal punto di vista della credenza religiosa, è poi vero che il cattolicismo si è ridotto in gran parte a una superstizione di contadini, di ammalati, di vecchi e di donne. Nella filosofia cosa conta oggi la chiesa? In quale Stato il tomismo è filosofia prevalente tra gli intellettuali? E socialmente, dove la chiesa dirige e padroneggia con la sua autorità le attività sociali? Appunto l’impulso sempre maggiore dato all’Azione Cattolica dimostra che la Chiesa perde terreno, sebbene avvenga che ritirandosi si concentri e opponga maggiore resistenza e «sembri» più forte (relativamente).

Q15 §29

Ciò che oggi si chiama "individualismo" ha avuto origine nella rivoluzione culturale successa al Medio Evo (Rinascimento e Riforma) e indica una determinata posizione verso il problema della divinità e quindi della Chiesa: è il passaggio dal pensiero trascendente all’immanentismo. […] L’"individualismo" che è diventato antistorico oggi è quello che si manifesta nell’appropriazione individuale della ricchezza, mentre la produzione della ricchezza si è andata sempre più socializzando. Che i cattolici poi siano i meno adatti a gemere sull’individualismo si può dedurre dal fatto che essi sempre, politicamente, hanno riconosciuto una personalità politica solo alla proprietà, cioè l’uomo valeva non per sé, ma in quanto integrato da beni materiali. Cosa significava il fatto che si era elettori in quanto si aveva un censo e che si apparteneva a tante comunità politico-amministrative in quante comunità si aveva beni materiali, se non un abbassamento dello "spirito" di fronte alla "materia"? Se è concepito "uomo" solo chi possiede, e se è diventato impossibile che tutti possiedano, perché sarebbe antispirituale il cercare una forma di proprietà in cui le forze materiali integrino e contribuiscano a costituire tutte le personalità? In realtà, implicitamente si riconosceva che la "natura" umana era non dentro l’individuo, ma nell’unità dell’uomo e delle forze materiali: pertanto la conquista delle forze materiali è un modo, e il più importante, di conquistare la personalità. 

Q16 §9

La religione popolare è crassamente materialistica, tuttavia la religione ufficiale degli intellettuali cerca di impedire che si formino due religioni distinte, due strati separati, per non staccarsi dalle masse, per non diventare anche ufficialmente, come è realmente, una ideologia di ristretti gruppi. Ma da questo punto di vista, non bisogna far confusione tra l’atteggiamento della filosofia della praxis e quello del cattolicismo. Mentre quella mantiene un contatto dinamico e tende a sollevare continuamente nuovi strati di massa ad una vita culturale superiore, quello tende a mantenere un contatto puramente meccanico, un’unità esteriore, basata specialmente sulla liturgia e sul culto più appariscentemente suggestivo sulle grandi folle. Molti tentativi ereticali furono manifestazioni di forze popolari per riformare la chiesa e avvicinarla al popolo, innalzando il popolo. La chiesa ha reagito spesso in forma violentissima, ha creato la Compagnia di Gesù, si è catafratta con le decisioni del Concilio di Trento, quantunque abbia organizzato un maraviglioso meccanismo di religione «democratica» dei suoi intellettuali, ma come singoli individui, non come espressione rappresentativa di gruppi popolari.

Q19 §24

[...] Come esempio tipico di attrazione spontanea dei moderati è da ricordare il formarsi e lo sviluppo del movimento «cattolico‑liberale», che tanto impressionò il papato e in parte riuscì a paralizzarne le mosse, demoralizzandolo, in un primo tempo spingendolo troppo a sinistra – con le manifestazioni liberaleggianti di Pio IX – e in un secondo tempo cacciandolo in una posizione più destra di quella che avrebbe potuto occupare e in definitiva determinandone l’isolamento nella penisola e in Europa. Il papato ha dimostrato successivamente di aver appreso la lezione e ha saputo nei tempi più recenti manovrare brillantemente: il modernismo prima e il popolarismo poi sono movimenti simili a quello cattolico‑liberale del Risorgimento, dovuti in gran parte al potere di attrazione spontanea esercitata dallo storicismo moderno degli intellettuali laici delle classi alte da una parte e dall’altra dal movimento pratico della filosofia della prassi. Il papato ha colpito il modernismo come tendenza riformatrice della Chiesa e della religione cattolica, ma ha sviluppato il popolarismo, cioè la base economico sociale del modernismo e oggi con Pio XI fa di esso il fulcro della sua politica mondiale.

Q20 §1

 L’Azione Cattolica. L’Azione Cattolica, nata specificatamente dopo il 1848, era molto diversa da quella attuale, riorganizzata da Pio XI. La posizione originaria dell’Azione Cattolica dopo il 1848 (e in parte anche nel periodo di incubazione che va dal 1789 al 1848, quando sorge e si sviluppa il fatto e il concetto di nazione e di patria che diventa l’elemento ordinatore – intellettualmente e moralmente – delle grandi masse popolari in concorrenza vittoriosa con la Chiesa e la religione cattolica) può essere caratterizzata estendendo alla religione cattolica l’osservazione che uno storico francese (verificare) ha fatto a proposito della monarchia «legittimista» e di Luigi XVIII: pare che Luigi XVIII non riuscisse a persuadersi che nella Francia dopo il 1815 la monarchia dovesse avere un partito politico specifico per sostenersi.

Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per spiegare la nascita dell’Azione Cattolica e per riallacciare questa nuova formazione a movimenti e attività «sempre esistiti» da Cristo in poi, sono di una estrema fallacia. Dopo il 1848 in tutta l’Europa (in Italia la crisi assume la forma specifica e diretta dell’anticlericalismo e della lotta anche militare contro la Chiesa) la crisi storico‑politico‑intellettuale è superata con la netta vittoria del liberalismo (inteso come concezione del mondo oltre che come particolare corrente politica) sulla concezione cosmopolitica e «papalina» del cattolicismo. Prima del 1848 si formavano partiti più o meno effimeri e insorgevano singole personalità contro il cattolicismo;dopo il 1848 il cattolicismo e la Chiesa «devono» avere un proprio partito per difendersi, e arretrare il meno possibile, non possono più parlare (altro che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai l’irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e di operare. Molti oggi non riescono più neanche a persuadersi che così potesse essere una volta. Per dare un’idea di questo fatto, si può offrire questo modello: oggi nessuno può pensare sul serio a fondare un’associazione contro il suicidio (è possibile che in qualche parte esista una qualche società del genere, ma si tratta di altra cosa), perché non esiste nessuna corrente d’opinione che cerchi persuadere gli uomini (e riesca sia pure parzialmente) che occorre suicidarsi in massa (sebbene siano esistiti singoli individui e anche piccoli gruppi che hanno sostenuto tali forme di nichilismo radicale, pare in Ispagna): la «vita» è la premessa necessaria di ogni manifestazione di vita, evidentemente. Il cattolicismo ha avuto una tale funzione e di ciò rimangono tracce abbondanti nel linguaggio e nei modi di pensare specialmente dei contadini: cristiano e uomo sono sinonimi, anzi sono sinonimi cristiano e «uomo incivilito». («Non sono cristiano!» – «E allora cosa sei, una bestia?»)

Q20 §2

L’Azione Cattolica segna l’inizio di una epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da concezione totalitaria (nel duplice senso: che era una totale concezione del mondo di una società nel suo totale), diventa parziale (anche nel duplice senso) e deve avere un proprio partito. I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della Chiesa (comunità dei fedeli o comunità del clero), dall’alto o dal basso, contro le disgregazioni parziali della concezione del mondo (eresie, scismi ecc. e anche degenerazione delle gerarchie); l’Azione Cattolica rappresenta la reazione contro l’apostasia di intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa della concezione religiosa del mondo. Non è più la Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; essa invece deve accettare il terreno impostole dagli avversari o dall’indifferenza e servirsi di armi prese a prestito dall’arsenale dei suoi avversari (l’organizzazione politica di massa). La Chiesa, cioè, è sulla difensiva, ha perduto l’autonomia dei movimenti e delle iniziative, non è più una forza ideologica mondiale, ma una forza subalterna.

Q20 § 4

Si è detto più volte che la Chiesa cattolica ha virtù di adattamento e di sviluppo inesauribili. Ciò non è molto esatto. Nella vita della Chiesa possono essere fissati alcuni punti decisivi: il primo è quello che si identifica con lo scisma tra Oriente e Occidente, di carattere territoriale, tra due civiltà storiche in contrasto, con scarsi elementi ideologici e culturali, che ha inizio con l’avvento dell’Impero di Carlo Magno, cioè con un rinnovato tentativo di egemonia politica culturale dell’Occidente sull’Oriente; lo scisma avviene in un periodo in cui le forze ecclesiastiche sono scarsamente organizzate e si approfondisce sempre più, automaticamente, per la forza stessa delle cose, impossibili a controllare come avviene di due persone che per decenni non hanno contatti e si allontanano una dall’altra fino a parlare due lingue diverse. Il secondo è quello della Riforma, che avviene in ben diverse condizioni e che se ha come risultato una separazione territoriale, ha specialmente un carattere culturale e determina la Controriforma, e le decisioni del Concilio di Trento che limitano enormemente le possibilità di adattamento della Chiesa Cattolica. Il terzo è quello della Rivoluzione francese (Riforma liberale‑democratica) che costringe ancor più la Chiesa a irrigidirsi e mummificarsi in un organismo assolutistico e formalistico di cui il papa è il capo nominale, con poteri teoricamente «autocratici», in verità molto scarsi perché tutto il sistema si regge solo per il suo irrigidimento da paralitico. Tutta la società in cui la Chiesa si muove e può evolvere, ha la tendenza a irrigidirsi, lasciando alla Chiesa scarse possibilità di adattamento, già scarse per la natura attuale della Chiesa stessa.

Q21 §5

I laici hanno fallito al loro compito storico di educatori ed elaboratori della intellettualità e della coscienza morale del popolo‑nazione, non hanno saputo dare una soddisfazione alle esigenze intellettuali del popolo: proprio per non aver rappresentato una cultura laica, per non aver saputo elaborare un moderno «umanesimo» capace di diffondersi fino agli strati più rozzi e incolti, come era necessario dal punto di vista nazionale, per essersi tenuti legati a un mondo antiquato, meschino, astratto, troppo individualistico o di casta. La letteratura popolare francese, che è la più diffusa in Italia, rappresenta invece, in maggiore o minor grado, in un modo che può essere più o meno simpatico, questo moderno umanesimo, questo laicismo a suo modo moderno: lo rappresentarono il Guerrazzi, il Mastriani e gli altri pochi scrittori paesani popolari. Ma se i laici hanno fallito, i cattolici non hanno avuto miglior successo. Non bisogna lasciarsi illudere dalla discreta diffusione che hanno certi libri cattolici: essa è dovuta alla vasta e potente organizzazione della chiesa, non ad una intima forza di espansività: i libri vengono regalati nelle cerimonie numerosissime e vengono letti per castigo, per imposizione o per disperazione. Colpisce il fatto che nel campo della letteratura avventurosa i cattolici non abbiano saputo esprimere che meschinerie: eppure essi hanno una sorgente di prim’ordine nei viaggi e nella vita movimentata e spesso arrischiata dei missionari. Tuttavia anche nel periodo di maggior diffusione del romanzo geografico d’avventure, la letteratura cattolica in proposito è stata meschina e per nulla comparabile a quella laica francese, inglese e tedesca: le vicende del cardinal Massaja in Abissinia sono il libro più notevole, per il resto c’è stata l’invasione dei libri di Ugo Mioni (già padre gesuita), inferiori a ogni esigenza. Anche nella letteratura popolare scientifica i cattolici hanno ben poco, nonostante i loro grandi astronomi come il padre Secchi (gesuita) e che l’astronomia sia la scienza che più interessa il popolo. Questa letteratura cattolica trasuda di apologetica gesuitica come il becco di muschio e stucca per la sua meschinità gretta. L’insufficienza degli intellettuali cattolici e la poca fortuna della loro letteratura sono uno degli indizii più espressivi della intima rottura che esiste tra la religione e il popolo: questo si trova in uno stato miserrimo di indifferentismo e di assenza di una vivace vita spirituale: la religione è rimasta allo stato di superstizione, ma non è stata sostituita da una nuova moralità laica e umanistica per l’impotenza degli intellettuali laici (la religione non è stata né sostituita né intimamente trasformata e nazionalizzata come in altri paesi, come in America lo stesso gesuitismo: l’Italia popolare è ancora nelle condizioni create immediatamente dalla Controriforma: la religione, tutt’al più, si è combinata col folclore pagano ed è rimasta in questo stadio).

sibile, non possono più parlare (altro che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai l’irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e di operare. Molti oggi non riescono più neanche a persuadersi che così potesse essere una volta.