Politica

Q1 §10

Si suole troppo considerare Machiavelli come il "politico in generale" buono per tutti i tempi: ecco già un errore di politica.

Machiavelli legato al suo tempo: 1) lotte interne nella repubblica fiorentina; 2) lotte tra gli stati italiani per un equilibrio reciproco; 3) lotte degli stati italiani per equilibrio europeo.

Su Machiavelli opera l'esempio della Francia e della Spagna che hanno raggiunto una forte unità statale. Fa un "paragone ellittico" come direbbe il Croce e desume le regole per un forte stato in generale e italiano in particolare.

Machiavelli è uomo tutto della sua epoca e la sua arte politica rappresenta la filosofia del tempo che tende alla monarchia nazionale assoluta, la forma che può permettere uno sviluppo e un'organizzazione borghese. In Machiavelli si trova in nuce la separazione dei poteri e il parlamentarismo; la sua "ferocia" è contro i residui del feudalismo, non contro le classi progressive; il principe deve porre fine all'anarchia feudale e ciò fa il Valentino in Romagna, appoggiandosi sulle classi produttive, contadini e mercanti. Dato il carattere militare del capo dello stato, come si richiede in un periodo di lotta per la formazione e il consolidamento del potere, l'indicazione di classe contenuta nell' Arte della guerra si deve intendere per la struttura generale statale: se i borghesi della città vogliono porre fine al disordine interno e all'anarchia esterna, devono appoggiarsi sui contadini come massa, costituendo una forza armata sicura e fedele. Si può dire che questa concezione essenzialmente politica è così dominante nel Machiavelli che gli fa commettere gli errori di carattere militare: egli pensa specialmente alla fanteria, le cui masse possono essere arruolate con un'azione politica, e perciò misconosce il valore dell'artiglieria. Insomma deve essere considerato come un politico che deve occuparsi di arte militare in quanto ciò è necessario per la sua costruzione politica, ma lo fa in modo unilaterale, perché non lì è il centro del suo pensiero.

 

Q1 §48

L'esercizio "normale" dell'egemonia nel terreno divenuto classico del regime parlamentare, è caratterizzato da una combinazione della forza e del consenso che si equilibrano, senza che la forza soverchi di troppo il consenso, anzi appaia appoggiata dal consenso della maggioranza espresso dai così detti organi dell'opinione pubblica (i quali perciò, in certe situazioni, vengono moltiplicati artificiosamente). Tra il consenso e la forza sta la corruzione-frode (che è caratteristica di certe situazioni di difficile esercizio della funzione egemonica presentando l'impiego della forza troppi pericoli), cioè lo snervamento e la paralisi procurati all'antagonista o agli antagonisti con l'accaparrarne i dirigenti, copertamente in via normale, apertamente in caso di pericolo prospettato per gettare lo scompiglio e il disordine nelle file antagoniste. 

Nel periodo del dopoguerra, l'apparato egemonico si screpola e l'esercizio dell'egemonia diventa sempre più difficile. Il fenomeno viene presentato e trattato con vari nomi e sotto vari aspetti. I più comuni sono: "crisi del principio di autorità" -- " dissoluzione del regime parlamentare".

Naturalmente del fenomeno si descrivono solo le manifestazioni centrali, nel terreno parlamentare e governativo, e si spiegano col fallimento del "principio" parlamentare, del "principio" democratico ecc., non però del "principio" d'autorità (questo fallimento viene proclamato da altri). Praticamente questa crisi si manifesta nella sempre crescente difficoltà di formare dei governi e nella sempre crescente instabilità dei governi stessi ed ha la sua origine immediata nella moltiplicazione dei partiti parlamentari e nelle crisi interne [permanenti] di ognuno di questi partiti (cioè si verifica nell'interno di ogni partito ciò che si verifica nell'intero parlamento: difficoltà di governo). Le forme di questo fenomeno sono anche, in una certa misura, di corruzione e dissoluzione morale: ogni gruppetto interno di partito crede di avere la ricetta per arrestare l'indebolimento dell'intero partito e ricorre,a ogni mezzo per averne la direzione o almeno per partecipare alla direzione così come nel parlamento [il partito] crede di essere il solo a dover formare il governo per salvare il paese o almeno, per dare l'appoggio al governo, di doverci partecipare il più largamente possibile; quindi contrattazioni cavillose e minuziose che non possono non essere personalistiche in modo da apparire scandalose.

Forse nella realtà, la corruzione è minore di quanto si creda. Che gli interessati a che la crisi si risolva dal loro punto di vista, fingano di credere che si tratti della "corruzione" e "dissoluzione" di un "principio", potrebbe anche essere giustificato: ognuno può essere il giudice migliore nella scelta delle armi ideologiche che sono più appropriate ai fini che vuol raggiungere e la demagogia può essere ritenuta arma eccellente. Ma la cosa diventa comica quando il demagogo non sa di esserlo, quando cioè si opera praticamente come se si creda realmente che l'abito è il monaco, che il berretto è il cervello. Machiavelli e Stenterello.