Marx


(GP, 4 maggio 1918)

“Marx non ha scritto una dottrinetta, non è un Messia che abbia lasciato una filza di parabole gravide di imperativi categorici, di norme indiscutibili, assolute, fuori delle categorie di tempo e di spazio. Unico imperativo categorico, unica norma: «Proletari di tutto il mondo, unitevi!». Il dovere della organizzazione, la propaganda del dovere di organizzarsi e associarsi, dovrebbe dunque essere la discriminante tra marxisti e non marxisti. Troppo poco e troppo: chi non sarebbe marxista?

Eppure così è: tutti sono marxisti, un po', inconsapevolmente. Marx è stato grande, la sua azione è stata feconda, non perché egli abbia inventato dal nulla, non perché abbia estratto dalla sua fantasia una visione originale della storia, ma perché il frammentario, l'incompiuto, l'immaturo è in lui diventato maturità, sistema, consapevolezza. La consapevolezza sua personale può diventare di tutti, è già diventata di molti: per questo fatto egli non è solo uno studioso, è un uomo d'azione; è grande e fecondo nell'azione come nel pensiero, i suoi libri hanno trasformato il mondo, così come hanno trasformato il pensiero.

Marx significa ingresso dell'intelligenza nella storia dell'umanità, regno della consapevolezza.”

(GP, 4 maggio 1918)

“Marx si pianta nella storia con la solida quadratura di un gigante: non è un mistico né un metafisico positivista; è uno storico, è un interprete dei documenti del passato, di tutti i documenti, non solo di una parte di essi… Con Marx la storia continua ad essere dominio delle idee, dello spirito, dell'attività cosciente degli individui singoli od associati. Ma le idee, lo spirito, si sustanziano, perdono la loro arbitrarietà, non sono più fittizie astrazioni religiose o sociologiche. La sostanza loro è nell'economia, nell'attività pratica, nei sistemi e nei rapporti di produzione e di scambio. La storia come avvenimento è pura attività pratica (economica e morale). Un'idea si realizza non in quanto logicamente coerente alla verità pura, all'umanità pura (che esiste solo come programma, come fine etico generale degli uomini), ma in quanto trova nella realtà economica la sua giustificazione, lo strumento per affermarsi. [Per] conoscere con esattezza quali sono i fini storici di un paese, di una società, di un aggruppamento importa prima di tutto conoscere quali sono i sistemi e i rapporti di produzione e di scambio di quel paese, di quella società. ”

(GP, 4 maggio 1918)

“Carlo Marx è per noi maestro di vita spirituale e morale, non pastore armato di vincastro. E’ lo stimolatore delle pigrizie mentali, è il risvegliatore delle energie buone che dormicchiano e devono destarsi per la buona battaglia. E’ un esempio di lavoro intenso e tenace per raggiungere la chiara onestà delle idee, la solida cultura necessaria per non parlare a vuoto, di astrattezze. È blocco monolitico di umanità sapiente e pensante, che non si guarda la lingua per parlare, non si mette la mano sul cuore per sentire, ma costruisce sillogismi ferrati che avvolgono la realtà nella sua essenza, e la dominano, che penetrano nei cervelli, fanno crollare le sedimentazioni di pregiudizio e di idea fissa, e irrobustiscono il carattere morale.

Carlo Marx non è per noi il fantolino che vagisce in culla o l'uomo barbuto che spaventa i sacrestani. Non è nessuno degli episodi aneddotici della sua biografia, nessun gesto brillante o grossolano della sua esteriore animalità umana. E’ un vasto e sereno cervello pensante, è un momento individuale della ricerca affannosa secolare che l'umanità compie per acquistare coscienza del suo essere e del suo divenire, per cogliere il ritmo misterioso della storia e far dileguare il mistero, per essere più forte nel pensare e operare meglio. E’ una parte necessaria ed integrante del nostro spirito, che non sarebbe quello che è se egli non avesse vissuto, non avesse pensato, non avesse fatto scoccare scintille di luce dall'urto delle sue passioni e delle sue idee, delle sue miserie e dei suoi ideali.”

Q1 § 29

In Marx troviamo l'espressione più alta anche esteticamente, del "sarcasmo appassionato". Da distinguere da altre forme, in cui il contenuto è opposto a quello di Marx. Di fronte alle "illusioni" popolari (credenza nella giustizia, nell'uguaglianza, nella fraternità, cioè negli elementi della "religione dell'umanità") Marx si esprime con "sarcasmo" appassionatamente "positivo", cioè si capisce che egli non vuol dileggiare il sentimento più intimo di quelle "illusioni" ma la loro forma contingente legata a un determinato mondo "perituro", il loro puzzo di cadavere, per così dire, che trapela dal belletto. 

C'è invece il sarcasmo di "destra", che raramente è appassionato, ma è sempre "negativo", puramente distruttivo, non solo della "forma" contingente, ma del contenuto "umano" di quei sentimenti. (A proposito di questo "umano" vedi in Marx stesso quale significato occorre dargli, specialmente la Sacra Famiglia). Marx cerca di dare a certe aspirazioni una forma nuova (quindi cerca di rinnovare anche queste aspirazioni) non di distruggerle: il sarcasmo di destra cerca di distruggere invece propri. o il contenuto di queste aspirazioni, e in fondo l'attacco alla loro forma non è che un espediente "didattico".

Q4 § 1

Non bisogna sottovalutare il contributo di Engels, ma non bisogna neanche identificare Engels con Marx, non bisogna pensare che tutto ciò che Engels attribuisce a Marx sia autentico in senso assoluto. È certo che Engels ha dato la prova di un disinteresse e di un’assenza di vanità personale unica nella storia della letteratura: non è menomamente da porre in dubbio la sua assoluta lealtà personale. Ma il fatto è che Engels non è Marx e che se si vuole conoscere Marx bisogna specialmente cercarlo nelle sue opere autentiche, pubblicate sotto la sua diretta personalità.

Q 4 § 3

Il marxismo è stato un momento della cultura moderna: in una certa misura ne ha determinato e fecondato alcune correnti. Lo studio di questo fenomeno molto importante e significativo è stato trascurato o è addirittura ignorato dai marxisti "ufficiali" per questa ragione: che esso ha avuto per tramite la filosofia idealista, ciò che ai marxisti legati essenzialmente alla particolare corrente di cultura dell’ultimo quarto del secolo scorso (positivismo, scientismo) pare un controsenso. […]

Il marxismo ha subito una doppia revisione, cioè ha dato luogo a una doppia combinazione. Da un lato alcuni suoi elementi, esplicitamente o implicitamente, sono stati assorbiti da alcune correnti idealistiche (Croce, Sorel, Bergson ecc., i pragmatisti ecc.); dall’altra i marxisti "ufficiali", preoccupati di trovare una "filosofia" che contenesse il marxismo, l’hanno trovata nelle derivazioni moderne del materialismo filosofico volgare o anche in correnti idealistiche come il Kantismo (Max Adler). […]

Perché il marxismo ha avuto questa sorte, di apparire assimilabile, in alcuni suoi elementi, tanto agli idealisti che ai materialisti volgari? Bisognerebbe ricercare i documenti di questa affermazione, ciò che significa fare la storia della cultura moderna dopo Marx e Engels. Per gli idealisti: vedere quali elementi del marxismo sono stati assorbiti "esplicitamente", cioè confessatamente. Per esempio, il materialismo storico come canone empirico di ricerca storica del Croce, che ha introdotto questo suo concetto nella cultura moderna, anche fra i cattolici (cfr Olgiati) in Italia e all’estero, il valore delle ideologie ecc.; ma la parte più difficile e delicata è la ricerca degli assorbimenti "impliciti", non confessati, avvenuti perché appunto il marxismo è stato un momento della cultura, una atmosfera diffusa, che ha modificato i vecchi modi di pensare per azioni e reazioni non apparenti o non immediate. (…)

Un altro aspetto della quistione è l’insegnamento pratico che il marxismo ha dato agli stessi partiti che lo combattono per principio, così come i gesuiti combattevano Machiavelli pur applicandone i principii (in una "Opinione" pubblicata dal Missiroli nella "Stampa" del 1925 o 26 su per giù si dice: "Sarebbe da vedere se nell’intimo della loro coscienza, gli industriali più intelligenti non siano persuasi che Marx abbia visto molto bene nelle cose loro" o qualcosa di simile). Ciò è naturale, perché se Marx ha esattamente analizzato la realtà, egli non ha fatto che sistemare razionalmente ciò che gli agenti storici di questa realtà sentono confusamente e istintivamente. 

L’altro aspetto della quistione è ancor più interessante. Perché anche i marxisti ufficiali hanno "combinato" il marxismo con una filosofia non marxista? […]

Nel campo filosofico mi pare che la ragione storica sia da ricercare nel fatto che il marxismo ha dovuto allearsi con tendenze estranee per combattere i residui del mondo precapitalistico nelle masse popolari, specialmente nel terreno religioso. […] Il marxismo aveva due compiti: combattere le ideologie moderne nella loro forma più raffinata e rischiarare le masse popolari, la cui cultura era medioevale. Questo secondo compito, che era fondamentale, ha assorbito tutte le forze, non solo "quantitativamente", ma "qualitativamente"; per ragioni "didattiche" il marxismo si è confuso con una forma di cultura un po’ superiore alla mentalità popolare, ma inadeguata per combattere le altre ideologie delle classi colte, mentre il marxismo originario era proprio il superamento della più alta manifestazione culturale del suo tempo, la filosofia classica tedesca. Ne è nato un "marxismo" in "combinazione" buono per la letteratura di cui parla il Sorel, ma insufficiente per creare un vasto movimento culturale che abbracci tutto l’uomo, in tutte le sue età e in tutte le sue condizioni sociali, unificando moralmente la società. 

Questo fenomeno si può osservare in tutte le culture moderne, nel senso che la filosofia moderna non riesce a elaborare un programma scolastico secondo la sua visione del mondo e non riesce a elaborare una cultura popolare, ma rimane la cultura di una aristocrazia intellettuale. […]

Il materialismo storico, così com’è, è l’aspetto popolare dello storicismo moderno. Nella storia della cultura, che è più larga della storia della filosofia, ogni volta che la cultura popolare è affiorata, perché si attraversava una fase di rivolgimenti sociali e dalla ganga popolare si selezionava il metallo di una nuova classe, si è avuta una fioritura di "materialismo"; viceversa le classi tradizionali si aggrappavano allo spiritualismo. […]

L’affermazione che il marxismo è una filosofia nuova, indipendente, è l’affermazione della indipendenza e originalità di una nuova cultura in incubazione, che si svilupperà con lo svilupparsi delle relazioni sociali. Ciò che esiste è "combinazione" di vecchio e nuovo, equilibrio momentaneo corrispondente all’equilibrio dei rapporti sociali. Solo quando si crea uno Stato, è veramente necessario creare un’alta cultura. In ogni modo l’atteggiamento deve essere sempre critico e mai dogmatico, dev’essere un atteggiamento in certo senso romantico, ma di un romanticismo che consapevolmente ricerca la sua serena classicità.

Q 4 § 8

La innovazione fondamentale introdotta da Marx nella scienza politica e storica in confronto del Machiavelli è la dimostrazione che non esiste una "natura umana" fissa e immutabile e che pertanto la scienza politica deve essere concepita nel suo contenuto concreto (e anche nella sua formulazione logica?) come un organismo storicamente in isviluppo. […]

Il Machiavelli stesso nota che le cose che egli scrive sono applicate e sono state sempre applicate: egli quindi non vuol suggerire a chi già sa, né è da pensare in lui una pura "attività scientifica" che in questa materia sarebbe stata miracolosa al tempo suo, se oggi stesso trova non poco contrasto. Il Machiavelli quindi pensa "a chi non sa", a chi non è nato nella tradizione degli uomini di governo, in cui tutto il complesso dell’educazione di fatto, unita con l’interesse di famiglia (dinastico e patrimoniale) porta a dare il carattere del politico realistico. E chi non sa? La classe rivoluzionaria del tempo, il "popolo" e la "nazione" italiana, la democrazia che esprime dal suo seno dei "Pier Soderini" e non dei "Valentini". Il Machiavelli vuol fare l’educazione di questa classe, da cui deve nascere un "capo" che sappia quello che si fa e un popolo che sa che ciò che il capo fa è anche suo interesse, nonostante che queste azioni possono essere in contrasto con l’ideologia diffusa (la morale e la religione).

Questa posizione del Machiavelli si ripete per Marx: anche la dottrina di Marx è servita oltre che alla classe alla quale Marx esplicitamente si rivolgeva (in ciò diverso e superiore al Machiavelli) anche alle classi conservatrici, il cui personale dirigente in buona parte ha fatto il suo tirocinio politico nel marxismo.

Q 4 § 11

Si fa (di solito) una confusione tra la cultura filosofica personale di Marx, cioè tra le correnti filosofiche e i grandi filosofi che Marx ha studiato e le origini o le parti costitutive del materialismo storico, e si cade nell’errore di ridurre la filosofia che sarebbe alla base del materialismo storico a questo o quel sistema. Certamente è interessante [e necessario] ricercare e approfondire gli elementi della cultura filosofica di Marx, ma tenendo presente che parte essenziale del materialismo storico non è né lo spinozismo, né lo hegelismo né il materialismo francese, ma precisamente ciò che non era contenuto se non in germe in tutte queste correnti e che Marx ha sviluppato, o di cui ha lasciato gli elementi di sviluppo; la parte essenziale del marxismo è nel superamento delle vecchie filosofie e anche nel modo di concepire la filosofia, ed è ciò che bisogna dimostrare e sviluppare sistematicamente. 

In sede teorica, il marxismo non si confonde e non si riduce a nessun’altra filosofia: esso non è solo originale in quanto supera le filosofie precedenti, ma è originale specialmente in quanto apre una strada completamente nuova, cioè rinnova da cima a fondo il modo di concepire la filosofia. 

In sede di ricerca storica si dovrà studiare da quali elementi Marx ha preso occasione per il suo filosofare, quali elementi ha incorporato rendendoli omogenei ecc.: allora si dovrà riconoscere che di questi elementi "originari" l’hegelismo è il più importante relativamente, specialmente per il suo tentativo di superare le concezioni tradizionali di "idealismo" e di "materialismo". Quando si dice che Marx adopera l’espressione "immanenza" in senso metaforico, non si dice nulla: in realtà Marx dà al termine "immanenza" un significato proprio, egli cioè non è un "panteista" nel senso metafisico tradizionale, ma è un "marxista" o un "materialista storico". Di questa espressione "materialismo storico" si è dato il maggior peso al primo membro, mentre dovrebbe essere dato al secondo: Marx è essenzialmente uno "storicista" ecc.

Q 4 § 14

Da quanto si è detto sopra, il concetto di "ortodossia" deve essere rinnovato e riportato alle sue origini autentiche. L’ortodossia non deve essere ricercata in questo o quello dei discepoli di Marx, in quella o questa tendenza legata a correnti estranee al marxismo, ma nel concetto che il marxismo basta a se stesso, contiene in sé tutti gli elementi fondamentali, non solo per costruire una totale concezione del mondo, una totale filosofia, ma per vivificare una totale organizzazione pratica della società, cioè per diventare una integrale, totale civiltà. Questo concetto così rinnovato di ortodossia, serve a precisare meglio l’attributo di "rivoluzionaria" attribuito a una concezione del mondo, a una teoria. 

Il cristianesimo fu rivoluzionario in confronto del paganesimo perché fu un elemento di scissione completa tra i sostenitori del vecchio e del nuovo mondo. Una teoria è rivoluzionaria in quanto è appunto elemento di separazione completa in due campi, in quanto è vertice inaccessibile agli avversari. 

Ritenere che il materialismo storico non sia una struttura di pensiero completamente autonoma significa in realtà non avere completamente tagliato i legami col vecchio mondo. In realtà, il materialismo storico non ha bisogno di sostegni eterogenei: esso stesso è così robusto, che il vecchio mondo vi ricorre per fornire il suo arsenale di qualche arma più efficace. Ciò significa che mentre il materialismo storico non subisce egemonie, incomincia esso stesso ad esercitare una egemonia sul vecchio mondo intellettuale. Ciò avviene in forme reciproche naturalmente, ma è appunto ciò che bisogna sventare. 

Il vecchio mondo, rendendo omaggio al materialismo storico cerca di ridurlo a un corpo di criteri subordinati, di secondo grado, da incorporare nella sua teoria generale, idealistica o materialistica: chi riduce a un ruolo simile il materialismo storico nel campo proprio di questa teoria, capitola implicitamente dinanzi agli avversari.

Q 4 § 15

Per Marx le "ideologie" sono tutt’altro che illusioni e apparenza; sono una realtà oggettiva ed operante, ma non sono la molla della storia, ecco tutto. Non sono le ideologie che creano la realtà sociale, ma è la realtà sociale, nella sua struttura produttiva, che crea le ideologie.

Come Marx potrebbe aver pensato che le superstrutture sono apparenza ed illusione? Anche le sue dottrine sono una superstruttura. Marx afferma esplicitamente che gli uomini prendono coscienza dei loro compiti nel terreno ideologico, delle superstrutture, il che non è piccola affermazione di "realtà": la sua teoria vuole appunto anch’essa "far prendere coscienza" dei propri compiti, della propria forza, del proprio divenire a un determinato gruppo sociale. Ma egli distrugge le "ideologie" dei gruppi sociali avversi, che appunto sono strumenti pratici di dominio politico sulla restante società: egli dimostra come esse siano prive di senso, perché in contraddizione con la realtà effettuale.

Q 4 § 37

Per la quistione della "obbiettività" della conoscenza secondo il materialismo storico, il punto di partenza deve essere l'affermazione di Marx (nell'introduzione alla Critica dell'economia politica, brano famoso sul materialismo storico) che "gli uomini diventano consapevoli (di questo conflitto) nel terreno ideologico" delle forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche. Ma questa consapevolezza è solo limitata al conflitto tra le forze materiali di produzione e i rapporti di produzione --come materialmente dice il testo marxista --o si riferisce a ogni consapevolezza, cioè a ogni conoscenza? Questo è il problema: che può essere risolto con tutto l'insieme della dottrina filosofica del valore delle superstrutture ideologiche.

Q 7 § 21

Ricordare la frequente affermazione che fa il Marx della "solidità delle credenze popolari" come elemento necessario di una determinata situazione: egli dice presso a poco "quando questo modo di concepire avrà la forza delle credenze popolari" ecc. (Ricercare queste affermazioni e analizzarle nel contesto in cui sono espresse). Altra affermazione del Marx è che una persuasione popolare ha spesso la stessa energia di una forza materiale o qualcosa di simile e che è molto significativa. L'analisi di queste affermazioni credo porti a rafforzare la concezione di "blocco storico", in cui appunto le forze materiali sono il contenuto e le ideologie la forma, distinzione di forma e contenuto meramente didascalica, perché le forze materiali non sarebbero concepibili storicamente senza forma e le ideologie sarebbero ghiribizzi individuali senza le forze materiali.

Q 8 § 174

Quando Marx accenna alla "validità delle credenze popolari" fa un riferimento storico-culturale per indicare la "saldezza delle convinzioni" e la loro efficacia nel regolare la condotta degli uomini, ma implicitamente afferma la necessità di "nuove credenze popolari", cioè di un nuovo "senso comune" e quindi di una nuova cultura ossia di una nuova filosofia.

Q 11 § 13

Un accenno al senso comune e alla saldezza delle sue credenze si trova spesso in Marx. Ma si tratta di riferimento non alla validità del contenuto di tali credenze ma appunto alla loro formale saldezza e quindi alla loro imperatività quando producono norme di condotta. Nei riferimenti è anzi implicita l'affermazione della necessità di nuove credenze popolari, cioè di un nuovo senso comune e quindi di una nuova cultura e di una nuova filosofia che si radichino nella coscienza popolare con la stessa saldezza e imperatività delle credenze tradizionali.

Un accenno al