Zanardelli Giuseppe

Enciclopedia Europea Garzanti

(Brescia 1826 - Maderno, Brescia, 1903) giurista e uomo politico italiano.

Studente di legge all'università di Pavia, simpatizzò con le idee mazziniane; il 22 marzo 1848 fu tra i promotori del movimento insurrezionale antiaustriaco di Brescia e, arruolatosi volontario nei corpi franchi (aprile 1848), frese parte alle operazioni militari ne Trentino. Dopo l'armistizio Salasco (agosto 1848) andò esule in Piemonte e in Toscana, e si laureò in giurisprudenza a Pisa (marzo 1849); poco dopo, poté tornare in Lombardia. Laureatosi anche a Pavia, attese all'insegnamento privato del diritto e agli studi giuridici ed economici, collaborando tra l'altro al « Crepuscolo », la rivista liberale di C. Tenca, dove pubblicò una serie di articoli sull'esposizione bresciana del 1857. Nel giugno 1859 ebbe una parte di rilievo nell'insurrezione di Brescia che precedette l'arrivo delle truppe di Garibaldi, e collaborò poi con A. Depretis nel governo della provincia.

Eletto deputato della sinistra nel 1860, si segnalò presto in parlamento per la cultura giuridica e le doti oratorie; e quando nel marzo 1876 la sinistra salì al potere, fu scelto da Depretis come ministro dei lavori pubblici. Dimessosi nel novembre 1877 perché contrario alla soluzione data alla questione ferroviaria, troppo favorevole a suo avviso alle grandi società finanziarie, fu per pochi mesi ministro degli interni nel primo gabinetto Cairoli (marzo-dicembre 1878), indirizzando la sua azione nel senso di una applicazione ampia e imparziale delle attività statutarie.

Ministro di grazia e giustizia dal maggio 1881 nel quarto ministero Depretis, si dimise nel maggio 1883, dal momento che non condivideva la politica del trasformismo condotta dal presidente del consiglio, il quale mirava a un'alleanza con alcuni settori della destra. Esponente di primo piano della pentarchia, la corrente della sinistra sostenitrice dei principi laici e progressisti, Zanardelli fu di nuovo guardasigilli nell'ultimo ministero Depretis e nei due primi ministeri Crispi (aprile 1887-febbraio 1891), legando il suo nome al codice penale entrato in vigore il l° gennaio 1890; questo codice, che unificava la legislazione penale italiana, segnò un notevole progresso rispetto al codice del 1859, anche perché aboliva la pena di morte e sanciva una sia pur limitata libertà di sciopero.

Presidente della camera nel 1892-94 e 1897-99, Zanardelli fu un deciso oppositore della politica di espansione coloniale e di rafforzamento autoritario dello stato condotta da Crispi, ed entrò come guardasigilli nel gabinetto Di Rudinì (dicembre 1897) quando questi sembrò incline a spostare a sinistra l'asse della sua politica. Dimissionario con tutto il ministero dopo le gravi agitazioni. Fopolari del maggio 1898, connesse a nncaro del prezzo del pane, non condivise gli orientamenti repressivi e illiberali dell'ultimo ministero Di Rudinì e di quello Pelloux.

Ormai vecchio, Zanardelli fu chiamato dal re il 14 febbraio 1901 a presiedere il governo che, grazie anche all'azione di G. Giolitti (ministro dell'interno), chiuse definitivamente la « crisi di fine secolo » e i connessi tentativi di svolta autoritaria, e avviò quel periodo liberale e progressista in politica interna che sarebbe durato sino alla prima guerra mondiale.

Poco prima di dimettersi perché colpito da grave malattia (21 ottobre 1903), Zanardelli effettuò (settembre 1902) un viaggio in Basilicata rimasto famoso perché era la prima volta che un presidente del consiglio si recava di persona a visitare una delle regioni più povere del mezzogiorno.

 

Wikipedia

Giuseppe Zanardelli (Brescia, 26 ottobre 1826 – Maderno, 26 dicembre 1903) è stato un politico italiano.

Biografia

Nasce il 26 ottobre 1826, primo di quindici figli, da Giovanni Zanardelli e Margherita Caminada. Frequenta il Liceo classico Arnaldo di Brescia e si laurea in giurisprudenza all'Università di Pavia, come alunno del Collegio Ghislieri.

Combattente nei Corpi Volontari Lombardi durante la guerra del 1848 prende parte alla campagna del Trentino come milite nella colonna cremonese comandata da Gaetano Tibaldi distinguendosi nella battaglia di Sclemo presso Stenico. Torna a Brescia dopo la sconfitta di Novara e, per un certo periodo, si mantiene insegnando diritto. Collabora al giornale "Il Crepuscolo" con saggi di economia politica.

Nel 1849 partecipa all'insurrezione delle dieci giornate di Brescia contro il governo austriaco.

Il 29 febbraio del 1860 fu affiliato alla Massoneria nella prestigiosa Loggia Propaganda Massonica di Roma. Eletto deputato nello stesso anno, riceve vari incarichi amministrativi, ma si dedica attivamente alla carriera politica solo a partire dal marzo 1876 quando la Sinistra, di cui era stato esponente di spicco, va al potere.

Ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo Depretis del 1876, si dimette per alcune divergenze sulla gestione delle convenzioni ferroviarie. Ministro dell'Interno nel governo Cairoli del 1878, si occupa del progetto di riforma del diritto di voto.

Nominato ministro della Giustizia nel governo Depretis del 1881, riesce a portare a termine la stesura del nuovo Codice di Commercio e a far approvare la normativa sul lavoro femminile e minorile. Congedato da Depretis nel 1883, rimane all'opposizione e dà vita alla "pentarchia"; nel 1887 entra nuovamente nel governo dello stesso Depretis sempre come ministro della Giustizia, rimanendo allo stesso dicastero anche nel successivo governo Crispi, fino al 6 febbraio 1891.

Durante questo periodo avvia una riforma del sistema giudiziario e fa approvare il primo codice penale dell'Italia unita, considerato tra i più liberali e progrediti tra quelli vigenti all'epoca: il codice Zanardelli viene presentato alla Camera nel novembre 1887, pubblicato il 22 novembre 1888, promulgato il 30 giugno 1889 ed entra in vigore il 1º gennaio 1890. Tra l'altro, per sua iniziativa personale, si arriva all'abolizione della pena di morte.

Nella Relazione al Re Zanardelli si diceva convinto che “le leggi devono essere scritte in modo che anche gli uomini di scarsa cultura possano intenderne il significato; e ciò deve dirsi specialmente di un codice penale, il quale concerne un grandissimo numero di cittadini anche nelle classi popolari, ai quali deve essere dato modo di sapere, senza bisogno d'interpreti, ciò che dal codice è vietato”. Zanardelli riteneva che la legge penale non dovesse mai dimenticare i diritti dell'uomo e del cittadino e che non dovesse guardare al delinquente come ad un essere necessariamente irrecuperabile: non occorreva solo intimidire e reprimere, ma anche correggere ed educare.

Alla caduta del governo Giolitti nel 1893 Zanardelli tenta strenuamente, ma senza successo, di formare un nuovo Gabinetto. Eletto presidente della Camera nel 1892 e nel 1897, ricopre questo incarico fino al dicembre 1897, quando accetta il portafoglio della Giustizia nel governo Rudinì, ma è presto costretto a dimettersi a causa dei dissensi col collega di governo Visconti Venosta sulle misure da prendere per impedire il ripetersi delle agitazioni popolari del maggio 1898.

Dopo essere tornato alla presidenza della Camera, abbandona nuovamente il posto per poter prendere parte attiva alla campagna ostruzionistica del 1899-1900 contro il progetto di legge sulla pubblica sicurezza. Questa presa di posizione gli vale l'appoggio dell'estrema Sinistra nella formazione (dopo la caduta del governo Saracco) di un nuovo governo, che resterà in carica 991 giorni, dal 15 febbraio 1901 al 3 novembre 1903.

Le sue precarie condizioni di salute non gli consentono tuttavia di portare a termine grandi opere. La proposta di legge sul divorzio, sebbene già approvata dalla Camera, deve essere ritirata per la forte opposizione popolare.

Negli ultimi anni di carriera Zanardelli focalizza l'attenzione sulla questione del Mezzogiorno: nel settembre 1902 intraprende un viaggio attraverso la Basilicata - una delle regioni allora più povere d'Italia - per constatare personalmente i problemi legati al Sud della penisola. Il suo resoconto di viaggio sarà fondamentale per l'approvazione della legge speciale per la Basilicata (il 23 febbraio 1904), uno dei primi esempi di intervento straordinario dello Stato nel Mezzogiorno.

Si congeda definitivamente dalla scena politica, a causa di una malattia terminale, dando le dimissioni da Primo ministro il 3 novembre 1903. Morirà poco più di un mese dopo.

Bibliografia

Scritti di Giuseppe Zanardelli

* Sulla Esposizione bresciana. Lettere estratte dal giornale "Il Crepuscolo" del 1857, Milano, Tip. di Antonio Valentini e C., 1857 riproduzione del frontespizio. Ristampa: Brescia, Sintesi, 1973.
* Della vita del professore Camillo Guerini: discorso funebre letto dall'avvocato Giuseppe Zanardelli nel cimitero di Brescia il 20 luglio 1862, nell'occasione in cui ivi al Gerini erigevasi un monumento, Brescia, Tip. Nazionale F. Apollonio, 1862. Disponibile in libera consultazione su Google Books.
* Studii sulla sessione parlamentare 1861-1862, Brescia, Tip. Nazionale F. Apollonio, 1863. Disponibile in libera consultazione su Google Books.
* L'Avvocatura. Discorsi, Firenze, Barbèra, 1879. Seconda edizione: Firenze, Barbèra, 1891.
Ristampe: nuova rist. sulla 2ª ed. fiorentina con prefazione di U. Da Como, Milano, Società editrice Unitas, 1920; Brescia, Tip. Pavoniana, 1954.
Nuova ed.: L' avvocatura: discorsi (con alcuni inediti), introduzione di Giuseppe Frigo: L'eredita giuridica e forense di Giuseppe Zanardelli alle soglie del 21. secolo; prefazione di Remo Danovi, Milano, Giuffre, 2003 ("I discorsi dell'avvocatura" 3).
* Relazione ministeriale sul libro primo del progetto di codice penale presentato alla Camera dei deputati da S. E. il ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti Zanardelli nel 22 novembre 1887, Torino, Unione tipografico-editrice, 1888.
* Raccolta riassuntiva dei discorsi tenuti presso l'Amministrazione provinciale di Brescia dal 1862 al 1902, Brescia, Geroldi, 1954 (Pubblicata con la collaborazione dell'Ateneo, dall'amministrazione provinciale di Brescia nel cinquantennio della morte, 1953).