La Venexiana

 

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La Venexiana è il titolo di una commedia in cinque atti per il teatro di anonimo del XVI secolo, da cui è stato tratto nel 1986 l'omonimo film - La venexiana, appunto - diretto dal regista cinematografico Mauro Bolognini.

Si tratta di uno dei testi maggiormente carichi di erotismo di tutta la letteratura nella tradizione veneta e italiana del Cinquecento.

Storia e personaggi

Il titolo La Venexiana si riferisce alla storia ambientata a Venezia che vede protagoniste due donne, Anzola (Angela) e Valiera (Valeria), frustrate per il vuoto sentimentale della loro esistenza dettato dalla loro condizione rispettivamente di vedova e di donna sposata ad un uomo incombente eppure inesistente.

La brama delle due patrizie è rivolta alla conquista di un giovane forestiero, Iulius, di provenienza lombarda, appena giunto in città.

La commedia - in una lingua composita, dove trova spazio la lingua veneziana, il bergamasco, il milanese e l'italiano - si apre con un prologo il cui contenuto lascia trapelare un intento vagamente misogino, espresso dal protagonista Iulius, con descrizione delle femminili - e sessualmente indirizzate - smanie d'amore, fulcro della vicenda.

Contesto

La scoperta del testo originale di anonimo - rinvenuto nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove tuttora è conservato - si deve al filologo Emilio Lovarini che per primo lo trascrisse, pubblicandolo nel 1928 a Bologna per Zanichelli.

Il manoscritto pare essersi ispirato a fatti di cronaca, o comunque pettegolezzi di carattere mondano, che interessarono fra il 1535 e il 1537 esponenti del patriziato veneziano. Nulla si sa dell'autore, eccetto che doveva trattarsi quasi sicuramente di personalità colta appartenente ad un circolo di letterati.

Secondo le ricerche effettuate dal filologo e critico letterario Giorgio Padoan, protagoniste della commedia dovrebbero essere tali Anzola Valier, vedova del uomo politico Marco Barbarigo, e Valiera Valier, sposa di Giacomo Semitecolo, alto magistrato dello Stato che in quegli anni ricopriva la carica di Avogador di Comun.

La vicenda è pretesto quindi per tracciare uno spaccato dell'aristocrazia veneziana nell'ottica, prima d'allora inedita, che vuole il gioco amoroso diretto dalla donna anziché dal maschio, quindi:
   
«  [...] le donne [sono] viste come soggetto, e non oggetto, del desiderio erotico. [...] Nel teatro regolare (non solo cinquecentesco) al più solo al personaggio della serva, proprio perché di ceto subalterno e relegata nel mondo animalesco dell'istinto, era consentita qualche rapida battuta lasciva. Qui due nobildonne [...] sono presentate in momenti di bruciante confessione. »