L’Unità
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Settimanale politico fondato a Firenze nel 1911
da G. Salvemini, che ne fu il direttore. Sulle sue pagine Salvemini
condusse la campagna contro la guerra di Libia e polemizzò contro il
protezionismo e l’interventismo statale in campo economico. In politica
estera prese posizione a favore dell’entrata dell’Italia nella Prima
guerra mondiale. Attorno alla rivista si raccolsero illustri
collaboratori, tra cui B. Croce, L. Einaudi, G. Luzzatto, A. De Viti De
Marco (che affiancò Salvemini nella direzione dal dicembre 1916). Cessò
le pubblicazioni nel 1920.
Wikipedia
L'Unità nasce dalla crisi de La Voce ai tempi della guerra
italo-turca il 16 dicembre 1911 come settimanale di cultura e politica
e termina il 30 dicembre 1920.
Quando nel marzo 1911 uscì il numero unico de La Voce su La questione
meridionale, oltre a confermare l'importanza del gruppo dei
collaboratori salveminiani, esso rappresentò l'anticipazione di un più
ampio schieramento che Gaetano Salvemini (1873-1957) avrebbe presto
realizzato.
Ai tempi della guerra libica Salvemini, una delle personalità più
notevoli della cultura italiana del Novecento, autore del polemico,
antigiolittiano volume Il ministro della malavita (1910) rompe la
collaborazione con La Voce, esce dal Partito Socialista e fonda a
Firenze il nuovo settimanale chiedendo la collaborazione di autorevoli
personaggi meridionali come Giustino Fortunato, Antonio De Viti De
Marco (leader del movimento liberista) e Benedetto Croce.
In una lettera a Giuseppe Prezzolini, Salvemini dichiarava: "la crisi
tripolitana non è che il momento saliente della crisi generale della
Voce. I gruppi della Voce non sono due, sono dieci, sono venti...
Occorre dividerci. Io ormai non concepisco più La Voce che come un
giornale settimanale di problemi politici, una specie di Critica
sociale di vent'anni or sono, in cui la critica letteraria e filosofica
faccia da contorno, da ornamento, da puntello ad un'edizione politica
determinata. Gli altri la considerano come una continuazione del
Leonardo".
Nata quindi da una esigenza di azione politica ben precisa la rivista
intende affrontare i nodi irrisolti del paese, dal problema meridionale
alle questioni doganali, dalla corruzione politica ed elettorale alla
riforma del costume, alle riforme tributarie, scolastiche,
amministrative caldeggiando soluzioni democratiche e antinazionaliste
come risulta dall'articolo programmatico Che cosa vogliamo? che venne
pubblicato in due puntate sui nn. 13/14, 9/16 marzo 1912.
Documento programmatico.
Che cosa vogliamo?
"Quale sistema di idee, quale criterio fondamentale d'azione intende
seguire L'Unità?. A questa domanda rispondiamo risolutamente e
nettamente che L'Unità intende essere un giornale DEMOCRATICO secondo
il quale l'azione politica deve essere diretta a liberare da ogni
parassitismo, non solo borghese ma anche sedicente proletario, lo
sviluppo della ricchezza nazionale, a promuovere un continuo elevamento
economico morale e politico della classe lavoratrice a beneficio di
tutto il paese, a suscitare nella classe lavoratrice medesima la
coscienza e l'organizzazione che le consentono di essere essa stessa
artefice prima delle proprie conquiste (...)
Questa nostra posizione ideale e pratica, che continueremo a chiamare
DEMOCRATICA spiega perfettamente perché siamo anche risolutamente
ANTINAZIONALISTI.
Nel nazionalismo noi vediamo un movimento fondamentalmente conservatore
e antiproletario (...), la volontà arbitraria di negare i problemi
della nostra vita interna e di farli dimenticare con diversivi di
avventure diplomatiche e militari, a vantaggio di tutti quegli
interessi parassitari e antinazionali che da un vittorioso sforzo di
riforme interne uscirebbero distrutti".
L'Unità porterà così avanti fedelmente, dal 1911 al 1920 con le
interruzioni 4 settembre-4 dicembre e 28 maggio 1915-8 dicembre 1916 a
causa della partenza per il fronte come volontario di Salvemini, il suo
programma analizzando i temi scottanti della vita politica italiana,
dagli interventi di Benedetto Croce nei primi numeri, alla denuncia
dell'avventura di Fiume da parte di Gabriele D'Annunzio.
Quando scoppia il conflitto mondiale la posizione che prenderà L'Unità
sarà quella dell'intervento nella convinzione che la guerra possa
essere trasformata in una "guerra per la pace", dichiarandosi per un
intervento democratico differente da quello dei nazionalisti (2 marzo
1917).
Per quanto riguarda l'atteggiamento della rivista nei confronti della
rivoluzione sovietica essa fu di adesione, inizialmente, per poi
passare a numerose riserve che tendevano a considerare la vittoria di
Lenin provvisoria nella speranza che il programma pacifista del
presidente Wilson potesse vincere.
L'interesse decrescente nei confronti del leninismo influenzò il lavoro
della riforma interna a cui L'Unità attende nel dopoguerra.
La preoccupazione crescente nasce dalla consapevolezza che la guerra ha
potenziato le organizzazioni capitalistiche ma anche dal timore che
nasca una dittatura del proletariato ad esclusivo vantaggio degli
operai.
L'Unità, a differenza de La Rivoluzione liberale di Gobetti e
dell'"Ordine Nuovo" di Gramsci, non si sente di appoggiare
l'esperimento dell'autogoverno operaio e cerca una diversa strada
"nella fondazione di un nuovo raggruppamento politico, che dovrebbe
assicurare alle masse contadine uno stato maggiore costituito
dall'élite della gioventù combattente".
Questo tentativo però fallisce e porta alla sospensione de "L'Unità",
con il n. 53, 30 dicembre 1920, considerata ormai indebolita e non più
rispondente al suo iniziale programma.