www.sapere.it
Uomo politico italiano (Torino 1869-Parigi 1933). Socialista, diresse Il grido del popolo, organo della federazione torinese. Costretto a rifugiarsi in Francia per sfuggire all'arresto (1898), ritornò poco dopo in patria e curò la riorganizzazione del partito. Come redattore della turatiana Critica Sociale, fu favorevole a G. Giolitti. Divenuto uno dei capi più autorevoli del riformismo ed eletto deputato (1907), dal 1910 al 1912 tenne la direzione dell'Avanti! Neutralista, si schierò dopo Caporetto a favore della resistenza e dell'unione nazionale. Nel dopoguerra avversò l'impostazione nazionalista dei trattati di pace e si impegnò a favore di un operante internazionalismo; nel 1922 entrò a far parte del Partito Socialista Unitario ed ebbe la direzione de La Giustizia. Costretto a esulare in Francia (1926), collaborò attivamente all'opera della “concentrazione antifascista” di cui diresse il giornale La Libertà.
Wikipedia
Claudio Treves (Torino, 24 marzo 1869 – Parigi, 11 giugno 1933)
è stato un politico, giornalista e antifascista italiano.
Biografia
Claudio Treves nacque a Torino in una famiglia ebraica di origini
piemontesi. Studente all'Università di Torino, si avvicina
dapprima al Partito Radicale Storico per poi iscriversi al Partito
Socialista Italiano nel 1892, anno in cui consegue la laurea in
giurisprudenza.
Membro della direzione piemontese del PSI viene condannato a due
mesi di confino nel 1894. Per alcuni anni viaggia, come
corrispondente dell'Avanti!, fra diverse città europee: tra
il 1894 e il 1896 è a Berlino, nel 1897 visita la Svizzera,
l'Olanda, il Belgio, ed infine, nel 1898, a Parigi.
Rientrato in Italia collabora al quotidiano Critica Sociale ed a
molte riviste di area socialista, per poi dirigere Il Tempo di
Milano dal 1902 al 1910, anno in cui diventa direttore dell'Avanti!,
una posizione che manterrà fino al 1912.
Nel marzo 1915 sfidò a duello Benito Mussolini; nel fascicolo
"Corrispondenza, b. 1, fascc. 17, fotografie 1 (1895-1933)" del
fondo "Treves" conservato presso la Fondazione di studi storici
"Filippo Turati", è presente una ricca corrispondenza
sull'episodio.
Strettamente legato a Filippo Turati e alle posizioni riformiste
diventa deputato nel 1906, aderendo negli anni venti al PSU di
Turati e Matteotti, divenendo direttore dell'organo ufficiale del
partito, il quotidiano La Giustizia, poi messo al bando dal regime
fascista nel 1925.
Il 20 novembre del 1926, col regime fascista ormai consolidato,
prende la via dell'esilio in Svizzera prima ed in Francia dopo,
partecipando attivamente alle iniziative degli antifascisti. Da
Parigi dirigerà il quindicinale Rinascita Socialista (organo
del PSLI) e, dal 1º maggio 1927, il settimanale La
Libertà, organo della Concentrazione Antifascista. Nel 1930
sosterrà la riunificazione fra PSLI e PSI e
parteciperà nello stesso anno al congresso del Labour Party
britannico. Nel giugno 1931 sarà al congresso internazionale
sindacale di Madrid e nel luglio prenderà parte ai lavori
--dell'assemblea dell'Internazionale Socialista a Vienna.
Muore a Parigi l'11 giugno 1933, le sue ceneri torneranno in Italia
nel 1948. Anche i suoi figli Paolo, Piero e la sorella Annetta
furono militanti socialisti riformisti. La sorella era madre di
Carlo Levi.
Il ruolo svolto nella prima guerra mondiale
Quando, nel 1914, la prima guerra mondiale era già scoppiata
e in Italia si dibatteva circa la possibilità di un
intervento armato, Claudio Treves si era distinto per avere
più volte sostenuto la necessità, da parte dell'Italia
di mantenere un atteggiamento neutrale. Una volta che il conflitto
investì anche l'Italia, egli continuò a essere
portavoce di una politica pacifista in linea con l'internazionalismo
socialista, a tal punto che tra i soldati si diffuse, ispirato dagli
orientamenti di Treves, lo slogan: "non più un inverno in
trincea". Tuttavia, in seguito alla disfatta di Caporetto, avvenuta
nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 1917, mise da parte, almeno
per il momento, le sue posizioni ideologiche, ritenendole
inconciliabili con la situazione del fronte. Unì pertanto la
sua voce a quelle del governo e della classe dominante, che
invitavano gli italiani alla compattezza in nome della difesa
dell'indipendenza nazionale.