Tolstoismo

 

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Il tolstoismo (o tolstojanesimo) è una corrente di pensiero nata in Russia verso la fine dell'Ottocento, avendo come riferimento la dottrina morale di Lev Tolstoj.

Le origini

I tolstoiani si ispiravano agli insegnamenti evangelici di Gesù – in particolare al Discorso della Montagna – secondo l'interpretazione radicale e pacifista datane da Tolstoj.

Fondatore del tolstoismo non fu però Tolstoj stesso, ma piuttosto Vladimir Čertkòv, collaboratore dello scrittore tra i più assidui e fidati, che lo assistette fino in punto di morte. Sulla spinta di Čertkòv, le prime comuni tolstoiane nacquero in Russia già nel 1888[1], ma Tolstoj si rifiutò sempre sia di parteciparvi sia di farvi visita (ed anche durante la fuga del 1910, studiando sulla carta le possibili mète con la figlia ed il segretario, si raccomanderà: «Non in una comune tolstoiana, non in un posto così...»)[2].

Lo scrittore, infatti, non vedeva di buon occhio coloro che lo consideravano un maestro. Così commenta la figlia Tatiana, riferendo di una battuta sussurratale dal padre:
« Un nostro amico, Vasilij Maklakov, spirito aperto e colto, parlando dei discepoli di Tolstoj era solito dire: «Coloro che capiscono Tolstoj non l'imitano. Coloro che l'imitano non lo capiscono.»
Ho potuto constatare più di una volta l'esattezza di tale riflessione. Fra i numerosi visitatori arrivati da ogni parte del mondo per conoscere mio padre, molti erano tolstoiani soltanto di nome: si limitavano a copiare il comportamento e le maniere del «maestro» senza capire il significato profondo delle sue idee. Quelli che capivano sapevano anche che Tolstoj lasciava ognuno libero di vivere e di risolvere i suoi problemi come credeva. E non cercavano di imitarlo nel comportamento esteriore, che per loro non aveva nessuna importanza.
Una volta notai, che coloro che stavano attorno a mio padre, un giovane sconosciuto con un camiciotto russo, pantaloni a sbuffo e grosse scarpe.
«Chi è?» domandai.
Papà si chinò verso di me e, con la mano davanti alla bocca, mi sussurrò all'orecchio:
«È un giovane membro della setta che mi è più estranea e incomprensibile: quella dei tolstoiani.»[3] »

Tolstoj diede comunque delle istruzioni di massima a coloro che volevano metterne in pratica gli insegnamenti: vivere tutti insieme, maschi e femmine in camere distinte, con un locale comune adibito a biblioteca, conducendo una vita semplice nel mangiare e nel vestirsi, vendendo il superfluo per darne il ricavato ai poveri. Un ruolo importante dovevano avere – oltre al lavoro manuale – le letture e le conversazioni, con "confessioni" pubbliche in cui ciascuno avrebbe potuto chiedere perdono agli altri per le proprie manchevolezze.[4] Gandhi – ispirandosi anch'egli al pensiero morale di Tolstoj – fondò in Sud Africa un ashram col nome di Fattoria Tolstoj, dove visse per qualche tempo con la moglie e gli amici praticando analoghi princìpi comunitari.[5]

Il pensiero

Lontani da ogni ideologia politica, i tolstoiani si sono guadagnati l'appellativo di anarchici. In realtà, tale definizione è scorretta. Essi riconoscono infatti Dio come suprema autorità, sono fautori di un'organizzazione di stampo collettivista e lottano per la costituzione di uno stato ideale in cui tutti gli uomini ricoprano un ruolo di medesima rilevanza e la ricchezza sia equamente distribuita.
Per la compassione che nutrono anche verso gli animali, i tolstoiani adottano una dieta strettamente vegetariana o vegana.
Inoltre, seguono una vita povera ed austera e coltivano il valore della castità
I tolstoiani sono essenzialmente pacifisti e difendono appieno la non-violenza in tutte le circostanze; essi basano la loro condotta sugli insegnamenti morali di Cristo contenuti nel Discorso della Montagna, dunque sulla “non-resistenza al male per mezzo del male”, sull’“amore per i nemici” e sul “porgere l’altra guancia”. Influenzato da Tolstoj, anche Gandhi portò avanti questa stessa linea di pensiero lottando in maniera non-violenta per la liberazione dell'India.
Le persecuzioni

I tolstoiani ebbero problemi col regime zarista fin dal 1887, quando una circolare del ministero degli affari interni dispose che gli organi di controllo delle pubblicazioni non autorizzassero la pubblicazione e circolazione di alcuno scritto di Lev Tolstoj senza un giudizio da parte di un organo centrale.[6]

Tali persecuzioni divennero ancor più accese coi bolscevichi, che consideravano la politica non-violenta dei tolstoiani come vicina, anche finanziariamente, alla reazione zarista che per secoli aveva oppresso col terrore il contado russo. Il tolstoismo era considerato conservatore dello status quo semifeudale della società russa, intendendo cambiare solo l'«interno degli animi». Opponendosi alla rivoluzione bolscevica, il tolstoismo si opponeva in quest'ottica al cambiamento e all'eversione dalla feudalità di milioni di contadini, mantenuta con le armi dall'esercito zarista.[7]

Intorno al 1930, molti tolstoiani si dovettero rifugiare in Siberia per non essere considerati kulaki, ma la polizia di Stalin li arrestò comunque, relegandoli nei campi di lavoro forzato tra il 1936 e il 1939.

Note

    1. Cfr. Igor Sibaldi, Cronologia, in Lev Tolstoj, Tutti i racconti, volume primo, I Meridiani Collezione, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2005, p. CV. ISBN 88-04-55275-1.
    2. Cfr. Igor Sibaldi, Introduzione, in Lev Tolstoj, Tutti i racconti, op. cit. , p. LXIII.
    3. Tatiana Tolstoj, Anni con mio padre, trad. di Roberto Rebora, Garzanti 1976, p. 208.
    4. Cfr. Pietro Citati, Tolstoj, Longanesi 1983, pp. 287-288.
    5. Cfr. Mahatma Gandhi, La mia vita per la libertà, Tascabili Newton, 1994.
    6. Antonella Salomoni, Il pensiero religioso e politico di Tolstoj in Italia, pp. 17-18.
    7. Cfr. L'essenza di classe del gandhismo, «Voprosy filosofii», Moskva, Ist. Pravda, 3, 1953.