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Luigi Taparelli D'Azeglio, nato Prospero Taparelli D'Azeglio
(Torino, 24 novembre 1793 – Roma, 21 settembre 1862), è stato
un gesuita, filosofo e studioso italiano. Coniò il termine
giustizia sociale.
Biografia
Era il quarto degli otto figli di Cesare, conte di Lagnasco e
marchese di Montanera, diplomatico della corte di Vittorio Emanuele
I, e della contessa Cristina Morozzo di Bianzé. Gli fu
imposto il nome di Prospero, che al diventare gesuita cambiò
in Luigi. Era fratello dei politici e senatori italiani Massimo D'Azeglio e
Roberto.
Maturò la propria vocazione religiosa a seguito di un corso
di Esercizi spirituali dettati dal venerabile Pio Bruno Lanteri
(1759-1830). Studiò nel Collegio Tolomei di Siena, e poi nell'Ateneo di
Torino fino al 1809. Entrò nel seminario di Torino. Quando suo padre fu inviato come diplomatico alla corte di Pio VII
si trasferì con lui a Roma ed entrò nel noviziato dei
gesuiti Sant'Andrea del Quirinale.
Fu ordinato presbitero nel 1820. Iniziò a studiare negli anni
1824-29 la filosofia di San Tommaso d'Aquino, studio che
continuò a Napoli negli anni 1829-32.
Nel 1833 fu destinato al Collegio Massimo di Palermo dove
insegnò lingua francese e dove poi tenne la cattedra di
diritto naturale.
Nel 1843 dette alla stampe il suo testo più importante, il
Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto,
considerato a quel tempo una vera enciclopedia di morale, diritto e
scienza politica.
Nel 1850 ricevette da papa Pio IX il permesso di cofondare con il
padre Carlo Maria Curci La Civiltà Cattolica. Ne fu scrittore
per venti anni e direttore negli ultimi anni della sua vita, con
oltre duecento articoli, tutti caratterizzati da un contenuto tale
da attirargli il titolo di "martello delle concezioni liberali"
(Antonio Messineo).
Morì a Roma il 21 settembre 1862.
Pensiero
Era preoccupato soprattutto dai problemi nascenti dalla rivoluzione
industriale. Il suo insegnamento sociale influenzò papa Leone
XIII nella stesura dell'enciclica Rerum novarum sulla condizione dei
lavoratori.
Proponeva di riprendere gli insegnamenti della scuola filosofica
tomista. A partire dal 1825 portò avanti questa convinzione,
ritenendo che la filosofia soggettiva di Cartesio portava a errori
drammatici nella moralità e nella politica. Argomentava che
mentre la differenza di opinioni sulle scienze naturali non ha
nessun effetto sulla natura, al contrario idee metafisicamente poco
chiare sull'umanità possono portare al caos nella
società.
A quel tempo la Chiesa cattolica non aveva una visione sistematica
chiara sui grandi cambiamenti sociali apparsi all'inizio del secolo
XIX in Europa, la qual cosa portò molta confusione tra la
gerarchia ecclesiastica e il laicato. In risposta a tale problema,
Taparelli applicò i metodi del tomismo alle scienze sociali
in maniera coerente.
Dalle pagine de La Civiltà Cattolica attaccò la
tendenza a separare la legge positiva dalla morale e lo "spirito
eterodosso" della libertà di coscienza che, a suo avviso,
distruggeva l'unità della società.
Tra le sue idee idee principali si può ricordare la
socialità e la sussidiarietà. Vedeva la società
non come un gruppo monolitico di individui, ma come un insieme di
varie sub-società disposte in diversi livelli, ciascuna
formata da individui. Ogni livello di società ha sia diritti
che doveri, ognuno dei quali deve essere riconosciuto e valorizzato.
Ogni livello di società deve cooperare razionalmente e non
fomentare competizione e conflitti.