Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord

 

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Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, I Principe di Benevento (Parigi, 2 febbraio 1754 – Parigi, 17 maggio 1838), appartenente al casato dei Talleyrand-Périgord, fu principe, vescovo e politico.

Servì la monarchia di Luigi XVI, poi la Rivoluzione francese nelle sue varie fasi, l'impero di Napoleone Bonaparte e poi di nuovo la monarchia, questa volta quella di Luigi XVIII, fratello e successore del primo monarca servito.

Talleyrand è considerato il campione assoluto del camaleontismo. Fu persona di grande intelligenza politica e fu sempre un anticipatore dei suoi tempi, dimostrando di saper vedere nel futuro molto più lontano di quanto sapessero fare i suoi contemporanei. Fu, con Metternich, il "regista" del congresso di Vienna. Nel corso della sua lunga carriera ottenne diversi soprannomi, tra cui i più noti sono: "Il diavolo zoppo", "Il Camaleonte" e "Lo stregone della diplomazia".

Biografia

Origini familiari e giovinezza

La famiglia Talleyrand vantava la discendenza da Adalbert, conte di Périgord e vassallo di Ugo Capeto nel 990. A proposito di questo personaggio circola un aneddoto che ben spiega quali fossero all'epoca i rapporti tra i sovrani e i loro vassalli: nel 990 il conte Adalbert, restìo a prestare giuramento al nuovo sovrano di Francia, Ugo Capeto appunto, venne convocato a Parigi dal re il quale, di fronte alla sfrontatezza dei modi del suo vassallo gli domandò bruscamente: "Chi ti ha fatto conte?", al che Adalbert ribatté con stupefacente insolenza: "Chi ti ha fatto Re?"[3]. Tali rimasero per i secoli successivi i rapporti tra i re di Francia e il Casato di Périgord, fatti di reciproca diffidenza e sofferta sottomissione da parte dei Talleyrand: il clima che il piccolo Charles-Maurice respirò in famiglia fu dunque quello di grande orgoglio aristocratico e assoluta certezza che il suo sangue lo rendeva pari a un re, fatto che rendeva gli affari di Stato della Francia un semplice "prolungamento" degli affari di famiglia, dei quali avrebbe dovuto occuparsi personalmente (convinzione che lo sosterrà durante tutta la sua vita).

Il Casato di Périgord inoltre, poteva annoverare nei suoi rami araldici un Gran Maestro dell'Ordine del Tempio, Armand de Périgord (figlio cadetto del conte Hélie V de Périgord[4]) e un famoso cardinale, Hélie de Talleyrand-Périgord, protagonista del Papato avignonese, Decano del Sacro Collegio, soprannominato "Creatore di Papi", per la sua abilità e autorevolezza politica all'interno della Curia papale (talenti che si ritroveranno nel suo discendente). Nel Medioevo troviamo pure: Hélie (m. 1205), alleato di Filippo Augusto contro Riccardo Cuor di Leone; Roger-Bernard (m. 1369), che combatté gli inglesi; il figlio Archambaud V, morto in Inghilterra nel 1399. In epoca moderna due personaggi si illustrarono, seppur negativamente: il primo, Henri de Talleyrand-Périgord, conte di Chalais, amante della celebre duchessa de Chevreuse, fu il protagonista di una cospirazione aristocratica contro il cardinale Richelieu, chiamata a causa del ruolo primario che il conte vi svolse, "Cospirazione di Chalais": la macchinazione però fu scoperta dall'astuto cardinale e Talleyrand-Périgord finì sul patibolo.

Suo nipote, Adrien de Talleyrand, conte di Chalais, marito della celebre Princesse des Ursins, fu esiliato dalla Francia per aver ucciso in duello il duca di Beauvilliers.

Si trattava dunque di una famiglia dell'alta nobiltà, come attestato anche dalle lettere patenti del 1613 e 1735 (con quest'ultima il Re Luigi XV autorizzava il nonno di Talleyrand, il conte Gabriel, a fregiarsi del titolo di "conte di Périgord", estinto da tempo nel ramo principale e detenuto formalmente dai sovrani borbonici). Suoi parenti occuparono cariche importanti anche nel corso del XVIII secolo durante i regni di Luigi XV e Luigi XVI. Charles Maurice nacque a Parigi il 2 febbraio 1754 al numero 4 di rue Garanciére, da Charles Daniel de Talleyrand-Périgord, cavaliere dell'Ordine di San Michele e luogotenente del Re, conte di Périgord e da Alexandrine de Damas d'Antigny; i genitori risiedevano abitualmente a Versailles, anche se a causa della scarsa disponibilità economica non facevano molta vita di Corte. Fratello di suo padre era Alexandre-Angélique de Talleyrand-Périgord (1736 - 1821), che fu dapprima arcivescovo di Reims e successivamente cardinale arcivescovo di Parigi e al quale Talleyrand sarà legato per tutta la vita.

Charles Maurice era fin dall'infanzia zoppo ad un piede. Secondo alcuni biografi, era affetto da una malattia genetica, la sindrome di Marfan o aracnodattilìa, secondo altri sarebbe stato vittima della caduta da un alto mobile ove incautamente la donna cui era stato affidato a balia l'aveva lasciato. Il risultato comunque fu che per poter camminare dovette ricorrere ad una protesi metallica pesante ed ingombrante. A causa di quest'infermità non poté essere destinato alla carriera militare e venne quindi privato dai genitori del suo diritto di maggiorasco (che fu concesso in sua vece al fratello Archambaud) e destinato alla carriera ecclesiastica nella quale il figlio avrebbe trovato quella protezione dalle temperie della vita di allora che da solo, secondo loro, causa la sua infermità non era in grado di garantirsi.

Dopo l'infortunio il piccolo venne sottratto alla balia irresponsabile e fu affidato alle cure della bisnonna, Marie-Françoise de Rochechouart, "donna deliziosa", come scriverà più tardi nelle sua memorie, nonché discendente della marchesa di Montespan e appartenente al più antico Casato di Francia dopo la famiglia Reale, nel castello avito di Chalais.

Qui il bambino crebbe nel ricordo della gloria dei suoi avi (tra i quali si annoveravano, per parte di madre, anche Jean-Baptiste Colbert ed Étienne Marcel, oltre che il famoso abate Ugo di Cluny) e nella consapevolezza del suo rango. Tra il 1762 e il 1769 studiò al Collegio d'Harcourt (attuale Liceo Saint-Louis), uno dei più prestigiosi di Parigi e dell'intera Francia, allo scopo di indirizzarlo poi verso gli studi religiosi.

Carriera ecclesiastica sotto l'Ancien Régime

Nel 1769, all'età di quindici anni, Talleyrand entra nel seminario di Saint-Sulpice, malgrado nello stesso periodo frequenti ostentatamente un'attrice della Comédie Française di nome Dorothée Dorinville. Ai superiori che gli rimproveravano tale comportamento rispose, forte anche del suo nome: "Mi avete voluto? Adesso tenetemi come sono".

Il 28 maggio 1774 Talleyrand riceve gli ordini minori e pochi mesi dopo, il 22 settembre 1774, ottiene il baccalaureato in teologia alla Sorbona (con due anni d'anticipo sull'età prevista grazie a una dispensa), con relatore tale Charles Mannay, essendosi distinto negli studi nonostante la mancanza di vocazione (anche se la tesi fu in parte redatta dallo stesso Mannay). Il 1º aprile 1775 Talleyrand pronuncia i voti e diviene canonico della Cattedrale di Reims, la diocesi dello zio.

L'11 giugno 1775 assiste alla consacrazione di Luigi XVI, il cui vescovo concelebrante è suo zio e suo padre reca in processione la Santa Ampolla, contenente l'olio sacro usato per ungere e consacrare i Re di Francia. Nella primavera del 1778 incontra Voltaire, per il quale nutrirà sempre una viva ammirazione. Il 18 dicembre 1779 viene ordinato sacerdote; la sera innanzi il suo amico e compagno di bagordi Auguste de Choiseul-Gouffier, cugino del più noto duca di Choiseul, trovandolo prostrato in lacrime, insiste perché rinunci, ma lui dice che è ormai troppo tardi per tornare indietro. All'ordinazione non è presente nessun membro della sua famiglia; i genitori assisteranno tuttavia alla sua prima messa. Poco dopo ottiene l'assegnazione dell'Abbazia di Saint-Remy a Reims, con annesse prebende; naturalmente non prende dimora presso l'Abbazia che gli è stata assegnata ma si stabilisce a Parigi. Si mette subito il luce per la sua parlantina brillante e sicura e l'abilità dialettica con cui difende le sue posizioni: per questo motivo riesce ben presto a farsi eleggere, sempre con l'apporto dello zio, deputato di "secondo Ordine" all'Assemblea generale del Clero francese (un'equivalente delle moderne Conferenze Episcopali). Più o meno nello stesso periodo aderisce alla Massoneria, anche se vi manterrà sempre un ruolo di basso profilo, non andando mai oltre il grado di "Apprendista".

Nel 1780 è nominato agente generale per il clero di Francia grazie all'abilità con cui ha sostenuto, nel corso della quinquennale Assemblea della Chiesa gallicana, la difesa dei beni della Chiesa dalle mire del fisco di Luigi XVI, riuscendo però due anni più tardi a far votare dalla stessa Assemblea un "dono gratuito" di 15 milioni di livres al sovrano, come contribuzione alle casse statali. Tale carica, equivalente a un dicastero delle Finanze statali, gli permetterà di rendersi conto delle ricchezze della Chiesa francese e di diventare amico e consigliere dell'allora ministro delle finanze francese, Calonne.
Calonne, abile economista e ministro delle Finanze, fu amico e mentore di Talleyrand agli esordi di quest'ultimo in politica, prima di cadere in disgrazia presso Luigi XVI.

Questa amicizia si rivela però nefasta quando poco dopo Calonne deve dimettersi, avendo presentato al re un piano economico (elaborato con un forte contributo di Talleyrand, il quale vi rivelò il suo talento di economista e di riformatore) che questi non condivide: la disgrazia dell'amico si ripercuote anche su di lui, che viene per questo subito emarginato dai circoli della capitale francese. Grazie a Calonne Talleyrand scopre però la sua vocazione per la politica e la finanza, nella quale dimostra sin da principio grande abilità: interviene con numerosi scritti in varie questioni, come la crisi della Cassa di sconto nel 1783 e collabora con il ministro anche nella stesura di un Trattato commerciale con la Gran Bretagna nel 1786, venendo eletto nello stesso anno segretario dell'Assemblea generale, con i complimenti dei colleghi. La disgrazia dell'amico Calonne in ogni caso non gli impedisce di continuare a praticare l'altra sua attività preferita, quella del seduttore: frequenta assiduamente una dama dell'alta società conosciuta in precedenza, Adelaide Filleul, sposata al conte di Flahaut (e secondo voci piuttosto accreditate figlia illegittima del defunto Luigi XV), dalla quale nel 1785 ha un figlio, Charles Joseph de Flahaut, battezzato con il cognome del marito di Adelaide per nascondere la sua reale paternità. Grazie all'aiuto dell'illustre padre (quello vero), Flahaut avrà una brillante carriera militare (diventerà infatti aiutante di campo e confidente di Napoleone), oltre a proseguirne la tradizione di donnaiolo (secondo i maligni sarà lui il padre naturale del futuro imperatore Napoleone III). Nel 1788 muore il padre Charles Daniel e il fratello minore Archambaud eredita i titoli e le proprietà di famiglia.

In ogni caso gli intercalari amorosi non impediscono al vescovo di Autun di tenere sotto controllo la scena politica in attesa di nuove opportunità: queste si presentano nel fatidico 1789 quando, sotto la pressione di una crisi economica sempre più incontrollabile (che forse il piano economico di Talleyrand e Calonne avrebbe potuto evitare, se applicato), il re Luigi XVI fu costretto a convocare l'Assemblea degli Stati generali. Talleyrand coglie al volo l'occasione e decide di candidarsi come rappresentante del Clero all'Assemblea: la sua campagna elettorale nella diocesi di Autun, della quale è titolare, impostata su un programma fortemente riformatore in linea con le sue ultime posizioni politiche, è un grande successo. Inoltre il vescovo raccoglie le lamentele e le rimostranze dei suoi fedeli in un Cahier de doléances persino eversivo per le proposte contenute: vi si chiede quasi l'abolizione della monarchia, la fine di tutti i privilegi feudali ed ecclesiastici, l'uguaglianza di tutti i ceti davanti alla legge e una tassa sulla rendita fondiaria (proposta questa già avanzata dallo stesso Talleyrand e da Calonne nel loro progetto di riforma economica dello Stato tempo addietro).

Talleyrand dunque parte per Versailles dove partecipa all'apertura ufficiale degli Stati il 5 maggio 1789; qui partecipa a tutti i lavori dell'Assemblea fino a quando, dopo l'atto di forza del re che impedisce ai membri del Terzo Stato di entrare nell'aula, decide di unirsi ai dissidenti che, sotto la guida dell'abate Sieyès e del conte Mirabeau, si costituiscono in Assemblea Nazionale Costituente il 9 luglio 1789. La Rivoluzione francese era cominciata.

La Rivoluzione

Il 14 luglio 1789, Talleyrand, già messosi in luce per la sua brillante retorica e conosciuto per le sue idee innovatrici oltre che per la sua spregiudicatezza, è nominato membro della commissione per la Costituzione dell'Assemblea Nazionale, nella quale avrà un ruolo importante. Mantiene comunque un basso profilo, evitando di esporsi troppo in attesa di schierarsi dalla parte del vincitore, continuando però a tenere contatti segreti con il re attraverso il fratello di quest'ultimo, conte di Artois, proponendogli, dopo la presa della Bastiglia, persino un intervento armato a sorpresa contro l'Assemblea; ma il re non accetta il consiglio. Stringe amicizia e inizia la collaborazione con Mirabeau, uomo corrotto e roboante ma convincente oratore, che dà voce alle idee del nuovo vescovo di Autun. Talleyrand suggerisce, tramite l'amico Mirabeau, la confisca dei beni della Chiesa cui partecipa attivamente, arricchendosi parecchio insieme all'amico, il che gli costerà naturalmente l'accusa di tradimento da parte degli ambienti ecclesiastici.

Propone all'Assemblea la fine dell'attribuzione di "religione di Stato" al cattolicesimo e l'estensione della cittadinanza francese agli ebrei portoghesi e avignonesi. Lavora infine alla Costituzione civile del clero, che prevede fra le altre cose il giuramento di fedeltà allo stato da parte di vescovi e sacerdoti. La Costituzione civile del clero viene approvata dall'Assemblea il 12 luglio 1790. Talleyrand presta il giuramento di fedeltà alla nuova Costituzione civile del clero.

Il 13 gennaio 1791 rinuncia alla sua diocesi di Autun, ma il 24 febbraio consacra i primi due vescovi costituzionalisti, che saranno soprannominati «talleyrandistes». Sei mesi dopo la proclamazione la nuova Costituzione civile del clero viene condannata dal papa Pio VI che a metà dell'anno scomunicherà il vescovo ribelle..
"Il giuramento di La Fayette alla Festa del 14 luglio": Talleyrand celebrò la messa al Campo di Marte in occasione dei festeggiamenti.

Sempre su suo suggerimento l'Assemblea dichiara il 14 luglio (data della presa della Bastiglia) festa nazionale e al suo primo anniversario è proprio Talleyrand a celebrare la messa ai Champ de Mars. In quell'occasione, di fronte ai dignitari stupiti di tanta sfrontatezza, dirà: «Vi prego, non fatemi ridere»..
Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen: Talleyrand fu tra i principali redattori della Dichiarazione e l'autore dell'Art. VI.

Talleyrand firma la Costituzione dello Stato francese (da lui stesso in gran parte elaborata) che sarà presentata al re e da questi accettata il 14 settembre 1791: egli è in particolare autore dell'art. VI della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, norma relativa all'uguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge e al principio che la legge è espressione della volontà generale. Con un celebre "Rapport sur l'instruction publique" letto davanti all'Assemblea, chiude la sua attività alla Costituente.

L'anno seguente (1792), su incarico del ministro degli Esteri Valdec de Lessart, viene inviato dall'Assemblea in missione diplomatica in Inghilterra (la prima di una lunga serie), con il compito di rassicurare i minacciosi vicini sulle buone intenzioni della Francia, contro la quale nel frattempo si stanno coalizzando tutte le monarchie d'Europa; mentre l'Austria del nuovo imperatore Francesco II scioglie ogni riserva e dichiara guerra alla Nazione ribelle, Talleyrand fa per la prima volta sfoggio della propria abilità di negoziatore ottenendo contro ogni aspettativa la neutralità britannica. Il giovane "Abbè Talleyrand", come ancora era noto, pubblicò il risultato della fortunata trattativa in un saggio in cui esprimeva le sue vedute di politica estera, intitolato "Mémoire sur les rapports actuels de la France avec les autres États de l'Europe", che rivelò per la prima volta il suo grande acume diplomatico, lanciandolo alla ribalta della politica francese del momento.

Dopo essere ritornato in Francia a luglio, presagendo l'avvicinarsi delle turbolenze del periodo, si schiera apertamente con i radicali che vogliono la testa del sovrano, sperando così di far dimenticare la sua origine aristocratica e la sua carriera ecclesiastica: sente che la sua posizione, nonostante i recenti successi in politica estera, è sempre più precaria a causa del precipitare degli eventi e del sempre maggiore potere che va acquisendo il partito radicale dei Giacobini, capeggiati da un avvocato di Arras, Maximilien Robespierre, il quale nella sua intransigente e quasi puritana moralità non apprezza la licenziosità del Vescovo apostata, e da un ex insegnate oratoriano, Joseph Fouché. In questo periodo quindi riesce a ottenere da Danton di tornare nuovamente in missione a Londra: si tratta di un escamotage molto astuto che permetterà a Talleyrand di non apparire uno degli émigré, ossia uno degli esponenti ostili alla Rivoluzione francese scappati dalla Francia. Vengono però per sua sfortuna trovate in un armadio due sue lettere indirizzate a Luigi XVI che attestano i rapporti segreti intercorsi tra l'ex vescovo e l'odiato sovrano: il governo rivoluzionario emette un ordine di cattura nei suoi confronti.

Nel 1794 Talleyrand è espulso dall'Inghilterra, auspice il nuovo capo di governo inglese William Pitt. Nel frattempo infatti la Gran Bretagna è entrata in guerra contro la Francia e la presenza sull'isola di Talleyrand non è molto rassicurante, vista la sua nota abilità di tenere i piedi in due scarpe. Va negli Stati Uniti e si stabilisce a Filadelfia, mal visto per la feroce propaganda orchestrata contro di lui da parte dei giacobini che colà rappresentano la Francia, ma ben accolto dai nobili francesi in esilio. Stringe inoltre una profonda amicizia con Alexander Hamilton. Esercita la professione di agente immobiliare nelle foreste del Massachusetts, poi quella di mediatore in merci. Descriverà la sua esperienza americana nei suoi due saggi:

    Essai sur les Avantages à retirer des colonies nouvelles ;
    Mémoire sur les relations commerciales des États-Unis avec l'Angleterre.

Il Direttorio

Intanto, dopo la caduta di Robespierre, gli amici di Talleyrand rimasti in Francia si danno da fare per il suo rientro, in particolare la celebre e colta Madame de Staël, figlia del banchiere svizzero e ministro di Luigi XVI Jacques Necker, a suo tempo irretita dal fascino del brillante giovane vescovo di Autun. La loro opera di persuasione presso i maggiorenti del nuovo regime, il Direttorio, infine riesce e Talleyrand può rientrare in Europa da libero cittadino nell'estate del 1796. Appena rientrato viene nominato ambasciatore presso la Repubblica batava, un incarico di secondo piano, a causa dell'ostilità che alcuni membri del Direttorio, in particolare Reubell, gli manifestano apertamente. Ciononostante Talleyrand sa bene come uscire anche dalle situazioni in apparenza più spinose: non perde tempo e già nel 18 fruttidoro 1797 un suo piano ben orchestrato sventa un colpo di stato dei realisti guidato dal generale Jean-Charles Pichegru e sostenuto da due membri del direttorio, Carnot, suo acerrimo nemico, e Barthélemy: Carnot riesce a fuggire mentre Pichegru e Barthélemy catturati, finiranno alla Caienna. Nel luglio di quell'anno, sempre grazie ai buoni uffici di Madame de Staël, il capo del Direttorio Paul Barras lo nomina finalmente Ministro degli Esteri della Repubblica, incarico che manterrà, salvo una breve interruzione, per i successivi dieci anni anche sotto il Consolato e l'Impero.

Curiosamente, il predecessore di Talleyrand in questa carica, Charles Delacroix, personaggio scialbo e incolore, fu il padre, almeno nominalmente, del celebre pittore romantico Eugène Delacroix: molto probabilmente però il padre naturale del bambino era proprio Talleyrand, divenuto nel frattempo amante di Madame Delacroix, il quale sarà sempre vicino ad Eugéne e lo aiuterà nella sua carriera artistica; il pittore a sua volta crescendo diventerà sempre più somigliante al padre sia nell'aspetto che nel carattere. Il "Diavolo zoppo" (così comincia ad essere chiamato), soffia dunque al povero Delacroix non solo il posto, ma anche la moglie.

Da questo momento si serve della sua carica anche per arricchirsi personalmente, tramite "contributi" versatigli dai negoziatori dei Paesi esteri presso cui si reca in missione: tale abitudine creerà un grave incidente diplomatico con gli Stati Uniti, in occasione del famoso "Affare X, Y, Z". Il presidente John Adams, venuto a sapere delle richieste di denaro e scuse esorbitanti avanzate dalla Francia e dallo stesso Talleyrand come contropartita per la conclusione di un trattato commerciale, ordinò, su delibera del Congresso, la mobilitazione dell'esercito e diede avvio alla cosiddetta "Quasi guerra", una sorta di Guerra fredda commerciale tra i due Paesi che terminerà solo con il Trattato di Mortefontaine stipulato da Napoleone dopo la presa del potere.

Talleyrand a questo punto capisce di aver raggiunto il limite, ma sa immediatamente come rimediare: propose subito agli Stati Uniti di trattare e Adams accettò: la guerra era sventata, anche se la minaccia non era allontanata del tutto. Anche questa volta il "diavolo zoppo", pur essendo implicato nella faccenda, trova dunque il modo di cavarsi d'impiccio: da tempo inoltre ha iniziato una proficua corrispondenza con un outsider nel gioco politico del tempo, un giovane generale di nome Bonaparte, che incontra personalmente all'inizio del 1797 allorché questi torna coperto di gloria dalla prima campagna d'Italia. Organizza allora una festa in suo onore presso l'Hotel Galiffet, sede del Ministero degli Esteri, con un fasto mai visto prima. Si rivela qui un'ulteriore talento di Talleyrand, che gli fu sempre utile nel corso di tutta la sua carriera: la sua estrema abilità e raffinatezza di uomo mondano, vivace e brillante conversatore, gran seduttore, il suo fascino salottiero costituivano la forza segreta del "camaleonte" che gli permise di guadagnarsi molti amici e altrettanti importanti appoggi utilissimi, come si è visto, nei momenti più critici della sua vita, compreso questo. Ha capito al volo infatti che l'incapacità del Direttorio potrà portare alla rottura definitiva con gli Stati Uniti, e solo un cambio di potere ai vertici potrà mutare la situazione: se lui darà il suo appoggio all'operazione potrà conservare la sua carica e rimanere nelle stanze del potere.

Da tempo infatti il regime, divorato dalla corruzione e dall'incapacità dei suoi membri (Barras su tutti) è giunto alla fine e occorre trovare al più presto un'alternativa adeguata per continuare a garantirsi un futuro politico.

È sicuro, dopo un periodo di studio, che l'alternativa giusta sia rappresentata proprio dal brillante generale Bonaparte, nel quale Talleyrand riconosce le doti di ambizione e scaltrezza che tanto apprezza in sé stesso e negli altri. In qualità di ministro degli Esteri dà il suo appoggio al progetto di conquista dell'Egitto, sotto il comando del giovane Bonaparte, ma alla disfatta navale del Nilo si trova al centro di pesanti critiche e sospetti di connivenza con l'odiata Inghilterra (sospetti infondati e montati ad arte dai suoi nemici invidiosi del suo successo). Il 20 luglio 1799 lascia l'incarico ministeriale a seguito di uno scandalo orchestrato dai suoi rivali (Barras in testa), dopo che era stato nel mirino di stampa ed avversari per i rapporti intrattenuti con una bellissima indiana (nata nelle Indie danesi ma d'origine bretone), Catherine Noël Worlée detta Madame Grand per aver sposato un francese con tale nome, che è stata arrestata per sospetto spionaggio a favore dell'Inghilterra e per la liberazione della quale Talleyrand s'è piuttosto sbilanciato.

Pur fuori da cariche governative, mantiene comunque la sua influenza politica e riesce a far nominare ministro di polizia il sinistro Fouché, poi a far entrare nel direttorio l'abate Sieyès, al momento ambasciatore a Berlino, in previsione di un colpo di stato nel quale un posto predominante spetta proprio a Napoleone Bonaparte e del quale Talleyrand, naturalmente, si fa promotore. Il suo appoggio nelle giornate precedenti il 18 Brumaio sarà fondamentale, così come il "non-intervento" del Ministro della Polizia Joseph Fouché, appena entrato nel governo e con il quale Talleyrand comincia da questo momento a fare "coppia fissa" nell'agone politico.

L'Impero

Dopo il colpo di Stato del 18 brumaio e dopo avere recuperato, per inciso, tre milioni di franchi destinati a "facilitare" le dimissioni di Barras, Talleyrand ritrova il suo posto di ministro: Napoleone è affascinato dal nome del casato dei Talleyrand ed ha molta stima delle qualità diplomatiche del suo nuovo ministro, anche se ne detesta la licenziosità di costumi (Gli impone infatti di lasciare la bella indiana, madame Grand, o di sposarla: cosa che Talleyrand farà prontamente) (1801). Dalla Worlee Talleyrand ha già avuto nel 1799 una figlia, inizialmente dichiarata di padre ignoto e che Talleyrand adotterà nel 1803, sposandola poi, nel 1815, al barone Alexandre-Daniel de Talleyrand suo cugino. Il matrimonio viene celebrato solo con rito civile in quanto il papa Pio VII concede sì la riduzione dell'ex vescovo allo stato laicale, ma non il permesso di contrarre matrimonio. Napoleone accetta quindi di averlo non solo come ministro ma anche come consigliere.

Nella sua posizione di ministro degli affari esteri Talleyrand inizia a tessere una rete di relazioni che gli verranno molto utili in futuro. Partecipa attivamente alla formulazione dei trattati internazionali che seguono i numerosi conflitti scatenati dal Primo Console (poi Imperatore) ma non è un compito facile: Bonaparte non lascia infatti molto spazio ad altri nella gestione degli affari esteri. I trattati di Mortefontaine (che chiuse il contenzioso con gli Stati Uniti) e di Lunéville sono conclusi praticamente senza l'intervento di Talleyrand, ma da Napoleone suo fratello Giuseppe, senza però che il ministro si faccia problemi: sa tenersi da parte quando è il caso e comunque approva la pace generale: sa che la Francia ne ha bisogno e ne ha bisogno soprattutto l'economia, nella quale lui stesso ha personali interessi (non ha perso infatti la sua passione per gli affari che conduce con grande abilità e che lo arricchiscono notevolmente). Inoltre si tratta di trattative senza grande importanza che non lo interessano e che lascia volentieri alla volontà accentratrice del Primo Console, anche se svolge un ruolo importante quando viene inviato in missione a Milano, dove con la sua consumata abilità convince gli italiani a eleggere Bonaparte Presidente della Repubblica Cisalpina. Napoleone dunque sa di aver bisogno del principe di Perigord, per la sua maestria diplomatica e soprattutto nel momento in cui decide un riavvicinamento alla nobiltà francese in vista della sua nomina ad Imperatore. Il trattato di Amiens (del 25 marzo 1802, ben più consistente dei precedenti sul piano internazionale), che sanciva la pace con l'Inghilterra e fu il più importante successo di politica estera del Consolato, viene invece concluso con il fondamentale contributo di Talleyrand, forte anche dei suoi buoni rapporti con la diplomazia d'Oltremanica. L'annessione del Piemonte alla Francia (11 settembre 1802) è invece un'operazione cui Talleyrand si dimostra subito ostile. Questo provvedimento infatti contrasta con i suggerimenti di Talleyrand che propendeva per una restituzione dei territori conquistati nelle campagne di guerra in Europa, secondo un principio che ispirerà (promosso anche dallo stesso Talleyrand) il Congresso di Vienna del 1814.

Sempre su pressione del Bonaparte, ma pure con il suo aiuto finanziario, Talleyrand acquista nel 1801 il castello di Valençay: si tratta, con i suoi 120 km², di una delle più grandi dimore private dell'epoca. Talleyrand vi soggiorna regolarmente, in specie dopo i periodi di cure termali a Bourbon-l'Archambault. Nel castello saranno ospitati gli Infanti di

Nel marzo 1804 avviene un fatto clamoroso la cui responsabilità viene attribuita da molti al Talleyrand, se non altro come colui che lo ideò e lo consigliò a Napoleone: il rapimento e l'esecuzione del duca d'Enghien, (21 marzo 1804)[16] Pare che sia proprio dopo l'eco d'indignazione sollevata in Europa da questo evento (Il duca di Enghien fu prelevato per ordine di Napoleone da un reparto di cavalleggeri appartenenti alla Guardia imperiale comandati dal generale Ordener nel paese di Ettenheim, nel Baden, violando apertamente la sovranità di uno stato estero) che Talleyrand abbia pronunciato la famosa frase (in realtà attribuita al collega Fouché): «È stato peggio di un crimine, è stato un errore». Nelle sue memorie Napoleone comunque attribuirà solo a sé stesso la responsabilità dell'«errore».

Ormai divenuto gran ciambellano Talleyrand riceve a Fontainebleau papa Pio VII (dal quale ha nel frattempo ottenuto la definitiva riduzione allo stato laicale), venuto a Parigi per incoronare Napoleone imperatore dei francesi ed assiste il 2 dicembre 1804 alla sua consacrazione, da lui stesso promossa come garanzia della stabilità del nuovo regime. Assisterà poco dopo anche all'incoronazione del Bonaparte a re d'Italia in Milano (18 maggio 1805), pur essendovi contrario. Nel frattempo la politica di pacificazione europea perseguita da Talleyrand e dallo stesso Napoleone è naufragata: disattendendo i consigli del suo ministro infatti, il neo-imperatore ha chiaramente manifestato una volontà di egemonia europea che gli ha nuovamente messo contro le altre potenze del continente, Gran Bretagna in testa le quali si uniscono nella Terza coalizione, rompendo tutti i precedenti Trattati di pace. Dopo la vittoria di Ulm, Talleyrand invia da Strasburgo un dispaccio all'Imperatore in cui gli suggerisce di usare il successo appena conseguito per spingere l'Austria a costituire una Lega delle Potenze europee (Austria, Francia, Russia, Regno Unito e Prussia), allo scopo di garantire la pace del Continente. Non verrà ascoltato.

Nel 1805 è comunque Talleyrand a firmare con molte riserve, dopo la brillante campagna d'Austria e la sfolgorante vittoria di Austerlitz (e dopo la disfatta navale di Trafalgar), il trattato di Presburgo, che pone fine alla guerra in maniera ancora favorevole alla Francia. In ogni caso il ministro non segue alla lettera le indicazioni di Napoleone e apporta alcune modifiche meno punitive al Trattato, in particolare accordando uno "sconto" del 10% sulle riparazioni di guerra imposte dal vincitore: per questo Bonaparte lo accusa, infondatamente, di essere stato corrotto dagli Austriaci. In realtà egli ha cercato solo di mitigare, dove poteva, le clausole della pace, poiché riteneva che l'Austria fosse un elemento fondamentale dell'equilibrio e della stessa civiltà europea e dunque la Francia dovesse ricercarne la collaborazione e non la distruzione. Talleyrand intuisce a questo punto con il suo sesto senso che la via imboccata da Napoleone è senza uscita e rovinosa. Il genio militare di Bonaparte non sarà infatti sufficiente in eterno per tenere a bada le potenze europee coalizzate e il ministro comincia a perorare sempre di più presso l'Imperatore la causa della pace della moderazione: sostiene (e i fatti gli daranno ragione), che è necessario attuare una politica che garantisca l'equilibrio tra potenze in Europa, che le Nazioni più forti non prevarichino quelle più deboli e collaborino tra loro in un assetto nel quale i governi sono tali perché legittimamente costituiti e riconosciuti dalle diplomazie e dai popoli (gli stessi concetti che riproporrà, questa volta con successo, al Congresso di Vienna). È fin troppo evidente la critica allo strapotere francese e ai mercanteggiamenti di troni sui quali Napoleone pone invariabilmente suoi parenti senza alcuna legittimazione storica: la costruzione è interamente legata alla sua persona e per questo troppo fragile: Talleyrand lo sa e lo fa presente all'Imperatore. Quest'ultimo però, ormai accecato dall'ambizione, non se ne da per inteso e comincia a sospettare del suo ministro pur continuando a servirsi di lui. Il 12 luglio 1806 firma il Trattato che da vita alla Confederazione del Reno, che lui ritiene, giustamente, solo uno strumento di dominio di Napoleone e non una garanzia della pace. Costretto a seguire l'Imperatore da una capitale all'altra durante le continue campagne militari, il principe di Perigord, che alla vita movimentata di questi viaggi preferisce di gran lunga i comodi conversari dei salotti parigini, si disamora sempre più del Bonaparte per il quale anni prima aveva avuto una quasi venerazione. Comincia infatti a intuire che l'ambizione di Napoleone è eccessiva e può portare la Francia alla rovina: Talleyrand teme per sé stesso e per la Francia; l'imperatore comincia a intuire sempre di più la disaffezione del suo ministro ma conoscendo la sua abilità e intelligenza diplomatica non intende privarsi della sua preziosa collaborazione. È in questo periodo che Talleyrand comincia a tessere una diplomazia parallela e segreta con lo Zar di Russia, Alessandro I e con l'Austria, allo scopo di accreditarsi come alternativa a Napoleone e assicurare a sé stesso e alla Francia un futuro dopo la sua caduta.

Nel 1806 Talleyrand è nominato principe regnante di Benevento, piccolo Stato fondato nella città sottratta allo Stato della Chiesa, come riconoscimento per i suoi servigi. Non si recherà mai in visita nel suo piccolo regno, delegando un ottimo governatore per il disbrigo delle incombenze di un capo di stato, ma ci si affeziona ugualmente, evita di approfittarne per arricchirsi ancor di più a spese anche dei beneventani e quello sarà per il piccolo regno un periodo di ottimo governo (durato però solo otto anni).

Nel luglio del 1807 Napoleone e Alessandro I di Russia, auspice Talleyrand, si abbracciano e stipulano la pace fra i rispettivi Paesi a Tilsit: il ministro non è soddisfatto appieno dell'accordo, che Napoleone come al solito ha imposto, soprattutto per il trattamento punitivo e umiliante riservato alla Prussia: ancora una volta il principe prevede, e a ragione, che tale umiliazione non farà che rinfocolare il nazionalismo militarista prussiano e con esso tutto il nazionalismo tedesco; Napoleone però è il trionfatore e può imporre le condizioni che vuole, almeno per il momento.

Nello stesso anno viene stipulato il Trattato di Fontainebleau tra Francia e Spagna che prevede la possibilità per le truppe francesi di attraversare il territorio spagnolo e portarsi in Portogallo per sottometterlo (non aveva applicato il Blocco Continentale) e cacciare gli inglesi di Wellington che vi erano sbarcati. Talleyrand fa ancora una volta mostra di approvare il progetto, ma intanto continua a mantenere la sua corrispondenza con lo Zar, suo amico, tramite il diplomatico tedesco duca di Dalberg (anche lui suo amico), informandolo dei movimenti di Napoleone. Nello stesso anno infine, intuita con largo anticipo l'ormai prossima fine del potere napoleonico, Talleyrand si dimette dalla carica di Ministro dell'Imperatore, disapprovando sempre più la sua politica egemonica e per offrire una garanzia ai suoi alleati segreti: riesce comunque a piazzare al suo posto un fedelissimo, Champagny duca di Cadore.

Nel frattempo la Spagna versa in una grave crisi di potere, determinata da una feroce contrapposizione tra i membri della famiglia reale che fanno capo al Primo Ministro Manuel Godoy e alla sua amante, la Regina Maria Luisa e quelli fedeli al Re Carlo IV. Napoleone, sentito il parere di Talleyrand (che non si nega, nonostante le dimissioni, alle richieste di consigli di Bonaparte), decide di offrire la sua "mediazione" al conflitto. Tale "mediazione", si trasforma però ben presto in un'invasione che sarà l'inizio della fine per Napoleone. Nonostante la sua disapprovazione comunque, Talleyrand, meastro del doppiogioco, continua mantenere rapporti formalmente cortesi con Bonaparte e accetta di "ospitare" il Principe delle Asturie Ferdinando e suo fratello Don Carlos nel suo Castello di Valençay, durante l'esilio in Francia.
Il castello di Valençay, proprietà di Talleyrand, ospitò i principi spagnoli nel loro esilio.

Si situa poi nel 1809 la prima grande rottura fra i due: in quell'anno Napoleone è impegnato in Spagna a reprimere l'insurrezione indipendentista che da due anni infiamma il Paese. Talleyrand capisce subito che questo è un momento di debolezza dell'Imperatore e informa l'Austria di Klemens von Metternich, con il quale pure è in contatto, di attaccare subito se vuole sconfiggere Bonaparte una volta per tutte; il carteggio però viene scoperto, probabilmente dalle spie di Fouché, e Napoleone ne è informato.

Furibondo per il tradimento si precipita a Parigi dove convoca immediatamente l'ex-ministro facendogli una terribile sfuriata, conclusa con il celebre epiteto: "Merda in una calza di seta!". Talleyrand non si scompone (sa che non durerà ancora a lungo, si tratta solo di aspettare ancora un po') e mormora ai suoi vicini, con grande aplomb: "Che grand'uomo, peccato che sia così maleducato!". Piombato poi sugli austriaci, Napoleone li sconfigge nella sua ultima grande vittoria, a Wagram, nel luglio del 1809. In quello stesso anno Talleyrand perde anche la madre, Alexandrine de Damas.

La fine dell'Impero

Da questo momento i rapporti fra l'imperatore ed il principe di Perigord diventano sempre più tesi e Napoleone non si lascia sfuggire occasione per rendere difficile la vita al suo ex ministro, come quando impone con la forza l'allontanamento da Parigi della moglie di Talleyrand, Catherine Noele Grand (1762-1834), a causa della sua condotta licenziosa (è pubblicamente l'amante del duca di San Carlos). Nello stesso tempo però l'imperatore avverte la mancanza di un consigliere e ministro della capacità ed acume di un Talleyrand, soprattutto se paragonato alla mediocrità di coloro che al momento lo circondano, tanto da proporgli un paio di volte di riprendere il suo incarico ministeriale, ma l'ex vescovo si nega e prende sempre di più e pubblicamente, nel modo vellutato e salottiero che gli è tipico, le distanze da quell'uomo che, secondo lui ed a ragione, rovinerà molto presto. Tuttavia Talleyrand non ha perso l'ammirazione nei confronti di Bonaparte, pur disapprovandone l'espansionismo: sa bene che, se Napoleone gli deve molto, lui stesso deve molto a Napoleone: l'uno non potrebbe esistere senza l'altro, e senza l'Imperatore la sua stessa carriera sarebbe stata compromessa; forse è per questo che Talleyrand, nonostante la sua crescente disapprovazione, si rifiuterà sempre di infierire su Napoleone, sempre consapevole della sua grandezza e del debito che lui stesso ha nei suoi confronti. D'altra parte nei salotti parigini, in quel tempo, monta sempre più un clima anti-napoleonico e Talleyrand in quel mondo ci sguazza: conversatore affascinante, la battuta dissacrante ed il paradosso sono le sue armi dialettiche migliori e per questo la sua presenza era ed è ambita in tutti i salotti che nello stesso tempo fanno cassa di risonanza a quanto il principe di Périgord si lascia, volutamente, sfuggire dalle labbra. Nonostante questo Talleyrand continua a mantenere la sua collaborazione con Bonaparte: sarà lui infatti a organizzare insieme a Fouché e con l'aiuto del ministro austriaco Klemens von Metternich, il matrimonio con l'arciduchessa Maria Luisa d'Asburgo-Lorena anziché con la granduchessa di Russia Anna Romanov, come in un primo tempo pensava Napoleone. Non ascolta invece il consiglio di trattare, che Talleyrand, richiestone, gli dà dopo la sconfitta della Beresina e si rivelerà un errore. Poi arriva la disfatta di Lipsia (16-18 ottobre 1813) ed il successivo breve e precario armistizio.

Nel novembre del medesimo anno Napoleone gli offre ancora un volta il ministero degli affari esteri, ma il lungimirante principe di Pèrigord declina ancora l'offerta. Non può rifiutarsi però di accettare di divenire membro del Consiglio di Reggenza, presieduto dal fratello dell'imperatore Giuseppe Bonaparte, che deve sostituire lo stesso Napoleone durante la sua assenza dovuta alla necessità di respingere l'invasione della Francia da parte delle truppe della sesta coalizione.

All'inizio del 1814 gli eventi precipitano: le truppe del maresciallo Blücher attraversano il Reno in tre punti, l'Olanda ed il Belgio si ribellano, appoggiate dalle truppe di von Bülow e dell'inglese Graham, il cognato Gioacchino Murat, auspice la moglie, e sorella dell'imperatore, Carolina, gli negano il contingente promesso, da sud, sotto i Pirenei, avanzano gli uomini di Wellington. Le truppe della sesta coalizione antinapoleonica sono ormai sul territorio francese, l'Imperatore lascia Parigi per combatterle affidando al fratello Giuseppe (cacciato l'anno prima dal trono di Spagna) la reggenza dell'Impero con delega piena a trattare. Talleyrand si adopra per informare lo zar Alessandro I ed il principe di Metternich (da lui conosciuto quando era ministro degli esteri e il cancelliere era appena stato nominato ambasciatore d'Austria a Parigi nell'agosto 1806) sul modo migliore di prendere Parigi senza eccessivo spargimento di sangue (e per preparare il ritorno dei Borbone nella persona del fratello del re ghigliottinato, Luigi, conte di Provenza, che regnerà con il nome di Luigi XVIII).

Per tutto febbraio e marzo Napoleone combatte come un leone contro il soverchiante nemico: il 10 febbraio sconfigge Blücher a Champaubert, l'11 Sacken a Montmirail ed a Vauchamps, il 17 mette in rotta, dopo un'aspra battaglia, il principe Eugenio di Württenberg a Montereau, il 7 marzo sconfigge di nuovo il Blücher a Craonne, il 14, cogliendo di sorpresa i russi di Le Priest e costringendoli alla fuga riconquista Reims. In questo frenetico tour de force emerge ancora, se mai fosse necessario, la differenza fra l'ordinaria abilità dei comandanti degli eserciti alleati ed il genio di Napoleone. Ma si tratta degli ultimi guizzi di fiamma di un falò destinato ormai a spegnersi. Il 31 marzo lo zar Alessandro I, primo degli alleati, entra alla testa delle sue truppe in Parigi ove alloggerà proprio nella casa di Talleyrand in Rue Saint-Florentin in qualità di ospite. L'indomani viene affisso sui muri di Parigi il famoso proclama di Parigi a firma dello zar. La farina però appartiene al sacco del principe di Périgord. Il 6 aprile 1814 Napoleone, sconvolto dal tradimento del suo generale Auguste Marmont, del quale ha appreso che si è arreso senza combattere alle porte di Parigi, firma a Fontainebleau l'atto d'incondizionata abdicazione. L'Impero è finito.

La Restaurazione monarchica ed il Congresso di Vienna

All'indomani dell'ingresso in trento di Alessandro I Talleyrand è eletto dal senato presidente del Consiglio provvisorio, costituito da cinque membri. Nei giorni che seguono il Senato dichiara decaduto l'Imperatore. Il 5 di aprile Talleyrand presenta al Senato il progetto di Costituzione che viene approvato all'unanimità con qualche modesta variazione. Il giorno prima il generale Marmont s'era arreso con le sue truppe agli Alleati dichiarando di non esser più disposto a combattere per Napoleone. Questi firma il 12 l'accettazione delle condizioni per la sua capitolazione: è l'esilio all'isola d'Elba. Il capo del governo provvisorio riesce a convincere il Senato ad accettare Carlo di Borbone, conte d'Artois, fratello di Luigi XVIII (e futuro re, alla morte di questi, con il nome di Carlo X), quale luogotenente generale sovrano. In tale veste sostituisce il governo Talleyrand (grazie al quale il Senato ha conferito il potere a Carlo di Borbone di formare e presiedere un nuovo governo) e dà corso alle trattative di pace con gli alleati che iniziano già lo sgombero delle loro truppe dal territorio francese. A fine mese si installa sul trono Luigi XVIII, che nomina Talleyrand, ministro degli affari esteri (13 maggio 1814) non senza nascondere una certa diffidenza per l'ex vescovo,[19] del quale comunque ha un gran bisogno vista l'assoluta mancanza di personaggi dotati di una discreta caratura fra i politici del momento, affidandogli l'incarico specifico di negoziare con le potenze vincitrici le condizioni per la pace. Alla fine del mese si giunge ad un primo trattato di pace, il trattato di Parigi che pone anche le premesse del Congresso di Vienna. Con questo trattato la Francia restituirà immediatamente i territori conquistati ed annessi senza un accordo, ancorché estorto, con i legittimi sovrani, dopo il 1792: un apposito Congresso stabilirà la parte residua. Tutto ciò è un grande successo della regìa di Talleyrand, che riesce ad ottenere il mantenimento del territorio francese intatto (30 maggio 1814). Senza la sua opera, la Francia avrebbe seriamente rischiato di finire come la Germania dopo la seconda guerra mondiale, smembrata in più pezzi.

Il 16 settembre 1814 prende avvio il congresso di Vienna e Luigi XVIII pone a capo della delegazione francese il principe di Périgord e sarà proprio lui a firmarne l'atto finale il 9 giugno 1815. Il principio che Talleyrand riesce a far accettare è quello della legittimità della sovranità: ogni nazione deve essere costituita in Stato, sia esso monarchico o repubblicano, legittimamente per naturale evoluzione, per tradizione storica e non per una imposizione di forza dall'esterno. Tutto ciò che è stato frutto di atti di forza, e cioè le conquiste e la costituzione artificiosa di Stati da parte di Napoleone a seguito delle sue campagne militari, deve ritornare come prima, con la sola eccezione dei casi in cui questo «ritorno» risultasse più dannoso per i popoli interessati di quanto lo sia la situazione attuale. Talleyrand riesce così, giocando anche sulle divisioni della altre grandi potenze europee, non soltanto a limitare le sanzioni a danno della Francia (che altrimenti sarebbero ampiamente giustificate dai pesanti danni subiti dalle potenze vincitrici a causa della arroganza e furia distruttiva del Bonaparte), ma ad influenzare pure le altre decisioni che riguardavano l'equilibrio dell'Europa in generale. Il ringraziamento per tutto ciò sarà l'obbligo delle dimissioni da primo ministro (che tale diventerà dopo il ritorno del re dalla poco dignitosa fuga al termine dei cento giorni di Napoleone) che Luigi XVIII, spinto da aristocratici ultraconservatori memori del suo passato di rivoluzionario, costringe Talleyrand a dare le dimissioni con il contentino della conferma nella carica di gran ciambellano di Francia il 24 settembre 1815.

Prima però c'è appunto l'ultimo colpo di coda del Bonaparte: la fuga dall'Isola d'Elba il 26 febbraio 1815 ed il suo reinsediamento a Parigi. Luigi XVIII, appena venuto a conoscenza dello sbarco di Napoleone in Provenza, se la batte. Napoleone, giunto a Parigi sugli scudi, confisca subito i beni del principe di Pèrigord e poi gli scrive a Vienna per offrirgli l'incarico di ministro degli esteri, incarico che Talleyrand non esita a rifiutare: egli sa benissimo che quello di Napoleone sarà un breve fuoco di paglia e quindi si dà un gran daffare presso le potenze del Congresso per dissociare in qualche modo le responsabilità della nazione che rappresenta dalle future imprese del redivivo Corso (senza gran fatica si direbbe, se, come pare, la fuga dall'Isola d'Elba è stata organizzata ad insaputa di Napoleone da Metternich, Castlereagh, il rappresentante inglese a Vienna, e Talleyrand, per mettere fine allo stallo delle trattative di Vienna, sotto l'incombenza del pericolo di un ritorno vittorioso del Bonaparte). Ironia della sorte: il suo successore è il duca di Richelieu (la stessa casata del ben più famoso cardinale di Richelieu). Inizia così nuovamente per il principe di Périgord un lungo periodo di riposo forzato. La carica di Gran Ciambellano gli consente di parlare alla Camera dei Pari ove non perde occasione di scagliare la sua oratoria sarcastica contro il nuovo governo. E proprio da quel pulpito si scagliò nel 1821 contro il tentativo del governo di limitare la libertà di stampa, un suo vecchio cavallo di battaglia.

La monarchia di Luglio

Nel 1830 Luigi Filippo diviene re dopo la Rivoluzione di Luglio che caccia Carlo X. Il nuovo sovrano, dietro la cui ascesa si intravede ancora la mano del "Diavolo zoppo", nomina Talleyrand ambasciatore a Londra con lo scopo di rassicurare gli altri Paesi europei, sotto la dipendenza nominale del ministro degli esteri Molé al quale naturalmente il principe di Benevento si guarda bene dall'obbedire. Come diplomatico contribuisce in modo determinante all'indipendenza del Belgio, che il Congresso di Vienna, contro il suo parere, aveva annesso all'Olanda: reagendo alla sollevazione in armi dei belgi, riesce a far indire una Conferenza a Londra fra le grandi potenze che sancisce l'indipendenza del Belgio. La riottosa Olanda tenta l'occupazione armata del nuovo stato ma Talleyrand riesce a far votare all'assemblea francese la decisione di intervenire militarmente e l'Olanda si ritira. Potrà così permettersi anche di far salire al trono belga il suo candidato, il principe Leopoldo di Sassonia-Coburgo. L'ultimo risultato prima del suo ritiro è la quadruplice alleanza fra Inghilterra, Francia, Spagna e Portogallo.

Nell'agosto 1834 Talleyrand lascia la vita pubblica e si ritira nel castello di Valençay, che abbandona soltanto nel 1837, quando si rende conto che i suoi giorni sono contati.

L'avvicinarsi della morte pone Talleyrand in un grande imbarazzo. Se rifiuta i sacramenti getta un'ombra sulle consacrazioni a vescovo costituzionale da lui fatte, dall'altro mal si vede a condurre una vita da penitente per gli ultimi giorni. Solamente quando sente che gli resta poco da vivere acconsente a ricevere il giovane Félix Dupanloup e a firmare la dichiarazione di ritrattazione che gli viene richiesta, della quale ha soppesato tutti i termini, ed a ricevere l'estrema unzione ed il viatico. Quando il sacerdote – conformemente al rito – deve ungergli le mani con il sacro crisma, gli dice «non dimentichi che sono un vescovo»,[20] riconoscendo così in extremis la sua qualità episcopale e quindi le consacrazioni da lui fatte. Poco prima di morire riceve l'omaggio di una gran parte del mondo parigino, incluso il re.

Alla sua morte lo scrittore Renan disse che Talleyrand, uomo per tutte le stagioni, era riuscito a ingannare la terra e il cielo.

Le esequie ufficiali furono celebrate con rito religioso il 22 maggio. Pochi mesi dopo il suo corpo fu traslato in una cappella vicina al castello di Valençay.