Superuomo

 

www.treccani.it

Dizionario di filosofia (2009)

Traduzione letterale del termine ted. Übermensch, che si trova già usato nella seconda metà del Seicento da Heinrich Müller, e che è più volte adoperato, nel secolo successivo, da Herder, da Goethe, da J.P. Richter, nel senso generale di uomo superiore, uomo che si eleva, per la sua genialità, al di sopra della media comune. Il termine è peraltro solitamente riferito al pensiero di Nietzsche (rispetto al quale si è affermata di recente la tendenza a sostituirlo con l’espressione «oltreuomo»), in cui acquista notevole rilievo. Più che ricollegarsi alla concezione romantica dell’eroe, Nietzsche sottolinea un aspetto del tutto diverso; per lui il s. non è tanto l’individuo, quanto il manifestarsi della sua essenza più autentica. Come tale esso rappresenta l’esplicarsi della forza originaria della vita, al di là di qualunque legge; questo è il significato dell’affermarsi del s. su tutti, della sua «volontà di potenza». Collegato alla dottrina dell’eterno ritorno dell’identico, il concetto nietzschiano di s. è in recisa contrapposizione a qualunque concetto dell’uomo elaborato dalla tradizione. Il termine ha avuto grande fortuna, venendo di volta in volta impiegato a esaltare concezioni dell’uomo di tipo vitalistico ed estetizzante, in cui si sottolinea l’inimitabilità e il carattere squisitamente individuale dell’esistenza (G. D’Annunzio), oppure in campo politico, a sostegno di tesi razziste e antidemocratiche (specialmente nel nazionalsocialismo tedesco).

*

Enciclopedia italiana 1937

di Guido Calogero

SUPERUOMO

Termine corrispondente, tanto nell'etimologia quanto nel significato, al tedesco Übermensch, analogamente reso in francese con Surhomme e in inglese con Superman. Il vocabolo Übermensch s'incontra già nel sec. XVII (per la prima volta nel 1664, nelle Geistliche Erquickungsstunden di Heinrich Müller), ed è poi usato dal Herder, dal Goethe, dal Richter. Ma, com'è noto, la sua fortuna deriva sostanzialmente dall'uso che ne fece il Nietzsche (v.), il quale nel concetto del "superuomo" riassunse il sue aspirazioni teoriche a un'umanità superiore. "Superuomo" è infatti per lui, in un primo tempo, l'individuo che con la sua genialità personale soverchia di gran lunga il livello della massa ambiente, e può quindi affrancarsi anche dagli obblighi morali che a questa incombono; in un secondo tempo, il rappresentante di una superiore razza umana, al cui allevamento si dovrebbe tendere, e per cui il futuro superuomo dovrebbe differire dall'uomo presente non meno di quanto quest'ultimo differisce dalla scimmia. La prima concezione del superuomo è peraltro quella che (meglio rispondendo alle tendenze egoistiche di chi desideri trovar pretesti teorici per sottrarsi all'obbligazione, implicita in tutta l'etica e civiltà occidentale e cristiana, a riconoscere l'altrui umanità come pari alla sua medesima) ha avuto maggiori risonanze in ambienti e periodi di decadenza: così, per non citare che l'esempio più noto, una sua impoverita riedizione estetizzante è quella che ne ha dato, in alcuni tra i suoi scritti (per es., Più che l'amore, Le vergini delle rocce, Il fuoco), il D'Annunzio. Se d'altronde si prescinde dal termine e si tien conto solo di ciò che esso designa, è ovvio come la concezione del superuomo sia, nella sostanza, vecchissima, coincidendo in tutti i suoi principali motivi costituenti (volontà di potenza e di soddisfazione egoistica; considerazione delle norme etiche, giuridiche, politiche come risultanti o dall'imposizione di signori o dall'accordo dei mediocri intenti a evitare la possibilità che qualcuno li signoreggi, e quindi come non valide per chiunque sia capace di soverchiare, con la propria forza, la forza degli uni o degli altri) con la teoria sofistica dei Callicle e dei Trasimaco, classicamente rappresentata e criticata da Platone nel Gorgia e nella Repubblica e più volte poi riecheggiata nel corso del pensiero moderno. Nel Nietzsche essa presenta, in ogni modo, interesse come documento di una passionalità singolarmente energica, che talvolta riuscì a liberarsi in poesia.