Storia della Rivoluzione d'Ottobre

da cronachedal900.blogspot.it

Il 7 novembre del 1917 è il giorno in cui la classe del proletariato prende possesso della città di San Pietroburgo, dalle tipografie al Palazzo d'Inverno. Da qui il focolaio della Rivoluzione si estende in tutto il Paese. Vediamo come e perché si è giunti a questo evento storico vittorioso.

"Per la Prussia-Germania non è più possibile nessun'altra guerra se non una guerra mondiale, ed una guerra mondiale di un'estensione e una violenza finora mai sospettate. Da otto a dieci milioni di soldati si accapiglieranno tra loro, divorando tutta l'Europa e lasciandola desolata come non ha mai fatto un esercito di cavallette."

E' il 1914. Il 28 luglio l'Austria dichiara guerra alla Serbia partendo dal noto pretesto dell'assassinio dell'arciduca austro-ungarico Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este.

Si scatena la Prima Guerra Mondiale, che chiude così il lungo periodo di relativa pace che durava dalla fine della guerra franco-prussiana del 1870-1871, definita da Eric John Hobsbawm come il periodo neonatale dell'impero tedesco (Il trionfo della borghesia. 1848-1875). Friedrich Engels nei due anni di guerra ne scrive addirittura una cronaca analitica di 60 articoli (Notes on the war) per la Pall Mall Gazette.

Il 29 luglio 1914 si muove la Russia contro l'Austria, il primo agosto la Germania dichiara guerra alla Russia, mentre la Francia mobilita l'esercito contro la Germania. Il 3 agosto la Germania, a sua volta, dichiara guerra alla Francia ed invade il Belgio; l'Inghilterra si schiera contro la Germania. Il Giappone si unisce al coro degli Stati dell'Intesa il 23 agosto estendendo così il conflitto a livello mondiale, mentre gli USA di Wilson e l'Italia di Salandra rimangono inizialmente neutrali.

Fa sorridere questa specie di domino tra potenze, questa reazione a catena, se non fosse altro che le carte diplomatiche venivano giocate sulla pelle degli uomini: 16 milioni di morti in quattro lunghi anni.

Facciamo un passo indietro per capire meglio come mai la Grande Guerra non viene fermata sul nascere e mieté milioni di vite umane.

La Comune di Parigi

Durante la guerra franco-prussiana del 1870-1871, accadde un evento unico: il proletariato parigino insorge contro la guerra. L'abdicante Napoleone III, sconfitto a Sedan, lascia la Francia nelle mani della Germania unificata di Otto von Bismarck ed in quelle di una borghesia accondiscendente verso i prussiani vincitori.

L'esercito tedesco è alle porte della capitale già il 18 settembre 1870 e le masse operaie si organizzano sia militarmente che politicamente mettendo alla propria testa la Guardia nazionale. Nel marzo dell'anno dopo la borghesia, guidata da Adolphe Thiers (lo stesso che firmò l'armistizio con von Bismarck) cerca di riprendersi Parigi cominciando dall'artiglieria della Guardia nazionale, ma lavoratori e soldati reagiscono vittoriosamente: Lenin definisce in maniera impeccabile i settanta giorni di dittatura del proletariato come "la forma politica finalmente scoperta".

La Comune di Parigi è il primo precedente storico che dimostra che alla guerra può seguire la rivoluzione. I comunardi verranno poi sconfitti a causa della loro disorganizzazione ed uccisi a fine maggio dello stesso anno per mano di Thiers e del generale Louis Jules Trochu.

La Rivoluzione del 1905

Il secondo esempio di rivoluzione nata da una guerra è quello del 1905 russo. Nel febbraio 1904 inizia la guerra russo-giapponese, che ha il suo epilogo l'anno successivo con la resa di Port-Arthur sul Mar Giallo, la sconfitta dell'esercito zarista a Mukden e la distruzione della flotta russa ad opera della Marina giapponese.

A dicembre dello stesso anno entra in sciopero la fabbrica d'artiglieria Putilov. Il 22 gennaio 1905 scendono in corteo 150 mila lavoratori (donne e bambini compresi) per manifestare contro la guerra e le condizioni di miseria in cui versava la Russia. La Guardia imperiale spara sulla folla provocando centinaia di morti e migliaia di feriti e quella "Domenica di sangue" dà il via alla Rivoluzione, tra scioperi ed ammutinamenti (il film La corazzata Potëmkin di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn è proprio incentrato su quel periodo).

All'inizio dell'autunno l'aristocrazia feudale prende misure repressive nei confronti dell'Unione dei ferrovieri, scatenando così uno sciopero generale così forte che il 17 ottobre porta lo zar a convocare i rappresentanti del popolo, promettendo libertà di pensiero, di parola, di stampa e di associazione. Ottenuta la vittoria, la borghesia si adagia sugli allori, mentre i capi del proletariato mettono in guardia i lavoratori dall'abbandonare la lotta. Il giorno dopo, il 18 ottobre 1905, la violenza della Guardia imperiale che massacra cittadini inermi ed i feroci pogrom contro gli ebrei, scatenano talmente tanta delusione che anche quasi tutti i sostenitori del governo passano dalla parte dei rivoluzionari. Mentre la borghesia scendeva a patti con le forze feudali, i contadini e gli operai incalzavano la Rivoluzione. Nello stesso mese nasce, a Pietroburgo, il Soviet dei deputati operai che prende il potere per quasi due mesi. Il 27 dicembre 1905 l'esercito zarista bombarda i quartieri operai moscoviti: finisce, di fatto, la rivoluzione democratico-borghese e segue una lunga fase di riflusso in cui il Partito bolscevico rinforza le sue fila.

I crediti di guerra

Abbiamo visto come l'esperienza della Clomune di Parigi del 1871 e della Rivoluzione democratico-borghse russa del 1905 avevano mostrato che la rivoluzione poteva essere una risposta alla guerra. Il 4 agosto del 1914, però, la socialdemocrazia tedesca vota a favore dei crediti di guerra, ed il 26 agosto anche i socialisti francesi entrano nel governo di difesa nazionale.

A settembre Lenin scrive che questo comportamento (del partito francese e di quello socialdemocratico tedesco) era ingiustificabile, neppure appigliandosi all'eventuale debolezza dei due partiti. Non c'era alcuna giustificazione possibile, tanto più che quei deputati durante i congressi della II Internazionale si erano sempre pronunciati contro la guerra. Le parole di Lenin erano lame conficcate nella coscienza di quei "traditori del proletariato": si doveva "predicare e propagandare la guerra civile. Diventare non ministri, ma propagandisti clandestini! [...] Ci potrà essere ancora mezzo secolo di asservimento prima della Rivoluzione socialista, ma che cosa lascerà la nostra epoca, quale sarà il nostro apporto?"

Guerra alla guerra

Con l'entrata in guerra della Russia riprendono gli scioperi e le repressioni contro i lavoratori: a novembre i cinque deputati bolscevichi alla Duma (Badaiev, Muranov, Petrovski, Samoilov, Sciagov) che avevano votato contro i crediti di guerra allo zar Nicola II, vengono tratti in arresto insieme a Lev Borisovič Kamenev, rei di aver avallato la politica leninista di opposizione alla guerra. In seguito vengono processati e deportati in Siberia fino alla loro liberazione avvenuta dopo il febbraio del 1917.

In merito all'atteggiamento assunto dai socialdemocratici tedeschi e dai socialisti francesi nella votazione per l'entrata in guerra, scrive Lenin il 31 ottobre 1914: "[...] la II Internazionale è definitivamente morta. La hanno uccisa gli opportunisti. [...] Oggi il nostro compito è lottare senza quartiere contro lo sciovinismo [NdA: patriottismo estremo] specialmente lo "sciovinismo socialista" di Plechanov, Guesde, Kautsky [NdA: filosofi "marxisti" antagonisti della Rivoluzione del 1917, nonché sostenitori della guerra imperialista]. [...] Poiché sosteniamo la rivoluzione (borghese in Russia e socialista in Occidente), la predichiamo anche in guerra. [...] In ogni Paese bisogna anzitutto lottare contro lo sciovinismo di quel Paese, suscitare l'odio verso il proprio governo, fare appelli (ripetuti, insistenti [...]) alla solidarietà tra gli operai dei Paesi belligeranti, alla loro comune guerra civile contro la borghesia [...] la parola d'ordine della pace è ora assurda". Aggiunge il 28 novembre dello stesso anno: "Il lavoro del nostro partito adesso è diventato cento volte più difficile. Nondimeno continueremo a svolgerlo".

Nel 1914 Lenin affronta la battaglia internazionalista contro la guerra, i menscevichi ed i socialisti con un manipolo di uomini, come testimonia in Lenin, nel 1923, Grigorij Evseevič Zinov'ev, che inizialmente si oppose assieme a Kamenev alla Rivoluzione: "Solo un pugno di uomini guidati da Lenin si levò, fin dal primo momento, contro la guerra, e iniziò la lotta contro la Seconda Internazionale. Quest'ultima rappresentava allora una forza enorme e contava nelle sue file 25 milioni di operai organizzati. Lenin dovette assumere la direzione della lotta contro la guerra e contro il menscevismo internazionale [NdA: i menscevichi si distinguono dai bolscevichi fin dal 1903 perché seguono la posizione di Julij Martov sul modo flessibile e aperto di militanza nel Partito, a differenza della concezione leninista che vedeva il militante professionista essere a disposizione del Partito] che sosteneva la borghesia mondiale. Fu una lotta epica che ebbe una importanza storica immensa per la sorte della classe operaia. Durante la guerra Lenin fu il solo capo che difese sino in fondo la posizione internazionalista".

In Germania gli unici oppositori alla guerra sono gli spartachisti di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (assassinati dalla socialdemocrazia nel 1919), che l'anno successivo aver votato contro i crediti di guerra tenteranno di smuovere le coscienze del proletariato spiegando che "il nemico principale si trova nel proprio Paese".

Scioperi e traditori

I processi e la deportazione del gruppo parlamentare dei bolscevichi avvenuti nel febbraio 1915 furono un duro colpo per l'internazionalismo, il quale perdeva, seppur momentaneamente, alcuni tra i suoi esponenti di spicco. Già nell'estate precedente ci furono repressioni verso il Comitato del POSDR (Partito Operaio Social-Democratico Russo, diviso in bolscevichi e menscevichi) ed i sostenitori del partito. Queste repressioni continuarono anche in gennaio, durante la giornata della donna del 23 febbraio e alla vigilia del Primo Maggio.

Nel febbraio del '15 i lavoratori che partecipano agli scioperi politici in Russia sono solamente 3500 ed in marzo 5000 (saranno 156 mila in tutto l'anno, mentre la partecipazione agli scioperi economici conterà 384 mila lavoratori).

Il 26 aprile l'Italia firma il Patto di Londra con la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia) in cui si impegna ad armarsi in cambio di futuri territori africani. Dopo un mese dichiara la propria ostilità all'impero autro-ungarico, mentre ad agosto è la volta della dichiarazione di guerra alla Turchia ed in ottobre alla Bulgaria. In Italia, nonostante il divieto di sciopero, la giornata del Primo Maggio 1915 vede migliaia di operai schierarsi contro la guerra in varie piazze, prime fra tutte quelle di Milano e Torino, ma le successive manifestazioni interventiste raccolgono un elevato consenso e gettano nell'ombra il Primo Maggio internazionalista. Intanto il Partito Socialista Italiano sta a guardare senza essere né a favore né contrario all'entrata in guerra.

Mentre l'impero britannico vieta ogni corteo del Primo Maggio, ed in Francia gli oppositori all'intervento armato sono ben pochi, in Brasile nasce il Comitato internazionale contro la guerra grazie ad alcuni anarchici, socialisti e a due sindacati. In Germania, invece, la socialdemocrazia cerca di non fare scioperare i lavoratori affinché lo sforzo bellico non venga indebolito.

A settembre dello stesso anno, in Svizzera, ha luogo la Conferenza di Zimmerwald in cui partecipano i rappresentanti socialisti di mezza Europa, tra cui i bolscevichi, i menscevichi ed i socialisti rivoluzionari. Le parole d'ordine della Conferenza sono di neutralità verso il conflitto, mentre la minoranza (detta "sinistra di Zimmerwald") con a capo Lenin è chiara: "bisogna trasformare la guerra imperialista in guerra civile". 

Verso la Rivoluzione

E' il primo giorno del 1916 e Rosa Luxemburg nelle sue tesi parla del fallimento della II Internazionale: "In considerazione del tradimento, da parte delle rappresentanze ufficiali dei partiti socialisti dei principali Paesi, degli scopi e degli interessi della classe operaia, visto che esse hanno deviato dal terreno dell'Internazionale proletaria al terreno della politica borghese-imperialistica, è una necessità vitale per il socialismo costruire una nuova Internazionale dei lavoratori, che guidi e unifichi la lotta di classe rivoluzionaria contro l'imperialismo in tutti i Paesi".

L'avvio della battaglia di Verdun, combattuta dall'impero germanico allo scopo di dilaniare l'esercito francese, sancisce non solo la fine dell'inverno, ma anche l'inizio del declino della prospettiva tedesca. I morti si conteranno a centinaia di migliaia sulle due sponde del fiume Mosa in dieci mesi di combattimenti.

Come tutte le guerre, anche questa ha bisogno dei suoi condimenti ideologici da propinare agli uomini dei vari Paesi. In Italia il Corriere della Sera si fa baluardo della falsa informazione di guerra. Ci arriva anche il socialdemocratico Otto Bauer: "Parleranno di Trento e Trieste e parleranno dell'Albania. [...] Così alle masse della nazione italiana si riuscirà a presentare una guerra imperialista come una guerra per la libertà nazionale". Otto Bauer ci dimostra che la propaganda non serve solo a convincere la popolazione civile della "giustezza" di una guerra e dei sacrifici richiesti, né solamente ad alzare il morale delle truppe al fronte: la propaganda può servire anche di contrasto a quella nemica. Egli, però, fin dal 1914 si era arruolato nell'esercito austriaco, ma se ne guardava bene di combattere la propria propaganda ed il proprio governo.

Il 1916 è un anno di profonda crisi alimentare per la Russia, nonostante l'abbondanza delle derrate. Ci furono forti scontri tra i proprietari terrieri e la grande borghesia incentrati su salari e prezzo del grano, che continuava ad aumentare grazie anche al blocco delle esportazioni fuori dalla Russia. Appena prima della guerra 1 kg di farina costava 10 copechi (0.1 rubli) e nel 1915 salì a 20 copechi. Il salario medio di un operaio metallurgico si aggirava intorno ai 2 rubli al giorno, ma c'erano operai che guadagnavano 80 copechi, ossia 25-30 rubli al mese.

La borghesia, a cui i menscevichi facevano eco, si lamentava presso i palazzi di governo affinché venisse risolto il problema della crisi alimentare, ma nulla veniva sollevato contro il conflitto mondiale. Intanto i bolscevichi lavoravano nelle fabbriche aumentando i consensi attorno all'esigenza del superamento dell'autocrazia come premessa per la fine della guerra imperialista. La classe del grande capitale quindi, appoggiata da ogni partito a parte quello bolscevico, non aveva alcuna intenzione di abbattere la monarchia inizialmente, la quale, timorosa di perdere il potere, era anche disposta a scendere a patti con la nemica Germania tradendo gli alleati dell'Intesa.

Nell'autunno dello stesso anno, però, tutto il blocco progressista, visto l'insuccesso degli accordi con lo zar, meditava un colpo di Stato per scongiurare la probabile rivoluzione. Ci provano a salvare la monarchia, ma l'unica cosa che riescono a fare non è colpire i Romanov, ma il monaco ciarlatano Grigorij Efimovič Rasputin, consigliere intimo della zarina Aleksandra Fëdorovna, nonché responsabile delle continue nomine e sostituzioni degli incapaci ministri di governo. Rasputin viene assassinato dal nobile Feliks Feliksovič Jusupov il 17 dicembre 1916 in quella che è definita una "congiura di palazzo". Scrive Vladimir Ivanovič Nevskij (dirigente del Comitato Militare Rivoluzionario durante l'Ottobre ed assassinato dallo stalinismo nel 1937), nel suo libro Storia del Partito bolscevico, 1925: "[...] l'uccisione di Rasputin nel 1916 costituì l'inquietante segnale del degrado raggiunto dalle cerchie dominanti e dei minacciosi eventi che si affacciavano all'orizzonte, che iniziarono a partire dal febbraio del 1917".

La crisi alimentare sta gettando sempre più la popolazione nella miseria e la monarchia è impotente di fronte ai problemi in cui lei stessa ha gettato la Russia. Nel gennaio del 1917 l'esercito è demoralizzato viste le centinaia di migliaia di morti e feriti al fronte, un nemico che non cede e la povertà portata dalla guerra tra la popolazione civile.

Come abbiamo visto, la borghesia tenta un colpo di Stato nel dicembre del 1916 assassinando Rasputin, fido consigliere della moglie dello zar. L'obiettivo non è quello di abbattere la monarchia, ma far capire allo stesso zar che la cosa migliore per il Paese è l'unione tra la classe dei capitalisti e la casa monarchica.

Il 1917 si apre con un grande sciopero di massa, organizzato dal POSDR e da altri socialdemocratici, che vede sfilare il 5 gennaio circa 200 mila operai per le vie di Pietrogrado, capitale dell'impero. Il 22 gennaio, anniversario della "Domenica di sangue" del 1905, si hanno grandi manifestazioni contro la guerra in tutto il Paese.

Mentre il corteo del gruppo operaio del Comitato di mobilitazione industriale sfila sotto il Palazzo di Tauride chiedendo la costituzione di un governo provvisorio, il Comitato bolscevico ammonisce che "amare delusioni attendono gli ingenui che ancora sperano di ottenere qualcosa facendo sfilare un corteo davanti alla Duma, sotto le finestre dei palazzi dello zar e delle classi dominanti" e prepara uno sciopero di protesta per il 10 febbraio, che avrà però pochi sostenitori anche per via del constrasto da parte dei menscevichi.

L'8 febbraio scioperano i lavoratori della Kolpinskij ed il 18 quelli delle officine Putilov, oltre a scioperi parziali avvenuti a Mosca ed in altre città.

E' il 23 febbraio, "Giornata internazionale della donna operaia", ed i cortei vedono 130 mila persone sfilare chiedendo la fine della guerra e della fame. Gli scontri con la polizia convincono il governo a sostituirla con l'esercito, ma molti soldati passano dalla parte dei lavoratori, lasciando così la polizia zarista quasi da sola a sedare la rivolta. Il 24 febbraio c'erano 200 mila lavoratori nelle piazze di Russia ed il 25 arrivavano a 250 mila nella sola Pietrogrado. Domenica 26 il governo manda in campo l'esercito che spara sulla folla. Il reggimento Pavlovskij è il primo che rifiuta gli ordini e difende gli operai dai fucili di altri reggimenti. Un atto eroico che termina con il disarmo del reggimento. Il mattino dopo, tuttavia, il reggimento Volynskij assalta le caserme, convince i soldati a passare dalla parte dei lavoratori e sequestra gli arsenali. I militari che passano dalla parte degli operai sono 6 mila il 26 febbraio, 70 mila il giorno dopo, 127 mila il 28 febbraio e 170 mila il primo marzo.

E' la rivoluzione. Basti pensare che i lavoratori avevano in mano tutta Pietrogrado ad eccezione del Palazzo d'Inverno, dell'ammiragliato e di una fortezza. Gli scontri continuano lasciando sulle strade morti e feriti colpiti dalla polizia nascosta sui tetti ed asserragliata dietro alle finestre degli edifici.

Il governo aveva già perso il controllo della situazione ed ogni tentativo da parte della borghesia di convincere lo zar ad accettare alcune condizioni e concedere una Costituzione si era rivelato vano. L'ultimo passo fatto dagli ottobristi (grande borghesia e parte della nobiltà) fu quello di mettersi alla testa del corteo del 27 febbraio (385 mila manifestanti in tutto il Paese), in cammino verso la Duma per prendere il potere, e chiedere a Michail Romanov, fratello dello zar, di sedersi al trono per soffocare la rivoluzione. I cadetti, invece (costituiti da borghesi democratici), chiedevano le elezioni e la Costituzione. Michail Romanov rifiuta e così agli ottobristi non rimane altro che sostenere il comitato provvisorio di Michail Vladimirovič Rodzjanko, già capo della Duma di Stato dal 1911. Viene creato un governo provvisorio borghese con a capo il principe cadetto Georgij Evgen'evič L'vov ed al ministero della Giustizia il socialista rivoluzionario Aleksandr Fëdorovič Kerenskij.

Parallelamente al governo provvisorio della borghesia, prende il potere anche il Soviet dei deputati operai di Pietrogrado.

Viene convocata una riunione del Soviet nel Palazzo di Tauride a cui partecipano, tra gli altri, Aleksandr Fëdorovič Kerenskij e Aleksandr Šljapnikov (socialisti rivoluzionari), Vjačeslav Michajlovič Molotov e Josif Stalin (all'epoca bolscevichi), Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov (menscevico). I bolscevichi erano in minoranza e la lotta politica con il resto dell'assemblea era forte: i primi sostenevano che all'interno del Soviet dovessero entrare anche rappresentanti dei soldati, mentre gli altri ribattevano che i soldati venivano spesso cambiati e che erano contadini, quindi la presenza di piccolo-borghesi avrebbe "inquinato" il Soviet. La posizione dei bolscevichi vince su quella dei difensivisti e si decide di far entrare un delegato di ogni compagnia dell'esercito (un rapporto però spropositato rispetto ai delegati dei lavoratori che erano uno ogni mille).

All'interno del soviet si delineavano sempre più i due schieramenti: da una parte i bolscevichi che portavano la linea rivoluzionaria secondo cui bisognava immediatamente cessare la guerra, confiscare le terre e portare l'orario di lavoro al 8 ore, e dall'altra il gruppo filo-borghese dei socialisti e menscevichi che riconosceva la borghesia come vincitrice della rivoluzione e che non accettava le parole d'ordine dei rivoluzionari.

Ogni partito politico aveva un atteggiamento ostile nei confronti dei bolscevichi, ma nonostante questo il Comitato di Pietrogrado lavorava assiduamente verso la rivoluzione proletaria. Il 22 marzo viene formata anche l'organizzazione militare del Comitato e ad aprile nasce il suo giornale Soldatskaja Pravda.

Lenin e le Tesi di aprile

Arriva il giorno in cui anche un rivoluzionario bolscevico come Lev Borisovič Kamenev sbaglia. Egli pubblica aticoli sulla Pravda in cui, anziché definire ed attaccare il governo provvisorio L'vov come quello che era, ossia controrivoluzionario, offriva ad esso un sostanziale appoggio politico. Questa linea fa letteralmente infuriare Lenin che fino al 3 aprile era rimasto in Svizzera per sfuggire agli arresti in quanto rivoluzionario. Quando Lenin arriva in una stazione di frontiera gli va incontro proprio Kamenev, il quale riceve queste parole: "Che cazzo avete scritto sulla Pravda?!? Siamo arrabbiatissimi con voi!"

Arrivato alla stazione di Pietrogrado viene ben accolto da alcuni rappresentanti di governo e dai menscevichi che gli offrivano collaborazione in nome della "democrazia rivoluzionaria" (proprio come voleva Stalin), ma tira dritto, sale su un carroarmato e davanti alla folla esclama queste parole: "Saluto in voi l'avanguardia dell'esercito proletario mondiale. Questa guerra di brigantaggio imperialista è l'inizio della guerra civile in tutta Europa. L'alba della rivoluzione socialista mondiale è già sorta. La Rivoluzione fatta da voi ha segnato il principio, una nuova epoca si è aperta: viva la Rivoluzione socialista mondiale!". Tutti gli astanti rimasero attoniti, compresi i pretesi capi della Rivoluzione, e nulla dissero per controbattere quelle parole.

La sera stessa del 3 aprile Lenin parla in un'assemblea di bolscevichi ed elenca dieci punti, qui riassunti, che prendono il nome di "Tesi di aprile":

1. c'è un conflitto imperialista in corso ed i proletari insieme ai contadini possono solo partecipare ad una guerra rivoluzionaria;

2. la Rivoluzione di febbraio, che vede il potere entrare temporaneamente nelle mani della borghesia, è solo una prima fase della Rivoluzione proletaria;

3. il proletariato non deve appoggiare il governo provvicorio e deve denunciarne la politica;

4. i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma possibile di governo rivoluzionario;

5. ad una repubblica parlamentare deve sostituirsi una repubblica dei Soviet in cui vengono soppressi polizia ed esercito. I funzionari (eleggibili e revocabili in qualsiasi momento) non possono avere uno stipendio superiore a quello di un salario medio di un operaio;

6. bisogna confiscare immediatamente le grandi proprietà fondiarie e nazionalizzare tutte le terre mettendole a disposizione dei Soviet;

7. tutte le banche devono fondersi in un'unica banca sotto la direzione dei Soviet;

8. non stiamo instaurando il socialismo, ma passando il controllo della produzione sociale nelle mani del proletariato e dei contadini;

9. dobbiamo indire subito il Congresso del Partito, modificarne il programma e cambiargli nome in "Partito Comunista";

10. dobbiamo creare una nuova Internazionale dei lavoratori e prendere le distanze dai centristi e dagli sciovinisti.

Nonostante i chiarimenti dello stesso Lenin, alcuni componenti del Partito fraintendono le Tesi come fossero un appello all'immediata realizzazione del socialismo e ci furono anche dei dissensi interni ai bolscevichi (uno di questi era proprio Kamenev).

Verso la Rivoluzione d'Ottobre

Il 19 aprile il ministro degli Esteri diffonde un volantino in cui scrive che tutto il popolo stava appoggiando la guerra e che essa sarebbe terminata solo con la vittoria della Russia. Operai e contadini sollevarono proteste ed il giorno dopo ci furono scontri in piazza tra i lavoratori ed i borghesi dei quartieri residenziali di Pietrogrado affiancati dalla polizia. Il 21 aprile aumentano i cortei di protesta dopo una seconda nota del ministero che cambiava nella forma ma non nella sostanza.

Quando il generale Lavr Georgievič Kornilov ordina ai suoi uomini di caricare la folla dei manifestanti, però, essi si oppongono. I Soviet ristabiliscono l'ordine pubblico e dichiarano chiuso l'incidente creatosi sulle note ministeriali.

Scrive Lenin il 23 aprile: "La lezione è chiara, compagni operai! Il tempo non aspetta. Alla prima crisi altre ne seguirannno. Dedicate tutte le vostre forse a educare gli elementi arretrati, ad avvicinarvi in massa, da compagni, attraverso contatti diretti (e non solo nei comizi), a ogni reggimento, a ogni gruppo della popolazione lavoratrice che non vede ancora chiaro".

Le Tesi di aprile di Lenin sono una chiara presa di posizione contro tutti i partiti che stavano appoggiando la borghesia e non chiedevano la cessazione della guerra.

Il 28 e 29 aprile si ha la VII Conferenza Panrussa del POSDR in cui vengono adottate alcune risoluzioni ed eletto (per la prima volta pubblicamente e legalmente) il Comitato Centrale di 9 membri tra cui Lenin, Zinov'ev, Stalin e Kamenev.

La crisi politica che colpisce il governo ad aprile termina con l'accordo tra la grande borghesia (coi cadetti in testa) e la piccola borghesia (rappresentata da menscevichi e socialisti rivoluzionari), entrambe alleate contro il bolscevismo.

A maggio si dimettono il ministro degli Esteri Miljukov e quello della Guerra, l'ottobrista Aleksandr Ivanovic Guckov, impotente in special modo dopo che i marinai di Kronštadt, nel Golfo di Finlandia avevano creato un Soviet. Il 5 maggio si forma un governo di coalizione con 9 rappresentanti diretti della borghesia e 6 socialisti, tra cui Kerenskij (nuovo ministro della Guerra) che stava studiando l'offensiva militare russa al fronte.

Il nuovo governo costituisce così i battaglioni della morte che avevano il compito di reprimere con le armi chi non condivideva l'idea offensivista. Lenin ed i bolscevichi vengono accusati di essere spie tedesche.

Dalla parte dei bolscevichi

Stanchi della guerra e delle campagne diffamatorie anti-bolsceviche, sia i contadini che i soldati si ribellano al nuovo governo. Cominciano i marinai di Kronštadt che l'8 giugno, il giorno dopo il I Congresso Panrusso dei Soviet arriva a Pietrogrado per protestare contro la politica dei menscevichi e socialisti rivoluzionari ed in appoggio dei bolscevichi. Seguono i marinai ucraini di Sebastopoli che Kerenskij voleva inviare al fronte: essi ammutinano, destituiscono i loro comandanti e col Congresso nazionale militare ucraino protestano contro la politica del governo. Governo che per bocca del socialdemocratico Irakli Tsereteli accusa i bolscevichi di cospirare per il rovesciamento del governo.

Intanto al fronte un mare di soldati cadevano sotto i colpi degli imperi centrali a causa di scarsezza logistica, mancanza di munizioni, sfiducia verso gli ufficiali e consapevolezza dell'inutilità di quella guerra. L'attività dei bolscevichi direttamente nelle trincee ha portato migliaia di soldati dei due blocchi nemici (in particolare russi con tedeschi ed austriaci) a fraternizzare al fronte. Non esiste alcun episodio nella storia dell'uomo in cui due schieramenti in guerra depongono le armi prendendo coscienza di stare facendo gli interessi delle classi dominanti e di appartenere alla stessa classe sociale dominata. (Attenzione: la pausa natalizia del 1914 su cui hanno prodotto anche un film - Joyeux Noël - non è minimamente paragonabile a questi eventi, sia per contenuti che per grandezza.)

Una nuova crisi colpisce il governo quando si dimettono quattro ministri cadetti non d'accordo con un compromesso negoziato con l'Ucraina. Il 3 luglio una manifestazione di operai e soldati si trasforma in un sanguinoso scontro con i militari che ancora appoggiavano il governo. Tuttavia non era ancora il momento per prendere il potere, in quanto c'era bisogno della consapevolezza da parte della maggior parte dei lavoratori. I bolscevichi fanno rifluire la massa di manifestanti e di tutta risposta i menscevichi ed i socialisti rivoluzionari cominciano una dura repressione contro soldati, lavoratori e Partito.

Il 7 luglio viene emesso mandato di arresto nei confronti di Lenin, Zinov'ev e Kamenev. Assieme a quest'ultimo vengono arrestati anche Trotskij, Krylenko, Raskol'nikov e molti altri dirigenti bolscevichi. Il Partito torna a muoversi clandestinamente e fortunatamente Lenin sfugge alla polizia, tant'è che il VI Congresso del POSDR deve fare a meno anche di lui.

Il 25 agosto il generale Kornilov fa marciare i soldati su Pietrogrado intimando a Kerenskij di sciogliere il governo e passare il potere nelle sue stesse mani. Questo putsch viene fermato solo dall'intervento dei lavoratori. Scrive Nevskij nel suo libro Storia del Partito bolscevico: "Durante le giornate di Kornilov il proletariato russo scrisse una luminosa pagina di storia, poiché solo grazie alla sua organizzazione, al suo spirito di sacrificio e alla sua tempestività fu neutralizzato il complotto del generale reazionario. E' davvero straordinario il fatto che, nel momento di maggior pericolo, i menscevichi e i socialisti rivoluzionari chiedessero aiuto ai bolscevichi: questi ultimi avevano legami stretti con l'esercito che i primi non avevano, a parte la sezione militare del Soviet. Nel settembre del 1917 persino la temuta organizzazione militare clandestina dei bolscevichi fu riconosciuta dai socialisti rivoluzionari e dai menscevichi; i quali, però, appena passato il pericolo, ripresero a combatterli".

I bolscevichi passano così in maggioranza in tutte le elezioni di settembre tenute nelle città di Russia. Nelle campagne i comitati dei contadini insorgono e Kerenskij risponde inviando l'esercito.

All'interno del Partito si ha una divisione sulla posizione da tenere verso la seduta di uno pseudo-parlamento (la "Conferenza Democratica") indetta dal governo. Stalin, Trotskij e Lenin optavano per il boicottaggio, come palesato dalle parole di Lenin: "dobbiamo dare alle masse una parola chiara e precisa: date un calcio a Kerenskij e al suo Preparlamento!", mentre un'altra parte del Comitato Centrale del POSDR propendeva per la partecipazione alla Conferenza. Lenin vi partecipa ma solo per fare una breve dichiarazione prima di uscirne. Amadeo Bordiga in Struttura economica e sociale della Russia d'oggi ci riporta queste parole del leader bolscevico: "Rottura completa con la borghesia, destituzione di tutto il governo attuale, rottura con gli imperialisti franco-inglesi, passaggio di tutto il potere nelle mani di una democrazia rivoluzionaria diretta dal proletariato rivoluzionario. [...] pace ai popoli, la terra ai contadini, confisca dei profitti scandalosi dei capitalisti, repressione dello scandaloso sabotaggio della produzione perpetrato da essi. Per la centesima volta: la rivoluzione socialista, ma non la società socialista (che verrà, lo vedremo presto ancora, da Occidente)".

Si compie la Rivoluzione

Il 23 ottobre il Comitato Centrale si riunisce per votare la mozione sull'insurrezione armata. Kamenev e Zinov'ev votano contro, esternando la loro opinione su un giornale menscevico. Lenin risponde il giorno stesso chiedendo immediata espulsione dal Partito.

E' il 6 novembre e mentre Lenin sta per scrivere un'ultima lettera al Comitato Centrale, esso ha già deciso per l'azione, con Trotskij in prima fila e Stalin assente. Di seguito riportiamo alcuni passi di Lenin che ben spiega l'importanza dell'azione in quelle ore infinite: "Ogni temporeggiamento equivale alla morte [...] le questioni all'ordine del giorno non possono essere decise né da conferenze né da congressi [...], ma esclusivamente dai popoli, dalle masse, dalla lotta delle masse armate. [...] Bisogna ad ogni costo questa sera, questa notte, arrestare il governo dopo avere disarmato gli allievi ufficiali, e averli sconfitti se resistono. Non è più possibile aspettare! Si perderebbe tutto! [...] Non prendiamo il potere contro i Soviet, ma per essi. La presa del potere è opera dell'insurrezione, lo scopo politico lo si preciserà dopo. Sarebbe cosa nefasta e formalistica aspettare l'incerta votazione del 25 [NdA: 7 novembre]. Il governo esita. Bisogna finirlo ad ogni costo! Ogni temporeggiamento nell'azione equivale alla morte!". In poche ore il proletariato prende il potere a Pietrogrado ed alle 21 si assalta il Palazzo d'Inverno lasciando sulla neve tre morti, tutt'e tre lavoratori.

Questa la testimonianza della militante bolscevica ucraina Evgenia Bosh sulle giornate di ottobre a Kiev:

A Kiev la maggioranza del proletariato e della guarnigione era per il potere dei soviet, una parte dei ferrovieri e degli operai della fabbrica Greter seguiva i partiti piccolo borghesi, le truppe di guardia, gli junker, i cadetti erano per il governo provvisorio, la Rada centrale non poteva contare che su due reggimenti che essa stessa aveva costituito.

Durante la prima metà di ottobre le esitazioni del Comitato del Partito bolscevico di Kiev indussero le masse rivoluzionarie e il soviet dei deputati operai a restare inattivi e ad adottare una posizione attendista. I partigiani del governo provvisorio utilizzarono tale situazione per organizzarsi e rafforzare le truppe "sicure". Dal 6 all'8 di ottobre i partiti piccolo borghesi, membri del Comitato Esecutivo del Soviet dei delegati operai, del Comitato Esecutivo del Soviet dei delegati soldati e della Duma municipale, crearono un Comitato di Salute della Rivoluzione che in seguito si fuse con lo Stato Maggiore della regione. A partire dal 10 ottobre lo Stato Maggiore cominciò a concentrare delle truppe a Kiev, prendendo però le precauzioni necessarie affinchè il fatto non trapelasse.

Di notte, in un silenzio totale, i "battaglioni della morte" entravano in città, le bandiere nere spiegate sulle quali, proprio nel mezzo, brillavano lugubremente dei teschi ricuciti di bianco [NdA: sì, proprio come quelle adottate più avanti dalle SS naziste]. Nella città male illuminata il passante solitario rabbrividiva quando incrociava questi presagi di violenze selvagge e di sanguinose repressioni. Di giorno però nelle strade tutto era calmo e non si poteva scorgere alcun segno premonitore della tempesta. La Rada centrale creò allora un Comitato Territoriale di Salute della Rivoluzione. I movimenti notturni di truppe a Kiev suscitarono l'inquietudine negli eserciti rivoluzionari e nelle organizzazioni operaie e il 15 ottobre alcuni rappresentanti delle fabbriche e delle organizzazioni militari, attraverso la frazione bolscevica, fecero depositare presso il Comitato Esecutivo le seguenti rivendicazioni:

11. Esigere dallo Stato Maggiore la cessazione immediata di ogni movimento di truppe verso Kiev.

12. Sostituire i reggimenti che garantiscono la difesa del Soviet con truppe più sicure.

1.

Il Comitato Esecutivo respinse a maggioranza le due richieste; la frazione bolscevica pretese allora la convocazione immediata del Plenum del Soviet dei delegati operai. Ciò avvenne però solo il 24 ottobre e su proposta della frazione bolscevica si decise di creare un Comitato Militare Rivoluzionario. Tutti i partiti piccolo borghesi membri del Soviet protestarono energicamente contro tale decisione e solo i bolscevichi entrarono nel CMR. Il 25 ottobre, su ordine dello Stato Maggiore regionale, gli junker circondarono la sede del Soviet e arrestarono il CMR e il Comitato bolscevico di Kiev. Quando la notizia dell'arresto giunse nelle fabbriche, gli operai si prepararono subito alla lotta armata. Tutto il lavoro di organizzazione si concentrò sull'arsenale. Il 26 ottobre gli operai uscirono dalle fabbriche. Allo scalo merci i ferrovieri si impadronirono di un convoglio di armi che consegnarono agli operai dell'arsenale i quali le fecero subito distribuire nelle fabbriche. Una volta armati lasciammo in massa tutte le fabbriche marciando verso la Duna municipale per esigere la liberazione immediata dei prigionieri. Non appena però ci fummo radunati sulla piazza, ecco gli junker sui carri armati, i battaglioni della morte e i cadetti incominciarono ad occupare tutte le strade e tutti gli accessi vicini, accerchiandoci in una morsa compatta e ostile. Avanzarono verso di noi e quando i loro primi ranghi furono a qualche passo dai manifestanti risuonò il comando degli ufficiali seguito dappertutto dal crepitio dei colpi; ci sdraiammo al suolo e cominciammo a rispondere al fuoco. Improvvisamente, sulle nostre teste, cominciarono a tuonare gli schrapnell. Al segnale convenuto ci lanciammo allora tutti quanti contro uno dei distaccamenti nemici, lo sfondammo e ci ritirammo verso l'arsenale dopo aver subito pesanti perdite. Per tutta la notte ci preparammo febbrilmente a un nuovo attacco; concentrammo le forze principali nell'arsenale e nei quartieri di Shulevski e di Podolski, fortificammo le barricate e gli sbarramenti e sin dalle prime ore del mattino ingaggiammo una lotta feroce con le truppe controrivoluzionarie. Il primo giorno fu impossibile determinare da che parte pendesse la bilancia della vittoria. Le strade cambiavano più volte di padrone e alla sera del secondo giorno i bianchi ci fecero battere in ritirata. Decidemmo allora di trincerarci nei quartieri operai. Il mattino del terzo giorno alcuni rappresentanti della Duma municipale vennero a proporci una trattativa di pace. Nel frattempo il secondo corpo di guardia occupò Jmerinka, alla periferia di Kiev, e inviò le sue truppe in soccorso del proletariato.

Lo Stato Maggiore del Governo Provvisorio di Kiev fu il primo a saperlo, per cui si affrettò a trasferire i suoi poteri alla Rada centrale e battè in ritirata con gli junker e le truppe rimaste fedeli al governo provvisorio.

La Rada centrale, fingendo di sostenere gli insorti, fece occupare dal reggimento Bogdanovski tutti i posti di guardia della città e fece liberare i membri del CMR e del Comitato bolscevico che erano stati arrestati.

Il proletariato credette davvero che l'azione del Bogdanovski significasse il passaggio del reggimento dalla parte delle masse rivoluzionarie e depose le armi. La lotta armata cessò, il proletariato di Kiev si considerò vincitore e, quando ci fu il 2° Plenum dei Soviet dei Comitati di Fabbrica e di Officina, proclamò solennemente che a Kiev tutto il potere apparteneva al Soviet dei delegati operai.