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Lo Shintoismo o Scintoismo è una religione nativa del
Giappone. Prevede l'adorazione dei Kami, un termine che si
può tradurre come divinità, spiriti naturali o
semplicemente presenze spirituali. Alcuni kami sono locali e possono
essere considerati come gli spiriti guardiani di un luogo
particolare, ma altri possono rappresentare uno specifico oggetto o
un evento naturale, come per esempio Amaterasu, la dea del Sole. Il
Dio dei cristiani in giapponese viene tradotto come "kami". Anche le
persone illustri, gli eroi e gli antenati divengono oggetto di
venerazione dopo la morte e vengono a loro volta annoverati tra i
kami.
La parola Shinto nasce dall'unione dei due kanji: 神 shin che
significa "divinità", "spirito"(il carattere può
essere anche letto come kami in giapponese ed è a sua volta
formato dall'unione di altri due ideogrammi 示 "altare" e 申 "parlare
, riferire"; letteralmente ciò che parla, si manifesta
dall'altare. 申 ne determina anche la lettura) e 道 tō in cinese Tao
("via", "sentiero" e per estensione; in senso filosofico rende il
significato di pratica o disciplina come in Judo o Karatedo o ancora
Aikido). Quindi, Shinto significa letteralmente "pratica degli
Dèi", "via degli Dèi". In alternativa a Shinto,
l'espressione puramente giapponese — con il medesimo significato —
per indicare lo Shintoismo è Kami no michi. Il termine
"shinto" viene adoperato anche per indicare il corpo del nume,
ovvero la reliquia presso cui il kami partecipa materialmente (per
esempio una spada sacra).
Nella seconda metà del XIX secolo, nel contesto del
Rinnovamento Meiji fu elaborato lo Shinto di Stato 国家神道 (Kokka
Shintō?), che mirava a dare un supporto ideologico e uno strumento
di controllo sociale alla classe dirigente giapponese, e poneva al
centro la figura dell'imperatore e della dea Amaterasu, progenitrice
della stirpe imperiale. Lo Shinto di stato fu smantellato alla fine
della seconda guerra mondiale, con l'Occupazione del Giappone.
Alcune pratiche ed insegnamenti shintoisti che durante la guerra
erano considerati di grande preminenza ora non sono più
insegnati o praticati mentre altri rimangono grandemente diffusi
come pratiche quotidiane senza però assumere particolari
connotazioni religiose, come l'Omikuji (una forma di divinazione).
Indice
1 Storia della religione shintoista
1.1 Periodo preistorico
1.2 Relazioni con il
Buddhismo
1.3 Shintoismo di Stato
1.4 La riforma moderna
2 Categorizzazione e struttura
2.1 Classificazione
religiosa
2.2 Tipi di Shintoismo
2.3 Chiesa shintoista
2.4 Organizzazione
clericale
3 Pratiche ed insegnamenti
3.1 Vita dopo la morte
3.2 Etica
3.3 Purificazione
3.3.1 Concetto di impurità
3.3.2 Riti purificatori
3.4 Venerazione
3.4.1 Culto templare
3.4.2 Culto domestico
3.4.3 Luoghi naturali
3.5 Offerta
4 Concezione di divinità
4.1 Energia cosmica
4.2 Trinità
shintoista
4.3 Misticismo della
natura
4.4 Kami
4.4.1 Concetto base
4.4.2 Kami particolari
4.5 La questione
dell'imperatore
5 Simbologia
5.1 Torii
5.2 Tomoe
5.3 Corda sacra
5.4 Maneki neko o Gatto
della fortuna
6 Templi
6.1 Stili
6.2 Locali
6.3 Area d'ingresso
6.4 Bosco sacro
7 Conversione
8 Effetti culturali dello Shintoismo
Storia della religione shintoista
Periodo preistorico
Le origini dello Shintoismo si sono perse nel tempo, ma pare che si
sia originato alla fine dell'ultimo Periodo Jōmon. Esistono diverse
teorie riguardo agli antenati del popolo giapponese odierno; la
più accettata è quella che li indica come discendenti
di popolazioni dell'Asia Centrale e dell'Indonesia.
Più probabilmente dopo l'arrivo dei primi antenati del popolo
cinese, ogni villaggio e area aveva la sua propria collezione di
divinità e rithi(così chiamati) senza alcuna relazione
tra un culto locale e l'altro. In seguito all'ascesa degli antenati
dell'odierna famiglia imperiale giapponese andò probabilmente
a crearsi un pantheon stabile, anche se mai definitivamente, in
quanto anche oggi le divinità sono innumerevoli, proprio
perché considerate manifestazione della natura stessa, sacra
in ogni sua forma.
Relazioni con il Buddhismo
L'introduzione della scrittura nel V secolo e del Buddhismo nel VI
secolo ebbero un profondo impatto nello sviluppo di un sistema
unificato di credenze shintoiste. Nel giro di un breve periodo di
tempo all'inizio del periodo Nara, il Kojiki (Memorie degli eventi
antichi, 712) ed il Nihonshoki (Annuali del Giappone, 720 circa)
furono scritti compilando miti e leggende esistenti in un resoconto
unificato (vedi la voce sulla mitologia giapponese). Questi
resoconti avevano un duplice scopo: innanzitutto favorire
l'introduzione di temi taoisti, confuciani e buddhisti nella
narrativa, mirati a impressionare i cinesi dimostrando che la
cultura giapponese non era inferiore alla loro; in secondo luogo
queste narrazioni erano volte a legittimare la casa imperiale,
facendola discendere dalla dea del Sole Amaterasu. La maggior parte
del territorio del Giappone moderno era sotto un controllo
frammentario da parte della famiglia imperiale, e gruppi etnici
rivali confinanti (inclusi forse gli antenati degli Ainu)
continuavano ad essere ostili. Le antologie mitologiche, insieme ad
altre antologie di poesie come il Manyoshu, contribuirono a
rafforzare la centralità della famiglia imperiale sostenendo
e divinizzando il suo mandato governativo.
Con l'introduzione del Buddhismo e la sua rapida adozione a corte,
divenne necessario spiegare l'apparente differenza tra il credo
nativo giapponese e gli insegnamenti buddhisti. In effetti lo
Shintoismo non ebbe un nome fino a che non divenne necessario
distinguerlo dal Buddhismo. Quest'ultimo non penetrò
spazzando via la precedente fede giapponese, ma al contrario
contribuì al suo consolidamento. Esso legittimò
infatti tutti gli dèi giapponesi, considerandoli come
entità sovrannaturali intrappolate nel ciclo delle rinascite.
Questa spiegazione venne più tardi contestata dalla corrente
Kukai che considerava i kami come incarnazioni speciali del Buddha
stesso. Per esempio collegò la dea del Sole, e antenata della
famiglia imperiale, Amaterasu, a Dainichi Nyorai, una manifestazione
del Buddha, il cui nome significa letteralmente "Grande Buddha
Solare". Secondo questo punto di vista i kami erano semplicemente
Buddha con un altro nome. Parallelamente alla teologia anche i due
sistemi di valori andarono progressivamente a supportarsi e a
scambiarsi elementi: c'è infatti una forte
compatibilità tra gli insegnamenti naturalistici dello
Shintoismo e quelli compassionevoli del Buddhismo.
La coesistenza e amalgama di Buddhismo e Shintoismo dai punti di
vista dello Shinbutsu Shugo e del sincretismo ebbe larga diffusione
fino alla fine del Periodo Edo. A quell'epoca nacque un rinnovato
interesse negli studi giapponesi (Kokugaku), forse come risultato
della politica del paese chiuso. Nel XVIII secolo con vari studiosi
giapponesi, in particolare Motoori Norinaga (1730 - 1801), ci furono
vari tentativi di separare lo Shintoismo dalle influenze straniere.
I tentativi non ebbero grande successo, sin dall'epoca del
Nihonshoki, quando parti della teologia e del creazionismo
shintoista vennero prese esplicitamente in prestito dalla dottrina
cinese (per esempio le divinità procreatrici Izanami e
Izanagi furono comparate alle energie del Tao, Yin e Yang). Questi
tentativi prepararono comunque il terreno per l'introduzione dello
Shintoismo di Stato, in seguito alla Restaurazione Meiji, con il
quale Shintoismo e Buddhismo furono ufficialmente separati.
Shintoismo di Stato
In seguito alla Restaurazione Meiji lo Shintoismo venne proclamato
religione ufficiale del Giappone e nel 1868 la sua combinazione con
il Buddhismo venne resa illegale. In questo periodo molti studiosi
del Kokugaku iniziarono a vedere lo Shintoismo come mezzo attraverso
cui unificare il Paese ed aumentarne la devozione all'imperatore,
per velocizzare il più possibile il processo di
modernizzazione. Lo shock psicologico delle navi nere e il
conseguente collasso dello shogunato convinsero molti che solo una
nazione unita avrebbe potuto resistere alla colonizzazione dei
popoli stranieri. In conseguenza di ciò lo Shintoismo venne
utilizzato come strumento per promuovere l'adorazione
dell'imperatore (e quindi della propria nazione) e venne esportato
nei territori conquistati come l'Hokkaidō e la Corea.
Nel 1871 venne istituito un Ministero delle divinità e i
templi shintoisti vennero divisi in dodici livelli con sede centrale
al tempio di Ise (dedicato ad Amaterasu e perciò
simboleggiante la legittimità della famiglia imperiale).
Negli anni seguenti il Ministero delle divinità venne
rimpiazzato da una nuova istituzione, il Ministero della religione,
incaricato di guidare l'istruzione allo shushin (letteralmente
"sentiero morale"). Questo fu uno dei maggiori capovolgimenti
dall'epoca del Periodo Edo. I preti iniziarono ad essere eletti
ufficialmente, retribuiti ed incaricati dallo Stato di istruire i
giovani attraverso una forma di teologia shintoista basata sulla
storia mitologica della casata imperiale e dello Stato giapponese.
Con il passare del tempo lo Shintoismo venne utilizzato sempre
più per enfatizzare i sentimenti nazionalisti popolari. Nel
1890 venne promulgato il Kyoiku Chokugo (Rescritto imperiale
sull'educazione) che richiese agli studenti di recitare ritualmente
il giuramento di offrire sé stessi coraggiosamente allo
Stato, così come di proteggere la famiglia imperiale. La
pratica dell'adorazione dell'Imperatore venne ulteriormente diffusa
dalla distribuzione di ritratti imperiali come oggetti di
venerazione esoterica. Questo utilizzo dello Shintoismo diede al
patriottismo giapponese una tinta di misticismo speciale e di
introversione culturale, che divenne sempre più pronunciata
con il passare del tempo.
Questo processo continuò a consolidarsi durante il periodo
Showa prima di arrestarsi bruscamente nell'agosto 1945, con la
separazione tra Stato e Chiesa shintoista. Ironicamente, l'invasione
dell'Occidente così temuta all'inizio dell'epoca Meiji era
infine arrivata, in parte a causa della radicalizzazione del
Giappone permessa dalla sua compattezza religiosa.
La riforma moderna
L'era dello Shintoismo di Stato si chiuse bruscamente con la fine
della seconda guerra mondiale. Poco dopo la fine del conflitto
l'imperatore annunciò pubblicamente la rinuncia al suo stato
di divinità terrena e smentì la discendenza della
famiglia imperiale dalla dea Amaterasu. In conseguenza ai risultati
della guerra molti giapponesi conclusero che la causa della
sconfitta fosse stata la hybris (superbia) dell'Impero. La brama di
territori stranieri accecò i loro leader esaltando
l'importanza della loro patria. Nel periodo successivo alla guerra
comparvero numerose Shinshukyo (nuove sette religiose), molte delle
quali ostensivamente basate sullo Shintoismo.
Successivamente alla guerra lo Shintoismo insistette con meno
importanza sulla mitologia e il mandato divino della famiglia
imperiale. Invece i templi tesero a focalizzarsi su attività
sociali, volte ad aiutare le persone ordinarie nel migliorare le
proprie condizioni o se stessi, mantenendo buone relazioni con gli
antenati e gli dèi. Successivamente alla guerra la pratica
generale dei rituali shintoisti non è decrementata. La
spiegazione normalmente data per questa anomalia è che in
seguito alla dismissione dello Shintoismo di Stato, la religione
è ritornata alla sua posizione tradizionale, culturalmente
radicata, piuttosto che imposta. In ogni caso lo Shintoismo ed i
suoi valori continuano ad essere una componente fondamentale della
vita e della mentalità giapponese.
Categorizzazione e struttura
Classificazione religiosa
Lo Shintoismo è una religione difficile da classificare. Da
una parte può essere considerata veramente come una forma
molto organizzata di animismo, ma la presenza di una mitologia
definita la rende più una religione politeista con tratti
sciamanici. La vita dopo la morte non è una preoccupazione
primaria e viene data un'enfasi maggiore al trovare l'armonia in
questo mondo, invece che nel prepararsi al successivo. Lo Shintoismo
non possiede insiemi vincolanti di dogmi, un luogo santo sopra tutti
gli altri da adorare, nessuna persona o kami considerato più
sacro degli altri, e nessun insieme definito di preghiere. Lo
Shintoismo è piuttosto una collezione di rituali e metodi,
intesi a mediare le relazioni tra gli esseri umani e i kami. Queste
caratteristiche conferiscono allo Shintoismo un carattere di
completezza semplice ed efficace, caratteristiche che gli consentono
di sopravvivere tutt'oggi, facendone una religione importante e
millenaria. Queste pratiche si sono originate organicamente in
Giappone nel corso di molti secoli e sono state influenzate dal
contatto con le religioni straniere, soprattutto cinesi. Da notare
per esempio, che la parola Shinto è essa stessa di origine
cinese e che molte delle codifiche della mitologia shintoista
vennero costituite con lo scopo esplicito di rispondere
all'influenza culturale cinese. Nella stessa maniera lo Shintoismo
ha avuto, e continua ad avere, un'influenza dominante sulla pratica
di altre religioni in Giappone. In particolare si potrebbe anche
discuterlo sotto la voce Buddhismo giapponese, poiché le due
religioni hanno esercitato una profonda influenza l'una sull'altra
per tutta la storia del Giappone.
Alcuni ritengono che lo Shintoismo fu strumentalizzato per la
legittimizzazione ideologica durante la fase militaristica che
seguì la Restaurazione Meiji. Poiché lo Shintoismo non
possiede fonti di autorità assoluta, alcuni ritengono che sia
stato un'espressione naturale delle credenze del popolo, sfruttate
dai nazionalisti radicali che desideravano unificare il Giappone.
Altri si chiedono se l'enfasi posta dallo Shintoismo
sull'eccezionalità giapponese non abbia reso inevitabili
questi sviluppi. Anche oggigiorno, alcune fazioni di estrema destra
della società giapponese, vogliono che si enfatizzi
maggiormente lo Shintoismo e si incrementi la reverenza mostrata
all'imperatore, come parte di un progetto per portare il Paese nel
suo giusto posto come nazione guida del mondo. Nonostante
ciò, per la maggior parte dei giapponesi, seguire lo
Shintoismo non significa esprimere disprezzo per le altre nazioni,
ma piuttosto esprimere il proprio amore per la natura del Giappone e
di tutto il mondo, delle persone e degli spiriti e divinità
che lo abitano.
Tipi di Shintoismo
Si possono riconoscere essenzialmente cinque espressioni dello
Shintoismo. Queste non vanno considerate come vere e proprie
correnti a sé stanti, ma più che altro delle
differenti forme di culto tutte volte al medesimo obiettivo, ovvero
giungere alle medesime verità. Casi particolari sono tuttavia
quelli dello Shintoismo settario e di quello di Stato.
* Shintoismo imperiale (Koshitsu Shinto): questo
termine indica i riti eseguiti dall'imperatore per venerare la
miriade di kami e in particolare la dea Amaterasu Omikami, al fine
di assicurare la continuità dello stato, la felicità
del popolo e la pace mondiale. Questi riti sono indipendenti da
quelli dello Shintoismo templare.
* Shintoismo templare (Jinja Shinto): questo termine
indica lo Shintoismo istituzionalizzato (nato subito dopo la caduta
dello Shintoismo di Stato), fondato sul culto all'interno dei templi
jinja. È in generale lo Shintoismo organizzato e rappresenta
infatti il cardine di tutte le attività religiose e persino
degli altri filoni della religione shintoista. Anche se venne
instaurato solo nel secolo scorso, le sue radici si fissano nella
preistoria. Quasi tutti i templi sono membri della Jinja Honcho,
Associazione dei templi shintoisti.
* Shintoismo settario (Shuha Shinto o Kyoha): è
composto dai tredici gruppi (Kurozumikyō, Shintoismo Shuseiha, Izumo
Ōyashirokyō, Fusōkyō, Jikkōkyō, Shinshūkyō, Shintoismo Taiseikyō,
Ontakekyō, Shintōtaikyō, Misogikyō, Shinrikyō, Konkōkyō ed il
Tenrikyō) (che però nel 1970 ha formalmente dichiarato di non
essere una forma di Shintoismo) formatisi durante il XIX secolo,
quando i templi shintoisti vennero separati dalle altre istituzioni
religiose ed usati per condurre riti e celebrazioni sotto la
direzione dello Stato (lo Shintoismo di Stato).
* Shintoismo popolare (Minzoku Shinto): è la
forma praticata dalla gente senza essere formalizzata; include le
numerose, ma frammentate, credenze popolari in spiriti e
divinità. Le pratiche includono divinazione, esorcismo e
guarigioni sciamaniche. Alcune di queste pratiche provengono
dall'influenza del Taoismo, del Buddhismo e del Confucianesimo,
altre sono diretta espressione delle tradizioni locali.
* Shintoismo di Stato (Kokka Shinto): fu il risultato
della Restaurazione Meiji e della caduta dello shogunato.
Tentò di purificare lo Shinto abolendo molti ideali buddhisti
e confuciani. Secondo la maggior parte delle opinioni fu un tipo di
Shintoismo fortemente monopolizzato, a volte addirittura talmente
distorto da perdere i suoi significati ed insegnamenti religiosi
divenendo una mera forma di nazionalismo. In seguito alla sconfitta
giapponese nella seconda guerra mondiale venne abolito e
l'imperatore forzato a rinunciare al suo status di divinità.
Chiesa shintoista
Nel febbraio 1946, con la pubblicazione della cosiddetta Direttiva
shintoista, tutti i templi si organizzarono in un'amministrazione
nazionale chiamata Associazione dei templi shintoisti, a tutti gli
effetti una Chiesa shintoista, termine poco ortodosso anche se
comunemente utilizzato. Il nome in giapponese è Jinja Honcho.
Lo scopo di questa istituzione fu subito quello di organizzare e
conservare la tradizionale cultura religiosa giapponese. La Chiesa
oggi amministra migliaia di templi in tutto il Giappone e un
centinaio di scuole. Negli ultimi decenni ha dimostrato una certa
apertura anche verso Paesi esteri, ha infatti iniziato ad esportare
lo Shintoismo, edificando i primi templi in America e Australia e
ordinando i primi sacerdoti shintoisti non-giapponesi.
Organizzazione clericale
Dopo l'era Meiji, quando il Giappone aprì ufficialmente le
porte all'Occidente per scambi commerciali, il sistema ereditario
dell'ordine sacerdotale shintoista fu abolito, introducendo il
sistema del seminario similmente ad altre religioni, sebbene
esistano ancora oggi alcuni templi a conduzione familiare. I
sacerdoti sono liberi di sposarsi e condurre una vita familiare al
di fuori di quella religiosa.
Il sistema sacerdotale shintoista è suddiviso in quattro
ordini principali: Johkai, Meikai, Gonseikai e Kokkai. Ogni
sacerdote (kannushi) di questi gruppi intraprende una carriera
caratterizzata da sei gradi di specializzazione: il Grado Superiore,
il Primo grado, il Secondo, il Grado intermedio, il Terzo e il
Quarto grado. Il superamento di questi gradi consente l'accesso
all'ordine successivo. I livelli successivi all'intermedio sono
conferiti solo ai sacerdoti che professano da più di
vent'anni, sebbene esistano eccezioni dovute alla particolare
cultura, saggezza e preparazione dell'individuo. Per diventare Guji,
ovvero il sacerdote capo di un tempio importante, è
necessario ottenere il grado più alto dell'ordine Meikai. Per
diventare Guji di un tempio poco eminente si deve raggiungere il
massimo grado dell'ordine Gonseikai.
Dopo la seconda guerra mondiale il sacerdozio è stato aperto
anche alle donne, oggi molto importanti nel clero shintoista:
infatti la pratica del Kaguramai, la danza sacra in onore degli
dèi è generalmente svolta solo dalle donne e
l'autorità principale del tempio di Ise, comunemente
considerato il cuore dello Shintoismo, è una sacerdotessa.
Non bisogna confondere una sacerdotessa (kannushi) da una miko. Il
ruolo di miko, le cosiddette vergini, è solitamente assegnato
per un determinato periodo a ragazze o adolescenti (di solito di
sesso femminile), e di frequente si tratta delle figlie dei
sacerdoti. Il compito del o della miko è quello di assistere
i sacerdoti nei vari preparativi dei riti e delle feste, ruolo molto
simile a quello dei chierichetti cristiani. Le miko sono
contraddistinte dal caratteristico abito bianco e rosso.
Oggi il sacerdozio si può ottenere attraverso un sistema a
seminari, frequenti in tutto il Giappone e spesso gestiti dai
templi. Esistono anche corsi di sacerdozio shintoista in due
università: l'università di Kokugakuin a Tokyo e
l'università di Kogakkan nella prefettura di Mie, entrambe
amministrate dalla Jinja Honcho. In aree di provincia è
comune, in assenza di un sacerdote, assegnare annualmente la
celebrazione dei rituali e delle festività a un membro della
comunità, anche senza titolo sacerdotale.
Pratiche ed insegnamenti
Vita dopo la morte
Secondo la fede Shintoista, lo spirito umano è eterno,
proprio come i kami. Come nella maggior parte delle concezioni
orientali l'aldilà è concepito dallo Shintoismo come
una sorta di livello esistenziale superiore. Quando si muore dunque,
per lo Shintoismo, si cambia semplicemente forma di esistenza, si
accede ad un altro tipo di esistenza. Questa è la concezione
più moderna.
Poiché lo Shintoismo è coesistito pacificamente con il
Buddhismo per oltre un millennio è molto difficile separare
le credenze buddhiste da quelle shintoiste. Si può dire che
mentre il Buddhismo enfatizza la vita dopo la morte, lo Shintoismo
enfatizza questa vita e la ricerca della felicità in essa,
sebbene abbiano prospettive molto diverse sul mondo, la maggior
parte dei giapponesi non vede alcuna necessità di
riconciliare le due religioni e pertanto le pratica entrambe.
Perciò è comune per molte persone praticare lo
Shintoismo in vita ed essere comunque sepolte con un funerale
buddhista.
Nello Shintoismo antico veniva ovviamente dato maggior peso alla
mitologia. Si credeva in una serie di paradisi, già c'era
quindi la concezione della pluralità esistenziale, anche se
non espressa filosoficamente tra il popolo. Tra questi paradisi si
annoverano: l'aldilà del cielo, l'aldilà Yomi,
l'aldilà Tokoyo, l'aldilà delle montagne. Questi
luoghi non sono descritti né come posti ameni né con
caratteristiche infernali, ma come luoghi molto simili al mondo
terrestre.
Etica
« La sincerità porta alla verità. La
sincerità è saggezza, che unisce l'uomo e il divino in
un tutt'uno. »
« Sii caritatevole con tutti gli esseri: l'amore è la
prima caratteristica del divino. »
Lo Shintoismo presenta un'infinità di insegnamenti positivi,
che nascono anche come conseguenze dei suoi precetti fondamentali.
Una prima regola etica è sicuramente la disponibilità
verso gli altri. La religione shintoista insegna che l'uomo deve
sempre offrirsi per aiutare il prossimo, caritatevolmente,
sinceramente e amorevolmente, per mantenere l'armonia e il benessere
nella società. Conseguentemente lo Shintoismo incita al
contenimento dell'egoismo e dell'egocentrismo, promuovendo invece
l'umiltà.
La natura è eterna simmetria ed equilibrio.
« Non vi è posto per l'egoismo nello Shinto. »
Minamoto Yoshitsune:
« Ammettere uno sbaglio è il primo segno di una grande
saggezza. »
Il culto shintoista pone, in generale, al primo posto l'interesse
della comunità e il pubblico benessere. Ciò non
significa che i diritti individuali e la famiglia siano ignorati. Al
contrario, è sullo sfondo dei riti religiosi, come
conseguenza delle azioni verso gli altri, che l'intimità, il
carattere individuale di una persona e i suoi rapporti con il
prossimo, sono ampiamente promossi.
Sebbene lo Shintoismo non abbia comandamenti assoluti al di fuori di
vivere una vita semplice ed in armonia con la natura e le persone,
si dice che ci siano Quattro Affermazioni che esprimono tutto lo
spirito etico di questa religione:
* La famiglia è il nucleo principale della vita
di una persona, è il gruppo in cui e attraverso cui una
persona cresce, e da cui eredita un approccio e una visione del
mondo ben precisi. Di conseguenza a questa grande importanza, il
nucleo familiare è un fondamento necessario al benessere
dell'individuo, e come tale va tutelato ed in particolare mantenuto
armonico.
* La natura è sacra, in quanto espressione del
divino; conservare un contatto con essa comporta il raggiungimento
della completezza e della felicità, e significa mantenersi
vicino ai kami. Come tale la natura va rispettata, venerata e
soprattutto tutelata, poiché è da essa che deriva
l'equilibrio della vita.
* La pulizia è un componente essenziale dello
Shintoismo, pulizia consente purezza, e la purezza è una
delle massime virtù. La pulizia è essenziale per
condurre una vita armoniosa: il fedele shintoista ne fa largo uso,
sia su sé stesso che negli ambienti in cui vive; i templi
shintoisti vengono tenuti sempre impeccabilmente puliti dai
sacerdoti.
* I matsuri sono i festival dedicati ai kami. In questi
giorni il fedele shintoista prega nei templi, o nella propria casa.
Per festeggiare le divinità, vengono allestiti feste,
processioni e banchetti. I matsuri vengono organizzati dai templi o
dalle comunità. Queste feste sono parecchie durante l'anno e
vanno da quelle più importanti e nazionali a quelle dei
piccoli paesi. I giorni normali sono chiamati ke ("giorno") e quelli
di festa sono detti hare ("soleggiato" o semplicemente "buono").
Purificazione
Concetto di impurità
Secondo lo Shintoismo non c'è niente di peccaminoso di per
sé, piuttosto certi atti creano un'impurità rituale
che una persona dovrebbe voler evitare semplicemente per ottenere
pace mentale e buona fortuna, non perché l'impurità
sia sbagliata in sé stessa. Il male e gli atti sbagliati sono
chiamati kegare (letteralmente "sporcizia"), e la nozione opposta
è kiyome (letteralmente "purezza"). L'uccisione di un essere
vivente, considerata come atto impuro, dovrebbe essere fatta con
gratitudine e con riverenza nei confronti dell'animale e ridotta al
minimo, praticata solo quando altamente necessario.
I giapponesi moderni continuano a enfatizzare grandemente
l'importanza dell'aisatsu, l'insieme di frasi e saluti rituali.
Prima di mangiare, molti giapponesi dicono itadakimasu ("ricevo
umilmente [questo cibo]"), in modo da prestare un appropriato
rispetto per chi ha preparato ed in generale per tutti quegli esseri
viventi che hanno perso la loro vita per permettere quel pasto. La
mancanza nel mostrare rispetto può essere considerata come un
segno di orgoglio ed un'assenza di preoccupazione per gli altri.
Questa attitudine è evitata, perché si pensa che possa
causare problemi per tutti. Chi fallisce nel tenere in giusto conto
i sentimenti delle altre persone e dei kami attrarrà su di
sé la propria disgrazia. La peggior espressione di questa
attitudine è lo sfruttare la vita degli altri per il guadagno
o godimento personale. Si crede che le persone uccise per mano
altrui provino urami ("rancore") e diventino aragami, spiriti
potenti e malvagi che cercano vendetta. Per tutti questi motivi,
nelle moderne aziende giapponesi, non viene intrapresa alcuna azione
prima che venga raggiunto un consenso e una consapevolezza unanime.
Riti purificatori
I riti di purificazione sono una parte vitale dello Shintoismo e
sono stati adottati anche nella vita moderna. Un rito di
purificazione personale è legato all'acqua, elemento
purificatore per eccellenza: consiste nel rimanere sotto una cascata
o nell'eseguire delle abluzioni rituali alla foce di un fiume o nel
mare, oppure semplicemente mediante le apposite fonti dei templi;
quest'ultima pratica è richiesta quasi sempre prima
dell'accesso al luogo sacro. Queste due forme di purificazione sono
spesso dette 祓 harai. Una terza forma di purificazione è
l'astensione da qualcosa, cioè un tabù (per esempio
alle donne non venne permesso di scalare il Monte Fuji fino al
1868). I tabù sono pressoché scomparsi nello
Shintoismo moderno. Tra le altre credenze vi è quella di non
pronunciare parole considerate di cattivo auspicio ai matrimoni,
come ad esempio la parola tagliare, o non partecipare ai matrimoni
se di recente si è persa una persona cara.
Nelle cerimonie di purificazione vengono generalmente utilizzati
vari elementi simbolici, tra i quali spiccano la già citata
acqua, il sale e la sabbia. Gli atti generali di pulizia sono
chiamati misogi, mentre in specifico, la purificazione personale
all'ingresso dei templi, che consiste nel lavarsi mani e bocca,
è chiamata temizu o anche imi. Un rituale misogi ancora oggi
molto praticato è quello che consiste nel gettare acqua nei
dintorni della propria casa, per ottenerne la purezza.
I riti di purificazione sono sempre il primo atto di una qualsiasi
cerimonia religiosa, e vengono praticati anche per benedire
avvenimenti importanti. Per esempio i nuovi edifici costruiti in
Giappone vengono spesso benedetti da un sacerdote shintoista, come
vengono benedetti anche i nuovi aerei o le nuove automobili. Questo
tipo di rituale purificatorio è chiamato jichinsai.
Addirittura un rito di questo tipo venne tenuto nel 1969 per
benedire la missione sulla Luna dell'Apollo 11.
Il sale è, dopo l'acqua, l'altro elemento importante nei
rituali di purificazione. Le cerimonie legate al sale vengono
genericamente chiamate shubatsu. Vi sono varie cerimonie in cui il
sale viene sparso in un determinato luogo per eliminare le
impurità, chiamate maki shio (letteralmente "sale sparso").
Di solito all'ingresso delle case vengono posti dei contenitori di
sale, chiamati mori shio, che si crede abbiano l'effetto di
purificare chiunque entri nell'abitazione. Il maki shio è
praticato nelle case, e anche, alternativamente o insieme all'acqua,
prima della costruzione di un edificio. Il sale viene offerto
simbolicamente anche alle divinità, ponendolo sugli altarini
domestici kamidana (vedere la sezione sul culto domestico).
Venerazione
« Una preghiera sincera giunge al cielo. Una preghiera
sincera realizzerà sicuramente la divina presenza. »
« Il primo e più sicuro passo per entrare in comunione
con il divino è la sincerità. Se si prega una
divinità con sincerità, si riesce a percepire la
divina presenza. »
La venerazione, nello Shintoismo, ha una valenza molto profonda ed
è considerata un atto puro e sincero. Il rito shintoista
tende a soddisfare i sensi dell'uomo e ad armonizzare e pacificare
la mente. Ciò è favorito dalla forte estetica del rito
stesso, caratterizzata da immagini, suoni e profumi. Le cerimonie
sono dunque innanzitutto volte a manifestare riverenza e ammirazione
nei confronti della grandezza infinita dei kami, ma anche, e non da
meno, lo scopo delle cerimonie è quello di rendere l'uomo
cosciente della verità che lo circonda, facendone scaturire
pace e armonia.
Culto templare
Nello Shintoismo moderno il cuore del culto è sicuramente il
tempio (jinja), in cui si celebrano numerose cerimonie e pratiche.
Non c'è un giorno preciso della settimana in cui si svolgono
le cerimonie, i templi sono infatti costantemente aperti e
disponibili per i fedeli, che possono recarvisi per pregare gli
dèi e fare offerte in qualsiasi momento desiderino. Gli spazi
sacri tendono ad essere particolarmente affollati soprattutto nei
giorni in cui cadono i matsuri, ovvero i festival nazionali. Il tipo
di preghiera con cui il fedele cerca un contatto con i kami non
segue regole specifiche, ognuno può infatti avere un
approccio totalmente personale alla venerazione. Generalmente, nei
giorni non festivi, ci si reca al tempio chiedendo agli dèi
protezione costante sulla famiglia, fortuna per superare esami
scolastici, e ovviamente molto altro.
La venerazione corrisponde sempre ad un contatto con il mondo
naturale, che rende i templi oasi di pace all'interno delle caotiche
città. Il culto templare sottolinea l'appartenenza dell'uomo
all'universo di cui è parte. I riti aiutano il fedele a
comprendere la via che deve intraprendere nella vita, gli offrono
forza e sostegno per superare le difficoltà e sostengono la
sua visione spirituale del mondo, tra sacralità e purezza.
L'estetica del tempio, sostanzialmente, è un elemento
fondamentale per la preghiera e la venerazione, è un tutt'uno
con esse. Il tempio è infatti considerato un edificio
mistico, un luogo in cui è possibile trovare un contatto e
respirare la sacralità del mondo, che il luogo sacro in un
certo senso canalizza.
I rituali collettivi sono organizzati dai sacerdoti. Questi rituali
sono molto precisi e dettagliati, rappresentano infatti l'equilibrio
del mondo, e con un tale significato vanno rispettati nella loro
interezza. Il modello rituale divenne comune a tutti i templi nel
corso del XIX secolo. Oggi, la Jinja Honcho, nella sua costante
opera di modernizzazione dello Shintoismo, sta introducendo nuovi
modelli rituali, più adatti all'era moderna.
Culto domestico
La venerazione non deve essere un atto esclusivamente pubblico,
è infatti spesso praticata anche tra le mura domestiche.
È comune allestire degli altarini, chiamati kamidana
(letteralmente "mensola dei kami"), su cui comunemente viene
posizionato uno specchio, l'oggetto che meglio consente di dare una
rappresentazione dei kami. È possibile inoltre aggiungervi
oggetti sacri come ad esempio amuleti, acquistabili presso i templi.
L'altare è utilizzato per offrire preghiere e incenso alle
divinità, oltre ad una serie di elementi tradizionali tra
cui: il sale, l'acqua e il riso.
Luoghi naturali
In alternativa a templi ed altari domestici, un luogo considerato
sacro, a volte addirittura più degli edifici costruiti
dall'uomo, è la natura stessa. Montagne, laghi, isole,
scogliere, spiagge, foreste, prati; in quanto questi ambienti
incontaminati sono la massima espressione del divino, rappresentano
una delle vie per giungere alla contemplazione del sacro e alla
percezione della dimensione divina dell'universo.
Offerta
Un'offerta, nello Shintoismo, è un rituale simbolico che
consente di donare qualcosa agli dèi, mettendosi in contatto
con loro. Ci sono vari tipi di offerta, anche se i più comuni
sono gli ema e gli origami.
Gli ema (絵馬) sono generalmente atti di donazione da parte dei fedeli
ai templi. In epoca medievale i ricchi potevano donare dei cavalli
ad un tempio, specialmente quando richiedevano l'aiuto della
divinità (ad esempio per vincere in battaglia). Per favori di
entità minori divenne costume donare la pittura di un cavallo
in forma simbolica, e questi ema sono popolari anche oggigiorno. Il
fedele può acquistare al tempio una tavoletta di legno con
sopra l'immagine di un cavallo, o di altri elementi (simboli dello
zodiaco cinese, persone o oggetti associati al tempio, e altro), vi
scrive sopra un desiderio o una preghiera e l'appende ad una bacheca
nel tempio. In alcuni casi se il desiderio si avvera o la preghiera
viene soddisfatta ne appende un altro come ringraziamento. In molti
templi è consueto anche offrire origami.
Concezione di divinità
Lo Shintoismo è una religione cosmica. Con questa definizione
si intende affermare che si tratta di una religione che vede tutto
il cosmo, ovvero tutto ciò che esiste, come pura
manifestazione del divino, è dunque una religione dai
caratteri panteistici. Nella religione shintoista ogni cosa è
sacra poiché la materia stessa che costituisce tutte le cose
che esistono ha un fondamento divino. In primo luogo dunque la
principale forma di entità divina è l'esistenza
stessa, la natura, qualunque essa sia. Procedendo su questo piano, e
affermando le forti basi animistiche su cui si basa, si può
dire che lo Shintoismo insegna che ogni cosa è detentrice di
una forza divina, una divinità, uno spirito che la presiede e
ne forgia l'esistenza.
Energia cosmica
Nella cosmologia shintoista tutto l'esistente è pervaso da
un'energia primordiale, che alimenta e compone tutta la materia e
tutte le sue manifestazioni, è il Musubi. Questa forza
mistica è paragonabile al Tao del Taoismo, un'energia cosmica
che dà origine al tutto e causa l'evoluzione del tutto,
attraverso l'eterno ciclo dell'esistenza. Esso è il legame
intimo che c'è tra tutte le cose, l'elemento comune a tutto
ciò che fa parte del cosmo. Il Matsubi è inoltre la
forza armonica e universale che lega indissolubilmente il mondo
fisico umano al mondo spirituale degli dèi, i kami.
Come la maggior parte delle tradizioni orientali, anche lo
Shintoismo è una religione ciclica. Nello Shintoismo
l'esistenza, in tutte le sue forme, si origina innanzitutto
dall'esprimersi del principio cosmico in una dualità, due
forze polarmente opposte, il principio negativo In e il principio
positivo Yo, corrispondente al rapporto di Yin e Yang della
cosmologia taoista. Dall'avvicendarsi di queste due forze
primordiali e opposte scaturisce tutta l'esistenza, sia essa fisica
e materiale sia spirituale. I kami, come gli uomini, hanno origine
dallo scontro eterno tra queste due polarità.
Nella versione mitologica della cosmologia, le due divinità
primordiali Izanami e Izanagi, corrispondono ai due principi In e
Yo.
Trinità shintoista
Parlando di trinità shintoista una cosa assolutamente erronea
è pensare ad un concetto trinitario analogo a quello del
Cristianesimo. Si può dire che la trinità shintoista
non sia altro che il frutto del rapporto cosmico tra i due poli
primordiali dell'energia. Di questa triade fanno parte i suddetti In
e Yo (i due poli), corrispondenti ai principi taoisti Yin e Yang, e
una terza parte, chiamata in cinese Yuan. Questa terza parte
rappresenta ciò che nasce dall'interazione dei due principi
primordiali, simboleggia i fenomeni e le manifestazioni prodotti
dall'eterna interdipendenza di essi. Rappresenta, più
sinteticamente, la terza fase della cosmologia shintoista, seguente
a quella della bipolarità, ovvero la manifestazione
dell'energia cosmica. Questa manifestazione finale che scaturisce
dall'interazione eterna delle due forze primordiali è la
natura dell'universo, la sua esistenza stessa, la sua vita, il suo
continuo progredire in cicli eterni, nonché la sua
molteplicità, sia essa spirituale, manifesta attraverso gli
dèi del cosmo, i kami, sia essa fisica, ossia corrispondente
al livello esistenziale umano.
Misticismo della natura
Uno scrittore nato in Galles, trasferitosi poi sulle alture di
Kurohime in Giappone, scrisse di un'esperienza in Africa, quando fu
condotto da un cacciatore locale in un luogo considerato sacro dai
Pigmei, nella foresta pluviale dello Zaire. L'episodio è il
seguente:
« Lì trovammo una caverna, circondata da alti alberi.
Si poteva udire solo il canto degli uccelli, il muoversi delle
scimmie tra le fronde degli alberi e lo scrosciare di una cascata.
Era un luogo meraviglioso. Il basso cacciatore dalla pelle bruna che
ci aveva guidato in quel posto indossava solo un gonnellino a cinta,
un arco e delle frecce avvelenate. Strappò un fiore e se lo
mise tra i capelli. Qualcuno chiese: "Come fai a sapere che il
divino è qui? Puoi vedere qualcosa di divino?" Pensai che non
avesse senso fare una domanda simile, ma il cacciatore rispose con
un sorriso: "Non posso vederli, ma so che gli esseri divini sono
intorno a noi". »
Questa citazione è una vivida rappresentazione dell'essenza
della fede shintoista, ovvero un grande amore e riverenza per la
natura, in tutte le sue possibili manifestazioni. Lo Shintoismo
infatti colloca la natura in una particolare luce, ogni cosa
è di per sé sacra, ogni essere vivente e ogni roccia
nell'universo. La natura è considerata sacra in quanto
manifestazione della forza dei kami e dimora eterna di essi stessi.
Nella visione shintoista valli, montagne, abissi, foreste, fiumi,
persino le città e le foreste artificiali ripiantate
dall'uomo sono delle manifestazioni dell'essenza divina
dell'universo, in quanto la materia stessa di cui ogni cosa è
costituita ha una base, un fondamento divino.
È per questo motivo che nello Shintoismo spicca l'importanza
assoluta della natura, che ha portato all'usanza di costruire templi
soprattutto nel cuore di boschi e zone di pace e silenzio
meditativo. Un filosofo spagnolo scrisse:
« Lo spettacolo più stupefacente di tutte le meraviglie
del Giappone è la spontaneità e la dimensione naturale
della sua religione, caratterizzata dai templi immersi nel verde,
quasi ad indicare che il luogo migliore nel quale andare a cercare
il divino, non è altro che il mondo intorno a noi. »
Un contesto religioso di questo genere risulta incredibilmente
adatto alla mentalità moderna dell'uomo. Mentre infatti si
tende sempre di più a diffidare del trascendente, cresce un
tipo di teologia che vede come divina la materia stessa che
costituisce tutte le cose, in quanto generata dalle grandi energie
divine che pervadono tutto l'universo. È in questo modo che
lo Shintoismo sopravvive in un Paese costellato da tecnologie
avanzatissime tra cui i robot, sempre più diffusi. In una
visione del mondo in cui ogni cosa che esista si ritiene abbia uno
spirito, infatti, anche un robot deve conseguentemente averne uno.
Questo spirito non è da intendere nel senso cristiano del
termine, poiché questa essenza divina di un robot non
è altro che parte della matrice divina che genera tutte le
manifestazioni dell'universo. Detto più semplicemente, lo
spirito del robot è contenuto nella materia stessa di cui il
robot è costituito, poiché la materia stessa è
generata dal divino.
La scienza moderna è arrivata a scoprire che gli atomi sono
costituiti da ulteriori particelle subatomiche, queste particelle
subatomiche generano attività muovendosi da una
polarità positiva ad una negativa, corrispondenti alle due
polarità che danno origine a tutte le manifestazioni
dell'universo nelle filosofie legate al concetto di Yin e Yang.
Kami
Concetto base
« Tutto ciò che c'è di maestoso e solenne, che
possiede le qualità dell'eccellenza e della virtù ed
ispira un sentimento di meraviglia, è considerato kami
»
(Motoori Norinaga)
I kami, termine tradotto in genere con "dèi",
"divinità", sono le entità spiritiche che popolano
tutto l'universo, sono gli spiriti della natura, e si esprimono
attraverso essa. Per il fedele shintoista una cascata, la Luna o
semplicemente una roccia, possono essere considerati come
espressione dei kami ed elementi mistici in grado di porre in
contatto con la sfera divina. Anche semplici forze, ovvero i cicli
che regolano l'universo, come la fertilità o la crescita,
possono essere visti come manifestazione delle impercettibili forze
divine che popolano la natura.
I kami sono stati definiti anche con il termine li, ovvero
"intelligenze innate", oppure "principi". Questa miriade di
definizioni sta ad indicare la complessità nel dare una
spiegazione al concetto stesso di divinità shintoiste. Spesso
è utilizzato anche il termine cinese shen ("esseri di luce",
"divinità"), forma più originale di shin, la radice
della parola Shinto (etimologia completa spiegata
nell'introduzione).
I kami non sono dunque divinità trascendenti; sebbene siano
impalpabili, popolano lo stesso universo in cui si trova l'uomo, si
trovano solo ad un livello esistenziale superiore. Nel tempo
l'immagine dei kami è andata a caratterizzarsi, tanto che
è comune trovarli rappresentati in forma antropomorfa, e
circondati da ampi corollari mitologici; tuttavia il messaggio
essenziale è rimasto invariato, le raffigurazioni sono solo
delle maschere, volte a rendere concepibili all'uomo concetti
così complessi. È molto frequente, infatti, in
particolare nello Shintoismo moderno, l'utilizzo di uno specchio per
rappresentare le divinità. Questa è la migliore
raffigurazione che possa far comprendere all'uomo moderno un
concetto così profondo. Lo specchio sta infatti ad indicare
che ogni cosa riflessa da esso è incarnazione e
manifestazione degli dèi. In alternativa, come
raffigurazione, vengono anche utilizzate composizioni geometriche di
carta o di stoffa.
I kami sono collettivamente chiamati Yaoyorozu no Kami (八百万の神?
letteralmente "otto milioni di kami"). Il nome arcano Yaoyorozu
("otto milioni") non è il numero esatto, ma piuttosto un modo
simbolico di indicare l'infinito in un'epoca in cui questo concetto
non esisteva. Il kami più importante, e certamente il
più invocato e venerato è la dea del Sole Amaterasu.
Il tempio principale a lei dedicato è situato a Ise e ad esso
sono affiliati numerosi templi minori.
Kami particolari
Nella classificazione kami possono essere inclusi anche altri tipi
di spiriti, ed entità:
* Dosojin: i dosojin o sai no kami o ancora dorokujin,
sono le divinità delle strade e dei sentieri, ovviamente
più in senso metaforico che in senso lato, quindi strade
è da intendere anche come i sentieri della vita, le direzioni
e le scelte che la caratterizzano. I luoghi in cui si dice siano
soliti manifestarsi sono contrassegnati da pietre o sculture, poste
ai lati delle strade, oppure agli incroci o in prossimità dei
ponti. In qualità di divinità patrone dei confini, i
dosojin si dice proteggano dagli spiriti maligni e da catastrofi o
incidenti stradali. Le pietre di segnalazione dai luoghi in cui
presenziano rappresentano solitamente piccoli esseri antropomorfi, o
in alternativa possono essere semplici pietre con inscrizioni. In
alcuni paesi si ritiene che i dosojin siano manifestazioni del kami
della fertilità, in altri casi del kami patrono dei bambini.
I popolari festival del fuoco del Giappone, che si tengono il 15
gennaio di ogni anno, sono conosciuti con il nome di festival dei
dosojin. L'usanza prevede che in questa giornata vengano bruciati
tutti gli ornamenti, i talismani e altre decorazioni utilizzate nei
templi durante la festa del Nuovo Anno. Le decorazioni, solitamente
di bambù e carta, vengono gettate nel fuoco per propiziare
salute e ricchezza per l'anno appena iniziato. Questa tradizione
legata al fuoco ha molti nomi, tra cui Sai no Kami, Sagicho e Dondo
Yaki. La tradizione vuole che dal crepitio delle fiamme si riesca ad
interpretare se l'anno sarà ricco e prospero. L'origine delle
pietre dosojin si è persa nelle nebbie del tempo. Tradizioni
simili si possono comunque riscontrare nel mondo buddhista (nello
stesso Giappone i dosojin in stile buddhista sono detti jizo), la
tradizione stessa delle pietre di segnalazione di spiriti nei pressi
delle strade è rintracciabile ad esempio in India, dove il
Buddhismo nacque all'incirca nel 500 a.C. Il Buddhismo fu introdotto
in Giappone solo nel VI secolo dopo Cristo, e con esso probabilmente
la tradizione dei dosojin.
* Ujigami: gli ujigami (氏神, letteralmente "kami con un
nome") sono kami particolari, che si ritiene siano protettori di una
specifica località o un singolo paese e in molti casi si
tratta degli spiriti dei fondatori del paese stesso. I membri della
comunità che venera un ujigami sono solitamente chiamati
ujiko (anche se questo nome spesso sta ad indicare il gruppo di
persone addette alla manutenzione dei templi di provincia). Queste
caratteristiche rendono il culto degli ujigami molto simile a quello
dei santi cristiani.
* Mizuko: i bambini che muoiono in età infantile
senza essere stati aggiunti alle liste di un tempio (vedi la sezione
culto templare), divengono mizuko (letteralmente "bambino d'acqua")
e si ritiene che causino problemi e pestilenze. I mizuko vengono
spesso adorati in templi specifici con lo scopo di placare la loro
rabbia e tristezza. Questi templi sono diventati più popolari
nel Giappone moderno con l'aumento degli aborti.
* Spiriti ancestrali: lo Shintoismo insegna che ogni
essere vivente possiede una propria anima, chiamata reikon che, con
la morte assume uno status simile a quello dei kami. Coloro che
muoiono senza problemi e in felicità divengono spiriti
ancestrali, festeggiati nel giorno di Obon. Essi possono essere
pertanto venerati come tenjin ("spiriti celesti"), e può
essere loro richiesta protezione sulla famiglia e sulle vicende ed
attività familiari; un'usanza molto simile, dunque, a quella
di molte altre grandi religioni. Per persone molto eminenti e sagge
può essere edificato anche un tempio, pratica comune se il
defunto era particolarmente popolare.
* Yurei: gli yurei sono i fantasmi. Mentre le anime
felici diventano spiriti ancestrali, chi muore infelice o di morte
violenta si sostiene divenga un fantasma, uno degli stati spirituali
più vicini a quello umano sia per lo Shintoismo che per il
Buddhismo. Il termine yurei significa letteralmente "fantasmi
tormentati", perché questi spiriti tenderebbero a causare
problemi.
* Spiriti zoomorfi: la maggior parte dei templi
shintoisti, presenta ai lati dell'ingresso due statue raffiguranti
creature dall'aspetto di cani-leoni, sono i cosiddetti komainu,
raffiguranti gli spiriti guardiani del tempio che tengono lontane le
entità maligne. I templi dedicati ad Inari fanno eccezione,
sono infatti tipicamente guardianati da tanuki (animali simili ai
procioni in grado di trasformarsi in uomini) e uccelli antropomorfi
chiamati tengu. Ovviamente nel tempo sono nate molte varianti, si
possono trovare ad esempio anche spiriti dall'aspetto di scimmie. Ad
ogni modo tutti questi spiriti sono collettivamente chiamati Henge,
che significa "muta-forma", poiché si crede che possano
assumere sembianze umane. La tradizione di questi spiriti guardiani
è rintracciabile anche nelle tradizioni buddhiste e taoiste.
Vi sono centinaia di leggende che narrano di incontri tra umani e
queste creature magiche, considerate a volte benefiche e a volte
malefiche. Fanno parte di questa categoria anche i due kami zoomorfi
più comuni, il kappa e il drago.
* Forze della natura: anche alcune forze ed elementi
della natura, sono considerate manifestazioni della matrice divina
di tutto l'universo. Queste forze possono includere quelle
rappresentate dai vulcani, come ad esempio il Monte Fuji,
caratterizzato dalla sua dea protettrice. Oltre ad essi ogni luogo
particolare, come ad esempio una scogliera, una cascata, un lago,
vengono visti dai fedeli shintoisti come luoghi di intenso potere
spirituale.
* Yokai: il termine è solitamente tradotto con
demoni. È una categoria non molto definita, che a volte
può sconfinare nelle altre. Generalmente si tratta di esseri
che abitano una dimensione molto vicina a quella umana. Si dice che
la maggior parte di essi eviti l'incontro con gli uomini, anche se
esistono eccezioni. Gli yokai sono generalmente associati al fuoco e
all'estate, poiché verrebbero attirati dal calore. Sono
rappresentati, di solito, con aspetto grottesco e terrificante.
Inutile non dire che la credenza in queste manifestazioni spirituali
abbia fortemente influenzato la moderna industria degli Anime, i
cartoni animati giapponesi. In essi si possono riscontrare centinaia
di personaggi e spiriti ostensivamente ispirati ai kami e agli
spiritelli della religione shintoista.
La questione dell'imperatore
Va detto sin dal principio che la venerazione dell'imperatore non
era prevista nello Shintoismo precedente alla Restaurazione Meiji (o
comunque era molto meno enfatizzata), ma introdotto da quest'ultima
per rafforzare il potere imperiale. Il culto dell'imperatore
è crollato insieme al crollo dello Shintoismo di Stato con la
fine della seconda guerra mondiale.
Il Tenno (imperatore) venne considerato essere il discendente di
Amaterasu e padre di tutti i Giapponesi ed era pertanto un kami
sulla Terra (un ikigami o "kami vivente"). Con la Restaurazione
Meiji il culto venne reso popolare, ma precedentemente i governatori
militari (Shogun) erano riusciti più volte ad usurpare il
potere, nonostante l'imperatore venisse sempre visto come il vero
governatore del Giappone anche nei periodi in cui la carica fu solo
simbolica. Sebbene Hirohito rinunciò al suo status divino nel
1946, sotto pressioni americane (Ningen sengen), la famiglia
imperiale rimase profondamente coinvolta nei rituali shintoisti che
unificano simbolicamente la nazione giapponese (Shintoismo
imperiale). Questa dichiarazione, pur essendo stata emanata per
ragioni politiche, è religiosamente parlando priva di
significato ed indicò soltanto la fine dell'imposizione dello
Shintoismo di Stato.
Simbologia
Torri
Il torii è per antonomasia il simbolo universalmente
riconosciuto dello Shintoismo. Rappresenta i portali che danno
accesso ai templi o ad una qualsiasi zona naturale considerata
sacra. Il torii è un simbolo di misticismo. Esso rappresenta
l'eterna interazione, poiché immedesimazione, del mondo umano
con il mondo divino. Attraversare un torii significa rivitalizzare i
sensi spirituali e rinnovare di continuo la partecipazione alla
vita, all'universo intero e alla propria esistenza soggettiva.
L'origine di questo simbolo è pressoché sconosciuta,
alcuni la ricollegano al mito in cui Amaterasu si nascose in una
caverna per sfuggire a Susanoo, altri ne vedono l'origine
analizzando l'etimo della parola. Torii è infatti composto da
tori, che significa uccello con l'aggiunta di una i finale. Secondo
questa spiegazione i primi torii erano volti ad ospitare gli
uccelli, considerati particolarmente importanti dalla religione
shintoista poiché simboleggianti il contatto tra la Terra e
il cielo, metafore rispettivamente del mondo umano e di quello
divino.
Tomoe
Il Tomoe, detto anche Yin-Yang-Yuan o Triplo Taijitu, è il
simbolo della triplicità dell'energia cosmica shintoista
(vedi il paragrafo sulla trinità shintoista). Due delle tre
parti rappresentano i due principi polari, Yin e Yang, la terza
parte rappresenta l'universo, ovvero tutte le manifestazioni che
scaturiscono dai due principi primordiali.
Esistono molte varianti del Tomoe, data la grande diffusione che ha
avuto il simbolo, che oltre a caratterizzare lo Shintoismo è
entrato a far parte anche della simbologia buddhista. La versione
più diffusa è quella prettamente tripolare (Mitsu
Tomoe), in linea alla cosmologia shintoista. Si definisce tuttavia
Tomoe, anche il simbolo tipicamente in stile giapponese ma bipolare,
assimilabile quindi al Taijitu taoista. L'aspetto di quest'ultimo ha
fortemente influenzato lo stile della versione cinese del Tomoe
(Yin-Yang-Yuan).
Corda sacra
La corda sacra, in giapponese detta shimenawa (注連縄), a volte
abbreviato in shime, è una composizione che appare molto
spesso nei templi shintoisti e nei luoghi sacri. Ad esempio viene
frequentemente appesa all'asta orizzontale dei torii per
incrementarne il significato sacro, oppure la si può trovare
legata al tronco di un albero, o attorno ad una roccia,
poiché considerati espressione delle potenze spirituali.
Lo shimenawa consiste in una treccia di paglia di riso, alla quale
vengono appese strisce di carta, i cosiddetti gohei (御幣), che come
già detto precedentemente sono, dopo lo specchio, l'elemento
più utilizzato per raffigurare le divinità. La parola
shimenawa è composta da tre kanji di cui l'ultimo è
nawa (che letteralmente vuol dire "corda"), mentre gli altri due
corrispondono approssimativamente ai termini "scrosciare" (sosogu) e
"serie", "gruppo", "raccolta" (ren). La parola shimekazari (注連飾り)
indica invece l'insieme di decorazioni realizzato con più
shimenawa (kazari significa appunto decorazione).
Maneki neko o Gatto della fortuna
« Nel Diciassettesimo secolo, in un tempio di Tokyo, viveva un
monaco poverissimo, costretto a dividere il suo cibo con un gatto
Tama. Un giorno, durante una tempesta, un ricco signore si
fermò sotto un albero del tempio per ripararsi dalla pioggia.
Mentre aspettava la fine della tempesta, vide un gatto, che con la
zampa, lo invitava a seguirlo verso il tempio. L'uomo si alzò
per seguire il gatto e proprio in quel momento un fulmine
colpì la pianta. Da quel giorno l'uomo divenne amico del
monaco e del gatto, che non dovettero più vivere in
povertà. Quando il gatto Tama morì fu seppellito nel
tempio di Goutokuji. »
Questa è sicuramente la più popolare delle leggende
che avvolgono la figura del Maneki neko (招き猫), letteralmente gatto
che invita, all'estero chiamato anche gatto della fortuna. In ognuna
di queste leggende ci sono comunque dettagli similari, in
particolare il salvataggio di qualcuno da parte di questo gatto. Da
leggenda popolare il Maneki neko è ben presto diventato uno
dei simboli più popolari del Giappone, e seppur di origine
buddhista, le sue raffigurazioni sono usate come amuleto anche nella
religione shintoista. È molto frequente, in Giappone,
imbattersi in queste raffigurazioni feliniformi in qualsiasi tipo di
ambiente, case, ristoranti, alberghi, centri commerciali.
Si crede che questo amuleto abbia poteri mistici e capacità
di protezione nei confronti dell'ambiente in cui si trova, portando
salute, fortuna e denaro. La figura del Maneki neko risalirebbe al
XIV o XVII secolo, e avrebbe avuto origine ad Osaka, anche se
tradizioni precedenti potrebbero risalire addirittura a millenni fa,
quando i primi gatti furono importati in Giappone attraverso la Cina
dai coltivatori di bachi da seta.
Data l'antica origine della credenza nel Maneki neko, ne esistono
migliaia di tipologie diverse, modellate nelle forme più
originali ed utilizzando i materiali più vari; solo
l'impostazione è sempre la stessa: un gatto seduto con una
campanella allacciata al collo e una zampa sollevata in segno di
saluto. Interessante è la posizione delle zampe, infatti
sebbene le rappresentazioni con la zampa sinistra sollevata siano
più comuni di quelle con la zampa destra alzata, la ragione
esatta della differenza non è chiara. Alcuni ritengono che la
zampa sinistra sollevata significhi denaro e fortuna, mentre la
destra significhi salute. Altri sostengono che la sinistra propizi
gli affari e la destra la famiglia.
Il gatto è anche rappresentato in una vasta gamma di colori,
ognuno dei quali ha un suo significato. Quello più comune
è il bianco, che significa già di per sé buona
fortuna. Il business di questi amuleti ha una forte importanza nel
Giappone moderno, ed esistono laboratori di artisti specializzati
nella produzione delle statuette.
Il Gatto della Fortuna è presente anche nei Pokémon:
la mongolfiera del Team Rocket, infatti, assomiglia a Meowth, un
Pokémon felino, con la tipica zampa sollevata.
Templi
La pratica della costruzione di templi shintoisti, in giapponese
jinja o jingu, ebbe origine con l'introduzione del Buddhismo,
probabilmente ad imitazione dei templi di quest'ultima tradizione.
Il rito shintoista infatti, in origine, veniva praticato all'aperto,
di solito con piccoli reliquiari mobili o in aree chiamate miya.
Ovviamente era possibile trovare eccezioni, templi fissi, i primi
dei quali sono identificabili come la forma primordiale di
architettura shintoista.
Stili
Il tempio si è poi adattato a differenti stili
architettonici, oltre a quello buddhista assorbì anche
caratteristiche degli stili taoista e confuciano. Oggi si possono
trovare templi manifesto di ognuno di questa miriade di stili, da
quello utilizzato nella maggior parte dei templi, allo stile del
tempio di Ise caratterizzato dai tetti in paglia, allo stile
moderno. Nell'apparente caos stilistico lo Shintoismo mantenne le
sue regole di costruzione più originali, in particolare i
materiali utilizzati, la disposizione dei locali del tempio e gli
ornamenti simbolici. Caratteristica comune a tutti i templi
tradizionali è l'utilizzo di materiali da costruzione
naturali, il legno in primis, sebbene con l'importazione degli stili
architettonici cinesi si ebbe una discreta diffusione dell'utilizzo
della pietra, oltre all'introduzione della pittura e della scultura.
Il Buddhismo oltre all'architettura influenzò anche i rituali
shintoisti e le raffigurazioni divine, infatti in epoca medievale
avvenne un'esplosione di raffigurazioni shintoiste con marcati
caratteri buddhisti.
Oggi sebbene la maggior parte dei nuovi templi tenda a rispettare
gli stili tradizionali, altrettanto spesso si tende a sviare,
sperimentando e proponendo nuovi stili architettonici, con la
costruzione di templi decisamente futuristici, caratterizzati
dall'utilizzo di materiali come l'acciaio, il cemento e il vetro.
Locali
Il tempio shintoista ha una struttura ben precisa. È sempre
suddiviso in una serie di locali caratterizzati ognuno da una
specifica funzione:
* Honden: il sancta sanctorum, è la zone
più esclusiva del complesso templare, si tratta infatti del
locale più sacro, che ospita la raffigurazione della
divinità. Spesso questa zona è chiusa al pubblico e
solo i preti possono averne accesso, per compiere i riti di
purificazione.
* Haiden: la "sala della preghiera o "oratorio"
è la zona in cui i fedeli possono recarsi a pregare e dove si
tengono alcune cerimonie. È completata solitamente da panche
e sedie, come in un tempio cristiano. Non è tuttavia la sola
zona in cui si prega, infatti in templi speciali come quello di Ise,
sia preti che laici offrono le loro preghiere sedendosi all'esterno,
nei giardini del tempio.
* Heiden: è la "sala delle offerte". Non
è presente in tutti i templi in quanto ognuno di essi
tramanda propri riti per celebrare le offerte. Queste offerte sono
simboleggiate da vivande, che possono essere disposte su tavoli,
appese, sparse nei boschi o nell'acqua. In alcuni templi le offerte
vengono accumulate negli heiden.
* Chokushiden: si tratta di una sala speciale dove si
tiene la cosiddetta "comunione dei cibi", in giapponese ainame,
durante la quale i fedeli mangiano le offerte stesse fatte alle
divinità. Questo rituale simboleggia l'unione mistica tra
l'uomo e il kami, permessa dal cibo, che viene assunto
simbolicamente da entrambi.
* Altre sale: il tempio ospita spesso anche sale
utilizzate per le pratiche rituali legate alla musica e alla danza.
Furono introdotte nel periodo medievale. Sono solitamente due,
collocate simmetricamente a destra e a sinistra della sala
principale. Musica e danza sono considerati importanti,
poiché si dice favoriscano l'armonia tra l'uomo e i kami.
Area d'ingresso
L'area d'ingresso di un tempio shintoista è nella quasi
totalità dei casi contrassegnata dalla presenza di un torii.
Il nome (che letteralmente significa "dove risiedono gli uccelli")
indica il classico portale mistico che segnala l'entrata nell'area
sacra, che oltre ad un tempio può essere una qualsiasi zona
naturale caratterizzata da una forte bellezza e singolarità.
Un torii è costituito da due pilastri verticali che ne
sostengono due orizzontali, e completato da una tavoletta centrale,
tra le due aste orizzontali, che solitamente riporta il nome del
tempio, dell'area sacra o una frase particolarmente significativa.
L'origine di questa struttura è pressoché sconosciuta
e si perde nella leggenda (vedi il paragrafo nel capitolo sulla
simbologia per approfondire).
Si tratta di un simbolo molto semplice, ma dai significati
estremamente profondi, esso simboleggia principalmente il cancello
che separa il mondo fisico dal mondo spirituale. Il torii è
tradizionalmente costruito in legno e dipinto di colore rosso
vermiglio. Ovviamente con il tempo, e in particolare nella
modernità si sono presentate numerose varianti, tra cui la
pietra e ancor più di recente il metallo.
Bosco sacro
Inizialmente i templi shintoisti venivano edificati in zone
incontaminate e isolate dai centri abitati. Sebbene con la grande
urbanizzazione del Giappone, oggi, i nuovi templi (in particolare
quelli piccoli) non abbiano più la caratteristica di essere
immersi in boschi verdeggianti, i luoghi di culto principali tendono
invece a conservarla. Questa tradizione va ricollegata senza dubbio
alla sacralità della natura e al posto prominente che essa
deve mantenere nella vita umana, per permettere all'uomo di rimanere
sempre in equilibrio con il mondo. I giardini circondanti i templi
sono parte fondamentale della religione shintoista, protettrice
della natura in quanto divina. I boschi evocano quel tipo di armonia
con il mondo e con il divino che l'uomo tecnologizzato tende sempre
più a dimenticare. Subito dopo aver attraversato la prima
tappa rappresentata dal torii, nei grandi templi, si accede
immediatamente al bosco, attraversato di solito da un sentiero
chiamato sando.
Il sando, che attraversa la zona boschiva e conduce alla struttura
templare, è molto più di un semplice camminamento,
rappresenta infatti un cammino mistico. Riflette il sentiero che
l'uomo deve compiere per giungere alla comprensione del divino,
ovvero intraprendere un passaggio attraverso la natura, unico vero
mezzo per conoscere quale sia il mistero della vita. Il sando
è un cammino rituale, che il fedele intraprende per giungere
alla purificazione e liberare la mente, in modo da raggiungere la
contemplazione e la venerazione dei kami con la spontaneità
più pura possibile. Ai lati del sando, che spesso può
essere anche una scalinata, sono poste di frequente statue di
animali sacri, o lanterne di pietra, che dividono il percorso in una
serie di tappe. È comune anche che il sando, in certi templi,
attraversi un ponte, chiamato shinkyo. La traversata del ponte — e
quindi dell'acqua — simboleggia la purificazione.
Il Giappone è uno dei Paesi più industrializzati al
mondo: dire che il sessantasette per cento del suo territorio
è ancora coperto da foreste sembrerebbe un paradosso, eppure
si tratta della realtà. Probabilmente il Giappone, più
che alla geografia territoriale e al carattere montagnoso, deve
proprio alle sue tradizioni e ai suoi valori religiosi questo
interessante ossimoro, un modello che di certo dovrebbe essere preso
maggiormente in considerazione.
Data la radicata credenza nella sacralità dell'universo i
templi rappresentano in un certo senso un microcosmo, una piccola
riproduzione degli elementi naturali nella loro essenza: il giardino
rappresenta i boschi e le foreste di tutto il mondo, la fonte per le
abluzioni il fiume, le pietre nei giardini rappresentano le montagne
e infine gli stagni, rappresentano i mari e i laghi.
Conversione
L'espressione conversione allo Shintoismo non è poi
così appropriata, difatti per diventare shintoisti non
è necessaria nessuna conversione in senso stretto, ovvero
nessun rituale particolare o l'adesione a una qualche
comunità: questo perché lo Shintoismo non richiede
nessuna trasformazione, in quanto si è già predisposti
ad abbracciare questa religione, in quanto essa scaturisce dallo
spirito profondo dell'uomo. In qualità di religione
cosiddetta naturale, lo Shintoismo insegna che diventare shintoisti
significa semplicemente credere nei suoi precetti, con coerenza e
sentimento. Credere nei suoi valori e metterli in pratica, credere
nei kami, gli spiriti della natura: queste sono le due condizioni
essenziali che fanno di un uomo uno shintoista.
Effetti culturali dello Shintoismo
Lo Shintoismo è stato definito «la religione della
giapponesità» ed i valori ed usi di questa religione
sono inseparabili da quelli della cultura giapponese precedente
all'influsso delle idee cinesi che avvenne alla metà del VI
secolo. Molte famose pratiche giapponesi hanno radici dirette o
indirette nello Shintoismo. Per esempio alla base delle tipiche arti
giapponesi delle composizioni floreali ikebana, dell'architettura
tradizionale e dei giardini alla giapponese ci sono chiaramente gli
ideali shintoisti di armonia con la natura. Un collegamento
più esplicito allo Shintoismo è nel Sumo dove, anche
nella versione moderna, alcuni rituali shintoisti vengono eseguiti
prima di un incontro, come la purificazione dell'arena cospargendola
di sale. È tuttora consuetudine per molti giapponesi dire
Itadakimasu ("ricevo umilmente [questo cibo]") prima di mangiare e
gran parte dell'enfasi giapponese sulle forme corrette di saluto
può essere considerata una continuazione dell'antica credenza
shintoista del kotodama (parole con un effetto magico sul mondo).
Molte pratiche culturali giapponesi, come l'uso di bacchette di
legno per mangiare o togliersi le scarpe prima di entrare in un
edificio possano aver avuto origine da credenze e pratiche
shintoiste.
Secondo alcuni, l'ideologia shintoista ha avuto un notevole impatto
sulle nuove generazioni occidentali attraverso i manga e gli anime
che ne sono fortemente permeati.