Txt.: M. Serao - Il ventre di Napoli
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Matilde Serao (Patrasso, 7 marzo 1856 – Napoli, 25 luglio 1927)
è stata una scrittrice e giornalista italiana, protagonista
del rinnovamento della pubblicistica italiana negli anni cruciali
tra Ottocento e Novecento.
Oltre ad aver lavorato intensamente come giornalista, fu autrice di
settanta opere. È stata la prima donna italiana ad aver
fondato - e diretto - un quotidiano.
Biografia
La nascita
Matilde Serao nacque dal matrimonio tra l'avvocato napoletano
Francesco Serao e Paolina Borely, nobile greca decaduta, discendente
dei principi Scanavy di Trebisonda.
Il padre Francesco, avvocato e giornalista, aveva dovuto lasciare la
sua città nel 1848 perché ricercato come
anti-borbonico. Durante l'esilio in Grecia aveva trovato lavoro come
insegnante. Conobbe e sposò Paolina Borely, colta,
intelligente, angelica che sarà il vanto e il modello della
giovane Matilde.
Il 15 agosto 1860 la famiglia Serao, con l'annuncio dell'ormai
imminente caduta di Francesco II, tornò velocemente in
patria. Trovò alloggio a Ventaroli, frazione di Carinola
(CE).
«Ventaroli è anche meno di un villaggio né voi
lo troverete nella carta geografica: è un piccolo borgo nella
collina più vicino a Sparanise che a Gaeta. Vi sono
duecentocinquantasei anime, tre case di signori, una chiesa tutta
bianca ed un cimitero tutto verde; vi è un gobbo idiota, una
vecchia pazza e un eremita in una cappelluccia”. »
(Matilde Serao, articolo postumo pubblicato il 24
giugno 1956 su Il Mattino.)
L'adolescenza
La vita sociale di Matilde durante la prima adolescenza fu
spensierata e serena.
Matilde seguì la famiglia a Napoli verso gli inizi del 1861,
dove il padre cominciò a lavorare come giornalista a Il
Pungolo[1]. Matilde respirò così fin da piccola
l'ambiente della redazione di un giornale, rimanendone subito
affascinata.
Nonostante questa influenza, e malgrado gli sforzi di sua madre,
all'età di otto anni non aveva ancora imparato né a
leggere né a scrivere. Imparò più tardi, solo
in seguito alle vicissitudini economiche e alla grave malattia della
genitrice.
Quindicenne, priva di titolo di studio, si presentò in
qualità di semplice uditrice alla Scuola Normale "Eleonora
Pimentel Fonseca", in piazza del Gesù a Napoli. L'anno dopo,
all'età di sedici anni, Matilde abiurò la confessione
ortodossa per il cattolicesimo.
Dotata di grande volontà, in poco tempo e con ottimi profitti
riuscì ad ottenere il diploma di maestra. Per aiutare il
magro bilancio della famiglia, non esitò a cercare un lavoro
stabile. Riuscì a vincere un concorso come ausiliaria ai
Telegrafi di Stato; l'impiego la occupò per quattro anni.
Nonostante buona parte della giornata fosse assorbita dal lavoro, la
vocazione giornalistica e letteraria non tardò a divenire
prepotente.
Cominciò dapprima con brevi articoli nelle appendici del
Giornale di Napoli, poi passò ai bozzetti ed alle novelle
firmate con lo pseudonimo «Tuffolina». A 22 anni (1878)
completò la sua prima novella, Opale che inviò al
Corriere del Mattino. Collaborava a diversi giornali, frequentava le
redazioni, ma non era soddisfatta.
La scrittura
Matilde Serao scriveva incessantemente, lavorando con slancio,
animata dalla propria ambizione, un'ambizione che sapeva di
riscatto, di voglia di salire i gradini della scala sociale.
A 26 anni (1882) lasciò Napoli per andare alla "conquista di
Roma". Nella capitale collaborò per oltre cinque anni con
il Capitan Fracassa. Matilde, sotto lo pseudonimo
«Ciquita» scrisse di tutto, dalla cronaca rosa alla
critica letteraria. Inoltre si seppe ritagliare uno spazio non
indifferente nei salotti mondani della capitale. Però la sua
sagoma un po' tozza, la mimica ed i modi spesso troppo spontanei per
l'ambiente salottiero, la risata grossa, non la favorirono nella
considerazione degli altri. Durante quelle riunioni social-mondane
frivole ed eleganti, la sua fama di donna indipendente
suscitò più curiosità che ammirazione. Quelle
belle signore oziose, dagli abiti delicati, raffinati e dai modi
eleganti, non accolsero mai da pari la giovane scrittrice che
spesso, anzi, divenne l'argomento dei loro pettegolezzi.
«Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a
fondo - scrisse la giovane Matilde - che le metterò nelle mie
opere; esse non hanno coscienza del mio valore, della mia potenza…
»
I pochi momenti felici del soggiorno romano furono, senza dubbio, le
serate che passò accompagnata dal padre, nella redazione del
Fracassa. Le lunghe discussioni, quelle voci, quegli odori, la
ripagavano di qualsiasi amarezza e la facevano sentire importante,
lusingata, viva.
Di diverso avviso sull'importanza e sul valore delle prime opere di
Serao fu Edoardo Scarfoglio, l'uomo che conquistò
prepotentemente le attenzioni della scrittrice. In occasione
dell'uscita del libro che la rese famosa, Fantasia (1883), il
commento di colui che legherà il suo destino a quello di
Matilde non fu favorevole. Sul giornale letterario Il libro di Don
Chisciotte Scarfoglio, infatti, scrisse: «… si può dire
che essa sia come una materia inorganica, come una minestra fatta di
tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale certi pigmenti
troppo forti tentano invano di saporire la scipitaggine
dell'insieme». Quanto al linguaggio adoperato nel libro,
aggiunse: «… vi si dissolve sotto le mani per l'inesattezza,
per l'inopportunità, per la miscela dei vocaboli dialettali
italiani e francesi».
Più tardi la stessa Matilde riconobbe le ragioni di questo
suo “non scrivere bene” nei suoi studi cattivi ed incompleti e
nell'ambiente; ma ci tenne a precisare: «Vi confesso che se
per un caso imparassi a farlo, non lo farei. Io credo, con la
vivacità di quel linguaggio incerto e di quello stile rotto,
d'infondere nelle opere mie il calore, e il calore non solo vivifica
i corpi ma li preserva da ogni corruzione del tempo[3]». Le
ragioni del suo stile appassionato ed insieme frammentario erano da
ricercare nell'urgenza di partecipare direttamente alla vita del
lettore, fino a coinvolgerlo nella propria pagina, per esserne a sua
volta coinvolta.
L'inizio del sodalizio con Scarfoglio
Il primo incontro tra Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao avvenne
nella redazione del Capitan Fracassa. Matilde Serao, dimenticando la
stroncatura, rimase affascinata da quel giovane, intelligente e
vivacissimo. Nacque una relazione che suscitò il pettegolezzo
di tutta la Roma-bene. La coppia appariva tutt'altro che bene
assortita: lui bello ed elegante; lei con la sua figura tozza, il
suo vestire dimesso ed i modi popolari.
Ma cosa vedeva di speciale Scarfoglio in Matilde? Ecco cosa
confidò ad un'amica in una lettera:
«Questa donna tanto convenzionale e pettegola e falsa tra la
gente e tanto semplice, tanto affettuosa, tanto schietta
nell'intimità, tanto vanitosa con gli altri e tanto umile
meco, tanto brutta nella vita comune e tanto bella nei momenti
dell'amore, tanto incorreggibile e arruffona e tanto docile agli
insegnamenti, mi piace troppo, troppo, troppo. »
Il 28 febbraio 1885 Matilde ed Edoardo si unirono in matrimonio. Fu
l'avvenimento mondano del giorno. Gabriele D'Annunzio scrisse la
cronaca della giornata proprio su La Tribuna.
La coppia andò a vivere a palazzo Ciccarelli, in Via Monte di
Dio. Ebbero quattro figli: Antonio, Carlo e Paolo (gemelli) e
Michele.
Nonostante le gravidanze, il lavoro di Serao non conobbe mai sosta.
Nei suoi anni romani pubblicò i seguenti romanzi: Pagina
Azzurra, All'erta!, Sentinella, La conquista di Roma, Piccole anime,
Il ventre di Napoli (1884), Il romanzo della fanciulla, ed altri.
Matilde Serao giornalista
Tra Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio non nacque solo un'unione
sentimentale, ma anche un sodalizio professionale. Scarfoglio
pensava da molto tempo a fondare un proprio giornale quotidiano.
Insieme con Matilde realizzò il suo progetto: nel 1885
fondarono il Corriere di Roma. La moglie vi contribuì non
soltanto con i suoi scritti, ma anche invitando a collaborare le
migliori firme del momento. Tuttavia il giornale non decollò,
per la concorrenza del più forte La Tribuna, il quotidiano
romano allora più diffuso.
La Serao, prendendo spunto da quell'esperienza, diede alle stampe un
corposo romanzo, Vita e avventure di Riccardo Joanna, che Benedetto
Croce definì "il romanzo del giornalismo".
La Serao, da provetta giornalista, sapeva bene che l'articolo di
giornale comportava un senso di transitorietà, in cui lo
stesso messaggio umano passava e moriva con la data in capo, con
un'impronta quotidiana che solo un'elevata coscienza morale poteva
salvare.
Nella sua professionalità, che aveva bisogno di comunicare
come coscienza di arte e di stile, la scrittrice, dietro il
“Paravento” della nota anche di “vanità”, tradiva un
sincero travaglio umano di fondo, che diventava ragione di stile.
Il giornalismo era per Matilde Serao terreno e matrice di fatti, di
osservazioni, di costumi, che lei portava poi nella sua arte
"maggiore", nei suoi romanzi, anche in quelli che la fretta
sbrigativa di certa critica definiva “mondani”, come Cuore infermo
(1881) e Addio amore (1890). Proprio in questa nota di “costume”,
come partecipazione diretta alla realtà della vita e
dell'essere è da riconoscere che «Donna Matilde aveva
il giornalismo nel sangue».
Le sue note di cronaca spicciola sulla moda, sui cibi, i gusti, lo
sport, le nozze, le nascite, i lutti, il freddo, il caldo, le feste,
d'alto lignaggio come le “festicciole” di quartiere, i balli, le
novità del progresso, gli usi e costumi, le stagioni, il
carnevale, le corse e tutte le grandi o piccole occasioni del nostro
vivere quotidiano, cui faceva riscontro un'attenzione particolare a
fatti e avvenimenti sociali, insieme al fatto minuto, riportano alla
concezione stessa del pensiero e dell'arte di Matilde Serao.
Il ritorno a Napoli e la fondazione de Il Mattino
Intanto il Corriere di Roma, che aveva avuto un'esistenza
travagliata fin dalla nascita, era molto indebitato. Matilde Serao e
il marito non sapevano come fronteggiare la cattiva situazione
finanziaria. La fortuna fece loro incontrare a Napoli il banchiere
livornese Matteo Schilizzi (che viveva nella città partenopea
per questioni di clima), proprietario del quotidiano Corriere del
Mattino. Schilizzi propose alla coppia di trasferirsi a Napoli, per
continuare la loro avventura al suo giornale. Matilde ed Edoardo
accettarono. Il banchiere si accollò i debiti del quotidiano
romano (tra le 14.000 e le 15.000 lire) e il 14 novembre del 1887 il
Corriere di Roma cessò le pubblicazioni. Poco dopo venne fuso
con il Corriere del Mattino, dall'unione nacque il Corriere di
Napoli, il cui primo numero uscì il 1º gennaio 1888.
La Serao si buttò a capofitto nella nuova impresa, diventando
in poco tempo il dominus in redazione. Chiamò a collaborare
al giornale firme prestigiose come Giosuè Carducci e Gabriele
D'Annunzio.
Nel 1891 Scarfoglio e la moglie lasciarono il Corriere di Napoli, di
cui cedettero il proprio quarto di proprietà ricavando
100.000 lire. Con questo capitale la coppia decise la fondazione di
un nuovo giornale, che venne chiamato Il Mattino e uscì con
il primo numero il 16 marzo del 1892.
La separazione da Scarfoglio
L'anno 1892 si sarebbe rivelato, nella vita privata di Matilde, un
anno denso di avvenimenti negativi. La Serao rimase scossa da un
episodio destinato a suscitare grande scalpore.
Tutto cominciò quando Matilde, dopo un litigio col marito,
decise di lasciare la città per un periodo di riposo in Val
d'Aosta. Durante l'assenza della moglie, Edoardo conobbe a Roma
Gabrielle Bessard, una cantante di teatro, e tra i due
cominciò una relazione. Dopo due anni Gabrielle rimase
incinta. Scarfoglio rifiutò di lasciare la moglie per andare
con lei. Il 29 agosto 1894 la Bessard si presentò dinanzi a
casa Scarfoglio e, dopo aver deposto davanti alla porta la piccola
figlioletta nata dalla loro unione, si sparò un colpo di
pistola. Lasciò un biglietto a Edoardo Scarfoglio: "Perdonami
se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo
sempre".
Il Mattino tacque la notizia autocensurandosi; i redattori della
cronaca riuscirono anche a convincere i colleghi del Corriere di
Napoli a non pubblicare nulla. Il 31 agosto però il Corriere,
in aperta polemica con la coppia Scarfoglio-Serao, ruppe l'accordo e
raccontò ai suoi lettori l'episodio. Il Mattino
replicò il 1º settembre in cronaca, con un articolo dal
titolo: Il fatto della Bessard e le bassezze del signor Schilizzi,
dovuto sicuramente alla penna di Edoardo.
Gabrielle Bessard morì all'Ospedale degli Incurabili, il 5
settembre a mezzogiorno. Il fatto suscitò grande clamore in
tutta Napoli. La figlia venne affidata da Scarfoglio a Matilde, che
non esitò a prenderla con sé e ad allevarla. Matilde
scelse per la neonata il nome di sua madre, Paolina.
Matilde aveva sempre compreso e perdonato rinunciando al proprio
orgoglio ma, dopo qualche anno e dopo gli ennesimi tradimenti, era
esasperata. Decise di lasciare definitivamente il suo amato.
Scarfoglio, dal suo canto, tranne che per qualche superficiale
parola di circostanza, si mostrò quasi insensibile alla
vicenda.
L'abbandono del Mattino
Nel 1900 cominciò l'inchiesta del senatore Giuseppe Saredo su
Napoli. La Commissione, divisa in più parti, indagò
sul risanamento, le fognature, l'acquedotto del Serino,
l'istruzione, i bilanci, ed altro. Gli intenti iniziali erano buoni
ed utili ma il risultato finale fu arbitrario e fuorviante e non lo
si considerò né serio, né obiettivo. Tutto
l'operare della commissione fu diretto, infatti, ad un solo scopo:
cercare di coinvolgere Il Mattino nello scandalo
dell'amministrazione Sulmonte. Scarfoglio, polemista ad oltranza ed
abituato com'era alle più aspre battaglie politiche, non si
lasciò intimorire. Lo accusavano di essere corrotto, di aver
ricevuto dei soldi, in cambio di favori, di avere un tenore di vita
superiore alle sue possibilità.
Non fu risparmiata nemmeno Matilde, accusata di aver ricevuto
più volte soldi in cambio di raccomandazioni per posti di
lavoro. Matilde soffrì molto per questa situazione. Tutto
questo, unito alla non felice situazione coniugale, le dettero non
poche pene. Scarfoglio naturalmente non perse occasione per
ironizzare sul dolore della moglie. Poi però, davanti
all'attacco sferrato contro Matilde, così la difese sul
Mattino:
«Crede il Saredo sul serio che Matilde Serao si sia fatta
pagare 200 lire da una guardia municipale per una raccomandazione ad
un assessore? No, egli sa che le sarebbe bastato un articolo al
“Figaro”, per risparmiarsi quest'avvilimento! E crede che abbia
venduto a un suonatore di clarinetto per 2.000 lire un impegno
problematico? No. Egli sa che dieci giornali di quelli che con
più acre ingenerosità gli han fatto coro, gliene
offrono di più per un piccolo romanzo, opera di poche notti!
Egli dunque ha operato in piena ed assoluta malafede, e non ha
tratto in questo tranello la moglie, se non perché sapeva che
non bastava ferire il marito per uccidere il giornale. »
La difesa di Scarfoglio continuò poi scrupolosamente.
All'accusa di vivere al di sopra dei suoi mezzi e di ricorrere
quindi ad entrate occulte, replicò pubblicando entrate,
uscite e redditi suoi, della moglie e del giornale.
«Le scuderie della signora Serao si riducono ad una vecchia
carriola per ripararsi dalla pioggia, in un paese dove non
c'è in piazza una carrozza chiusa, e ad un cavallo
dell'Apocalisse: carrozza e cavallo valgono l'una e nell'altro 500
lire, e che ella ha avuto anche prima della fondazione del Mattino.
I miei attellages sono costituiti da una vettura automobile
acquistata due anni e otto mesi fa per 5.960 franchi, imballaggi ed
accessori inclusi. Che la Signora Serao non si sia mai rovinata in
toilettes, che non abbia mai avuto un gioiello, sono cose di
notorietà europea. »
Entro pochi mesi infatti scomparvero definitivamente dalle colonne
del Mattino la firma e persino qualsiasi citazione di lei. Matilde,
senza soldi e in possesso solo di dodicimila lire, estromessa dal
Mattino cercò di dedicarsi ad una rivista: la “Settimana”; ma
il risultato finale non fu convincente. Per lei il giornalismo era
diventato una necessità ed ora si sentiva estromessa da
tutto.
In tale dimensione, una semplice rubrica creata dalla Serao, “Api,
mosconi e vespe”, finì per rivelare, sotto l'apparenza della
cronaca “mondana”, un sofferto mondo umano, che completa il suo
talento narrativo. Questa fortunata rubrica, che ogni tanto
riapparve sotto altra veste nei quotidiani, l'accompagnò, con
titoli diversi, per 41 anni. Dal Corriere di Roma, al Corriere di
Napoli, al Il Mattino dove, dal 1896, prese il nome di Mosconi e
infine sull'ultimo giornale fondato dalla Serao, Il Giorno.
I "Mosconi" si presentavano nell'insieme, come vivaci “capricci”, in
una varietà originale di un genere a sé che stava tra
la notizia, il dialogo, il ricettario, il capitolo, l'apologo, il
bozzetto ed il “canto” tra popolare e salottiero.
Si rianimava così, la vita di tutto un popolo e di una
città con spunti tratti in genere dalla vita-bene ma calata
nella realtà quotidiana, i cui problemi di sempre facevano da
cornice, non di rado drammatica, ai più arguti e vivaci
“mosconi”. Ne risultò, con senso di partecipazione, la
pazienza di un popolo allenato alla sofferenza, la sua
familiarità con i santi, il suo epicureismo misto a
malinconia, il suo accanimento nel contendere con il destino,
l'amore per il vagabondaggio e il senso del transitorio di un popolo
imprevidente e sognatore, che in fondo si accontentava di poco.
Un nuovo sodalizio umano e professionale
Il 13 novembre sul Mattino apparvero le dimissioni ufficiali della
Serao da redattore del giornale. Ora era ufficialmente disoccupata.
Diventare una redattrice di un qualunque giornale dopo essere stata
fondatrice e condirettrice di un quotidiano, non era allettante. A
questo si aggiunse l'umiliazione che Edoardo le aveva inflitto in
pubblico e in privato.
Matilde tuttavia dimostrò notevole tenacia e volontà
di rivalsa. Nel 1903 entrò nella sua vita un altro
giornalista, l'avvocato Giuseppe Natale. Con Natale al fianco,
fondò - prima donna nella storia del giornalismo italiano - e
diresse un nuovo quotidiano, Il Giorno, diretta emanazione del
pensiero e della sua personalità. Distinguendosi dal rivale
Mattino di Scarfoglio, con cui entrava in diretta concorrenza, il
giornale della Serao fu più pacato nelle sue battaglie e
raramente polemico e riscosse un buon successo. Dall'unione con
Natale nacque una bambina, che Matilde volle chiamare Eleonora, in
segno d'affetto per la Duse.
La grande guerra intanto si avvicinava rapidamente, ma Il Giorno
sembrava essere lontano da qualsiasi iniziativa interventista, a
differenza del Mattino. I due giornali assunsero una linea comune
solo alla fine del conflitto mondiale.
Dopo la morte di Edoardo Scarfoglio (1917), la Serao sposò
Giuseppe Natale. Morto anche il secondo marito, rimase sola, ma
continuò con la stessa vitalità e passione il suo
lavoro giornalistico e letterario.
Matilde morì a Napoli nel 1927 piegando la testa sul tavolo
di lavoro, mentre era intenta a scrivere.
Opere
Canituccia
Alla scuola
Un'isterica in collegio
Caterina tradita
Il figlio della giornalista
Terno secco
L'estrazione del lotto
Donna Caterina e Donna Concetta
Le tre sorelle
Il dichiaramento
Due monache nel mondo
Cristina
Nel paese di Gesù
Vicenzella
La monaca e la «casa chiusa»
Suor Giovanna della croce
Chiarastella la fattucchiara
Novelle sentimentali, Livorno, Belforte,
Opale (1878)
Cuore infermo, racconto, Torino, F. Casanova,1881
Fantasia, romanzo, Torino, F. Casanova, 1883
Piccole anime (1883)
Il ventre di Napoli (1884)
La virtù di Checchina (1884)
La conquista di Roma (1885)
Telegrafi di Stato (1885)
Il romanzo della fanciulla (1886)
Vita e avventure di Riccardo Johanna (1887)
O Giovannino, o la morte (1889)
Addio amore (1890)
Il paese di cuccagna, Milano, Treves (1891)
Leggende napoletane, E. Sarasino (1891)
La ballerina (1899)
Dal vero, Milano, Baldini & Castoldi (1905)