IL ROMANZO COME GENERE LETTERARIO
Isabella Scalamandrè
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Per Romanzo s’intende una narrazione piuttosto estesa, generalmente
in prosa, di vicende che possono essere reali o di fantasia, con uno
o più personaggi ed un intreccio ricco di sviluppi che
può giungere ad una conclusione positiva o negativa.
Nonostante forme precedenti che risalgono all’età ellenistica
e successivamente alla ricca fioritura delle avventure medievali,
è al XVIII secolo che i critici fanno risalire la nascita del
romanzo moderno.
SETTECENTO: al centro del romanzo settecentesco è sicuramente
l’indagine della società contemporanea, come una sorta di
strumento di critica, di diffusione delle idee, di impegno nel
raccontare il proprio mondo, i propri costumi, i conflitti e il
pensiero di una nuova classe emergente: la borghesia.
L’evoluzione di questo ceto, (determinato dallo sviluppo susseguente
alla rivoluzione industriale) che accanto alla ricchezza inizia ad
interessarsi alla cultura come momento di svago, determina il
cambiamento della produzione letteraria non più volta ad una
tradizione classicista e aulica ma una narrativa più vicina
alla realtà concreta, ricca di avventure divertenti, popolata
da eroi borghesi e scritta in modo semplice e chiaro.
Tutto ciò determina lo sviluppo di una cultura di massa che
contribuisce all’incremento di una vera e propria industria
editoriale, che diventa per lo spirito borghese una vera e propria
fonte di investimento e di guadagno. Uno dei rappresentanti di
spicco di questo periodo è senza dubbio DANIEL DEFOE autore
di Vita e avventure di Robinson Crusoe (1719).
Significativo è il fatto che questo autore scrisse il romanzo
non per “vocazione letteraria” (egli era un commerciante ed un
giornalista) ma per ottenere dei soldi per pagare dei debiti
precedenti. Anche il suo personaggio R. Crusoe incarna lo spirito
d’iniziativa della nuova classe borghese e grazie al suo ingegno e
laboriosità riesce a far fronte a numerose difficoltà
che seguono il suo naufragio su di un’isola deserta.
Romanzo filosofico: i filosofi illuministi conducono un’energica
battaglia di idee tese al rinnovamento sociale della società
(sono le prime avvisaglie delle lotte per i diritti di uguaglianza
che verranno poi sanciti dalla rivoluzione francese). Questo settore
può essere considerato un filone del romanzo settecentesco
che mira a denunciare con l’invenzione fantastica e la satira le
contraddizioni, le assurdità e i pregiudizi della nuova
società. Simboli di questo sentimento sono sicuramente
Jonathan Swift autore de I viaggi di Gulliver (1726) e Candido (
1759) di Voltaire.
Romanzo epistolare: questo tipo di r. rappresenta sicuramente
l’innovazione più originale di questo periodo. Si tratta di
romanzi in cui la vicenda è narrata attraverso la finzione di
un alcune lettere che il protagonista immagina di inviare ad un suo
interlocutore. Primo esempio fu sicuramente il testo scritto da Wolfgang
Goethe, I dolori del giovane Werther, storia di un amore infelice di
un giovane che costretto ad abbandonare la donna che ama, promessa
sposa ad un altro, decide di uccidersi come gesto eroico e supremo
di protesta contro la società.
Questo romanzo lasciò una profonda traccia nel gusto
letterario contemporaneo e soprattutto in un autore come UGO Foscolo
che ne imitò la struttura e in parte la tematica nelle Ultime
lettere di Jacopo Ortis (1798 con edizioni posteriori). Anche nel
capolavoro del Foscolo infatti il protagonista soffre di un amore
impossibile per una donna già impegnata con un altro. A
questa tematica si aggiunge il fervore politico dell’Ortis che lo
spingono all’esilio, alla lontananza dalla patria. Questi motivi, ed
un sentimento di estraneità ad una società borghese e
materialista, lo “costringeranno” al suicidio come atto di sfida,
protesta verso le convenzioni sociali ma anche di sconfitta nei
confronti della vita. Sia il romanzo di Foscolo sia quello di Goethe
esprimono una sensibilità che anticipa molti atteggiamenti e
modi di pensare che sono tipici del romanticismo del primo
ottocento.
OTTOCENTO: in questo secolo il romanzo diventa il genere letterario
per eccellenza. Sicuramente il motivo di tanto successo risiede
principalmente nella duttilità del genere nell’affrontare
molteplicità di ambienti, di caratteri e idee della
società ottocentesca. Nella prima metà dell’ottocento
il romanzo assume i caratteri del movimento romantico. Ne sono
precursori nel periodo pre-romantico i già citati Goethe e
Foscolo che lontano dal realismo borghese del settecento mettono in
scena personaggi con grandi drammi interiori, con storie d’amore
disperate ed impossibili, in preda ad angosce esistenziali.
Due concetti tipicamente romantici (il senso della storia e quello
della nazionalità) sono alla base di un’altra forma di
narrativa che s’impone nei primi decenni dell’ottocento a livello
europeo accanto al romanzo epistolare/autobiografico: il romanzo
storico.
Romanzo storico: la nuova forma di romanzo rivestiva una duplice
funzione. Da un lato quella di fuga da una realtà presente
verso epoche (soprattutto il medioevo) rappresentate dal
romanticismo come momenti ideali per l’uomo per vari motivi
(politici, ideologici e religiosi); e dall’altro un’intenzione
nazionalistica e patriottica che ricercava nel passato momenti
fondamentali e significativi della storia patria che fossero da
esempio agli uomini per la soluzione dei problemi del presente.
L’autore che diede il massimo impulso alla diffusione del genere del
romanzo storico fu senza dubbio lo scozzese Walter Scottautore de
Ivanhoe (1820) romanzo ambientato nell’Inghilterra medievale ai
tempi di Riccardo Cuor di Leone e dell’usurpatore Giovanni Senza
Terra.
Dall’esigenza di evasione fantastica verso una nuova realtà
prende le distanze Alessandro Manzoni, che ne I Promessi Sposi, pur
riconoscendo i suoi debiti nei confronti di Scott, insiste
soprattutto sul rispetto della verità storica distinguendo il
lavoro del romanziere da quello dello storico. Il romanziere non
punta solo su i fatti esterni, ma indaga anche i sentimenti, le
passioni, le motivazioni che li hanno generati ed accompagnati. La
storia ufficiale, inoltre, tende a concentrare la propria attenzione
sui potenti e sui nobili, escludendo la gente comune che è
destinata a subire le scelte dei grandi: agli umili Manzoni si
rivolge e li rende protagonisti del romanzo.
Altri romanzieri italiani, quali Grossi e Guerrazzi, non seguirono
il modello, troppo severo, del Manzoni ma quello scottiano
più facile e di più sicuro successo commerciale,
favorito anche dal bisogno del pubblico di una narrativa elementare,
popolare ma allo stesso tempo efficace e coinvolgente.
Romanzo d’appendice (feuilleton): si designa un romanzo pubblicato a
puntate in appendice a quotidiani o riviste in pieno sviluppo con
l’allargamento del pubblico e dell’industria dell’editoria. Lo
scrittore deve seguire determinate regole imposte dall’editore. Deve
produrre dei segmenti narrativi, di una misura prestabilita che
vengono pubblicati a puntate, e che devono, in qualche modo avere un
livello sufficiente di autonomia e nello stesso tempo essere in
grado di tener vive le attese del pubblico. Quest’ultimo è
molto ampio e variegato: infatti il romanzo d’appendice si configura
come prodotto di massa, rivolto ad una società, quella
borghese, che vuole vedere rispecchiate in quelle storie la
rappresentazione delle proprie vicende e dei propri sogni.
Ed è per questo che i temi principali di questo genere sono
essenzialmente: passioni amorose travolgenti, “romantiche” vissute
conflittualmente, una tipologia di donna nella quale si uniscono
bellezza, bizzarria, eleganza e lussuria; una società ricca e
gaudente; la figura del giovane artista in cerca di affermazione il
tutto presentato con intrecci a volte improbabili, in narrazioni a
volte artificiose che mirano al coinvolgimento del lettore.
Appartengono a questo genere (per temi, struttura e tipologia) i
primi romanzi di Giovanni Verga, che nel periodo della cosiddetta
produzione mondana, che coincide con il suo soggiorno a Firenze e
Milano, elaborerà Una peccatrice 1866, Storia di una capinera
1871, Eva 1873, Tigre reale 1875, Eros 1875.
Romanzo realista: questo genere, che rappresenta una sorta di
specchio della società contemporanea, si diffonde in tutta
Europa a partire dagli anni trenta. L’iniziatore può essere
considerato il francese Stendhal: nella sua opera infatti sono
presenti un forte impegno conoscitivo della realtà e una
serietà di indagine del tutto nuovi rispetto al passato. Le
sue opere più celebri sono senza dubbio Il rosso e il nero
1830, la Certosa di Parma 1839. Stendhal non rimane un caso isolato
ma sulla sua scia si sviluppano e prolificano numerosi altri
romanzi.
Importante l’opera di Honoré De Balzac che concepisce e
realizza tra il 1830 e il 1850 un grandioso affresco della
società francese a lui contemporanea che prende il titolo di
Comédie humaine. L’analisi della società umana si
sviluppa attraverso le vicende di una serie di personaggi, fra cui
Eugeniè Grandet 1833 e Pére Goriot 1834.
Questa tendenza è presente anche nel resto d’Europa, e ne
sono testimoni autori come l’inglese Charles Dickens con le opere
Oliver Twist 1837, e David Copperfield 1894; o come gli esponenti
della scuola russa da Gogol Il naso, Il cappotto, Tolstoj Guerra e
pace 1869, Anna Karenina 1877, Dostoevskij Delitto e castigo 1866.
Al di là di ogni differenza nei tratti peculiari di ogni
scrittore, queste opere sono accomunate innanzitutto da una
curiosità verso l’intera realtà contemporanea, senza
predilezione per un ambiente piuttosto che un altro.
Un altro elemento fondamentale è la convinzione che esista
uno stretto rapporto tra il modo di essere, di pensare, di agire dei
personaggi, da una parte e l’ambiente sociale e storico in cui
vivono e si sono formati.
Altra caratteristica comune è senza dubbio il fatto che in
queste opere si impone una modalità narrativa fondata sul
narratore esterno onnisciente, che racconta una storia in cui non
è direttamente coinvolto e segue le vicende di svariati
personaggi adottandone il punto di vista, che interviene liberamente
a commentare in base al proprio sistema di riferimento culturale e
di valori le vicende, le azioni e i comportamenti dei protagonisti.
Uno sviluppo notevole nella storia del realismo si ha con l’autore
francese Gustave Flaubert (Madame Bovary 1857) che può essere
considerato come il precursore del Naturalismo. Secondo Flaubert, il
narratore deve essere come un Dio nascosto, che costruisce il
racconto ma che non deve mai manifestarsi apertamente. Scompaiono
così gli interventi e i commenti del narratore onnisciente e
ci si limita ad osservare e a riportare il punto di vista dei
personaggi. Flaubert pone così le basi per quella ideale
oggettività e impersonalità narrativa che saranno
proprie del naturalismo francese e del verismo italiano. Sul piano
dei contenuti però, Flaubert, rispetto ai successivi
Naturalisti, si muove ancora nell’ambito di un’analisi realista
della società: la sua eroina Mme Bovary è
sostanzialmente ancora un’eroina di stampo romantico.
Romanzo naturalista (Francia): Caposcuola e teorico fu Emile Zola
con il testo Roman expérimental. Si sviluppa una nuova
possibilità per lo scrittore: quella di poter rappresentare
scientificamente la società e le sue leggi, così come
lo scienziato studia e analizza le leggi naturali.
Questa convinzione si può spiegare con il diffondersi del
POSITIVISMO, corrente filosofica che sostiene l’assoluto valore
della scienza, sia come strumento di conoscenza del mondo, sia come
strumento di progresso. Secondo gli scrittori naturalisti l’autore
del romanzo deve porsi di fronte alla realtà sociale con la
stessa disposizione dello scienziato, nella convinzione che anche i
comportamenti umani, come tutti gli altri fenomeni, rispondono a
leggi naturali da indagare.
Sono quindi necessari un atteggiamento analitico, una metodologia
rigorosa e un’assoluta “impersonalità”, cioè una
totale assenza di qualsiasi coinvolgimento soggettivo nella
rappresentazione dei fatti. Zola aveva affidato dei compiti al suo
romanzo sperimentale e cioè: evidenziare i fenomeni umani, i
meccanismi dettati dall’ereditarietà e dall’ambiente e
mostrare l’uomo mentre vive nell’ambiente sociale da lui prodotto;
fornire strumenti per sanare le ingiustizie e le disfunzioni
sociali. Si parla di un impegno sociale e politico per la nuova
letteratura. A questo proposito si deve ricordare il J’accuse di
Zola, uno scritto in difesa di Dreyfus.
Romanzo verista (Italia): i veristi si ispirano essenzialmente agli
stessi principi dettati dai naturalisti francesi. Anche per loro
oggetto della letteratura sono i “documenti umani”, fatti veri,
storici, e la loro analisi deve essere condotta con “scrupolo
scientifico” e con l’adozione del canone dell’impersonalità;
sono convinti, che il lettore debba trarre dal racconto
l’impressione che sia la realtà stessa a parlare: “la
creazione deve essere un mistero, la mano dell’artista deve restare
invisibile, l’opera sembrerà essersi fatta da sé”.
Ma se per i Naturalisti, lo scrittore esprimeva un atteggiamento
positivo ed ottimista nei confronti della realtà, sostenendo
la possibilità di poter intervenire e correggere le
ingiustizie sociali per i veristi, rappresentati da LUIGI CAPUANA,
DE ROBERTO e soprattutto dal caposcuola GIOVANNI VERGA (I
Malavoglia, Mastro don Gesualdo), manca questa nota di ottimismo.
Non c’è la fiducia che un’analisi dettagliata della
realtà possa portare ad una concreta azione di rinnovamento
(questo soprattutto perché questa corrente è legata
alle condizioni di arretratezza socio-economica italiana, permanenze
feudali, delusioni risorgimentali, alla mentalità e cultura
Sud – fatalismo).
E' assente la fiducia nella scienza come strumento per emancipazione
dell’uomo e soluzione dei problemi. Il progresso può essere
dannoso per i più deboli, li può schiacciare come
succede per i VINTI di Verga. Anche a livello di contenuti ci sono
molte differenze: i protagonisti non fanno parte del proletariato
urbano ma sono essenzialmente contadini in quanto
l’industrializzazione non è ancora pienamente sviluppata e
l’economia è prettamente agricola.
Il Verismo fu inoltre una corrente marcatamente regionalistica,
quasi esclusivamente siciliana, dove maggiori erano le
contraddizioni sociali. Questo comporterà, per molto tempo,
una mancata identificazione del lettore medio- borghese lontano da
questa realtà.
NOVECENTO: il romanzo del ‘900 ha sviluppato alcune tematiche di
quello dell’ottocento e ne ha individuate di nuove, ma soprattutto
è stato investito da una ridefinizione di quelli che erano
considerati i suoi stessi fondamenti.
Con la nascita dei movimenti d’avanguardia e della psicanalisi sono
stati elaborati nuovi mezzi espressivi e linguistici. Sul piano
formale sono venuti meno alcuni capisaldi: è venuto a mancare
il personaggio come elemento centrale ed è stato abbandonato
il senso ordinato e cronologico della narrazione per seguirne uno
che prediligesse i moti della psiche e dell’anima (flusso di
coscienza, FLASH-BACK, stile indiretto libero, monologo interiore).
Tra i temi prediletti del romanzo novecentesco figurano: l’epopea
della memoria (PROUST), la dolorosa imperfezione dell’uomo e il suo
stato di prigioniero del mondo (KAFKA), la decadenza della
civiltà borghese (MANN, MUSIL) l’impossibilità di dare
un volto univoco alla realtà (PIRANDELLO).
Romanzo decadente: il primo romanzo che in ordine cronologico (in
Italia) manifesta un allontanamento dal Naturalismo è Il
Piacere di GABRIELE D’ANNUNZIO. Il protagonista della vicenda che si
svolge in una Roma raffinata è Andrea Sperelli raffinato e
colto esteta, diviso dall’attrazione per due donne tra loro opposte.
Alla stessa corrente appartiene anche A Rebour di HUYSMANS definito
la Bibbia del decadentismo (al quale anche D’annunzio si
rifà). In questo romanzo viene modellato il capostipite di
una serie di eroi decadenti. In opposizione con la vita di ogni
giorno con i valori e gli ideali della società borghese (che
finisce per assumere un significato spregiativo di mediocrità
e pregiudizi), il protagonista Des Esseintes è un ribelle
delle regole e della vita sociale e arriva alla sistematica,
calcolata violazione della regola stessa, perseguendo l’artificioso,
l’innaturale, l’irregolare.
L’ideale supremo da raggiungere è senza dubbio la bellezza
come schermo dalla volgarità della vita normale. Altro
esempio della cultura decadente è costituito da Il ritratto
di Dorian Gray di OSCAR WILDE, con il quale l’autore inglese oppone
al puritanesimo vittoriano i suoi atteggiamenti eccentrici, la
vocazione allo scandalo, il disordine alla vita che conosce un
processo per omosessualità, la prigione e la miseria.
Romanzo psicologico: mentre lo stile dei decadenti in genere e di
D’annunzio in particolare è ricco, elaborato costellato di
termini rari e preziosi, totalmente diverso, all’insegna della
semplicità ed essenzialità appare quello di due autori
come ITALO SVEVO e LUIGI PIRANDELLO.
Svevo con La coscienza di Zeno 1923, fa entrare nella letteratura le
teorie da lui studiate della psicanalisi di Freud. L’opera si
presenta come una sorta di diario terapeutico affidato da Zeno al
suo medico e da lui mandato alla stampa. Entra in gioco un nuovo
personaggio, in opposizione all’eroe dannunziano, l’inetto, colui
che non ha qualità (si veda MUSIL), l’anti-eroe per
eccellenza.
Interessato ad un attento scavo dell’io è anche Pirandello
(Il fu Mattia Pascal, Uno nessuno e centomila). Nei suoi romanzi si
afferma l’impossibilità di una conoscenza oggettiva, sia
della realtà sia di noi stessi. L’identità
dell’individuo è ormai frantumata: egli non si riconosce in
nessuno dei ruoli che la società borghese gli impone.
Romanzo neorealista: la fine della seconda guerra mondiale e la
liberazione aprono per l’Italia un’epoca nuova piena sia di speranze
sia di problemi. Non si deve infatti solo ricostruire un paese
economicamente e materialmente ma anche ridefinire le nuove
istituzioni politiche, le nuove condizioni di democrazia, i
princìpi stessi della convivenza civile. In questo clima gli
intellettuali scelgono in gran parte la via dell’impegno che
consiste nel partecipare al movimento di rinnovamento e nel
contribuire ad indicare la strada del progresso e della
ricostruzione.
Queste esigenze in campo artistico culturale sono espresse da
Neorealismo che operò non solo a livello letterario
(VITTORINI, PAVESE, FENOGLIO, MORAVIA), ma anche nelle arti
figurative (GUTTUSO) e nel cinema (Roma città aperta e
Paisà di ROSSELLINI, La terra trema di VISCONTI, Ladri di
biciclette di DE SICA).
Il Neorealismo è uno sguardo critico nei confronti della
realtà: solo raccontando il presente così com’è
(la vita della povera gente, dei disoccupati, dei contadini
meridionali in miseria a causa del latifondo) e raccontando il
recente passato della guerra, l’artista può, recuperando i
valori della democrazia, essere utile alla storia che si sta
costruendo.