Leonida Repaci

 

Wikipedia

Leonida Rèpaci (Palmi, 5 aprile 1898 – Marina di Pietrasanta, 19 luglio 1985) è stato uno scrittore e pittore italiano. Nel 1929, insieme a Carlo Salsa e Alberto Colantuoni, fondò il Premio Viareggio, del quale è stato presidente fino alla morte.

Leonida Rèpaci nasce a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, il 5 aprile del 1898. Ha un'infanzia difficile: sua madre rimane vedova con dieci figli e con pochi soldi. E il fratello di Francesco Rèpaci e lo zio di Antonino Rèpaci. Dopo il terremoto del 1908, il fratello avvocato lo porta a Torino dove completa gli studi superiori, si iscrive all'Università, alla facoltà di Giurisprudenza ma, a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, è costretto suo malgrado ad interrompere gli studi, viene arruolato e va al fronte dove ottiene, con una medaglia d'argento, anche il congedo illimitato dopo il ferimento a Malga Pez. Tornato a Palmi scrive il poemetto La Raffica ispirato alla morte di Anita, Nèoro e Mariano tre dei suoi nove fratelli, morti a causa dell'epidemia di spagnola. Nel 1919 ritorna a Torino e consegue la laurea, l'anno seguente prende l'abilitazione all'avvocatura e incomincia a frequentare ambienti e personaggi politici di sinistra.

Durante l'occupazione delle fabbriche Antonio Gramsci in persona lo chiamerà a collaborare a L'Ordine Nuovo, rivista fondata dallo stesso Gramsci, da Antonio Tasca, Palmiro Togliatti e Umberto Terracini con articoli molto critici verso i prodromi della nascente dittatura fascista, che vengono pubblicati accanto a quelli di Gobetti, Lenin, Trotsky, Thomas Mann e altri famosi letterati dell'epoca. Rèpaci lascia quindi Torino per Milano dopo la marcia su Roma, ma continua a collaborare a Ordine nuovo, firmandosi con lo pseudonimo di Gamelin, il protagonista di un romanzo di Anatole France. La sua intransigenza ideologica supportata da un carattere ribelle e bellicoso lo porterà ad assumere la difesa degli imputati dell'attentato al teatro Diana, ponendosi in modo esplicito contro il regime e, tra il '22 e il '24 a misurarsi in duello addirittura contro Galeazzo Ciano e padrino nei duelli contro Farinacci e tra Curzio Malaparte e Ottavio Pastore. Nell'agosto del '25 Rèpaci viene arrestato a Palmi, insieme ad un gruppo di socialisti, come presunto assassino di un personaggio fascista del luogo durante una festa religiosa; il processo serviva al regime per scardinare la roccaforte rossa e abbattere uno degli scogli socialisti più forti in Calabria: inaspettatamente Rèpaci venne assolto ma l'accaduto avvelenerà per sempre di diffidenze e sospetti i rapporti con i suoi concittadini, essendo diffusa la voce riguardante influenze del partito fascista sulla sua assoluzione. I testimoni falsi di quel processo alla fine o confessarono o si suicidarono e Rèpaci venne assolto dopo sei mesi di carcere.

Nel 1925 dopo aver portato in teatro il racconto La madre incatenata, inizia La storia dei Rupe, che nel 1933 gli farà vincere il Premio Bagutta e, tra varie versioni, lo accompagnerà fino agli anni settanta, dopo aver lavorato alla redazione de L'Unità sin dal primo numero, collabora sia alla Gazzetta del Popolo sia a La Stampa. Nel 1929, da una sua idea, con il contributo di Salsa e Colantuoni, nasce a Milano il Premio Viareggio. Nei giorni del premio Viareggio, immerso nel grande fervore organizzativo, conobbe e sposò Albertina Antonelli. Finita la Seconda guerra mondiale, Repaci, spinto dal suo spiccato senso organizzativo, fondò con Renato Angiolillo il quotidiano indipendente il Tempo rimanendone nove mesi condirettore. Nel febbraio 1945, rotto il sodalizio con Angiolillo, accettò la direzione de L'Epoca, per poi passare alla direzione dell'Umanità. Organizzò infine con Mario Socrate e Franco Antonicelli il memorabile convegno Cultura e Resistenza, a Venezia.

Il dopoguerra dopo il ripristino del Premio Viareggio per Rèpaci è un susseguirsi frenetico di proposte e idee che lo maturano positivamente sia intellettualmente sia a livello umano che sociale; fonda e presiede il Premio Fila delle Tre Arti, e il Premio Sila (1948). Nel 1948 dietro insistenza di alcuni amici decide di candidarsi, senza poi venire eletto, al collegio senatoriale di Palmi nella lista del Fronte Democratico Popolare. Nel 1950 è componente del Consiglio Mondiale della Pace e nel 1951 membro della Giuria Internazionale per i Premi della Pace. Collabora in seguito anche a Milano Sera, a Vie nuove e a Paese Sera. Nel 1956 vince il Premio Crotone con Un riccone torna alla terra e due anni dopo il Premio Villa San Giovanni con la Storia dei fratelli Rupe. A poco a poco si allontana dall'attività giornalistica per dedicarsi alla stesura definitiva della trilogia Storia dei Rupe, e il secondo volume, Tra guerra e rivoluzione, vince nel 1970 il Premio Sila. In quel periodo la sua naturale irrequietezza lo porta a darsi alla pittura, con discreto successo sia di critica sia di pubblico, allestendo personali a Milano e a Roma. La morte coglie il "Leone mai domo" a Pietrasanta (Lucca) il 19 luglio 1985.

L'opera di Rèpaci si può definire autobiografica e a diretto contatto con la vita vissuta, fin dal suo esordio L'ultimo cireneo (1923) dove racconta del suo ferimento al fronte, al libro In fondo al pozzo la esperienza traumatica del carcere, per arrivare alla La Pietrosa racconta (1984) una rievocazione sentimentale della moglie tanto amata. Infine la sua opera più cara per l'impegno profuso nel tempo la trilogia Storia dei Rupe la vicenda di una famiglia italiana numerosa e fattiva della media borghesia provinciale la quale esprime il travaglio del tempo attraverso esperienze sociali, spirituali e psicologiche dei primi trent'anni del Novecento; lo scrittore dimostra in questo un interesse preminente per i problemi e le vicende della sua terra. Nella narrazione oltre al filone autobiografico si aggiungono temi politici e sociali con un autentico e totale impegno realistico, ma si caratterizza anche un eccesso lirico descrittivo pieno di colore e di violenza intrisa di travolgente sensualità.